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Perdita su crediti: quando la deducibilità è automatica

Una società di servizi ha contestato un avviso di accertamento fiscale che negava la deducibilità di una perdita su crediti. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso su questo punto, stabilendo che per i crediti di modesto importo, scaduti da almeno sei mesi, i requisiti di certezza e precisione per la deducibilità si considerano automaticamente soddisfatti. La Corte ha applicato un’interpretazione evolutiva basata su una normativa successiva più chiara, cassando la sentenza d’appello e rinviando il caso per un nuovo esame.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Perdita su crediti: la Cassazione stabilisce quando la deducibilità è automatica

La gestione dei crediti insoluti è una sfida costante per le imprese. Una delle questioni fiscali più dibattute riguarda la deducibilità della perdita su crediti, ovvero la possibilità di ridurre il reddito imponibile a fronte di fatture non pagate. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 33338 del 2024, ha fornito un chiarimento fondamentale, stabilendo criteri di automatismo per i crediti di modesto importo, semplificando notevolmente gli oneri probatori per i contribuenti.

I Fatti del Caso: una Società contro l’Agenzia Fiscale

Una società di servizi in liquidazione aveva ricevuto un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate. L’Amministrazione Finanziaria contestava la deducibilità di sopravvenienze passive e il riconoscimento di perdite per resi, recuperando a tassazione un maggior reddito ai fini IRES, IRAP e IVA.
La contribuente aveva impugnato l’atto, ottenendo una prima vittoria presso la Commissione Tributaria Provinciale. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione, accogliendo l’appello dell’Agenzia e confermando la validità dell’accertamento. La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione, affidandosi a sette distinti motivi di censura.

La Questione Giuridica: quando una perdita su crediti è deducibile?

Il cuore della controversia risiedeva nell’interpretazione dell’art. 101, comma 5, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). La norma, nella sua versione originaria applicabile ai fatti, consentiva la deduzione delle perdite su crediti solo in presenza di ‘elementi certi e precisi’ che ne dimostrassero l’irrecuperabilità. Il problema sorgeva per i crediti di ‘modesta entità’, una definizione vaga che lasciava ampi margini di discrezionalità e incertezza.
La società lamentava che la Commissione Tributaria Regionale avesse erroneamente negato la deducibilità di minusvalenze per crediti di importo inferiore a 2.500 euro, senza considerare le evoluzioni normative e interpretative.

L’Analisi della Corte e la deducibilità della perdita su crediti

La Corte di Cassazione ha esaminato i vari motivi di ricorso, respingendone la maggior parte, relativi a presunti vizi di motivazione della sentenza d’appello e a difetti formali dell’avviso di accertamento (come la sottoscrizione e la validità delle copie). Tuttavia, i giudici hanno accolto il secondo motivo, quello cruciale sulla perdita su crediti.

La Corte ha riconosciuto che la CTR aveva errato nel non considerare l’impatto di una modifica legislativa del 2012 (D.L. n. 83/2012). Questa nuova legge ha stabilito che gli ‘elementi certi e precisi’ si considerano automaticamente sussistenti per i crediti di modesta entità (fino a 2.500 euro per la maggior parte delle imprese) che siano scaduti da almeno sei mesi.

Sebbene la modifica fosse successiva all’anno d’imposta in esame (2011), la Cassazione ha applicato il principio dello jus superveniens come strumento interpretativo. Ha sostenuto che la nuova norma non faceva altro che chiarire e rendere oggettiva una disposizione precedentemente vaga, rispondendo a un’esigenza di certezza del diritto.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su un’interpretazione logico-sistematica. I giudici hanno ritenuto che l’intervento normativo del 2012 avesse la finalità di ‘restituire chiarezza ed obiettività ad un presupposto intrinsecamente equivoco’. La vecchia dicitura ‘modesta entità’ era fonte di continue controversie. La nuova norma, introducendo un parametro monetario oggettivo, ha fornito un criterio numerico certo. Pertanto, anche per le fattispecie precedenti, questa nuova chiarezza deve guidare l’interprete. Rifiutarsi di applicare questa lettura, come ha fatto la CTR, significa ignorare l’evoluzione del sistema giuridico e la volontà del legislatore di semplificare gli adempimenti per le perdite di importo esiguo. La Cassazione ha quindi stabilito che la CTR avrebbe dovuto leggere la norma originaria alla luce di questo chiarimento successivo, riconoscendo la deducibilità automatica.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta una vittoria importante per i contribuenti. Viene confermato un principio di semplificazione fondamentale: per le perdite su crediti di importo limitato e scaduti da oltre sei mesi, non è più necessario intraprendere complesse azioni legali o fornire prove elaborate per dimostrarne l’inesigibilità ai fini della deduzione fiscale. La presunzione legale di sussistenza degli ‘elementi certi e precisi’ solleva le imprese da un notevole onere probatorio. La Corte ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado per una nuova valutazione che dovrà attenersi a questo principio.

Quando è possibile dedurre automaticamente una perdita su crediti di modesto importo?
Secondo la sentenza, una perdita su un credito di modesto importo (fino a 2.500 euro per la maggior parte delle imprese) è automaticamente deducibile quando il credito risulta scaduto da almeno sei mesi.

È necessario fornire prove specifiche per la deducibilità di piccoli crediti scaduti da oltre sei mesi?
No. La Corte ha chiarito che, in questi casi, i requisiti legali di ‘elementi certi e precisi’ che dimostrano l’inesigibilità sono presunti per legge. Non è quindi richiesto al contribuente di fornire ulteriori prove complesse.

Una legge successiva può influenzare l’interpretazione di una norma applicabile a fatti avvenuti in precedenza?
Sì. La Cassazione ha affermato che una nuova legge (jus superveniens), anche se non direttamente retroattiva, può e deve essere utilizzata come criterio per interpretare una norma precedente che risultava vaga o ambigua, al fine di garantirne un’applicazione coerente e certa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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