Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5909 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 5909 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 05/03/2025
COGNOME NOME
– intimati – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 1690/2017 pubblicata in data 11/04/2017, non notificata;
Agenzia delle Entrate Riscossione-NOME COGNOME Avvocati libero foro- Giudizio di cassazione-Inammissibilità
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26829/2017 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, in persona del procuratore speciale avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura allegata al ricorso ed elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-ricorrente – contro
udita la relazione della causa svolta nella udienza pubblica del 5/02/2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME udito il PM, in persona del sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso; udito l’avv . NOME COGNOME per delega dell’avv. NOME COGNOME per la ricorrente.
FATTI DI CAUSA
All’esito della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che aveva annullato l’intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA e condannato Equitalia Nord s.p.a. al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio, NOME COGNOME radicava giudizio di ottemperanza davanti alla medesima Commissione regionale in relazione alla condanna alle spese di lite.
Con la sentenza n. 1690/2017 pubblicata in data 11 aprile 2017 la CTR della Lombardia accoglieva il ricorso per l’ottemperanza nominando commissario ad acta e condannava Equitalia servizi di riscossione s.p.a. al pagamento delle spese di lite.
Contro tale decisione propone ricorso l’ Agenzia delle Entrate Riscossione sulla base di cinque motivi.
La parte contribuente è rimasta intimata.
Il ricorso è stato fissato per l ‘udienza pubblica del 5 febbraio 2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 70 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dell’art. 93 c.c. e dell’a rt. 81 c.p.c., per carenza di legittimazione attiva di NOME COGNOME in relazione alla domanda di ottemperanza al pagamento della somma richiesta a titolo di spese di lite in favore del difensore NOME COGNOME che si era dichiarato antistatario.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 70, secondo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992, n.
546 e dell’art. 1219 c.c., il travisamento degli atti e fatti processuali e la omessa declaratoria di improcedibilità del giudizio di ottemperanza per la mancanza della preventiva notifica a mezzo ufficiale giudiziario di atto di messa in mora.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 91 e 93 c.p.c., 112 c.p.c. e 70 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 nonché il travisamento di atti e fatti processuali in quanto la CTR avrebbe travalicato i limiti e il contenuto del dispositivo della sentenza azionata che disponeva il pagamento delle spese di lite in favore del contribuente senza che vi fosse alcuna istanza di distrazione da parte del difensore; inoltre il difensore del contribuente aveva formulato una inammissibile domanda di distrazione delle spese di lite nel giudizio di ottemperanza invece di procedere con l’istanza di correzione di errore materiale della sentenza da ottemperare.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione di legge e in particolare dell’art. 7 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 per avere la CTR disposto l’ottemperanza nonostante vi fosse in atti già prova dell’avvenuta ottemperanza della sentenza da parte di Equitalia in favore della parte privata direttamente.
Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione alla limitazione delle spese di lite in quanto l’Agenzia della Riscossione non poteva essere ritenuta soccombente nel giudizio di ottemperanza.
Il ricorso non può essere esaminato nel merito in quanto inammissibile.
Com’è noto, l’art. 1 d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito dalla legge 10 dicembre 2016, n. 225, ha disposto l’estinzione ope legis delle società del Gruppo Equitalia, cancellate d’ufficio dal registro delle imprese, con effetto dal l’1 luglio 2017, al contempo prevedendo l’istituzione di un ente pubblico economico, denominato «Agenzia delle
entrate-Riscossione», ente strumentale della stessa Agenzia delle Entrate. Detto ente, secondo l’impianto normativo, subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle estinte società del Gruppo Equitalia, assumendo la qualifica di agente della riscossione, ai sensi del d.P.R. n. 602 del 1973.
Per quanto qui in particolare interessa, l’art. 1, comma 8, d.l. cit. stabilisce che «L’ente è autorizzato ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ai sensi dell’art. 43 T.U. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato, di cui al r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, fatte salve le ipotesi di conflitto e comunque su base convenzionale. Lo stesso ente può altresì avvalersi, sulla base di specifici criteri definiti negli atti di carattere generale deliberati ai sensi del comma 5 del presente articolo, di avvocati del libero foro, nel rispetto delle previsioni di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, artt. 4 e 17, ovvero può avvalersi ed essere rappresentato, davanti al tribunale e al giudice di pace, da propri dipendenti delegati, che possono stare in giudizio personalmente; in ogni caso, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, l’Avvocatura dello Stato, sentito l’ente, può assumere direttamente la trattazione della causa».
Al riguardo, pronunciando ( ex art. 363 c.p.c.) sul contrasto giurisprudenziale frattanto insorto tra le Sezioni semplici, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che «Ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, l’Agenzia delle Entrate Riscossione, impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, si avvale: «a) dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come riservati ad essa dalla Convenzione intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi del r.d. n. 1611 del 1933, art. 43, comma 4, di apposita motivata delibera da adottare
in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici; b) di avvocati del libero foro, senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dall’art. 43, comma 4, r.d. cit. – nel rispetto degli artt. 4 e 17 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi del d.l. n. 193 del 2016, art. 1, comma 5, conv. in l. n. 225 del 2016 – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio. Quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura dello Stato o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità» (Cass., Sez. U., 19/11/2019, n. 30008).
Pertanto si è affermato il principio di diritto per cui per la difesa e la rappresentanza in giudizio l’Agenzia delle Entrate Riscossione si avvale dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti dalla convenzione intervenuta con la stessa, salve le ipotesi di conflitto, le condizioni di cui art. 43, comma 4, r.d. n. 1611 del 1933 (cioè con apposita, motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza) oppure l’indisponibilità dell’Avvocatura; solo quando la convenzione non riservi all’Avvocatura erariale la difesa, non è richiesta l’adozione di apposita delibera o alcuna altra formalità per ricorrere al patrocinio a mezzo di avvocati del libero foro.
Nel caso del contenzioso tributario, la convenzione esime l’Agenzia dal ricorso alla difesa erariale esclusivamente con riferimento ai giudizi innanzi alle commissioni tributarie, dunque al giudizio di merito,
mentre lo prevede espressamente per quello di legittimità, rispetto al quale dunque in difetto delle condizioni ricordate (conflitto, indisponibilità o apposita delibera) la procura rilasciata dall’Agenzia ad un avvocato del libero foro, deve ritenersi invalida e – poiché indispensabile per la regolare costituzione del rapporto processuale tale invalidità può essere rilevata d’ufficio dal giudice, anche nel giudizio di legittimità, con conseguente inammissibilità del ricorso (Cass. 31/10/2024, n. 28199; Cass. 24/10/2024, n. 27639; Cass. 5/07/2024, n. 18406 e n. 18392; Cass. 16/05/2024, n. 13597; Cass. 15/05/2024, n. 13484; Cass. 27/06/2023, n. 18297; Cass. 8/03/2023, n. 6931; Cass., Sez. U., 19/11/2019, n. 30008).
Posti tali consolidati principi, poiché nel caso di specie la lite è stata introdotta da Agenzia delle Entrate Riscossione con il patrocinio di avvocato del libero foro, in data 25 settembre 2017 e quindi successivamente a quanto previsto dal Protocollo di intesa tra AdER e Avvocatura Generale dello Stato del 22 giugno 2017, e non v’è traccia, né in atti né nella procura alle liti, dei presupposti per le deroghe sopra indicate ed in particolare della sussistenza delle relative delibere, deve concludersi per l’invalidità della procura, con conseguente inammissibilità del ricorso.
In relazione alle spese non vi è necessità di pronuncia alla luce del mancato svolgimento di attività difensiva della parte intimata.
Nei confronti dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, in virtù dell’art. 22, d.l. 30 marzo 2023, n. 34, in vigore dal 31 marzo 2023 e di modifica dell’art. 12, comma 5, d.l. 2 marzo 2012, n. 16, non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso in Roma in data 5 febbraio 2025.