LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Partecipazione qualificata e nuda proprietà: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17775/2025, ha stabilito un principio fondamentale in materia di tassazione dei dividendi e partecipazione qualificata. La Corte ha chiarito che, per determinare se una partecipazione in una società di capitali sia ‘qualificata’, devono essere sommate sia le azioni detenute in piena proprietà sia quelle in nuda proprietà. Se la somma supera le soglie di legge, la partecipazione è qualificata. Tuttavia, la maggiore aliquota fiscale si applica esclusivamente sui dividendi effettivamente percepiti dal contribuente, ovvero quelli derivanti dalle azioni in piena proprietà, escludendo così una tassazione su redditi non incassati.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Partecipazione Qualificata: Anche la Nuda Proprietà Conta

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per molti contribuenti: come si calcola la partecipazione qualificata ai fini della tassazione dei dividendi? La questione centrale riguardava se le azioni detenute in nuda proprietà dovessero essere incluse nel calcolo, anche se il nudo proprietario non percepisce direttamente i dividendi. La risposta della Corte è stata affermativa e ha delineato un principio di diritto con importanti implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: Tassazione dei Dividendi e Nuda Proprietà

Il caso ha origine da un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava a un contribuente una maggiore IRPEF per l’anno 2008. Il contribuente deteneva una partecipazione in una società per azioni pari complessivamente al 30,17% del capitale sociale. Tale quota era composta per il 19,50% da azioni in piena proprietà e per il 12,99% da azioni in nuda proprietà.

Secondo l’Ufficio, la somma delle due tipologie di possesso superava la soglia del 25% del capitale sociale prevista dall’art. 67 del T.U.I.R., configurando così una partecipazione qualificata. Di conseguenza, i dividendi percepiti dalle azioni in piena proprietà dovevano essere tassati secondo il regime ordinario (con un’aliquota del 40% all’epoca dei fatti) e non con la ritenuta a titolo d’imposta più favorevole prevista per le partecipazioni non qualificate.

Le commissioni tributarie di primo e secondo grado avevano dato ragione al contribuente, sostenendo che la posizione del nudo proprietario è diversa da quella del pieno proprietario, in quanto il primo non percepisce dividendi. Includere le azioni in nuda proprietà nel calcolo avrebbe significato, secondo i giudici di merito, tassare un soggetto per dividendi non incassati.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Partecipazione Qualificata

La Corte di Cassazione ha ribaltato le decisioni dei giudici di merito, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. I giudici supremi hanno stabilito che, per verificare se una partecipazione sia ‘qualificata’, è necessario considerare la posizione complessiva del socio all’interno della compagine sociale. Questo implica che le azioni detenute in nuda proprietà devono essere sommate a quelle possedute in piena proprietà.

Secondo la Corte, ignorare la nuda proprietà significherebbe ‘svuotare di ogni contenuto’ tale diritto. La valutazione della qualifica della partecipazione è un’analisi ‘statica’ della posizione del socio, che prescinde dalla percezione effettiva del reddito in un dato momento.

Il Principio di Diritto

La Corte ha enunciato il seguente principio: «al fine di determinare se la partecipazione in una società di capitali possa ritenersi ‘qualificata’, ai sensi e per gli effetti dell’art. 27 d.P.R. n. 600/1973, devono essere prese in considerazione anche le azioni detenute in nuda proprietà, previa valutazione delle stesse e sommatoria del relativo valore a quello delle azioni eventualmente detenute in piena proprietà (ex art. 67, primo comma, TUIR); l’aliquota maggiore (40%) andrà applicata, in ogni caso, solo sul reddito effettivamente percepito».

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte si fonda su una distinzione fondamentale. Da un lato, c’è la valutazione della posizione soggettiva del socio nella società. Per questa valutazione, contano tutti i diritti che compongono il suo patrimonio, inclusa la nuda proprietà delle azioni. Se la somma del valore delle azioni in piena proprietà e in nuda proprietà supera le soglie legali (20% dei diritti di voto o 25% del capitale), la partecipazione è considerata qualificata.

Dall’altro lato, c’è l’applicazione del regime fiscale. Qui la Corte è chiara: la tassazione si applica solo sui redditi effettivamente percepiti. Pertanto, l’aliquota più elevata prevista per la partecipazione qualificata colpirà unicamente i dividendi incassati dal contribuente, ossia quelli derivanti dalle sole azioni possedute in piena proprietà. In questo modo si evita il rischio, paventato dai giudici di merito, di tassare dividendi non percepiti, garantendo al contempo una corretta valutazione della posizione di influenza del socio all’interno della società.

Conclusioni: L’Impatto Pratico del Principio di Diritto

Questa ordinanza ha un impatto significativo per tutti i contribuenti che detengono partecipazioni societarie in forme diverse dalla piena proprietà. La conclusione principale è che la nuda proprietà, pur non generando dividendi per il suo titolare, ha un peso fiscale rilevante: può infatti trasformare una partecipazione da ‘non qualificata’ a ‘qualificata’, con la conseguente applicazione di un’aliquota più alta sui dividendi percepiti da altre quote possedute in piena proprietà. I soci devono quindi valutare attentamente la loro posizione complessiva, sommando tutte le forme di detenzione, per determinare correttamente il regime fiscale applicabile ai loro redditi da capitale.

Le azioni detenute in nuda proprietà contano per definire una partecipazione qualificata?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che, al fine di determinare la natura qualificata di una partecipazione, il valore delle azioni detenute in nuda proprietà deve essere sommato a quello delle azioni detenute in piena proprietà.

Se la mia partecipazione è qualificata a causa della nuda proprietà, devo pagare le tasse sui dividendi che non percepisco?
No. Il principio affermato dalla Corte è chiaro: la maggiore aliquota fiscale prevista per le partecipazioni qualificate si applica solo ed esclusivamente sul reddito effettivamente percepito dal contribuente, ovvero sui dividendi incassati dalle azioni possedute in piena proprietà.

Quali sono i criteri per stabilire se una partecipazione è qualificata?
L’art. 67 del T.U.I.R. indica due criteri alternativi: una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 20%, oppure una partecipazione al capitale o al patrimonio sociale superiore al 25%. La sentenza in esame si concentra sul secondo criterio, specificando che nel calcolo rientra anche la nuda proprietà.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati