Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32195 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32195 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23300/2017 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate e del Territorio, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-ricorrente – contro
AVVISO DI ACCERTAMENTO IRAP 2007
RAGIONE_SOCIALE con sede in INDIRIZZO Caltanissetta;
-intimata –
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA -CALTANISSETTA n. 780/7/2017, depositata in data 6/3/2017;
Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024;
Rilevato che:
Con avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE/2012, in seguito a verifica fiscale nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE‘ (d’ora in poi, anche ‘la contribuente’ ), esercente l’impresa di commercio di accessori di autoveicoli, l’ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate accertò per il periodo d’imposta 2007 un maggior reddito di euro 92.820.
Alla rettifica de l reddito fece seguito l’emissione di un altro avviso di accertamento nei confronti di Longombardo Filippo, titolare della quota di capitale del 71,66% , nel rispetto dell’art. 47 del d.P.R. n. 917 del 1986.
Contro gli atti impositivi i contribuenti proposero ricorso dinanzi alla C.T.P. di Caltanissetta , che nel contraddittorio con l’ufficio, riuniti i ricorsi, li accolse in parte.
Su appello dell’amministrazione, la C.T.R. confermò la sentenza di primo grado, nella parte in cui questa affermò essere illegittima la percentuale di ricarico del 45% come calcolata dall’ufficio.
Avverso la sentenza d’appello, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
La società contribuente non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Considerato che:
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 132, comma 2, n. 4) c.p.c., nonché dell’art. 112 c.p.c., in rapporto all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate si duole che la sentenza impugnata sia carente di motivazione.
Secondo l’Agenzia delle Entrate , la sentenza impugnata non sarebbe idonea a rivelare la ratio decidendi e non avrebbe tenuto conto delle istanze e delle deduzioni rassegnate da entrambe le parti.
1.1. Il motivo è infondato.
L’apparato motivazionale della sentenza impugnato è sì succinto, ma esistente, ed idoneo a rivelare la ratio decidendi del rigetto dell’appello a suo tempo proposto dall’Ufficio.
In particolare, il giudice d’appello imputa all’amministrazione di aver fondato l’avviso di accertamento su una errata metodologia di calcolo della percentuale di ricarico, che non avrebbe tenuto conto di un numero significativo e certo di ogni articolo venduto.
Né può parlarsi di omessa pronuncia da parte della C.T.R., che invece si è pronunciata sull’appello dell’Ufficio rigettandolo , giudicando inattendibile gli esiti ai quali era pervenuto l’avviso di accertamento .
Peraltro, non può l’Ufficio genericamente lamentarsi di non avere avuto una pronuncia sostitutiva da parte della C.T.R., visto che in ricorso non sono stati nemmeno indicati gli elementi di fatto ai quali il giudice avrebbe potuto far riferimento per quantificare in sentenza l’ammontare dei ricavi non dichiarati e la conseguente imposta.
2.Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. Violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4
c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata in quanto, contrariamente da quanto da essa affermato, risulterebbe dal processo verbale di accertamento che l’amministrazione ha proceduto, nel caso di specie, ad elaborare la percentuale media ponderata di ricarico pari al 45%.
Tale circostanza risulterebbe anche dalle controdeduzioni depositate in appello dalla contribuente.
La C.T.R., dunque, secondo l’Agenzia delle Entrate, avrebbe tratto conclusioni errate ed esorbitanti rispetto alla materia del contendere.
2.1. Il motivo è inammissibile, perché non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.
Quest’ultima, infatti, ha giudicato inattendibile la percentuale di ricarico, e dunque l’avviso di accertamento, in quanto l’amministrazione non avrebbero tenuto conto della ‘quantità certa di ciascun prodotto venduto’ .
A prescindere, dunque, dal tipo di media utilizzato per l’accertamento del maggior reddito, la C.T.R. ha imputato all’avviso di accertamento un’inattendibilità degli esiti derivante da una erronea metodologia di calcolo dell’imposta dovuta, visto che l’amministrazione non avrebbe tenuto conto della quantità di ciascun prodotto venduto.
3.Il ricorso è rigettato.
Il mancato svolgimento di attività difensiva da parte della contribuente esime dalla statuizione sulle spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024.