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Participation exemption: quando è legittima? Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24209/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro una società tecnologica. L’Agenzia contestava l’applicazione del regime di participation exemption (PEX) su una plusvalenza derivante da una complessa operazione societaria, sostenendo che si trattasse di una cessione mascherata di beni immateriali. I giudici di merito avevano già confermato la legittimità dell’operazione, riconoscendo la reale operatività commerciale della società. La Cassazione ha stabilito che il ricorso dell’Agenzia mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, confermando indirettamente la validità dell’operazione.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Participation Exemption e Cessione d’Azienda: la Cassazione Fissa i Limiti all’Accertamento Fiscale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 24209/2024) offre importanti chiarimenti sulla legittimità delle operazioni societarie complesse e sull’applicazione del regime di participation exemption (PEX). La pronuncia sottolinea i limiti del potere di accertamento dell’Agenzia delle Entrate quando i giudici di merito hanno già accertato la sostanza economica di una transazione, anche se articolata. Il caso riguardava una società tecnologica che aveva ceduto la propria innovazione attraverso una ristrutturazione che il Fisco riteneva elusiva.

I Fatti: Una Ristrutturazione Societaria nel Mirino del Fisco

Una società a responsabilità limitata, specializzata nello sviluppo di una innovativa tecnologia di impermeabilizzazione per abbigliamento sportivo, decide di cedere la propria attività a un grande gruppo industriale internazionale. Invece di una vendita diretta dei brevetti, l’operazione viene strutturata in due fasi contestuali:

1. Conferimento: La società conferisce il proprio ramo d’azienda, comprensivo di beni materiali (macchinari, stabilimenti) e immateriali (brevetti, marchi), in una nuova società-veicolo (NewCo), ricevendo in cambio il 100% delle quote di quest’ultima. L’operazione avviene in regime di neutralità fiscale, come previsto dall’art. 176 del TUIR.
2. Cessione: Immediatamente dopo, la società cede l’intera partecipazione nella NewCo al gruppo industriale straniero, realizzando una cospicua plusvalenza.

Sulla plusvalenza così ottenuta, la società applica il regime della participation exemption (art. 87 del TUIR), che prevede una tassazione agevolata solo sul 5% dell’importo.

La Tesi dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate ha contestato questa struttura, emettendo un avviso di accertamento. Secondo il Fisco, l’intera operazione era un mero artificio per mascherare la vendita diretta dei beni immateriali (i brevetti), che avrebbe generato una plusvalenza interamente tassabile. La tesi dell’Ufficio si basava su diversi elementi: la società originaria aveva sempre avuto come scopo primario lo sviluppo e la vendita della tecnologia, non la produzione su larga scala; i bilanci erano quasi sempre in perdita; una perizia di stima attribuiva la quasi totalità del valore del ramo d’azienda ai beni immateriali.

La Difesa della Società e la Decisione dei Giudici di Merito

La società ha impugnato l’atto, sostenendo di essere una realtà produttiva e commerciale a tutti gli effetti, con clienti di rilievo nazionali e internazionali e un fatturato significativo. I giudici tributari, sia in primo che in secondo grado, hanno dato ragione al contribuente. La Commissione Tributaria Regionale, in particolare, ha stabilito che la società costituiva una “realtà produttiva e commerciale vitale ed operante”. L’operazione di conferimento e successiva cessione è stata considerata “unitaria” e finalizzata a dotare l’acquirente di un complesso aziendale funzionante, composto sia dagli apparati produttivi che dai brevetti necessari al loro sfruttamento. Di conseguenza, l’applicazione della participation exemption è stata ritenuta legittima.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione, denunciando la violazione delle norme sull’onere della prova e sulla valutazione degli indizi. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno osservato che le censure dell’Agenzia non riguardavano un’errata applicazione della legge, ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti e delle prove già esaminate dai giudici di merito.

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il suo ruolo non è quello di riesaminare il merito della controversia, ma solo di verificare la corretta applicazione delle norme giuridiche. Poiché la Commissione Tributaria Regionale aveva compiutamente analizzato le risultanze processuali e motivato in modo logico la propria decisione, accertando l’esistenza di una reale attività d’impresa, non vi era spazio per una rivalutazione in sede di legittimità. La Corte ha inoltre evidenziato come le due sentenze conformi dei gradi di merito rendessero ancora più stringenti i limiti all’ammissibilità del ricorso.

Conclusioni: Limiti al Potere di Accertamento e Valore del Giudizio di Fatto

La sentenza consolida un importante principio a tutela del contribuente: l’accertamento di merito sulla sostanza economica di un’operazione, se ben motivato dai giudici tributari, non può essere rimesso in discussione davanti alla Corte di Cassazione attraverso una semplice rilettura degli elementi indiziari. Questo rafforza la certezza del diritto per le imprese che pongono in essere operazioni di riorganizzazione complesse ma economicamente fondate. La legittimità dell’applicazione di regimi agevolativi come la participation exemption dipende quindi in modo cruciale dalla capacità di dimostrare, nei gradi di merito, la reale natura commerciale e produttiva dell’attività oggetto della transazione.

È possibile per l’Agenzia delle Entrate riqualificare un’operazione di conferimento di ramo d’azienda seguita da cessione di partecipazioni in ‘participation exemption’?
Sì, l’Agenzia delle Entrate può tentare di riqualificare l’operazione se ritiene che si tratti di un abuso del diritto o di una costruzione artificiosa volta a eludere le imposte. Tuttavia, la sua tesi deve essere provata e, se i giudici di merito accertano la sostanza economica e la realtà operativa dell’azienda conferita, la riqualificazione può essere respinta, come avvenuto nel caso di specie.

Cosa deve dimostrare una società per legittimare l’applicazione della ‘participation exemption’ in un’operazione complessa?
La società deve dimostrare che l’oggetto del conferimento è un vero e proprio ‘ramo d’azienda’, ossia un complesso di beni organizzato e funzionante, e non un semplice insieme di beni (in particolare immateriali). La sentenza evidenzia l’importanza di provare l’esistenza di una realtà produttiva e commerciale effettiva, con clienti, fatturato e dipendenti, che giustifichi la struttura dell’operazione.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’Agenzia delle Entrate in questo caso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le doglianze dell’Agenzia delle Entrate non vertevano su una violazione di legge, ma richiedevano una nuova valutazione dei fatti e delle prove già esaminati dai giudici di merito. Il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito, e non può sostituire la propria valutazione a quella, logicamente motivata, dei giudici delle istanze precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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