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Passività pregresse IVA: quando è dovuta l’imposta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18198/2025, interviene sulla questione delle passività pregresse IVA. Il caso riguarda un Comune e l’Agenzia Fiscale riguardo la tassabilità delle somme versate da una società di gestione del servizio idrico a titolo di rimborso dei mutui contratti dall’ente locale per la realizzazione delle infrastrutture. La Corte ha stabilito che l’accollo di tali passività può costituire un corrispettivo per un servizio e quindi essere soggetto a IVA. Tuttavia, ha precisato che è necessario un esame concreto della convenzione tra le parti per verificare se la tariffa del servizio già includa tali oneri. La sentenza è stata cassata con rinvio per una nuova valutazione basata su questo principio.

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Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Passività Pregresse IVA: La Cassazione detta le condizioni per la tassabilità

La recente ordinanza della Corte di Cassazione, n. 18198 del 2025, affronta un tema di grande rilevanza per gli enti locali e le società che gestiscono servizi pubblici: la corretta qualificazione fiscale, ai fini IVA, delle somme versate per coprire le passività pregresse IVA. In particolare, la Corte si è pronunciata sulla natura dell’accollo, da parte del gestore del servizio idrico, dei mutui precedentemente contratti dal Comune per la realizzazione delle infrastrutture idriche. Si tratta di un corrispettivo per un servizio, e quindi imponibile, o di una mera movimentazione finanziaria esclusa da IVA?

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia Fiscale nei confronti di un Comune. L’Ufficio contestava l’omessa fatturazione, e il conseguente mancato versamento dell’IVA, su alcune somme ricevute dalla società concessionaria del servizio idrico integrato. Tali importi erano stati versati a titolo di rimborso delle “passività pregresse”, ovvero delle rate di ammortamento dei mutui che il Comune aveva acceso per costruire la rete idrica, poi concessa in uso al gestore.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione al Comune, ritenendo che tali operazioni non fossero soggette a IVA. Secondo i giudici di merito, il trasferimento della gestione delle infrastrutture e dei relativi oneri derivava da un obbligo di legge e non da una libera contrattazione tra le parti, escludendo così la natura di corrispettivo.

La questione delle passività pregresse IVA e la natura del pagamento

L’Agenzia Fiscale ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo che l’accollo delle rate del mutuo da parte della società concessionaria rappresentasse, a tutti gli effetti, il corrispettivo per il servizio ricevuto dal Comune, consistente nella concessione in uso dell’infrastruttura idrica. Secondo la tesi dell’Agenzia, questa prestazione di servizi, posta in essere da un ente pubblico, rientra nel campo di applicazione dell’IVA.

La questione centrale, dunque, era stabilire se il pagamento delle rate del mutuo potesse essere qualificato come una controprestazione sinallagmatica o se, al contrario, fosse una mera conseguenza dell’obbligo legale di trasferimento del servizio idrico integrato, come sostenuto dal Comune e avallato dai giudici di merito.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia Fiscale, ribaltando l’esito dei precedenti gradi di giudizio. Richiamando un proprio precedente (Cass. n. 39055 del 2021), la Suprema Corte ha affermato che l’accollo (interno) delle passività pregresse per l’ammortamento dei mutui accesi dal Comune ha natura di corrispettivo per la prestazione di un servizio. Tale servizio è reso nell’esercizio di un’attività che, ai fini IVA, è considerata imprenditoriale e, di conseguenza, è soggetto a imposta.

Tuttavia, la Corte ha introdotto una precisazione fondamentale che raffina il principio generale. Ha stabilito che, per determinare correttamente la natura di corrispettivo dell’accollo delle passività pregresse IVA, è indispensabile un’analisi concreta e complessiva degli assetti finanziari definiti nella convenzione tra l’ente locale e il gestore. In altre parole, bisogna verificare se la tariffa concessoria, pagata dagli utenti e gestita dal concessionario, tenga già conto o meno di tali passività. Se le passività sono già considerate nella determinazione della tariffa, il loro pagamento non può essere considerato un corrispettivo autonomo e tassabile. Al contrario, se la tariffa è calcolata senza includere questi oneri pregressi, allora l’accollo del mutuo da parte del gestore rappresenta un vantaggio economico aggiuntivo per il Comune, che si qualifica come corrispettivo tassabile inteso a remunerare la concessione dell’infrastruttura.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione non ha stabilito un’automatica imponibilità delle somme versate per le passività pregresse, ma ha fornito un criterio interpretativo cruciale. La tassabilità dipende dall’analisi specifica della convenzione di gestione. Se l’accollo del debito è un elemento distinto e non già assorbito nella struttura tariffaria del servizio, allora esso costituisce un corrispettivo soggetto a IVA. Per questa ragione, la Corte ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado. Il nuovo giudice dovrà riesaminare il caso applicando questo principio, verificando nel dettaglio la struttura finanziaria della convenzione per accertare se l’accollo dei mutui fosse o meno già ricompreso negli oneri finanziari a carico del concessionario.

L’accollo di mutui da parte del gestore del servizio idrico è sempre soggetto a IVA?
No, non sempre. Secondo la Corte, l’accollo delle passività pregresse (come i mutui) costituisce un corrispettivo imponibile IVA solo se non è già stato considerato nella determinazione della tariffa concessoria del servizio.

Qual è il criterio per determinare se le passività pregresse costituiscono un corrispettivo tassabile?
Il criterio fondamentale è l’analisi concreta della convenzione tra l’ente e il gestore. Bisogna verificare se gli oneri finanziari addossati al concessionario, come la tariffa, tengano già conto di tali passività. Se non ne tengono conto, l’accollo è un corrispettivo tassabile perché remunera il vantaggio della concessione.

Perché la Cassazione ha rinviato il caso a un nuovo esame?
La Corte ha rinviato il caso perché il giudice di merito precedente non aveva effettuato l’analisi necessaria sulla convenzione e sugli assetti finanziari. Il nuovo esame dovrà accertare, sulla base dei principi stabiliti dalla Cassazione, se l’accollo dei mutui fosse un corrispettivo autonomo o se fosse già inglobato in altri oneri a carico del gestore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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