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Perdita su crediti: quando è deducibile in bilancio?

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della deduzione di una perdita su crediti scaturita da un accordo transattivo. Secondo la Corte, per giustificare la deducibilità non è necessaria una procedura di insolvenza formale, ma è sufficiente la presenza di elementi oggettivi, come il bilancio del debitore, che dimostrino la ragionevolezza economica della scelta di rinunciare a parte del credito. L’appello dell’Agenzia delle Entrate, che contestava la mancanza di valide ragioni economiche, è stato respinto.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Perdita su crediti: la Cassazione conferma la deducibilità dopo una transazione

La gestione dei crediti insoluti è una sfida costante per le imprese. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sulla perdita su crediti derivante da un accordo transattivo, stabilendo che la sua deducibilità fiscale non richiede necessariamente una procedura di insolvenza formale a carico del debitore. È sufficiente dimostrare, con elementi oggettivi, la ragionevolezza economica della scelta. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Una Transazione Contestata dal Fisco

Una società operante nel settore delle carni aveva stipulato una transazione con una propria debitrice. L’accordo prevedeva la rinuncia a una parte del credito e, a saldo della quota residua, l’acquisizione di un ramo d’azienda della stessa debitrice. In seguito a questa operazione, la società creditrice aveva iscritto in bilancio una perdita su crediti per l’importo a cui aveva rinunciato.

L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, aveva contestato la deducibilità di tale perdita ai fini IRES e IRAP. Secondo l’amministrazione finanziaria, la scelta della società non era supportata da valide ragioni economiche, soprattutto considerando che vi era una parziale sovrapposizione tra le compagini sociali della creditrice e della debitrice. Di conseguenza, aveva notificato un avviso di accertamento per recuperare le imposte non versate.

Il Percorso Giudiziario e i motivi della decisione sulla perdita su crediti

La società ha impugnato l’avviso di accertamento. Mentre la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) le ha dato torto, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) ha completamente riformato la decisione di primo grado, accogliendo le ragioni del contribuente. Secondo la CTR, la scelta di transigere, anche per importi inferiori al credito originale, è legittima se basata su fatti oggettivi che la rendano ragionevole. In questo caso, la produzione in giudizio del bilancio della società debitrice era stata considerata prova sufficiente delle sue difficoltà finanziarie, giustificando così la rinuncia parziale al credito.

L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo due motivi principali:
1. La violazione dell’art. 101, comma 5, del TUIR, poiché una transazione, per generare una perdita deducibile, deve essere sorretta da “ragionevoli e valide considerazioni economiche”, altrimenti si configura come un atto di liberalità.
2. La nullità della sentenza della CTR per “motivazione apparente”, in quanto non avrebbe illustrato adeguatamente tali ragioni economiche.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi del ricorso dell’Agenzia, confermando la decisione della CTR. I giudici hanno chiarito che, ai fini della deducibilità di una perdita su crediti, non è necessario che l’impresa avvii un’azione legale per ottenere una dichiarazione formale di insolvenza del debitore. Ciò che conta è la presenza di “fatti oggettivi” che rendano la scelta di transigere ragionevole e giustificata dal punto di vista economico. L’esistenza di una transazione, unita alla prova della situazione di difficoltà del debitore (in questo caso, il suo bilancio), costituisce un fondamento sufficiente per la deducibilità della perdita. La Corte ha inoltre escluso che la motivazione della CTR fosse “apparente”, ritenendola sintetica ma chiara nell’individuare gli elementi decisivi che hanno portato all’accoglimento dell’appello del contribuente.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di pragmatismo e ragionevolezza economica. Le imprese hanno la facoltà di gestire i propri crediti in modo strategico, anche attraverso transazioni che comportino una rinuncia parziale. La chiave per garantire la deducibilità fiscale della perdita che ne consegue risiede nella capacità di documentare, tramite prove oggettive e concrete, le ragioni economiche che hanno reso tale scelta non solo opportuna, ma necessaria. La presentazione del bilancio del debitore si conferma uno strumento probatorio efficace a tal fine, offrendo alle aziende maggiore certezza giuridica nelle loro operazioni di gestione del credito.

È sempre necessario avviare una procedura di insolvenza contro il debitore per poter dedurre una perdita su crediti?
No, secondo la Corte non è necessario che il creditore si attivi per ottenere una dichiarazione giudiziale di insolvenza del debitore per poter dedurre la perdita.

Quali prove sono sufficienti per giustificare la deducibilità di una perdita derivante da una transazione?
Sono sufficienti fatti oggettivi che rendano ragionevole e giustificata la scelta di transigere per un importo inferiore al credito originario. Nel caso specifico, la produzione del bilancio della società debitrice è stata ritenuta prova sufficiente a dimostrare la situazione di difficoltà.

Una transazione che comporta la rinuncia a parte di un credito è di per sé sufficiente a giustificare la deduzione della perdita?
Sì, a condizione che la scelta di transigere sia supportata da ragioni economiche oggettive e documentate. La transazione consente di dedurre la perdita che ne deriva quando la decisione è ragionevole, basata su elementi concreti come le difficoltà finanziarie del debitore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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