Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21638 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21638 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data pubblicazione: 28/07/2025
– SEZIONE TRIBUTARIA –
OGGETTO
composta dai seguenti magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere – rel. –
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 14/05/2025
REGISTRO BASE
IMPONIBILE – ACCOLLO
DEBITI TFR –
INERENZA –
RIDETERMINAZIONE IMPOSTA
ha deliberato di pronunciare la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29795/2021 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE SOCIO UNICO (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del legale rappresentante pro tempore .
– INTIMATA –
per la cassazione della sentenza n. 298/6/2021 della Commissione tributaria regionale del Piemonte, depositata in data 26 aprile 2021, non notificata. Numero sezionale 3403/2025 Numero di raccolta generale 21638/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
UDITA la relazione svolta all’udienza camerale del 14 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è l’avviso di liquidazione in atti con cui l’Agenzia delle Entrate rettificava, ai fini dell’imposta di registro, la base imponibile della cessione di azienda intervenuta tra la RAGIONE_SOCIALE (cedente) e la RAGIONE_SOCIALE (cessionaria), recuperando a tassazione le passività dedotte dall’attivo dell’azienda ceduta relative al trattamento di fine rapporto (da ora TFR) dovuto ai dipendenti.
Con l’impugnata sentenza la Commissione tributaria regionale del Piemonte rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, osservando preliminarmente che nella specie non era stato appostato in bilancio un accantonamento per il TFR maturato dai dipendenti della società cedente e ritenendo, poi, in linea con quanto statuito dal primo Giudice, che il predetto TFR fosse un « costo sicuramente ‘inerente’ all’attività aziendale» e che quindi costituisse « passività deducibile».
Precisava, altresì, che la tesi dell’Ufficio secondo cui detto debito non sarebbe inerente dal punto di vista fiscale « non pare coerente con il disposto dell’art. 43, comma 2, d.p.s. 131/1986 che prevede l’ipotesi del cessionario che si accolla un debito estraneo alle attività che sono oggetto della cessione, l’incapienza del fondo TFR costituisce sicuramente una passività, come un debito verso fornitori, e non costituisce
l’accollo di un debito che parte cedente aveva verso terzi estranei all’azienda che non può quindi considerarsi inerente» (così nella pronuncia impugnata). Numero sezionale 3403/2025 Numero di raccolta generale 21638/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
La Commissione ha, infine, aggiunto che «L’argomentazione che si versi in caso di doppia deduzione del costo non rileva trattandosi di imposte di natura diversa» (così nella pronuncia impugnata).
Con ricorso notificato in data 26 novembre 2021, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione contro la menzionata pronuncia, articolando due motivi di impugnazione.
La RAGIONE_SOCIALE a socio unico è restata intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente ha lamentato, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 43, comma 2, 51, comma 4, d.P.R. n. 131/1986 (da ora anche T.U. reg. o T.U.R.), censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto la passività rappresentata dal T.F.R. deducibile dalla base imponibile ai fini dell’imposta di registro in quanto componente non estranea all’oggetto sociale.
Di contro, la difesa erariale ha sostenuto, sulla scorta della previsione dell’art. 43, comma 2, T.U.R., che:
-la Commissione ha « erroneamente individuato nel testo dell’articolo in parola, una specificità delle passività accollabili che il testo normativo non richiede, ossia l’estraneità della passività al ramo di azienda» (v. pagina n. 11 del ricorso);
-il Giudice regionale ha riscontrato « automaticità nel binomio inerenza e deducibilità» (v. pagina n. 11 del ricorso) in contrasto con l’insegnamento della Corte di legittimità, a mente del quale non tutte le passività, ancorché iscritte in bilancio, sono deducibili, essendo invece richiesto che queste presentino una inerenza funzionale, vale a dire « un costo sostenuto al fine di svolgere un’attività potenzialmente idonea a produrre utili» (v. pagina n. 13 del ricorso) e « non già in relazione a ricavi già realizzati» (v. pagina n. 14 del ricorso); Numero sezionale 3403/2025 Numero di raccolta generale 21638/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
non vi è alcuna incoerenza nel fatto che la disciplina fiscale e quella civilistica siano diverse, essendo tale differenza funzionale ed evitare fenomeni distorsivi;
-l’Ufficio aveva « espunto dalla determinazione della base imponibile per il calcolo delle imposte di registro la passività rappresentata dal TFR sul presupposto che questa non presentava una corrispondente e definitiva valorizzazione negli elementi dell’attivo ceduti dall’acquirente» (v. pagina n. 12 del ricorso), mancando una riserva specificamente predisposta a copertura di tale debito;
i costi relativi ai rapporti di lavoro subordinato già in essere « non presentano alcuna diretta correlazione con alcuna voce dell’attivo, sicché il trasferimento delle passività all’acquirente si configura come una forma di pagamento del corrispettivo con la conseguenza che, in base all’art. 43 del DPR 131/1986, tali passività concorrono quali accolli alla formazione della base imponibile ai fini dell’imposta di registro» (v. pagina n. 12 del ricorso);
la Commissione aveva omesso di fornire una valutazione concreta circa l’inerenza, riconoscendo, invece, genericamente che i debiti contestati fossero inerenti al bene trasferito;
Numero sezionale 3403/2025
gli accantonamenti per il TFR avevano rappresentato un costo per il cedente, di cui il medesimo si era già giovato nella determinazione del reddito di impresa, deducendoli dai ricavi, con la conseguenza che la soluzione fornita dalla Commissione aveva finito con il permettere all’impresa di dedurre nuovamente un costo di cui già si era tenuto conto nella determinazione dei redditi negli anni precedenti la cessione, abbattendo ulteriormente il valore dell’azienda; Numero di raccolta generale 21638/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
il debito accollato doveva concorrere alla formazione della base imponibile, in quanto la cessione di tale passività senza alcuna contropartita contabile nell’attività aveva, in definitiva, rappresentato una diversa modalità di pagamento del prezzo.
Con la seconda censura, sempre articolata ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., l’Agenzia delle Entrate ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 51, comma 4, T.U.R. e 2112 c.c. per avere il Giudice dell’appello ritenuto che la passività rappresentata dal TFR passi dal cedente al cessionario quale un normale debito aziendale ‘inerente’ in quanto strettamente collegato al personale trasferito» (v. pagina n. 19 del ricorso), senza tener conto che « per il versamento futuro del T.F.R. già accantonato, il cedente l’azienda non è mai liberato nei confronti dei lavoratori per l’importo maturato alla data della cessione, sicché obbligato principale al versamento di tale importo è proprio il cedente e non cessionario » (v. pagina n. 19 del ricorso);
-obbligo dell’acquirente dell’azienda sarà quello di liquidare il T.F.R. con le somme accantonate dell’alienante, per cui detta posta non poteva mai configurarsi come una vera e propria passività ex art., comma 4, T.U.R., mentre il debito si
Numero registro generale 29795/2021
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trasferisce dal cedente al cessionario alla data della cessione ai sensi dell’art. 2558 c.c.; Numero di raccolta generale 21638/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
come stabilito dalla Corte di Cassazione, il datore di lavoro cedente rimane obbligato nei confronti del lavoratore suo dipendente per la quota di trattamento di fine rapporto maturato durante il periodo svolto sino al momento della cessione di azienda, mentre il cessionario è obbligato per la stessa quota in relazione al periodo successivo alla cessione, per cui il T.F.R. accantonato non può costituire una passività aziendale, essendo tenuto al pagamento anche il cedente.
I due motivi di ricorso, che vanno unitariamente esaminati in quanto connessi, non possono essere accolti.
Sul tema in questione questa Corte è intervenuta con recenti pronunce, i cui contenuti, in assenza di spunti contrari, vanno qui ribaditi.
Punto nodale della controversia è la natura inerente o meno del debito maturato verso i dipendenti della società la cui azienda è stata oggetto di cessione.
Già con le pronunce n. 888 e 891 del 2019, questa Corte, aveva precisato che i debiti aziendali trasferiti nell’ambito della vicenda circolatoria dell’azienda concorrono a determinare, se inerenti, in negativo il valore dell’oggetto della cessione, senza che possa trovare applicazione rispetto ad essi il principio di cui all’art. 42, comma 2, d.P.R. n. 131/1986
Con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 51, comma 1, d.P.R. n. 131/1986, l’imposta di registro deve essere applicata alla cessione di azienda sulla base del valore dichiarato in atto o (in mancanza o se superiore) del corrispettivo pattuito, che ben le parti possono parametrare al valore netto dell’azienda,
senza che ad esso si debbano aggiungere le passività aziendali trasferite. Numero sezionale 3403/2025 Numero di raccolta generale 21638/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
In particolare, con la pronuncia n. 888 del 2019 è stato precisato: «Ancorchè il quarto comma dell’art. 51., cit. preveda che l’Ufficio, nel caso di atti che abbiano per oggetto aziende o diritti reali su di essi, effettui il controllo del valore dichiarato con riferimento al valore complessivo dei beni che compongono l’azienda, al netto delle passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa a norma del codice civile tranne quelle che l’alienante si sia espressamente impegnato ad estinguere », senza, pertanto, fare riferimento esplicito al requisito di inerenza, deve pur tuttavia, ritenersi che il suddetto controllo non possa prescindere dal riscontro altresì di quest’ultimo requisito al fine dell’adeguamento dell’imposizione al valore effettivo del complesso aziendale trasferito.
Il richiamo testuale di legge vuole indicare che, in tanto dovrà tenersi conto delle passività aziendali, in quanto queste ultime risultino dalle scritture contabili obbligatorie (o da altri atti con data certa); e anche che le passività effettivamente risultanti in contabilità comportino per ciò solo, in sede di controllo, la diminuzione della base imponibile dell’imposta di registro indipendentemente dalla loro comprovata inerenza all’azienda ceduta.
E’ pur vero che in quest’ultima ipotesi sussiste, per il solo fatto che i debiti risultino dai libri contabili obbligatori, la responsabilità dell’acquirente dell’azienda ex art. 2560, secondo comma, c.c., ma, allorquando emerge che tali debiti siano in realtà estranei all’azienda, l’assunzione di tale responsabilità da parte dell’acquirente non può che configurare un’ipotesi sostanzialmente riconducibile all’accollo da parte del
Numero sezionale 3403/2025
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cessionario del debito del cedente (indipendentemente dalla inerenza soltanto contabile, e non operativa, della posta passiva), che rappresenta una modalità di determinazione e corresponsione del prezzo di acquisto, così come concordato in ragione dell’effettivo valore attribuito dalle parti all’azienda; il quale dovrà pertanto essere individuato, ai fini dell’imposta di registro, non al ‘netto’, ma al lordo della passività non inerente (cfr. Cass. n. 539/2022, che richiama sul punto Cass. n. 12215/2008). Data pubblicazione 28/07/2025
Successivamente e nella stessa direzione questa Corte ha affermato il seguente principio di diritto:
«l’inerenza delle passività non sussiste solo allorquando le passività siano riferibili a operazione idonee a produrre reddito, poiché la riferibilità si relaziona non ai ricavi in sé, ma all’oggetto dell’impresa»;
«l’art. 50 del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, interpretato alla luce della disciplina comunitaria di cui costituisce attuazione (il riferimento è alla Direttiva n. 69/335/CEE del Consiglio del 17 luglio 1969, ma è estensibile alla Direttiva n. 08/7/CE del Consiglio del 12 febbraio 2008, che costituisce “rifusione” della precedente e delle sue modificazioni), impone che la base imponibile vada determinata in ragione del valore dei beni o diritti conferiti al netto delle passività e degli oneri “inerenti” al bene o diritto trasferito, con esclusione delle passività che non sono collegate all’oggetto del trasferimento» (così Cass. n. 2802/2024).
È stato così chiarito che «nemmeno può prospettarsi un qualche legittimo dubbio sulla natura inerente del debito contratto nei confronti del personale dipendente, la cui concreta attività risulta indissolubilmente correlata allo stesso
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svolgimento dell’attività di impresa» (cfr. Cass. n. 21179/2024, proprio in un caso in cui il T.F.R. dei dipendenti aveva formato oggetto della clausola contrattuale di accollo in capo al cessionario del ramo di azienda). Numero di raccolta generale 21638/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
Non solo. Si è ribadito che «La disciplina dell’imposta di registro in tema di cessione di azienda disarticola la rilevanza degli accolli fondati sulla disposizione di cui al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 43, comma 2 (secondo il cui disposto «I debiti o gli altri oneri accollati e le obbligazioni estinte per effetto dell’atto concorrono a formare la base imponibile.»), in ragione della inerenza, o meno, del debito che (così) viene in considerazione ai fini della tassazione di registro della cessione di azienda (d.P.R. cit., art. 51, comma 4), essendosi rilevato che, mentre le passività aziendali di cui all’art. 2560 cod. civ. (oggetto di accollo ex lege ), inerenti all’esercizio di attività di impresa, vanno senz’altro scomputate dal calcolo della base imponibile, gli accolli di debiti diversi vanno, invece, inseriti nel medesimo calcolo (solo) allorquando ne emerga l’estraneità all’azienda, in questo caso non potendosi che configurare un’ipotesi sostanzialmente riconducibile all’accollo da parte del cessionario del debito del cedente, quale modalità di determinazione e corresponsione del prezzo di acquisto (v. Cass., 30 gennaio 2024, n. 2802; Cass., 11 gennaio 2022, n. 539)» (così Cass. n. 21179/2024 cit.).
La valutazione del Giudice regionale si è posta in linea con i predetti principi, il che giustifica il rigetto del ricorso, appena aggiungendo che non rileva, ai presenti fini, che del costo del personale (e del TFR accantonato) si sia -a dire dell’Agenzia – tenuto conto ai fini fiscali ai fini IRES.
In primo luogo, perché in punto di fatto il Giudice regionale ha ritenuto l’accantonamento per TFR non esistente.
Numero registro generale 29795/2021
Numero sezionale 3403/2025
In secondo luogo, perché, a monte, la diversità dell’imposta in rassegna (rispetto alla deduzione ai fini IRES) e la natura di costo inerente di tale posta consente la sua considerazione, ai fini fiscali, anche in relazioni a vari tributi. Numero di raccolta generale 21638/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
Non vi è ragione di liquidare le spese di giudizio, non avendo la contribuente svolto difese.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 maggio 2025 .
IL PRESIDENTE NOME COGNOME