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Percentuale di ricarico: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso relativo all’accertamento di maggiori ricavi di un’impresa individuale basato sulla percentuale di ricarico. L’imprenditrice aveva ammesso in sede di verifica una certa percentuale, ma i giudici di merito avevano annullato l’accertamento ritenendo errato il calcolo che non escludeva le vendite in saldo e a stock. La Cassazione ha cassato la sentenza di secondo grado, affermando che l’ammissione del contribuente ha valore di confessione stragiudiziale. Pertanto, il giudice non può annullare totalmente l’atto, ma deve, al più, ricalcolare la pretesa tributaria tenendo conto di tale percentuale come base di partenza, anche in presenza di vendite a prezzo ridotto.

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Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Percentuale di Ricarico: la Cassazione Stabilisce il Valore Confessorio delle Dichiarazioni del Contribuente

L’applicazione della percentuale di ricarico è uno degli strumenti più comuni utilizzati dall’Agenzia delle Entrate per l’accertamento di maggiori ricavi non dichiarati. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su come debba essere gestita questa percentuale, specialmente quando il contribuente stesso ne ammette l’entità durante una verifica fiscale. La decisione sottolinea il valore di confessione stragiudiziale di tali dichiarazioni e l’impatto che hanno sull’onere della prova nel processo tributario.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un’imprenditrice individuale, titolare di un’attività di commercio al dettaglio di abbigliamento, che ha ricevuto un avviso di accertamento per IRPEF, IVA e IRAP relativo all’anno d’imposta 2016. L’Agenzia delle Entrate contestava maggiori ricavi per oltre 900.000 euro, determinati applicando una percentuale di ricarico sul costo del venduto.

L’accertamento era scaturito da una verifica della Guardia di Finanza, durante la quale era emerso che la percentuale di ricarico applicata dall’imprenditrice era, a detta dei verificatori, notevolmente inferiore alla media di settore. Basandosi su studi di settore e su un’analisi dei file informatici della contribuente, i militari avevano inizialmente stimato una percentuale del 210%. Tuttavia, in sede di verifica, la stessa contribuente aveva dichiarato di applicare una percentuale del 100%, che era stata poi utilizzata per la rideterminazione dei ricavi.

La contribuente aveva impugnato l’avviso, sostenendo che il calcolo fosse errato poiché non teneva conto delle vendite sottocosto e delle merci vendute durante i saldi stagionali.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Sia la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado che quella di secondo grado avevano dato ragione alla contribuente, annullando l’avviso di accertamento. Secondo i giudici di merito, l’Ufficio aveva commesso un errore nel calcolo, non sottraendo dal costo del venduto il valore delle merci vendute a stock o in saldo. Applicare la percentuale di ricarico del 100% all’intero costo d’acquisto, senza considerare queste vendite a prezzo ridotto, avrebbe portato a una sovrastima artificiale dei ricavi. I giudici d’appello avevano inoltre valorizzato una consulenza tecnica prodotta in un parallelo procedimento penale (poi archiviato), che indicava una percentuale media di ricarico per il settore molto più bassa (38,29%).

L’Analisi della Cassazione sulla corretta applicazione della percentuale di ricarico

L’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso per cassazione, lamentando la violazione di diverse norme, tra cui quella sull’onere della prova (art. 2697 c.c.). La Corte Suprema ha accolto il ricorso, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un nuovo esame.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su alcuni principi fondamentali. In primo luogo, ha stabilito che la dichiarazione resa dalla contribuente in sede di verifica, con cui ammetteva di applicare una percentuale di ricarico del 100%, ha valore di confessione stragiudiziale. Tale confessione costituisce una prova legale e non può essere semplicemente ignorata dal giudice.

Di conseguenza, i giudici di merito hanno commesso un errore nell’annullare completamente l’avviso di accertamento. Pur ritenendo non corretto il metodo di calcolo dell’Ufficio, non avrebbero dovuto azzerare la pretesa fiscale, ma piuttosto ricalcolarla. Il loro compito era verificare l’esistenza di una pretesa tributaria, seppur in misura inferiore a quella inizialmente richiesta.

La Cassazione ha chiarito che il metodo corretto consiste nell’applicare la percentuale confessata all’intero costo di acquisto delle merci, per poi scomputare dal calcolo il valore delle merci vendute a stock o con sconti, sulla base della documentazione contabile fornita dalla stessa contribuente. Questo approccio riconosce che anche le vendite scontate generano un ricavo, seppur inferiore. L’annullamento totale dell’atto è, pertanto, una misura sproporzionata.

Infine, la Corte ha ribadito un principio consolidato: il decreto di archiviazione penale non ha efficacia di giudicato nel processo tributario e può essere considerato al massimo un mero indizio, non vincolante per il giudice fiscale.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per i contribuenti: le dichiarazioni rese durante una verifica fiscale possono avere conseguenze significative e vincolanti nel successivo contenzioso. L’ammissione di una percentuale di ricarico assume il valore di una confessione, invertendo di fatto l’onere della prova. Sarà poi il contribuente a dover dimostrare, con prove concrete, che quella percentuale non è stata applicata uniformemente su tutte le vendite. Per i giudici tributari, la decisione riafferma il principio secondo cui, di fronte a un errore di calcolo nell’atto impositivo, la soluzione non è l’annullamento sic et simpliciter, ma una rideterminazione della pretesa, nel rispetto del principio di giusta imposizione.

Che valore legale ha l’ammissione di una percentuale di ricarico fatta dal contribuente durante una verifica fiscale?
Secondo la Corte di Cassazione, tale dichiarazione, se risulta dal verbale di constatazione sottoscritto dal contribuente, ha il valore di una confessione stragiudiziale e può essere apprezzata come piena prova legale.

Se un avviso di accertamento si basa su un calcolo parzialmente errato, deve essere annullato completamente?
No. La Corte ha stabilito che il giudice di merito non deve annullare automaticamente l’intero atto, ma è tenuto a verificare l’eventuale esistenza di una pretesa tributaria, anche se in misura inferiore a quella accertata, procedendo a un ricalcolo.

Un decreto di archiviazione in sede penale per gli stessi fatti ha efficacia nel processo tributario?
No, la Corte ha ribadito che il provvedimento di archiviazione penale non impedisce al giudice tributario di definire, valutare e qualificare diversamente i fatti, poiché non ha autorità di cosa giudicata nel processo tributario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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