Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16707 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16707 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
Oggetto : IRPEF, IVA ed IRAP 2016 – Maggiori ricavi non dichiarati – Percentuale di ricarico – Onere della prova
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 777/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME quale titolare dell’omonima ditta individuale, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato e allegata al contro ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del difensore;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Umbria , n. 336/01/2023, depositata in data 6 novembre 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
1. L’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Terni, emetteva nei confronti di NOME COGNOME, esercente l’attività di commercio al dettaglio di confezioni per adulti, l’avviso di accertamento n. T3Q010100176/2021, con il quale recuperava a tassazione, come maggiori ricavi derivanti dall’applicazione di percentuale di ricarico sul costo del venduto, complessivi euro 908.971,00, liquidando IRPEF (per euro 281.936,00 oltre addizionali), IVA (per euro 199.974,00) ed IRAP (per euro 27.821,00).
L’avviso traeva origine dal PVC redatto da militari appartenenti alla Guardia di Finanza il 5/10/2020 a conclusione di una verifica fiscale, con cui si era proceduto a determinare il costo del venduto per ognuna delle annualità oggetto d ell’accertamento (2014-2019).
Quindi, al fine di stabilire la percentuale di ricarico applicata dalla ditta, si ponevano a confronto i valori risultanti dalla verifica con i ricavi dichiarati dalla contribuente.
Per l’anno d’imposta 201 6, oggetto del presente giudizio, la percentuale di ricarico praticata dalla contribuente era pari al 9,18%, ma non appariva credibile sia in confronto con le altre imprese operanti sul territorio nel medesimo settore, sia in relazione a quanto rilevabile dagli studi di settore applicati.
Partendo, quindi, dagli studi di settore presentati negli anni 2014-2017 da altre ditte operanti nella medesima regione, i verificatori procedevano all’individuazione del costo del venduto, a cui veniva applicata, tramite una media aritmetica, la percentuale di ricarico del 210%.
Utilizzando i files informatici utilizzati dalla contribuente per la catalogazione degli ordini i militari procedevano, quindi, a quantificare le percentuali di ricarico per ciascun anno d’imposta e, in particolare, applicavano per l’anno d’imposta 2016 una percentuale del 108%, poi ridotta al 100%, pari a quella dichiarata dalla stessa contribuente in sede di verifica.
La Guardia di Finanza procedeva inoltre a segnalare alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Terni la violazione descritta come ipotesi di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74).
La contribuente chiedeva di definire la controversia mediante accertamento con adesione, incardinando il contraddittorio con l’Ufficio ed evidenziando come il procedimento di calcolo dei ricavi presunti non fosse stato svolto correttamente, poiché parte della merce era stata ceduta sottocosto, circostanza di cui i verificatori non avevano -a suo dire -tenuto conto.
L’Ufficio accoglieva i rilievi inerenti alla mancata considerazione delle vendite sottocosto e formulava una proposta che tenesse conto di tale aspetto, riducendo i ricavi (ad euro 608.369,40) e l’IVA dovuta (ad euro 133.841,00).
Non aderendo alla proposta formulata dall’Ufficio , la contribuente impugnava l’avviso di accertamento innanzi alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Terni, che accoglieva il ricorso.
I giudici di prime cure, dopo aver affermato che la contribuente non contestava la percentuale di ricarico (100%) determinata dall’Ufficio, ritenevano ‘giusto l’assunto di parte che la percentuale di ricarico debba essere applicata al costo del venduto, escludendo dal calcolo il costo dei beni venduti sottocosto e gli sconti praticati in quanto non appare dubbio che anche questi debbano essere considerati in diminuzione dei ricavi accertati ne conseguono ricavi sensibilmente inferiori a quelli accertati, che sostanzialmente fanno decadere quanto accertato nell’avviso emesso’ (ultima pagina della sentenza di primo grado).
L’Agenzia delle entrate interponeva appello innanzi alla Corte di g iustizia tributaria di secondo grado dell’Umbria, ribadendo la legittimità del suo operato e chiedendo, pertanto, di riformare integralmente la sentenza di primo grado.
La CGT-2 rigettava l’appello, confermando l’impugnata sentenza sottolineando l’erroneo calcolo dei ricavi da parte dell’Ufficio per due ordini di ragioni: a) da un lato, la mancata sottrazione, dal costo del venduto, del costo di acquisto delle merci vendute a sto ck; b) dall’altro, la mancata considerazione del valore degli sconti effettuati dalla ditta durante i saldi, costituenti una prassi ormai annuale. Riteneva, poi, che, alla luce della consulenza di parte prodotta in sede di procedimento penale (conclusosi con decreto di archiviazione) ‘la percentuale di ricarico del 100 %, dichiarata dalla parte, sensibilmente superiore alla percentuale media di ricarico del 38,29 % relativa al settore del Commercio al dettaglio per l’anno 2016, possa verosimilmente ritenersi al lordo delle vendite a stock e delle vendite a sconti durante i numerosi periodi di saldi del settore’ (ultima pagina della sentenza di secondo grado).
Avverso la decisione della Corte di giustizia tributaria di secondo grado proponeva ricorso per cassazione l’Ufficio, affidandosi ad un unico motivo.
La contribuente ha resistito con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 14/04/2025. La controricorrente ha depositato memoria ex art. 380bis1 cod. proc. civ..
Considerato che:
Con il primo (ed unico) strumento di impugnazione l’Ufficio deduce la «violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., dell’art. 654 c.p.p., dell’art. 39, comma 1 , lett. d), del d.P.R. n. 600/1973, degli artt. 51 e 54 del d.P.R. n. 633/1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.». Nel motivo vengono sviluppate tre questioni: a) la natura di confessione stragiudiziale dell’accettazione, da parte del contribuente, in contraddittorio con i verbalizzanti, di una data percentuale di ricarico; b) il dovere in capo al giudice tributario di esaminare nel merito la pretesa tributaria, qualora ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi di carattere
sostanziale, eventualmente riducendola; c) la natura di mero indizio del decreto di archiviazione emesso dal GIP per gli stessi fatti contestati in sede tributaria.
Ribadisce, in particolare, di aver applicato la percentuale di ricarico (100%) indicata dalla stessa contribuente in sede di verifica e lamenta che la CGT-2 avrebbe errato nell’annullare completamente la ripresa, che, al più, andava diminuita alla luce delle circostanze di causa (eventualmente, in applicazione della minore percentuale di ricarico medio del settore, ovvero 38,29%).
L’Ufficio censura, poi, l’impugnata sentenza anche nella parte in cui ha ritenuto che la ricostruzione fornita dalla contribuente fosse ‘ corroborata da un passaggio del decreto di archiviazione penale che fa riferimento ad una relazione tecnica prodotta dalla parte dalla quale emerge che i ricavi presunti sono inferiori alle soglie di punibilità ‘.
Sul punto, l’Agenzia richiama la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «il provvedimento di archiviazione pronunciato in sede penale ai sensi dell’art. 408 cod. proc. pen. non impedisce che lo stato di fatto venga diversamente definito, valutato e qualificato dal giudice tributario, poiché, a differenza della sentenza pronunciata all’esito del dibattimento, detto decreto ha per presupposto la mancanza di un processo e non dà luogo ad alcuna preclusione, non rientrando tra i provvedimenti dotati di autorità di cosa giudicata».
Il motivo, subito superando l’eccezione di inammissibilità formulata dalla contribuente, atteso che il ricorso soddisfa il requisito della specificità previsto dall’art. 366, cod. proc. civ., è fondato.
1.1. Nella specie, la percentuale di ricarico del costo del venduto, come ammesso anche dalla contribuente in sede di verifica, non può che essere il 100%; invero, come affermato da questa Corte (anche recentemente, Cass. 13/12/2024, n. 32389) «l’accettazione da parte del contribuente, di una data percentuale di ricarico ai fini della determinazione dei ricavi, può essere apprezzata come confessione stragiudiziale – e assumere, quindi, valore di prova
legale – se risulti dal verbale di constatazione e sia stata sottoscritta dal contribuente medesimo».
Ora, da tale percentuale muove anche la CGT-2, che ritiene, però, che la detta percentuale vada applicata non già sul costo complessivo di tutta la merce acquistata, bensì solo sul costo della merce venduta a prezzo pieno, ovvero epurando da esso sia il costo della merce venduta a stock sia il costo di quella venduta in saldi. Secondo la CGT-2, diversamente opinando, ovvero applicando il 100% sul costo di acquisto di tutta la merce (come fatto dall’Agenzia), si determinerebbe una artificiosa sopravvalutazio ne dei ricavi conseguiti.
La decisione non può essere condivisa.
Invero, la vendita a stock o con scontistica alla clientela non azzera completamente il ricavo del commerciante; pertanto, correttamente la percentuale di ricalcolo è stata applicata dall’Ufficio sull’intero costo di acquisto delle merci, salvo poi espunge re dal calcolo la merce venduta a stock o con sconti, secondo quanto riportato nella documentazione contabile della contribuente (v. schema di calcolo riportato a pagina 8 del ricorso).
Sotto altro aspetto, va evidenziato che, pur volendo ritenere corretta la prospettazione della contribuente, il giudice del merito non sarebbe esonerato dalla verifica dell’eventuale esistenza della pretesa tributaria in termini minori rispetto a quelli riportati nell’avviso di accertamento. Nella specie, tale verifica non risulta compita dalla CGT-2, avendo anzi confermato la decisione della CGT2 secondo cui i ricavi conseguiti dalla contribuente erano sensibilmente inferiori a quelli accertati (‘che sost anzialmente fanno decadere quanto accertato nell’avviso emesso’); ma ciò non comporta automaticamente l’annullamento della pretesa inverata nell’avviso di accertamento, spettando infatti al giudice del merito la verifica dell’esistenza di una minore pretes a tributaria (eventualmente nei termini sensibilmente ridotti dall’Ufficio in sede di accertamento con adesione).
Nessuna incidenza ha, infine, nella specie il decreto di archiviazione emesso dal GIP nei confronti della contribuente, non solo perché, con l’introduzione dell’art. 21bis d.lgs. n. 74/2000 da parte del d.lgs. n. 87/2024, l’efficacia di giudicato nel proce sso tributario è limitata alle sentenze penali di assoluzione emesse a seguito di dibattimento, ma anche perché nella specie l’affermazione contenuta nel detto decreto tramite il richiamo ad una consulenza di parte (e riportata nella sentenza gravata), ovv ero ‘i ricavi presunti sono inferiori alle soglie di punibilità’, non ha alcuna rilevanza ai fini dell’accertamento della pretesa tributaria.
In definitiva, il ricorso va accolto, la sentenza gravata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell ‘Umbria che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell ‘Umbria , perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo esame e provveda a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 aprile 2025.