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Partecipazione qualificata: conta la nuda proprietà?

La Corte di Cassazione ha stabilito che per determinare una partecipazione qualificata, ai fini della tassazione dei dividendi, si devono sommare le azioni detenute in piena proprietà con quelle in nuda proprietà. Anche se il nudo proprietario non percepisce i dividendi, la sua posizione complessiva nella società rileva per definire l’aliquota fiscale da applicare ai soli dividendi effettivamente incassati.

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Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Partecipazione Qualificata: Anche la Nuda Proprietà Rientra nel Calcolo

Con l’ordinanza n. 17741/2025, la Corte di Cassazione ha affermato un principio cruciale in materia di tassazione dei dividendi: per stabilire se un socio detiene una partecipazione qualificata, è necessario sommare non solo le azioni possedute in piena proprietà, ma anche quelle detenute in nuda proprietà. Questa decisione chiarisce come la posizione complessiva del socio all’interno della compagine sociale influenzi il regime fiscale applicabile, anche se i dividendi relativi alle quote in nuda proprietà non vengono da lui percepiti.

Il Fatto di Causa: Piena e Nuda Proprietà a Confronto

Il caso ha origine da un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava a una contribuente una maggiore IRPEF per l’anno 2008. La contribuente deteneva una partecipazione in una società per azioni pari complessivamente al 30,17% del capitale sociale. Tale quota era composta per il 19,50% da azioni in piena proprietà e per il 12,99% da azioni in nuda proprietà.

Secondo l’Amministrazione Finanziaria, superando la soglia del 25% del capitale sociale prevista dall’art. 67 del TUIR, la partecipazione doveva considerarsi ‘qualificata’. Di conseguenza, i dividendi percepiti dalla contribuente (relativi esclusivamente alle azioni in piena proprietà) dovevano concorrere alla formazione del reddito imponibile nella misura del 40%, come previsto dalla normativa all’epoca vigente.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione alla contribuente. I giudici di merito ritenevano che le azioni in nuda proprietà non dovessero essere conteggiate, poiché il nudo proprietario non ha diritto a percepire i dividendi, che spettano invece all’usufruttuario. Sottoporre a una tassazione più onerosa un soggetto per quote da cui non trae un reddito diretto appariva iniquo e contrario alla logica del sistema tributario.

La Decisione sul Calcolo della Partecipazione Qualificata

La Corte di Cassazione ha ribaltato le decisioni dei gradi inferiori, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. Gli Ermellini hanno stabilito che, per verificare il superamento delle soglie che definiscono una partecipazione qualificata, è necessario considerare la totalità dei diritti detenuti dal socio, inclusa la nuda proprietà.

Il fulcro del ragionamento della Corte risiede nella distinzione tra due momenti diversi:
1. La valutazione della posizione del socio (fase statica): Per determinare se la partecipazione è qualificata, si deve guardare alla situazione soggettiva complessiva del socio all’interno della società. In questa fase, anche la nuda proprietà ha un valore e contribuisce a definire il ‘peso’ del socio nella compagine sociale.
2. La tassazione del reddito (fase dinamica): Una volta stabilito che la partecipazione è qualificata, l’aliquota fiscale più elevata si applica esclusivamente sui dividendi effettivamente percepiti dal contribuente. Nel caso di specie, quindi, la tassazione maggiorata si applica solo sui dividendi derivanti dalle azioni possedute in piena proprietà.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha chiarito che ignorare la nuda proprietà nel calcolo della qualificazione svuoterebbe di significato la titolarità di tali azioni. La legge, in particolare l’art. 67 del TUIR, definisce la partecipazione qualificata in base a criteri oggettivi legati alla percentuale di diritti di voto o di partecipazione al capitale. Per quest’ultimo criterio, è necessario sommare il valore di tutti i diritti posseduti, inclusi quelli smembrati come la nuda proprietà. La Corte richiama anche le norme sulla determinazione del valore della nuda proprietà (artt. 46 e 48 del D.P.R. 131/1986), a riprova della sua rilevanza patrimoniale.

Il ragionamento della Corte smonta l’obiezione principale dei giudici di merito, ovvero il rischio di una tassazione iniqua. La Cassazione sottolinea che non vi è alcun pericolo di tassare redditi non percepiti. La qualificazione della partecipazione serve solo a determinare l’aliquota da applicare al reddito che il contribuente ha effettivamente incassato. La maggiore aliquota è la conseguenza della detenzione di una posizione di rilievo all’interno della società, posizione a cui contribuisce anche la nuda proprietà.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio di diritto chiaro e di notevole importanza pratica per soci, investitori e professionisti del settore fiscale. La decisione implica che, ai fini della pianificazione fiscale e della valutazione della propria posizione, un socio deve sempre considerare il valore complessivo delle sue partecipazioni, sommando piena e nuda proprietà. Di conseguenza:

– Per determinare se una partecipazione qualificata è detenuta, il calcolo deve includere il valore delle azioni in nuda proprietà.
– L’aliquota fiscale derivante dalla qualificazione si applica solo ed esclusivamente ai dividendi realmente percepiti dal contribuente.
– Questa interpretazione garantisce una valutazione corretta del ‘peso’ del socio nella società, senza tuttavia tassare redditi inesistenti o non percepiti, mantenendo un equilibrio tra la logica del sistema impositivo e la tutela del contribuente.

Ai fini del calcolo della partecipazione qualificata, le azioni in nuda proprietà si contano?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che le azioni detenute in nuda proprietà devono essere prese in considerazione, sommandone il relativo valore a quello delle azioni detenute in piena proprietà, per determinare se la partecipazione complessiva sia da ritenersi ‘qualificata’.

Se la mia partecipazione è qualificata per via della nuda proprietà, devo pagare le tasse sui dividendi che non percepisco?
No. La maggiore aliquota fiscale prevista per le partecipazioni qualificate si applica solo ed esclusivamente sul reddito effettivamente percepito dal contribuente. Pertanto, la tassazione riguarderà solo i dividendi incassati, tipicamente quelli derivanti dalle azioni possedute in piena proprietà.

Qual è il criterio principale utilizzato dalla Cassazione per giustificare questa decisione?
La Corte distingue tra la valutazione della posizione del socio nella compagine sociale e la tassazione del reddito. La nuda proprietà, pur non dando diritto ai dividendi, contribuisce a definire il ‘peso’ complessivo e la rilevanza del socio. La qualificazione della partecipazione determina l’aliquota, ma la base imponibile rimane solo il reddito effettivamente incassato, evitando così una tassazione iniqua.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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