Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27096 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27096 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 09/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 29961/2020, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall ‘ Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura a margine del controricorso, dall ‘ Avv. NOME COGNOME presso il quale è elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 107/2020 della Commissione tributaria regionale dell ‘ Abruzzo, depositata il 17 febbraio 2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 settembre 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
Nel corso di una verifica disposta dall ‘ amministrazione finanziaria nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per l ‘ anno di imposta 2013, emerse che quest ‘ ultima aveva concluso una transazione con la propria debitrice RAGIONE_SOCIALE rinunziando a parte del credito ed ottenendo, ad estinzione del residuo, la cessione a proprio favore di un ramo d ‘ azienda della stessa.
In conseguenza di tale operazione, la società contribuente aveva iscritto una perdita su crediti, la cui deducibilità era stata tuttavia disconosciuta dall ‘ Amministrazione poiché non emergevano le ragioni economiche della scelta.
Non risultavano, in particolare, elementi dai quali potesse desumersi l ‘ inesigibilità del credito rinunziato o la difficoltà nel relativo recupero; d ‘ altro canto, i soci della cessionaria facevano parte anche della compagine della cedente, insieme ad altri che erano stati amministratori della prima fino a tutto l ‘ anno oggetto di verifica.
L ‘ Agenzia delle entrate notificò, pertanto, a Centro Carne un avviso di accertamento con il quale venivano recuperati a tassazione, ai fini Irap e Ires, gli importi dei quali era stata disconosciuta la deducibilità.
Detto avviso venne impugnato dalla società innanzi alla C.T.P. di Teramo, che respinse il ricorso.
La sentenza, oggetto di appello da parte della contribuente, fu integralmente riformata dalla decisione indicata in epigrafe.
Secondo la C.T.R. dell ‘ Abruzzo, la scelta della società di transigere con la propria debitrice non rendeva indeducibile la perdita, dovendosi aver riguardo, sul punto, al solo dato obiettivo che risultava dalla
transazione, consistito in una rinuncia al credito, alla quale la perdita conseguiva come effetto sul piano contabile; la deducibilità della perdita, dunque, ben poteva «basarsi su fatti oggettivi, che rendano ragionevole la scelta dell ‘ imprenditore di transigere anche per importi inferiori al credito originario».
Su tale base, la sentenza di primo grado era errata nella parte in cui riteneva insussistente la prova della perdita definitiva «non risultando la società debitrice soggetta a procedure concorsuali o simili»; a tal fine, infatti, era sufficiente la produzione di copia del bilancio di quest ‘ ultima, effettuata in giudizio dalla contribuente.
Inoltre, in virtù del richiamo ai principi contabili operato dall ‘ art. 101, comma 5, del d.P.R. n. 917/1986 (TUIR), occorreva fare riferimento al principio Oic 15, in base al quale, ai fini della deduzione del credito per cancellazione, rileva il momento dell ‘ estinzione del corrispondente diritto contrattuale, ciò che era pacificamente avvenuto con la transazione in esame.
Avverso la sentenza d ‘ appello ha proposto ricorso per cassazione l ‘ Agenzia delle entrate, articolando due motivi.
La società contribuente ha depositato controricorso, illustrato da successiva memoria.
Inizialmente assegnata alla sezione sesta, la causa è stata rinviata per l ‘ adunanza camerale sul rilievo del difetto del requisito di cui all ‘ art. 374 cod. proc. civ., applicabile ratione temporis .
Le parti hanno depositato memorie in prossimità dell ‘ udienza.
Considerato che:
Con il primo motivo, denunziando «violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 101, comma 5, ultimo periodo del d.P.R. n. 917/1986», l ‘ Agenzia delle entrate critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto sufficiente la comprovata esistenza di una
transazione su un credito della società a giustificarne la cancellazione dal bilancio.
Secondo l ‘ Ufficio, infatti, l ‘ art. 101, comma 5, TUIR imporrebbe la cancellazione «dei soli crediti (ovvero della quota-parte di essi) rispetto ai quali è intervenuta rinuncia sorretta da ragionevoli e valide considerazioni economiche»; in mancanza di queste ultime, la transazione con rinunzia al credito si risolverebbe in un atto di liberalità, che non genera perdite deducibili.
Con il secondo motivo, denunziando «violazione e falsa applicazione degli artt. 36 n. 4 del d.lgs. 546/1992 e 132 n. 4 del codice di procedura civile», l ‘ Agenzia delle entrate osserva che, ove si volesse opinare che la C.T.R. abbia ritenuto la transazione sorretta da valide ragioni giuridiche ed economiche, queste ultime non sarebbero comunque state validamente illustrate, con conseguente nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente.
I motivi, meritevoli di scrutinio congiunto per la loro connessione, non sono fondati.
3.1. Va premesso che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente con il primo motivo, la sentenza impugnata non ha ritenuto superflua, ai fini dell ‘ affermata sussistenza di una perdita deducibile, ogni indagine circa le ragioni economiche sottese alla scelta di addivenire a un accordo transattivo con parziale rinunzia al credito.
Al contrario, i giudici regionali si sono richiamati all ‘ insegnamento che si trae dalle pronunce di questa Corte (fra le quali Cass. n. 10256/2013 e Cass. n. 10643/2018, indicate nella motivazione della sentenza), in termini che possono essere così compendiati:
la transazione intervenuta con il debitore consente al creditore di dedurre la perdita che ne deriva, che a tal fine rileva sul piano oggettivo, senza limitazioni o differenziazioni a seconda della circostanza che l’ha determinata ;
la valutazione positiva sulla deducibilità della perdita è quindi fondata sulla considerazione di fatti oggettivi, che rendono ragionevole e giustificata la scelta del contribuente di transigere per importo inferiore al credito originario;
in tale ottica, infine, non è necessario che il creditore fornisca la prova di essersi positivamente attivato per conseguire una dichiarazione giudiziale dell ‘ insolvenza del debitore, essendo sufficiente che le perdite risultino documentate in modo certo e preciso, secondo quanto stabilito dall ‘ art. 101, comma 5, TUIR.
3.2. Muovendo da tali condivisibili premesse, la sentenza impugnata ha, poi, rilevato che il bilancio della debitrice, prodotto dalla contribuente, costituiva sufficiente termine di riscontro di una situazione che rendeva ragionevole la rinuncia parziale al credito.
Siffatta affermazione, sul piano del diritto, si pone in continuità con l ‘ indirizzo poc ‘ anzi richiamato e, pertanto, non comporta alcuna violazione dell ‘ art. 101, comma 5, TUIR, come sostenuto dalla ricorrente.
Né, del resto, la stessa può essere contestata nei suoi profili fattuali, senza che ciò sconfini in una valutazione dei dati probatori, non consentita in questa sede.
3.3. La medesima affermazione, infine, esclude che nel caso di specie possa parlarsi di motivazione apparente della sentenza impugnata.
Posto infatti che, com ‘ è noto, quest ‘ ultima anomalia della motivazione sussiste allorché la decisione impugnata sia sorretta da argomenti che, pur se graficamente esistenti, non rendono percepibili le ragioni della decisione, costringendo l ‘ interprete ad integrarle con dati congetturali, la pronunzia della C.T.R., seppur sinteticamente argomentata, consente di individuare con chiarezza quali elementi siano stati ritenuti decisivi nell ‘ indagine sui presupposti per la
deducibilità della perdita e, conseguentemente, per quali motivi detta indagine si sia risolta con esito positivo.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Non sussistono i presupposti per la condanna della ricorrente ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, trattandosi di amministrazione pubblica patrocinata dall ‘ Avvocatura dello Stato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in € 5.500,00, oltre € 200,00 per esborsi, 15% rimborso forfetario ed oneri accessori.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema di cassazione, il 23 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME