Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26318 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26318 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 28431-2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma presso lo RAGIONE_SOCIALE,
rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale estesa in calce al controricorso
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 3061/2021 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata l’8/4/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/9/2024 dal Consigliere Relatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Campania aveva respinto l’appello del contribuente avverso la sentenza n. 3743/2019 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Salerno in rigetto dei ricorsi, riuniti, proposti avverso avviso di accertamento IMU 2013 emesso dal Comune di Salerno;
il Comune resiste con controricorso;
il ricorrente ha da ultimo depositato memoria difensiva
CONSIDERATO CHE
1.1. con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 504/1992, per «illegittima determinazione del valore venale dell’area», lamentando che la Commissione tributaria regionale «pur avendo riscontrato ‘la presenza di vincoli di inedificabilità’ abbia(…) concretamente omesso di valutare l’incidenza di tali vincoli ai fini della determinazione del valore commerciale delle aree oggetto di contestazione, incorrendo nella violazione dei parametri di riferimento previsti dall’art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 546/1992, per la determinazione del valore venale dell’area oggetto di accertamento, ai fini della determinazione dell’imposta»;
1.2. con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., violazione «dell’art. 1 e
dell’art. 36 del D.Lgs 546/92 in combinato disposto con l’art.132 n.4 c.p.c, dell’art. 118 disp att. c.p.c. » e lamenta «nullità della sentenza per motivazione apparente» avendo la Commissione tributaria regionale «omesso di pronunciarsi in merito alle … eccezioni sollevate dal contribuente appellante, trascurando le prove allegate dall’appellante (relazioni tecniche di parte e ctu), nonché di specificare o illustrare le ragioni e l’ iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta»;
1.3. con il terzo motivo il ricorrente denuncia, in rubrica, «violazione e falsa applicazione art. 1, comma 162 della L. 296 del 2006, in combinato disposto con l’articolo 3, comma 1 e art.7, comma 1, della legge 212/2000, nonché art. 36 del D.Lgs 546/92 in combinato disposto con l’art.132 n.3 e 4 c.p.c e dell’art. 118 disp att. c.p.c., in relazione all’art.360, comma 1, n. 4 e 5 c.p.c. -difetto di motivazione dell’avviso di accertamento e sua successiva inammissibile integrazione in giudizio» in relazione alla denunciata «nullità dell’avviso di accertamento per carenza o inesistenza della motivazione, non risultando esplicitati i presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che avevano determinato l’emissione dell’atto impositivo»;
1.4. con il quarto motivo il ricorrente denuncia, in rubrica, «violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 2, D.L. n.201 del 2011, nonché art.9, comma 1, D.Lgs. n.23 del 2011, cui fa rinvio l’art. 13, comma 1, del D.L. n. 201 del 2011, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.» e lamenta che trattavasi nel caso di specie di diritti edificatori, in relazione ai quali doveva ritenersi esclusa la natura reale del diritto correlato al bene oggetto di tassazione, con conseguente erroneità dell’impugnata sentenza «per non aver rilevato la nullità dell’avviso di accertamento per difetto del presupposto impositivo»;
2.1. deve preliminarmente rilevarsi che le circostanze sopravvenute, allegate nella memoria del ricorrente, non assumono rilevanza nel presente giudizio;
2.2. in primo luogo, l’ordinanza di questa Corte n. 2097 del 2024 è stata adottata in un giudizio nei confronti di altro contribuente e dagli
atti prodotti non è possibile individuare i terreni a cui si riferisce e verificarne l’eventuale coincidenza con quelli oggetto del presente giudizio, trattandosi, peraltro, di un provvedimento con cui è stata cassata una sentenza di appello, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, sicché occorre attendere la decisione di merito all’esito del giudizio di rinvio per verificare l’effettiva portata del giudicato;
2.3. con riguardo, poi, alle varianti urbanistiche intervenute, va ribadito che esse rilevano per le future annualità di imposta e non per quelle anteriori, oggetto del presente giudizio, essendo stato già precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte che l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo ius aedificandi o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi dell’art. 59, comma primo, lettera f), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 (Cass., Sez. U., n. 25506 del 2006);
3.1. il secondo motivo, da esaminare preliminarmente in quanto pregiudiziale, va disatteso;
3.2. la giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha affermato che si ha motivazione omessa o apparente quando il giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. n. 16736/2007);
3.3. ciò non ricorre nel caso in esame, laddove la C.T.R., sia pure in maniera sintetica, ha ritenuto la legittimità dell’avviso di accertamento in quanto motivato ed intellegibile, ritenendo altresì congruo il valore venale dei beni tassati;
3.4. si tratta di una motivazione che non può considerarsi meramente apparente, in quanto esplicita le ragioni della decisione, ed i profili di apoditticità e contraddittorietà della motivazione, censurati col motivo in esame, dunque, quand’anche sussistenti, non vizierebbero tale motivazione in modo così radicale da renderla meramente apparente, escludendone l’idoneità ad assolvere alla funzione cui all’art. 36 d.lgs. 546/1992 (cfr. Cass. n. 5315/2015);
4.1. il primo ed il quarto motivo, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connessi, sono infondati;
4.2. come riportato negli atti difensivi delle parti e nella documentazione allegata, prodotta nei gradi di merito, in fatto emerge che il nuovo piano urbanistico comunale di Salerno del 2006, per il terreno del contribuente, originariamente iscritto al Catasto Terreni come bosco ceduo, aveva previsto l’assegnazione di diritti edificatori, ed in particolare il PUC aveva previsto la destinazione a verde pubblico dell’area sita sul Masso della Signora (cfr. pag. 20 ricorso) ed il contestuale riconoscimento di diritti edificatori ai proprietari, spendibili su altra area di proprietà di terzi ancora da assegnare ed individuare nella zona orientale di Salerno in comunione con altri proprietari, previa acquisizione gratuita da parte del Comune;
4.3. ciò posto, ai fini dell’applicazione dell’imposta (ICI/IMU), è sufficiente la mera potenzialità edificatoria;
4.4. nel caso della compensazione urbanistica (ovvero, come talvolta anche si legge, della «perequazione compensativa») la PA attribuisce al proprietario un indice di capacità edificatoria (credito edilizio o volumetrico) fruibile su altra area di proprietà pubblica o privata, non necessariamente contigua e di anche successiva individuazione, e ciò a fronte della cessione gratuita dell’area oggetto di
trasformazione pubblica, ovvero di imposizione su di essa di un vincolo assoluto di inedificabilità o preordinato all’esproprio;
4.5. la compensazione urbanistica – che può prevedere anche diverse forme attuative, ad esempio di permuta tra aree, ovvero di mantenimento in capo al privato della proprietà dell’area destinata alla realizzazione di servizi pubblici, dati al medesimo in gestione convenzionata – può fungere anche da strumento della pianificazione generale tradizionale (compensazione infrastrutturale), ovvero dipendere dall’esigenza di tenere indenne un proprietario al quale venga imposto un vincolo di facere o non facere per ragioni ambientalipaesaggistiche (compensazione ambientale);
4.6. da tali premesse deriva il principio consolidato per cui il diritto edificatorio compensativo non è assoggettabile ad imposta, in quanto non ha natura reale, non inerisce al terreno, non costituendo una sua qualità intrinseca ed è trasferibile separatamente da esso (cfr. Cass. S.U., n. 23902/2020, Cass. n. 26895/2021);
4.7. diversa è l’ipotesi del terreno inserito nell’ambito della perequazione urbanistica, atteso che, per effetto di essa, viene direttamente attribuito ai suoli ricompresi nel comparto o, comunque, nell’area interessata dal piano di intervento, un indice perequativo costante di edificabilità, che diviene una qualità intrinseca del terreno, e la presenza di tale indice di edificabilità comporta l’assoggettamento di tale terreno ad imposizione;
4.8. nel caso dell’urbanistica perequativa si ha, infatti, una distribuzione paritetica e proporzionale – tra tutti i proprietari di un determinato ambito territoriale o lotto – tanto del vantaggio costituito dalla edificabilità, quanto dell’onere di contribuzione ai costi di riqualificazione, urbanizzazione e realizzazione di aree a servizi di pubblica utilità o verde;
4.9. in questo modo, a tutti i suoli dell’ambito territoriale di intervento viene riconosciuto un valore edificatorio costante, indipendentemente dall ‘ effettiva e specifica collocazione, all’interno di
esso, dei fabbricati assentiti, collocazione che, stante appunto l’effetto distributivo-perequativo, risulta in definitiva indifferente per i singoli proprietari, i cui terreni saranno comunque destinatari di una quota uguale di edificabilità (nello stesso senso Cass. n. 27575 del 2018, posizione ripresa da Sez. U, n. 23902/2020, cit.);
4.10. mentre, pertanto, il diritto edificatorio di origine perequativa viene riconosciuto al proprietario del fondo come una qualità intrinseca del suolo (che partecipa fin dall’inizio di un indice di edificabilità suo proprio, così come prestabilito e «spalmato» all’interno di un determinato ambito territoriale di trasformazione), il diritto edificatorio di origine compensativa deriva dall’adempimento di un rapporto sinallagmatico in senso lato, avente ad oggetto un terreno urbanisticamente non edificabile, ristorato con l’assegnazione al proprietario di un quid volumetrico da spendere su altra area;
4.11. nel caso del diritto edificatorio di origine compensativa, particolarmente evidente è la progressività dell’ iter perfezionativo della fattispecie, dal momento che quest’ultima si articola in una fase, o area, cd. di decollo, costituita dall’assegnazione del titolo volumetrico indennitario al proprietario che ha subito il vincolo; di una fase, o area cd. di atterraggio, data dalla individuazione ed assegnazione del terreno sul quale il diritto edificatorio può essere concretamente esercitato; di una fase cd. di volo rappresentata dall’arco temporale intermedio durante il quale l’area di atterraggio ancora non è stata individuata, e pur tuttavia il diritto edificatorio è suscettibile di circolare da sé;
4.12. la tecnica perequativa è, al contrario, principalmente volta a creare per quanto possibile un’indifferenza dei proprietari rispetto alle scelte di pianificazione, per determinate parti del territorio, in quanto sostanzialmente il meccanismo perequativo comporta che ciascun proprietario di un’area edificabile, sia pure titolare del diritto di costruire, non può sfruttare in concreto il proprio diritto all’edificazione, in quanto l’area soggetta a perequazione non raggiunge il limite minimo dell’indice di edificabilità previsto;
4.13. il proprietario sarà incentivato a procurarsi altrove la differenza volumetrica, al fine di poter esercitare in concreto il proprio diritto all’edificazione o attraverso l’acquisto di nuove aree ovvero consorziandosi con altri proprietari;
4.14. la caratteristica di tale tecnica risiede nel fatto che si prescinde dall’effettiva localizzazione della capacità edificatoria sulle singole proprietà e dall’imposizione di vincoli di inedificabilità apposti, al fine di garantire all’Amministrazione la disponibilità di spazi da destinare ad opere collettive;
4.15. ne deriva che i proprietari partecipano in misura uguale alla distribuzione dei valori e degli oneri correlati alla trasformazione urbanistica, e l’obiettivo è il superamento della discriminatorietà tra i terreni coinvolti a seguito della zonizzazione, nonché la possibilità per il comune, entro certi limiti, di disporre gratuitamente di aree pubbliche;
4.16. nella perequazione ristretta, o per comparti, viene in particolare identificato un insieme di aree di proprietà privata, che formano un comparto, ed all’interno di questo, a ciascuna area viene attribuita un’identica capacità volumetrica proporzionale all’estensione dell’area, ma in ogni caso inferiore al limite minimo fondiario di edificabilità;
4.17. contestualmente vengono individuate le aree destinate ai servizi ed opere di pubblica utilità, ed in questo tipo di perequazione la figura del comparto costituisce l’unità di intervento perequativo che ricomprende, sia una zona edificabile, sia una zona preordinata ad ospitare attrezzature collettive o destinata in funzione ambientale a rimanere verde;
4.18. il meccanismo consiste, dunque, nell’assegnazione all’insieme delle aree, pur con diverse destinazioni, pubbliche e private costituenti un comparto, di un indice perequativo, inferiore all’indice fondiario attribuito alle aree destinate all’edificazione, e nella sostanza il privato non subisce un vincolo e non è gravato dall’obbligo di soggiacere all’esproprio, ma sarà titolare dell’onere previsto dal piano perequativo,
il cui assolvimento gli permetterà di partecipare ai vantaggi del piano stesso;
4.19. quando l’Amministrazione ricorre alle misure ora esposte si determina, pertanto, una separazione della capacità edificatoria dalla proprietà del terreno da cui la stessa ha origine, e tale capacità edificatoria diventa trasferibile e negoziabile;
4.20. in particolare, si tratta dei diritti edificatori cui ha ora riguardo l’art. 5, comma 3, d.l. n. 70 del 2011, convertito con legge n. 106 (c.d. decreto sviluppo) del 2011, laddove dispone che, «per garantire certezza nella circolazione dei diritti edificatori, all’articolo 2643, comma 1, del codice civile, dopo il n. 2, è inserito il seguente: “2-bis) i contratti che trasferiscono i diritti edificatori comunque denominati nelle normative regionali e nei conseguenti strumenti di pianificazione territoriale, nonché nelle convenzioni urbanistiche ad essi relative”»;
4.21. in altri termini, la cessione perequativa si caratterizza per il fatto che il terreno che sarà oggetto di trasferimento in favore dell’Amministrazione sviluppa una volumetria propria, espressa appunto dall’indice di edificabilità territoriale che gli viene attribuito;
4.22. tale volumetria, tuttavia, può essere realizzata solo sulle aree su cui deve concentrarsi l’edificabilità, mentre i diritti edificatori attribuiti ad un soggetto in seguito a perequazione si connotano perché rimangono svincolati dal fondo;
4.23. è ben possibile, inoltre, che al momento dell’attribuzione della volumetria il beneficiario dei diritti edificatori non sia proprietario di altro suolo su cui sfruttare la volumetria attribuitagli, dovendosi pertanto limitare a mantenere i diritti edificatori in vista di un acquisto futuro;
4.24. con riguardo alla fattispecie in esame, i terreni oggetto di imposizione risultano inseriti in un ambito di perequazione edilizia residenziale, nel quale residua ancora cubatura disponibile per l’edificazione;
4.25. in particolare, le aree in oggetto sono destinate, come dianzi evidenziato, a verde pubblico in perequazione edilizia, ed a tali beni, dunque, è attribuito un indice fondiario al quale corrisponde una potenzialità edificatoria, risultando, tali beni, inoltre, collegati a specifici comparti di espansione per i quali sono necessari anche i diritti edificatori attribuiti ai terreni oggetto di accertamento;
4.26. trattasi quindi di un’area «utilizzabile a fini edificatori» in forza della potenzialità alla stessa riconosciuta dal PRG;
4.27. come già precisato da questa Corte (cfr. Cass. n. 16467/2022) con riguardo alla questione relativa al se il vincolo di destinazione urbanistica a «verde pubblico» sottragga l’area al regime fiscale dei suoli edificabili, ai fini dell’ICI/IMU, trovano applicazione i principii, già enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte e a cui il Collegio intende dare in questa sede continuità, secondo cui, in tema d’imposta comunale sugli immobili la nozione di edificabilità non si identifica e non si esaurisce in quella di edilizia abitativa (cfr. Cass. n. 19161/2004), cosicché l’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale ad attrezzature e impianti di interesse generale, o a servizi pubblici o di interesse pubblico, non esclude l’oggettivo carattere edificabile ex art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992, atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione, che condizionano, in concreto, l’edificabilità del suolo, ma non sottraggono l’area su cui insistono al regime fiscale proprio dei suoli edificabili e considerato che la destinazione prevista dal vincolo posto dal piano regolatore è realizzabile non necessariamente mediante interventi (o successive espropriazioni) di carattere pubblico, ma anche ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata (non importa se direttamente ovvero in seguito ad accordi di natura complessa) (cfr. Cass. nn. 21351/2021, 17764/2018, 23814/2016, 14763/2015, 5161/2014, 9778/2010, 9510/2010, 19161/2004);
4.28. va dunque motivatamente disatteso il diverso orientamento (cfr. Cass. nn. 27121/2019, 5992/2015, 25672/2008), secondo il quale le aree sottoposte dal piano regolatore generale a un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle trasformazioni del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, non possono essere qualificate come fabbricabili, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del d. lgs 1992/504 e restano sottratte al regime fiscale dei suoli fabbricabili, non tenendo conto, tali pronunce, che il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), prevedendo che un terreno è considerato edificatorio sia quando l’edificabilità risulti dagli strumenti urbanistici generali o attuativi, sia quando, per lo stesso terreno, esistano possibilità effettive di costruzione, delinea una nozione di area edificabile ampia ed ispirata alla mera potenzialità edificatoria;
4.29. essa, pertanto, non può essere esclusa dalla ricorrenza di vincoli o destinazioni urbanistiche che condizionino, in concreto, l’edificabilità del suolo, giacché tali limiti, incidendo sulle facoltà dominicali connesse alla possibilità di trasformazione urbanistico edilizia del suolo medesimo, ne presuppongono la vocazione edificatoria;
4.30. con riguardo, alle aree destinate a servizi pubblici o di interesse pubblico, è stato ritenuto, infatti, che «in tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), l’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico incide senz’altro nella determinazione del valore venale dell’immobile, da valutare in base alla maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, ma non ne esclude l’oggettivo carattere edificabile ex art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992, atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione che non fanno venire meno l’originaria natura edificabile» (cfr. n. 23814/2016; conforme Cass. nn. 9529/2023, 5604/2022, 653/2022, 17764/2018);
4.31. ne discende che la presenza dei suddetti vincoli non sottrae le aree su cui insistono al regime fiscale proprio dei suoli edificabili, ma incide soltanto sulla concreta valutazione del relativo valore venale e, conseguentemente, sulla base imponibile (cfr. Cass. nn. 24308/2016, 5161/2014, 9778/2010, 9510/2008);
4.32. nel caso in esame, dalla motivazione della sentenza impugnata emerge che i giudici di merito hanno ritenuto congrua la valutazione del Comune proprio perché, esclusa l’esistenza di vincoli specifici di inedificabilità assoluta, è stato ritenuto adeguato il valore dei terreni che, sulla scorta delle stesse difese del ricorrente nel merito (cfr. atti difensivi di parte ed avviso impugnato, allegati al ricorso) e in sede di legittimità (cfr. pag. 5 ricorso), risulta determinato sulla scorta dei criteri omogenei di stima indicati nella delibera comunale n. 240 del 23 febbraio 2007;
4.33. in questa sede di legittimità tale accertamento di fatto non può essere messo in discussione, avendo peraltro lo stesso ricorrente, come si è detto, fatto riferimento più che a vincoli di inedificabilità, alle modalità procedurali previste dal P.U.C. per l’utilizzazione degli indici edificatori;
4.34. non è in alcun modo stato dedotto, né dimostrato, invero, che la disciplina prevista per l’area in esame abbia previsto l’acquisizione coattiva del bene a favore del Comune, dovendosi ritenere, al contrario, che in base al P.U.C. il privato sia libero di addivenire a tale cessione, ben potendo decidere di rimanere proprietario dell’area, prevedendo, la disciplina della perequazione, la cessione gratuita delle aree quale mera condizione per l’utilizzo dei diritti perequati, non quale obbligo assoluto (cfr. pag. 24 ricorso);
4.35. in base al modello descritto e delineato dallo stesso ricorrente, alle aree inserite nel comparto è stato attribuito un identico indice edificatorio (reale), a prescindere dal fatto che le stesse siano in concreto destinate allo sfruttamento ovvero alla cessione alla mano pubblica;
4.36. invero, sebbene sia il piano attuativo ad individuare poi i suoli ove concentrare l’edificazione e quelli destinati ad ospitare le opere di urbanizzazione, anche queste ultime aree esprimono tuttavia capacità edificatoria, e, di conseguenza, i loro proprietari conseguono, comunque, un beneficio economico che rende indifferente, sotto il profilo economico appunto, la scelta dei siti ove verrà concentrata, in concreto, l’edificazione, come nel caso in esame;
4.37. ne consegue che la Commissione tributaria regionale ha correttamente ritenuto la tassabilità dei terreni oggetto di perequazione urbanistica ai fini ICI, stante la rilevanza, dal punto di vista tributario, della mera potenzialità edificatoria, che è da ravvisarsi, come nel caso in esame, nell’attribuzione di un indice perequativo costante di edificabilità ai suoli ricompresi nel comparto o, comunque nell’area interessata dal piano di intervento (cfr. Cass. S.U. cit.; Cass. n. 27575 del 2018; Cass. n. 15693 del 2017; adde Cass. n. 15312 del 2021), ritenendo inoltre congruo il valore venale del terreno, con destinazione a verde pubblico, in quanto conforme a quello fissato nella delibera n. 240 del 23.02.2007;
4.38. va invero ribadito che l’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico incide senz’altro nella determinazione del valore venale dell’immobile, da valutare in base alla maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, ma non ne esclude l’oggettivo carattere edificabile ex art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992, atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione che non fanno venire meno l’originaria natura edificabile (cfr. Cass. n. 2070 del 2024 in motiv., resa in fattispecie sovrapponibile alla presente);
4 .39. in tema di ICI, secondo principi applicabili anche all’IMU è inoltre legittimo l’avviso di accertamento emanato sulla base di un regolamento comunale che, in forza degli artt. 52 e 59 del d.lgs. n. 446 del 1997, e 48 del d.lgs. n. 267 del 2000, abbia indicato periodicamente
i valori delle aree edificabili per zone omogenee con riferimento al valore venale in comune commercio, trattandosi di atto che ha il fine di delimitare il potere di accertamento del Comune qualora l’imposta sia versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato e, pur non avendo natura imperativa, integra una fonte di presunzioni idonea a costituire, anche con portata retroattiva, un indice di valutazione per l’Amministrazione ed il giudice, con funzione analoga agli studi di settore (cfr. Cass. nn. 11643 del 2019; 15312 del 2018;
4.40. le ulteriori censure, da riqualificare ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., relative alla pretesa erronea attribuzione di un valore venale superiore a quello effettivo, mediante richiamo delle perizie in atti, sono inoltre inammissibili in forza dell’art. 348 -ter , quarto e quinto comma, cod. proc. civ., vertendosi in ipotesi di «doppia conforme» e non avendo il ricorrente assolto al proprio onere di allegare la «diversità» delle «ragioni di fatto» considerate dalla Commissione tributaria provinciale e dalla Commissione tributaria regionale (cfr. Cass. n. 5947 del 28/02/2023, Cass. n. 26774 del 22/12/2016), disposto che trova applicazione alle impugnazioni proposte dall’11 settembre 2012 e, dunque, anche nel caso di specie;
5.1. il terzo motivo, da riqualificare come censura in diritto, va parimenti disatteso;
5 .2. come già affermato da questa Corte con riguardo all’ICI (ma sulla base di principi applicabili anche all’IMU), l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’ an ed il quantum dell’imposta, ed in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di
impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (cfr. Cass. n. 26431 del 08/11/2017);
5.3. nella specie, tale obbligo motivazionale è stato ampiamente soddisfatto, considerando che l’atto impositivo impugnato (allegato al ricorso in cassazione) riporta l’indicazione dei riferimenti normativi, gli estremi catastali degli immobili e le aliquote applicate, consentendo alla parte di impostare la sua difesa, sicché non è ravvisabile alcun error in iudicando, dovendo peraltro rilevarsi che le deduzioni del ricorrente confermano che la motivazione dell’avviso di accertamento ha consentito di individuare gli immobili oggetto di tassazione e di sviluppare le proprie difese in ordine alla debenza del tributo, come dianzi illustrato;
quanto sin qui illustrato comporta il rigetto del ricorso;
le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio in favore del Comune controricorrente, liquidandole in Euro 2.400,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità