Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33338 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 33338 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 15305/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DEL VENETO n. 864/2019 depositata il 07/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/10/2024 dal Consigliere COGNOME
Udita la Procura Generale presso la Suprema Corte di Cassazione, in persona del Sost. P.G., dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo in rigetto del ricorso;
udita per la parte ricorrente l’Avv. A. ANNUNZIATA delegata dell’Avv. NOME COGNOME
udita per l’Avvocatura Generale dello Stato l’Avv. NOME COGNOME
Fatti di causa
In esito ad una verifica fiscale nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, in relazione all’anno 2011, l’Amministrazione ne approfondiva i rapporti intrattenuti con la RAGIONE_SOCIALE Emergeva l’avvenuta stipula di un contratto di cessione di ramo d’azienda, da parte della RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
L’Ufficio chiedeva alla RAGIONE_SOCIALE Service la trasmissione della documentazione contabile relativa al 2011, invitando la contribuente a un accertamento con adesione, che non sortiva un epilogo positivo.
Con susseguente avviso di accertamento nr. T6503LA02544, l’Agenzia, a norma dell’art. 41 bis del d.p.r.600/73, dell’art. 54, comma 5, del D.P.R. 633/72 e degli artt. 4 e 25 del D. Lgs. 446/97, ha recuperato un maggior reddito Ires, escludendo la deducibilità di sopravvenienze passive e il riconoscimento di perdite per resi; recuperava, inoltre, un più elevato importo dovuto a titolo Irap correlato al più alto valore della produzione nonché un maggior
ammontare dovuto a titolo di Iva connesso alle operazioni imponibili.
La CTP di Vicenza ha accolto il ricorso della contribuente, mentre la CTR del Veneto ha accolto l’appello erariale, confermando l’avviso di accertamento.
Il ricorso per cassazione della contribuente è affidato a sette motivi.
Resiste l’Agenzia con controricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 D.Lgs. n. 546 del 1992, in relazione agli artt. 360, n. 4, c.p.c. e dell’art. 62 D.Lgs. n. 546 del 1992, perché la decisione è nulla per motivazione apparente, in quanto sul punto dell’esclusione della deducibilità dei crediti ai quali il contribuente abbia rinunciato per ragioni di convenienza economica, la CTR si è espressa ‘ in modo invero laconico ed apodittico’ , senza chiarire in quali aspetti le produzioni della contribuente risultassero ‘ inidonee ad integrare la prova che si assume necessaria ‘.
Con il secondo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 101, co. 5 e co. 5 -bis d.P.R. n. 917 del 1986 nonché dell’art. 2934 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la CTR erroneamente affermato la non deducibilità delle minusvalenze per crediti di importo inferiore ai 2500,00 euro.
Con il terzo motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 23 D.Lgs. n. 82 del 2005 nonché dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la CTR erroneamente affermato la validità dell’attestazione di conformità apposta da funzionario non appositamente autorizzato.
Con il quarto motivo si censura la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 22, co. 5, D.Lgs n. 546 del 1992 nonché 2917 c.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., per avere la CTR omesso
di dar corso al disconoscimento della copia fotostatica semplice del certificato qualificato sulla firma digitale.
Con il quinto motivo di ricorso si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973 nonché dell’art. 4 -bis d.l. n. 78 del 2015, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere la CTR erroneamente affermato la sussistenza delle necessarie qualifiche in capo al soggetto sottoscrittore.
Con il sesto motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere la CTR erroneamente affermato la validità della delega conferita al funzionario sottoscrittore.
Con il settimo motivo si contesta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 52 d.P.R. n. 633 del 1972, dell’art. 12 L. n. 212 del 2000 nonché dell’art. 42 d.P.R: n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere affermato erroneamente che l’Amministrazione ha rispettato il divieto di ricerca indiscriminata e per aver violato il principio di intangibilità della motivazione dell’atto impositivo.
Il primo motivo è infondato.
In tema di contenzioso tributario, la sentenza di appello è nulla per difetto di motivazione, ai sensi degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., se è completamente priva dell’illustrazione delle censure sollevate dall’appellante rispetto alla decisione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la Commissione a disattenderle (Cass. n. 9030 del 2024; Cass. n. 15884 del 2017).
Nella specie, tuttavia, la CTR ha reso una motivazione che ben lascia cogliere la ratio decidendi alla sua base, in particolare evidenziando che ‘ nessuna prova è stata fornita dalla contribuente in ordine ai profili indicati, determinanti’. In particolare, ‘la contribuente non ha documentato elementi certi e precisi a fondamento della predita dedotta, atteso che non ha provato
l’inesigibilità del credito, né ha dimostrato che il credito non fosse più attuabile coattivamente attraverso gli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione del creditore ‘. In sostanza, la contribuente non ha dimostrato, nell’ottica della CTR, ‘ come e perché si è verificata una perdita ‘.
Il secondo motivo è, invece, fondato e va accolto.
La CTR ha erroneamente escluso l’applicabilità della versione dell’art. 101, co. 5, del TUIR, in punto di perdita su crediti, partorita dall’art. 33, comma 5, del D.L. n. 83/2012, a mente del quale gli ‘ elementi certi e precisi ‘ di cui all’art. 101, comma 5, del TUIR -rilevanti ai fini della deducibilità della perdita su crediti -si ritengono automaticamente sussistenti qualora per i crediti di modesta entità scaduti da almeno sei mesi, tali dovendosi intendere quelli che non superato € 5.000,00 per le imprese di più rilevante dimensione, individuate a norma dell’art. 27, co. 10, del D.L. n. 185/2008 ed € 2.500,00 negli altri casi.
La previsione originaria, che circoscriveva la deducibilità delle perdite su crediti alla ricorrenza di ‘ elementi certi e precisi ‘ che deponessero per la ‘ modesta entità ‘ dei crediti si distingueva, invero, per la manifesta vaghezza della fattispecie. L’innesto ortopedico del parametro monetario su riportato, eseguito con l’intervento normativo del 2012, ha risposto all’evidente finalità di restituire chiarezza ed obiettività ad un presupposto intrinsecamente equivoco, suscettibile di oscillazioni arbitrarie in chiave applicativa. La modifica, in effetti, attribuisce determinatezza e consistenza alla norma di riferimento e, nel disancorarla dall’imprecisione primigenia, fornisce un criterio di riferimento numerico alla cui luce anche la fattispecie perfezionatasi anteriormente alla modifica va senz’altro interpretata. In definitiva, ancorché la fattispecie abbia preceduto, nel caso che occupa, l’innesto normativo che ha puntualizzato l’entità dei crediti modesti, un’interpretazione adeguatrice della versione originaria della norma novellata ne
imponeva la lettura alla luce dello jus superveniens riferito. A tanto la CTR ha erroneamente abdicato.
Il terzo motivo non coglie nel segno e va disatteso.
La CTR ha compiuto un accertamento di fatto ad essa riservato, alla luce del quale la copia è stata rilasciata dal funzionario delegato alla sottoscrizione dell’originale e la delega comprendeva ‘ per il suo più ampio contenuto ‘ anche l’autorizzazione ad attestare la conformità del documento analogico all’originale informatico.
A fronte di questo apprezzamento di fatto compiuto dal giudice d’appello e ad esso rigorosamente riservato, la ricorrente insiste in una diversa ricostruzione del merito della controversia in relazione al contenuto di un documento -la delega -che neppure riproduce in parte qua , finendo per esporre una censura difettosa del requisito di specificità.
Mette punto, pertanto, richiamare il condivisibile principio ancor di recente affermato da questa Corte, a tenore del quale ‘ La copia analogica dell’avviso di accertamento, sottoscritta digitalmente dal funzionario incaricato e dichiarata conforme all’originale informatico nel rispetto della previsione dell’art. 23 del d.lgs. n. 82 del 2005, tiene luogo del menzionato originale ed è validamente notificata al contribuente, oltre che a mezzo posta elettronica certificata, anche a mezzo del servizio postale ‘ (Cass. n. 13995 del 2024).
Il quarto motivo è infondato e va respinto.
La CTR ha valorizzato la stampa generata dal terminale del rapporto di verifica, accertandone la validità.
Questa Corte ha affermato che il disconoscimento della conformità di una copia fotostatica ad un originale non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni, derivandone che l’avvenuta produzione in giudizio della copia fotostatica di un documento, se impegna la parte contro la quale il documento è prodotto a prendere posizione sulla conformità della copia
all’originale, tuttavia, non vincola il giudice all’avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l’efficacia rappresentativa (Cass. n. 12737 del 2018; in precedenza v. Cass. n. 14145 del 2014 e Cass. n. 4395 del 2004).
Il quinto motivo può essere esaminato unitamente al sesto motivo, considerata l’intima connessione delle due censure, entrambe infondate.
La CTR, avuto riguardo alla ritenuta legittimità del provvedimento impugnato, si è peritata di evidenziare l’avvenuta allegazione della delega, con indicazione della sua durata, del soggetto delegato, del perimetro degli atti da costui sottoscrivibili.
Questa Corte ha affermato che ” l’avviso di accertamento non sottoscritto dal titolare dell’Ufficio è valido ove l’Amministrazione produca, anche in giudizio, l’ordine di servizio recante l’indicazione del nominativo del delegato e dei limiti oggettivi della delega ” (Cass. n. 5200 del 2018).
Già in precedenza la giurisprudenza di legittimità aveva avuto cura di osservare che ‘ in tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva e, cioè, da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale ‘ (Cass. n. 22810 del 2015). D’altronde, la validità dell’atto postula la riferibilità di esso all’Ufficio, riferibilità che in ciascuna della compendiate ipotesi è comunque preservata.
Tra l’altro, la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento ad un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 ha natura di delega di firma e non di funzioni -poiché realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal
delegato imputabile all’organo delegante, con la conseguenza che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione di detta delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa (Cass. 11013 del 2019; Cass. n. 24004 del 2019).
Il settimo motivo è infondato.
La CTR ha affermato l’infondatezza della censura tesa a far constare ‘ la violazione del divieto di ricerca indiscriminata della prova ‘ e della censura mirata a evidenziare ‘ la carenza motivazionale dell’avviso ‘.
Testualmente la CTR ha considerato che ‘ in relazione al primo profilo, va evidenziato che in sede di verifica generale nei confronti di RAGIONE_SOCIALE è emerso il contratto di cessione di ramo di azienda con cedente RAGIONE_SOCIALE, la quale però non ha dichiarato alcuna plusvalenza da cessione realizzata, in quanto assorbita dalle componenti negative di reddito; – in tale contesto l’Agenzia ha richiesto, in sede di contraddittorio con RAGIONE_SOCIALE, proprio la documentazione dimostrativa delle perdite in grado di assorbire la plusvalenza da cessione di ramo di azienda; – ne deriva che la documentazione acquisita tn sede di accesso è coerente con l’oggetto della verifica generale intrapresa, fermo restando che l’avviso impugnato muove anche dalla documentazione richiesta in sede di contraddittorio alla contribuente e da quest’ultima esibita; pertanto, l’avviso non trova fondamento in documentazione acquisita senza alcuna correlazione con l’attività di controllo svolta dall’amministrazione, con conseguente infondatezza della censura in esame; -quanto alla ritualità della notifica, è sufficiente evidenziare che l’amministrazione ha prodotto in giudizio la delibera del Direttore Provinciale che ha nominato i funzionari cui
sono assegnate le mansioni di messo notificatore e tra costoro risulta anche il nominativo del funzionario che ha notificato l’avviso di accertamento in contestazione, sicché la censura è destituite di fondamento; – quanto all’adeguatezza del corredo motivazionale dell’atto impugnato, va osservato che l’avviso di accertamento è congruamente motivato, in quanto il rinvio agli atti istruttori, unitamente al contenuto descrittivo espresso della motivazione, consente al contribuente di conoscere esattamente i presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’amministrazione, in coerenza anche con i principi in materia di motivazione per relationem; l’adeguatezza motivazionale risulta anche in relazione alle sanzioni irrogate, in quanto l’amministrazione ha descritto in modo adeguato le violazioni contestate e le relative sanzioni, fermo restando che è stata applicata la sanzione più favorevole al contribuente’ .
L’Agenzia, in effetti, ha rivolto richieste documentali specificamente indicate (libro giornale, registri iva acquisti e vendite, fatture acquisto e vendite), ai sensi, dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, con lo scopo ‘di esaminare in contraddittorio’ quel che riguardava il ‘ corretto adempimento degli obblighi fiscali in materia di IIDD, IRAP e IVA ‘.
La documentazione veniva, pertanto, ritualmente acquisita, non solo in seguito ad un primario accesso, ma anche in esito all’invito rivolto al contribuente a presentarsi presso l’Amministrazione Finanziaria per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento avviato nei suoi confronti.
In tal senso, l’accertamento si sorreggeva sul ricorso alle prerogative contemplate per un verso dall’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 (aedditi determinati in base alle scritture contabili), per altro verso dall’art. 41 bis del DPR 600/73 (accertamenti parziali).
Quanto alla lamentata carenza di motivazione dell’avviso di accertamento, rileva significativamente e in senso contrario
all’interno di esso il richiamo ai contenuti dell’invito rivolto alla contribuente e finalizzato all’accertamento con adesione, atto ben conosciuto dalla ricorrente odierna.
In tal senso, l’avviso di accertamento non era affatto contrassegnato da carenze formali o sostanziali tali da ostare all’identificazione dei presupposti impositivi, tanto da interdire l’esame del merito del rapporto tributario.
Il ricorso va, in ultima analisi, accolto in relazione al primo motivo, respinti tutti gli altri. La sentenza d’appello va cassata e la causa rinviata per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Veneto.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, respinte le altre censure. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Veneto. Così deciso in Roma, il 22/10/2024.