Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26123 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26123 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/10/2024
Oggetto:
sopravvenienze attive
svalutazione crediti
criterio forfettario
‘per masse’ —
perdite su crediti – deduzione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28988/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del Direttore RAGIONE_SOCIALE pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, nei cui uffici domicilia in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (PEC: EMAIL), con il quale è domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO NOME COGNOME (EMAIL), in forza di procura speciale in calce al ricorso
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo – Pescara, depositata il 30 maggio 2017, n. 498/7/2017;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DELLA CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE notificava alla società RAGIONE_SOCIALE (subentrata per incorporazione alla società RAGIONE_SOCIALE) un avviso di accertamento con il quale recuperava a tassazione un maggior reddito pari a 642.433 euro ai fini Ires, oltre sanzioni e interessi.
La ripresa fiscale derivava dal fatto che, in sede di procedura di contabilizzazione della svalutazione crediti (e correlati accantonamenti) nonché RAGIONE_SOCIALE perdite di crediti riferiti ad annualità pregresse (confluiti nel fondo svalutazioni e accantonamenti), la società si era discostata da quanto previsto dall’articolo 106 TUIR, avendo essa utilizzato il meccanismo di deducibilità oltre il limite massimo del 5% del valore nominale dei crediti in sofferenza previsto dalla norma, sicché l’ufficio aveva assoggettato ad imposizione la parte eccedente.
Contro l’atto impositivo la società proponeva ricorso alla CTP, deducendo che l’art. 101 TUIR consente, senza limiti quantitativi, la deduzione RAGIONE_SOCIALE perdite di crediti che risultino assistiti dai requisiti di certezza e definitività e che, relativamente a ll’anno d’imposta preso in considerazione (il 2010), da un lato aveva utilizzato l’istituto della c.d. ‘svalutazione forfettaria’ entro il limite di legge, dall’altro lato aveva fatto confluire nel fondo svalutazione crediti la restante parte quale sommatoria RAGIONE_SOCIALE perdite di crediti progressivamente maturata negli anni pregressi, in applicazione proprio dell’articolo 101 TUIR.
La CTP accoglieva il ricorso, con sentenza che veniva appellata dall’RAGIONE_SOCIALE.
La CTR rigettava l’appello, ritenendo conformi all’assetto normativo la contabilizzazione e la deduzione RAGIONE_SOCIALE svalutazioni e RAGIONE_SOCIALE perdite sui crediti operate dalla società.
L’RAGIONE_SOCIALE impugna la decisione di secondo grado con ricorso per Cassazione, affidato a due motivi.
Resiste con controricorso la società contribuente.
Il Pubblico Ministero ha presentato conclusioni scritte ai sensi dell’art. 380bis.1 c.p.c. , nel senso del rigetto del ricorso, per inammissibilità dei motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 106, commi 1 e 2, TUIR.
Secondo la ricorrente, il criterio di deducibilità ai fini Ires RAGIONE_SOCIALE svalutazioni e degli accantonamenti al fondo svalutazione crediti, operabile in base al criterio forfettario ‘per masse’ di cui al comma 1 dell’art. 106 TUIR (che prescinde da qualunque valutazione circa il grado di esigibilità di ciascuno dei crediti iscritti in bilancio), opera entro il limite del 5% del valore nominale dei crediti iscritti alla medesima data di riferimento. Ne deriverebbe che, se in un esercizio l’ammontare RAGIONE_SOCIALE svalu tazioni o accantonamenti effettuati in bilancio in conformità alle norme civilistiche eccede il suddetto limite fiscale, l’eccedenza concorre a formare il reddito ed impone una variazione in aumento nel moRAGIONE_SOCIALE UNICO.
Nel caso di specie, pur essendo pacifico, in fatto, che il valore dei crediti commerciali iscritti in bilancio era rappresentato anche da importi che non avevano più titolo per esservi compresi in quanto inesigibili, i giudici di secondo grado avrebbero erroneamente ritenuto rispettati i limiti imposti dall’articolo 106 TUIR , pur essendo oggettivamente indeterminabile -o comunque erroneamente determinato – il valore di tali crediti inesigibili.
A sostegno di tale assunto la ricorrente riproduce integralmente l’avviso di accertamento e uno stralcio del processo verbale di constatazione.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 106, commi 1 e 2, TUIR, nonché degli artt. 2697 c.c. e 115, comma 1, c.p.c.
Secondo la ricorrente, il convincimento dei giudici d’appello si sarebbe basato su una premessa indimostrata, consistente nella prova della corretta individuazione dei limiti prescritti dalla norma. In particolare l’RAGIONE_SOCIALE contesta, in primo luogo, la motivazione della CTR nella parte in cui sostiene che la società si sarebbe avvalsa della ‘svalutazione forfettaria’ in misura ridottissima, laddove il comportamento contabile della contribuente non consentirebbe di avere un quadro corretto dell’esatto ammontare dei crediti iscritti in bilancio, poiché gli stessi, nonostante la loro inclusione nel fondo svalutazione, avrebbero continuato a figurare in bilancio al valore iniziale senza essere cancellati, venendo solo bilanciati da una appostazione per pari importo nel fondo svalutazione crediti civilistico. Le percentuali indicate nell’articolo 106 TUIR, di conseguenza, sarebbero state calcolate su un valore ottenuto da indebite commistioni con crediti che non avrebbero avuto più ragione di essere indicati in bilancio, tanto che la C ommissione tributaria provinciale, in primo grado, ‘aveva posto l’accento sul comportamento nebuloso della società’.
In secondo luogo, la ricorrente contesta la motivazione dei giudici di secondo grado nella parte in cui hanno ritenuto che la somma di euro 1.175.326 fatta confluire nel fondo svalutazione crediti fosse ascrivibile alle perdite dei crediti consolidatesi nei pregressi esercizi, sulla base della documentazione contabile prodotta in giudizio e dei chiarimenti offerti dalla parte in corso di causa. ‘Nella realtà dei fatti’, aggiunge la ricorrente, nulla sarebbe stato fornito dalla società per dimostrare che l’i mporto complessivo fatto registrare dal fondo svalutazione crediti fosse rappresentata esclusivamente da perdite verificatesi nei precedenti esercizi e che, invece, nello stesso non fossero confluiti anche accantonamenti pregressi a titolo di svalutazione forfettaria.
I giudici di secondo grado avrebbero quindi applicato la disciplina dettata dall’art. 106 TUIR sulla base di elementi non adeguatamente
supportati da prove in ordine alla dimensione non solo qualitativa ma anche quantitativa dei crediti appostati in bilancio.
Entrambi i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, risultano inammissibili.
I giudici d’appello hanno in primo luogo ricostruito il combinato disposto degli artt. 101 e 106 TUIR, rilevando che, ai sensi del quinto comma dell’art. 101 TUIR, le perdite sui crediti sono deducibili solo se risultano da elementi certi e precisi oppure, in ogni caso, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali. L’art. 106, comma 1, invece, stabilisce i limiti percentuali di deducibilità RAGIONE_SOCIALE svalutazioni dei crediti, possibile nella misura RAGIONE_SOCIALE 0,50% del valore nominale o di acquisizione d egli stessi, comunque entro l’ammontare complessivo del 5% del valore nominale o di acquisizione dei crediti risultanti in bilancio a fine esercizio. Il successivo comma 2, quanto alle perdite dei crediti, stabilisce che esse sono deducibili a norma dell’a rt. 101 TUIR (e dunque in assenza di limitazioni) nella parte eccedente l’ammontare complessivo RAGIONE_SOCIALE svalutazioni e degli accantonamenti dedotti nei precedenti esercizi.
Rispetto a tale ricostruzione (sulla quale, Sez. 5, Ordinanza n. 34483 del 16/11/2021, in motivazione), la ricorrente non ha offerto elementi per affermare che i giudici d’appello abbiano travisato il significato nella normativa applicabile al caso concreto.
Può, anzi, condividersi l’osservazione della controricorrente, secondo cui, nell’articolare i motivi di ricorso, la ricorrente abbia trascurato di prendere posizione sul modo in cui l’art. 106 TUIR debba essere letto nel congiunto operare con l’art. 101 del medesimo d.P.R. n. 917 del 1986.
Piuttosto, la ricorrente ha censurato la sentenza della CTR nella parte in cui ha ritenuto che tale normativa sia stata rispettata.
A tale proposito, infatti, i giudici di appello, dopo aver esaminato la documentazione allegata agli atti del giudizio, hanno sostenuto che quest’ultima abbia comprovato ‘in modo convincente’ anche alla luce dei chiarimenti offerti nel corso della discussione tra le parti
-che la società si era avvalsa della c.d. ‘svalutazione forfettaria’ prevista dall’articolo 106 TUIR in misura ‘ridottissima’, pari a ‘0’ dal 2004 al 2007 e per importi irrilevanti, e dunque certamente nei limiti di legge, negli anni successivi, fino alla somma di euro 46.000 nell’esercizio 2010. Hanno pertanto ritenuto seguendo un iter motivazionale scevro da salti logici -che la somma di euro 1.175.326, pure fatta confluire nel fondo svalutazione crediti, risultasse ascrivibile alle perdite dei crediti consolidatesi nei pregressi esercizi, le quali dovevano ritenersi integralmente deducibili ai sensi dell’articolo 101 TUIR.
8. Come argomentato anche dal Pubblico Ministero nelle sue conclusioni scritte, i motivi si rivelano, quindi, inammissibili, nella parte in cui -senza offrire a sostegno elementi specifici (non potendosi considerare assistita da tale connotazione la trascrizione integrale dell’avviso di accertamento e del prodromico processo verbale di constatazione) -censurano la valutazione che del compendio probatorio acquisito nei gradi di merito hanno effettuato i giudici d’appello.
A fronte di ciò, sotto le mentite spoglie della violazione e/o falsa applicazione di legge, la ricorrente censura la valutazione RAGIONE_SOCIALE prove non legali che – secondo un consolidato orientamento di legittimità è un tipico accertamento di fatto rimesso alla valutazione del giudice di merito e sottratto allo scrutinio di legittimità, eccetto che sotto il profilo del difetto di motivazione (Sez. 2, 17/05/2024, n.13792; Sez. 3, 15/05/2024, n. 13444), nella specie non ravvisabile.
9. La violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. (pure invocata con il secondo motivo di ricorso), si configura, del resto, solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una asseritamente incongrua valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto, magari erroneamente, che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi sarebbe, al più, un erroneo apprezzamento
sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. (Sez. L, Sentenza n. 17313 del 19/08/2020, rv. 658541-01) e nei ristretti limiti nei quali è oggi ammesso il controllo sulla motivazione della sentenza impugnata.
E, a tale ultimo proposito, è appena il caso di ricordare che non può pretendersi che la Corte di legittimità, esorbitando dai compiti che le sono propri, sovrapponga una diversa valutazione del medesimo compendio probatorio già esaminato dalla CTR: il momento dell’individuazione RAGIONE_SOCIALE informazioni probatorie che dal dato probatorio possono desumersi, infatti, è affare del giudice di merito, ed è per questo sottratto al giudizio di legittimità, a condizione, beninteso, che la sentenza impugnata -come in questo caso -abbia in proposito speso una motivazione eccedente la soglia del ‘minimo costituzionale’ (così, da ultimo, Cass. S.U. Sentenza n. 5792 del 05/03/2024, rv. 670391-01).
10. Del resto, neppure può ritenersi violato l’art. 115 c.p.c., trattandosi di censura che può avanzarsi solo se si alleghi -e, ancora una volta, non è questo il caso – che il giudice abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, RAGIONE_SOCIALE prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Sez. 1, Sentenza n. 6774 del 01/03/2022, rv. 66410602).
La ricorrente intende inammissibilmente rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi, in sé coerente, degli elementi di valutazione disponibili (tutti presi in considerazione dai giudici di merito), atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della
correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023, rv. 669412-01).
Ne deriva, in conclusione , l’inammissibilità dei motivi con i quali in maniera inconferente rispetto al vizio di violazione e/o falsa applicazione di legge – ci si dolga del modo in cui il giudice di merito ha compiuto le proprie valutazioni discrezionali, in ordine ai diversi significati in astratto ricavabili dai mezzi di prova acquisiti al giudizio e certamente valutati per l’assunzione della decisione.
Il ricorso va, in definitiva, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Non sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso.
PQM
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che si liquidano in euro 7.800 per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie al 15 per cento, e accessori se dovuti.
Così deciso, in Roma, il 19 settembre 2024.