Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20492 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20492 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28505/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE DI COGNOME NOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentat a e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE; -ricorrente- contro
COMUNE DI BARANO D’ISCHIA, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE ed elettivamente domiciliata presso l’indirizzo EMAIL
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 3812/2022 depositata il 04/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione Tributaria Regionale della Campania, con la sentenza n. 3812/8/2022, depositata in data 4/05/2022 e non notificata, confermava la sentenza di primo grado che aveva rigettato l’impugnazione proposta dalla società RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Luigi, NOME e NOME avverso l’avviso di pagamento n. 1506 emesso dal Comune di Barano d’Ischia per TARI anno 2019.
1.1. Come è dato evincere dalla sentenza impugnata i giudici di appello ritenevano che:
-era infondata l’eccezione di giudicato esterno in quanto il principio invocato dalla contribuente non poteva trovare applicazione in virtù del mutamento fattuale costituito dalle modifiche del Regolamento comunale in vigore dal 1° gennaio 2019, ulteriormente precisando che, nel caso in esame, erano passate in giudicato sia sentenze favorevoli alla società che pronunzie favorevoli all’ente impositore;
-l’ avviso era regolarmente motivato in quanto conteneva il percorso determinativo degli atti presupposti e la misura applicata per l’anno in esame ed, infatti, nello stesso si faceva riferimento al soggetto creditore, al destinatario dell’avviso, alla natura del tributo, all’annualità di riferimento, all’ubicazione dell’immobile, alla superficie ed all’importo richiesto, elementi, questi, che avevano posto la società contribuente in condizioni tali da poter esercitare compiutamente il proprio diritto di difesa;
-erano prive di rilievo le eccezioni di illegittimità dell’avviso per mancanza dei presupposti ed errata determinazione del periodo di imposizione;
ai fini della debenza del tributo ciò che rilevava era la disponibilità dell’immobile dimostrata dalle (documentate) licenze annuali a carattere permanente, risultando irrilevante quanto dalla società denunciato in ordine alla occupazione ed alla cessazi one per l’anno
2019 in ragione della sospensione dell’attività per determinati mesi dell’anno;
-la consistenza dell’intero immobile riportata nell’avviso in questione corrispondeva a quella indicata nel ricorso (mq. 203 Bar Ristorante e mq. 1455 Camping) e nel provvedimento dirigenziale dell’ente del 16.3.2006;
-era infondata la censura concernente l’asserito autosmaltimento da parte della società contribuente dal momento che questa non aveva documentato di aver provveduto, per l’anno in questione, direttamente allo smaltimento dei rifiuti speciali ai sensi dell ‘art. 62 del d.lgs. n. 507/93, non apparendo sufficiente la convenzione sottoscritta con la RAGIONE_SOCIALE nel 2015 unitamente alla fattura emessa nel 2019 dalla RAGIONE_SOCIALE di Impagliazzo Giuseppe, in mancanza di ulteriore documentazione a supporto, quali il registro di carico e scarico rifiuti o dei formulari di identificazione dei rifiuti;
-l’insussistenza dell’invocato diritto alla riduzione della tassa derivava anche dalla considerazione che l’appellante non aveva documentato di aver richiesto, ai sensi dell’art. 9 del Regolamento, l’agevolazione con indicazione di tipologia di rifiuto sp eciale non assimilato o di sostanze, comunque, non conferibili al pubblico servizio.
La RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, NOME e NOME, propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati con successiva memoria.
Il Comune di Barano d’ Ischia resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo parte ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360
n.3. c.p.c., l’efficacia del giudicato esterno ex art. 2909 c.c.
Rileva che, già in sede di memoria di costituzione innanzi alla Commissione Tributaria Regionale, erano state depositate le sentenze nn. 9610/2017; 753/2017 e 16736/15 – con attestazione del passaggio in giudicato – che avevano annullato identici avvisi
impugnati per le annualità 2014, 2015 e 2016, precisando che l’atto impugnato è identico a quello ritenuto illegittimo dalle sentenze richiamate per annualità precedenti, da ciò discendendo la piena applicabilità del concetto e del principio di giudicato esterno.
2. Con il secondo motivo lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione falsa applicazione dell’art. 1, comma 162, l. 296/2006, dell’art. 7 l. 212/2000, dell’art. 3 l. 241/90 e dell’art. 24 Cost., assumendo che, del tutto erroneamente, i giudici di appello avevano ritenuto l’atto de quo adeguatamente motivato non considerando che l’ente impositore, con l’atto impugnato, aveva liquidato le somme dovute senza in alcun modo specificare tutti gli elementi richiesti in merito alla determinazione del maggior importo dovuto rispetto al dichiarato, alle tariffe applicate, arbitrariamente variate dalla Giunta Municipale che non ne aveva la competenza e che non risultavano allegate all’avviso di pagamento come prescritto. 3. Con il terzo motivo deduce, ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., errata ed illegittima applicazione della tariffa e del periodo di imposizione, violazione art. 1, comma 649, della legge n. 147/2013. Assume che i giudici di appello, nell’affermare che nella fattispecie il Comune di Barano d’Ischia, aveva applicato la tariffa in base al disposto di cui all’art. 14 del Regolamento Comunale per cui correttamente la C.T.P. aveva ritenuto che le tariffe applicate erano quelle relative alle attività denunciante (campeggio, bar, ristorante) non aveva considerato che il Comune non aveva applicato le tariffe in base alle due attività denunciante, ma anzi una unica tariffa di ‘camping’ per l’intera metratura, senza tener conto dell’attività di ‘Bar -ristorante’ di mq. 203 che prevede una tariffa del tutto differente né aveva valutato la rilevanza della apposite denunce di inizio e fine occupazione, precedute da altre denunce di fine occupazione nell’anno precedente, presentate nei termini previsti, ai sensi dell’art. 70 del D.lgs. n. 507/1993 e non contestate, in cui era stata dichiarata, per ogni attività, la superficie occupata, utilizzata e
soggetta a tassazione ai fini della TARI, la Categoria, il periodo di occupazione e produzione di rifiuti, nonché il pagamento in autoliquidazione di € 13.869,00 eseguito dalla società ricorrente e di cui l’avviso non faceva alcuna menzione, motivo per cui la contestazione verte sulla differenza di euro 15.101,00 ( 28.970,0013.869,00). Rileva che i giudici di appello non avevano considerato che l’avviso di pagamento impugnato era privo di ogni riferimento alle denunce presentate ed era stato emesso con diniego implicito delle agevolazioni richieste, ed era, quindi, illegittimo per la mancanza di un previo motivato vero e proprio ‘avviso di accertamento.’ Evidenzia, ancora, che a fronte della documentazione di supporto prodotta del tutto illegittimamente le era stato negato la chiesta di riduzione al 30%, prevista dall’art. 9 del Regolamento Comunale nonché dall’art. 1, comma 649, della legge n. 147/2013.
Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni appresso specificate.
4.1. Il primo motivo è privo di fondamento.
Parte ricorrente assume che l’atto qui impugnato è identico a quelli ritenuti illegittimi dalle sentenze richiamate in epigrafe per annualità precedenti, da qui derivando, a suo dire la piena applicabilità del concetto e del principio di giudicato esterno, in particolare assumendo con tali pronunce le varie Commissioni avevano sancito il principio ‘coperto dal giudicato’ in base al quale al fronte di una denuncia di variazione-cessazione, il Comune è tenuto alla verifica di quanto dichiarato ed eventualmente a procedere con successivo avviso di accertamento e non certamente con avviso di pagamento; analogo principio coperto da giudicato riguarderebbe l’affermazione secondo cui, per quanto attiene al periodo di imposizione, in mancanza di controlli da parte d ell’ente, è precluso per lo stesso discostarsi dal denunciato e di procedere a tassare l’intero periodo a fronte di precise denunce di inizio e fine occupazione a cui è seguita la produzione e il servizio di raccolta.
Orbene rileva il Collegio che dalla medesima prospettazione di parte ricorrente si evince che si tratta di giudicato formatosi sulla base di una data interpretazione delle disposizioni che governano l’esercizio del potere impositivo e disciplinano le agevolazioni tributarie in tema di TARI. Come statuito da questa Corte, l’efficacia espansiva del giudicato esterno trova ostacolo in relazione alla interpretazione giuridica della norma tributaria, ove intesa come mera argomentazione avulsa dalla decisione del caso concreto, poiché detta attività, compiuta dal giudice e contestuale allo stesso esercizio della funzione giurisdizionale, non può mai costituire un limite all’esegesi esercitata da altro giudice, né è suscettibile di passare in giudicato autonomamente dalla domanda e dal capo di essa cui si riferisce, assolvendo ad una funzione meramente strumentale rispetto alla decisione (Cass., 15 dicembre 2022, n. 36875; Cass., 15 marzo 2022, n. 8288; Cass., 22 luglio 2021, n. 20977; Cass., 1 giugno 2021, n. 15215; Cass., 15 luglio 2016, n. 14509; Cass., 21 ottobre 2013, n. 23723).
Ne deriva che le sentenze richiamate, riguardando profili prettamente interpretativi delle norme di riferimento, non possono dispiegare l’effetto vincolante dedotto.
4.2. Anche il secondo motivo non coglie nel segno.
La sentenza impugnata appare immune da censure nella parte in cui ha ritenuto l’atto impugnato adeguatamente motivato in ragione degli oneri motivazionali configurabili per atti impositivi quale quello in esame (vedi, ex multis , Cass. 31.07.2019, n. 20620; Cass. 12.12.2018, n. 30039; Cass. 09/05/2017, n. 11270; Cass. 11.04.2019, n. 10128). In tema di TARSU, nel caso in cui la rettifica venga operata sulla base di una variazione di superficie o di tariffa o di categoria, deve ritenersi sufficiente l’indicazione della maggiore superficie accertata o della diversa tariffa o categoria ritenuta applicabile, elementi che, integrati con gli atti generali, quali le delibere comunali o altri regolamenti comunali – che non è necessario
allegare, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo perché si rivolgono ad una pluralità indistinta, anche se determinabile ex post , di destinatari occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili (tra le tante: Cass., 5 Sez. 5″, 23 ottobre 2006, n. 22804; Cass., Sez. 5^, 26 marzo 2014, n. 7044; Cass., Sez. 6^-5, 19 giugno 2018, n. 16165; Cass., Sez. 5^,12 marzo 2019, n. 7437; Cass., Sez. 5^, 31 luglio 2019, n. 20620; Cass., Sez. 5^, 13 agosto 2020, n. 16996; Cass., Sez. 5″, 22 marzo 2021, n. 7952; Cass., Sez. 5^, 12 agosto 2021, n. 22755; Cass., Sez. 5^, 10 febbraio 2022, n. 4245) – risultano idonei a rendere intellegibili i presupposti di fatto e di diritto della pretesa tributaria, posta anche la semplicità del procedimento logico che in questi casi caratterizza la determinazione del tributo in esame, il cui ammontare viene determinato moltiplicando la tariffa, individuata sulla base della categoria, per la superficie tassata (Cass., Sez. 5″, 31 luglio 2019, n. 20620; Cass., Sez. 5^, 22 marzo 2021, n. 7952).
Il motivo, pervero, costituisce una mera reiterazione di un’eccezione di parte che viene articolata davanti a questa Corte senza dar conto del contenuto dell’atto impugnato la cui motivazione è stata accertata come adeguata dal giudice del gravame. Le censure si risolvono (sul punto) in una (mera) riproposizione di deduzioni difensive articolate in punto di motivazione dell’avviso di accertamento e connotate da totale assenza di riferimenti al relativo contenuto, deduzioni che non danno alcun conto dell’eff ettivo contenuto motivazionale oggetto di contestazione e che, pertanto, nemmeno mettono la Corte nella condizione di poter verificare il denunciato deficit di motivazione.
Come, difatti, questa Corte ha ripetutamente rimarcato, la censura involgente la congruità della motivazione dell’avviso di accertamento necessariamente richiede che il ricorso per cassazione riporti i passi della motivazione dell’atto che, per l’appunto, si assumano erroneamente interpretati o pretermessi (v. Cass., 13 agosto 2004,
n. 15867; Cass., 19 novembre 2019, n. 29992; Cass., 28 giugno 2017, n. 16147; Cass., 19 aprile 2013, n. 9536; Cass., 4 aprile 2013, n. 8312; Cass., 29 maggio 2006, n. 12786);
Va, infine, rilevato che la tesi secondo cui le tariffe applicate sarebbero state ‘arbitrariamente variate dalla Giunta Municipale che non ne aveva la competenza’ costituisce una mera allegazione che non risulta essere stata previamente dedotta nelle fasi di merito e che, in ogni caso, appare priva di riscontro alcuno.
4.3. Il terzo motivo è privo di pregio non sussistendo alcuna violazione di legge.
La normativa in esame indica, infatti, come causa di esclusione dell’obbligo del tributo le condizioni di “obiettiva” impossibilità di utilizzo dell’immobile, che – di certo – non possono essere individuate nella mancata utilizzazione dello stesso legata alla volontà o alle esigenze del tutto soggettive dell’utente (Cass. 18316/04, 17524/09), e neppure al mancato utilizzo di fatto del locale o dell’area, non coincidendo – com’è evidente – le prime ed il secondo con l’obiettiva non utilizzabilità dell’immobile, ai sensi del d.lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2 (Cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9633 del 13/06/2012; Cass. 22770/09). Pertanto se la struttura è dotata di licenza annuale -come accertato nelle specie, in fatto, dai giudici di merito – non è sufficiente la sola denuncia di chiusura invernale senza allegazione e prova della concreta inutilizzabilità della stessa, potendo richiedere la parte contribuente, a tal fine, la licenza stagionale (così Cass., 9 novembre 2016, n. 22756; v. Cass., 12 maggio 2021, n. 12624, con riferimento alla TARI). La tassa è, quindi, dovuta ove sussista la obiettiva possibilità di usufruire del servizio a prescindere dalla fruizione, essendo il presupposto del tributo costituito dalla occupazione o conduzione di locali a qualsiasi uso adibiti, con i limiti già evidenziati che non ricorrono nella fattispecie (vedi Cass. n. 22756/2016 e in senso conforme Cass. n. 33426/2018).
Occorre, quindi, precisare, quanto alla eccezione concerne la contestata necessaria adozione di un preventivo avviso di accertamento (nella specie non emesso), che, in primo luogo, non è dato comprendere quando ed in quali termini tale questione sarebbe stata posta nelle fasi di merito. Parte ricorrente, nella sintesi dei motivi di ricorso in primo grado (vedi f. 3 del ricorso), non ne fa menzione e nella sentenza non si fa cenno alcuno a tale tematica risultando, sul punto il ricorso carente sotto il profilo dell’autosufficienza.
Ma, a parte le carenze del motivo sotto il profilo anzi cennato, occorre rilevare che la l. n. 147 del 2013, nell’istituire la TARI che, quale componente della IUC, è «destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell’utilizzatore» (art. 1, c. 639), – ha riproposto una articolata disciplina degli obblighi di denuncia ed informazione, – posti a carico dei soggetti passivi del tributo (art. 1, commi 646, 684, 685 e 686), già presente nel d.lgs. n. 507 del 1993, art. 70 (in tema di TARSU), con ciò ribadendo la cd. ultrattività della dichiarazione, – alla cui stregua la dichiarazione «ha effetto anche per gli anni successivi sempreché non si verifichino modificazioni dei dati dichiarati da cui consegua un diverso ammontare del tributo; in tal caso, la dichiarazione va presentata entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui sono intervenute le predette modificazioni.» (art. 1, c. 685, cit.), – e, da ultimo, disponendo che «Per tutto quanto non previsto dalle disposizioni dei precedenti commi concernenti la IUC, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 161 a 170, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.».
Il d.lgs. n. 507 del 1993, art. 72, c. 1, in tema di TARSU, a sua volta disponeva che: «L’importo del tributo ed addizionali, degli accessori e delle sanzioni, liquidato sulla base dei ruoli dell’anno precedente, delle denunce presentate e degli accertamenti notificati nei termini di cui all’art. 71, comma 1, è iscritto a cura del funzionario
responsabile di cui all’art. 74 in ruoli principali ovvero, con scadenze successive, nei ruoli suppletivi, da formare e consegnare al concessionario della riscossione, a pena di decadenza, entro l’anno successivo a quello per il quale è dovuto il tributo e, in caso di liquidazione in base a denuncia tardiva o ad accertamento, entro l’anno successivo a quello nel corso del quale è prodotta la predetta denuncia ovvero l’avviso di accertamento è notificato.». Con riferimento a quest’ultima disposizione, questa Corte aveva già avuto modo di rilevare che la stessa consentiva all’ente impositore di procedere direttamente alla liquidazione della TARSU, dietro sua iscrizione a ruolo, e con conseguente notificazione di una cartella di pagamento, se (e solo se) tanto potesse disporsi sulla base degli elementi dichiarati dallo stesso contribuente, – con la dichiarazione originaria ovvero con una dichiarazione di variazione presentata (art. dell’anno precedente e dei dati in esso contenuti, e, con ciò, senza previa emissione di un avviso di accertamento; atto, questo, che, per converso, rimaneva necessario (d.lgs. n. 507 del 1993, art. 71, c. 1) laddove il contribuente non avesse presentato la prescritta dichiarazione (art. 70, cit.) ovvero qualora la dichiarazione fosse stata ritenuta infedele o incompleta (v. Cass., 16 dicembre 2003, n. 19255 cui adde Cass., 26 novembre 2021, n. 37006; Cass., 23 maggio 2019, n. 14043; Cass., 28 settembre 2016, n. 19120; Cass., 30 ottobre 2015, n. 22248; Cass., 1 ottobre 2007, n. 20646).
La C.T.R. ha rilevato che l’atto impositivo, quanto alla superficie tassata, indicava mq. 1658 ‘così come dichiarato in denuncia’ mentre la società contribuente – nel lamentare la omissione della previa notifica di un avviso di accertamento reso necessario, a suo dire, per il fatto che il Comune avrebbe ‘rettificato’ le ‘condizioni di tassabilità denunciate’ – in sostanza, si duole solamente del fatto che aveva chiesto espressamente, attraverso le comunicazione di chiusura e di apertura della attività, di pagare la tassa per il periodo di effettiva occupazione e produzione di rifiuti, elemento questo del
tutto irrilevante per le ragioni già indicate in presenza di una licenza annuale.
In ordine, poi, alla contestazione secondo cui trattandosi di superfici diverse, parte destinata a campeggio e la restante a bar-ristorante (pari a mq. 203), non poteva trovare applicazione una tariffa unica, nella specie campeggio (elemento questo non considerato dai giudici di appello che avrebbe inficiato la validità dell’atto impositivo), trattasi di censura da ritenere, in sé, inammissibile per difetto di interesse in quanto non viene specificato in ricorso se la tariffa non applicata fosse o meno magg iore di quella utilizzata dall’ente impositore ai fini della determinazione del quantum . Parte ricorrente, peraltro, trascura di considerare che il d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158 (elaborazione del metodo normalizzato per la definizione della tariffa rifiuti) – il quale trova applicazione anche in tema di Tari – prevede sia per la quota fissa che per quelle variabile per gli alberghi con ristoranti tariffe ben maggiori rispetto a quelle stabilite per “campeggi-distributori carburanti-impianti sportivi” applicate nel caso in esame sull’ intera superficie nella disponibilità della società. In merito alla richiesta di riduzione al 30%, prevista dall’art. 9 del Regolamento Comunale nonché dall’art. 1, comma 649, della legge n. 147/2013, la C.T.R. così si è espressa ‘ quanto all’asserita esistenza di un’area di 50 mq. idonea a produrre come scarto esclusivamente rifiuti speciali e non urbani, la società non ha documentato di aver prodotto per l’anno in questione direttamente allo smaltimento dei rifiuti speciali ai sensi dell’articolo 62 d. d.lgs. 507/93. A tal fine non è sufficiente la convenzione sottoscritta con la RAGIONE_SOCIALE nel 2015 unitamente alla fattura emessa nel 2019 dalla RAGIONE_SOCIALE di Impagliazzo Giuseppe in mancanza di ulteriore documentazione a supporto ‘.
La censura sul punto è inammissibile in quanto non si confronta con le argomentazioni della sentenza impugnata e, comunque, parte ricorrente nel ribadire il diritto alla chiesta riduzione per
autosmaltimento finisce per richiede una mera rivisitazione in fatto (attraverso una diversa lettura dei dati probatori offerti) certamente preclusa in questa sede, in disparte la considerazione che risulta non contestata la rilevata omessa dichiarazione delle superfici destinate a produzione di rifiuti speciali (in via continuativa e prevalente: l. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 649), circostanza questa già, di per se, preclusiva del diritto alla chiesta riduzione.
La C.T.R ha, dunque, correttamente pronunciato in diritto e non sussiste la denunciata violazione di legge mentre la parte, sotto molteplici profili, finisce per sollevare questioni di puro merito -fra cui anche la omessa valutazione di asseriti pagamenti non presi in considerazione dall’ente impositore – da ritenere inammissibili in questa sede.
Né ad diverse conclusioni è possibile pervenire sulla scorta di quanto specificato dalla società contribuente in memoria conclusiva, con la precisazione che le argomentazioni fissate da questa Corte nella citata ordinanza nr. 29539/2021 del 21.10.2021 appaiono del tutto ininfluenti ai fini che occupano in quanto riguardano una questione che non è stata dedotta nel presente giudizio, vale a dire la tassazione della superficie costituita da un arenile; del resto, il motivo di ricorso, che involge la superficie tassata, non opera, sotto tale profilo, alcun distinguo con riferimento alla tipologia e destinazione delle superfici.
Conseguentemente il ricorso deve essere rigettato e parte ricorrente va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in favore del Comune di Barano d’ Ischia, come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente a rifondere al Comune di Barano d’Ischia le spese del giudizio di legittimità liquidate in € 3.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura
del 15% ed altri accessori di legge, se dovuti; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data