Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23241 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 23241  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9789/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante elettivamente  domiciliato  in  INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE)
-controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI GENOVA n. 75/ 2022 depositata il 25/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/05/2025 dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha notificato alla RAGIONE_SOCIALE ingiunzione per il pagamento del COSAP per gli anni 2014/2015 e relative sanzioni, relativa alle RAGIONE_SOCIALE di un parcheggio, costruito in base ad una Convenzione del 2003 e dato in affidamento a RAGIONE_SOCIALE sin dal 2011.
La società ha proposto opposizione che il Tribunale ha respinto.
La Corte d’appello ha respinto RAGIONE_SOCIALEsì il gravame della società, rilevando: a) che l’affidamento delle RAGIONE_SOCIALE del parcheggio a raso trova la sua fonte in un accordo del 28/11/2011 che richiama il Regolamento comunale COSAP del 2003 che comprende alla voce n. 12 dell’art. 20 proprio l’indicazione delle RAGIONE_SOCIALE di parcheggio concesse ai privati; b) che l’accordo tra le parti è integrato dal suddetto Regolamento, che deve ritenersi conosciuto dalla parte anche in ragione della ricezione di una lettera del 17 giugno 2011 nella quale il RAGIONE_SOCIALE faceva riferimento al predetto Regolamento; c) dagli accordi tra le parti emerge che l’area non è rimasta nella disponibilità del RAGIONE_SOCIALE e che il concessionario non agisce come suo mero sostituto nello sfruttamento del bene, ma essa è stata consegnata alla RAGIONE_SOCIALE che trattiene i relativi ricavi, con richiamo delle condizioni per la gestione delle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ricomprese nel regolamento COSAP; d) l’utilizzo speciale delle RAGIONE_SOCIALE è reso inoltre evidente dalla clausola di cui all’art. 3 dell’atto del 28/11/2011, che prevede la possibilità che le RAGIONE_SOCIALE vengano sottratte al pubblico parcheggio e locate dalla RAGIONE_SOCIALE a terzi; e) benché gli atti sottoscritti dalle parti non contengano l’espressa previsione del pagamento della COSAP, né il suo esatto importo o le modalità di pagamento, tali dati possono dedursi per relationem dal richiamo operato dalle parti al Regolamento comunale per le occupazioni di spazi ed RAGIONE_SOCIALE pubbliche, che contiene le condizioni generalmente applicate dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE per RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, così come ritenuto dal Tribunale.
La  società  ha  proposto  ricorso  per  cassazione  affidandosi  a quattro motivi. Il RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 63 D. lgs. 15.12.1997 n. 446 nonché 9 e 20 Regolamento comunale per le occupazioni di spazi ed RAGIONE_SOCIALE pubbliche del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (Regolamento COSAP). La parte deduce che l’atto di affidamento del contratto per la gestione del servizio di parcheggio a pagamento alla RAGIONE_SOCIALE non è un atto contrattuale, bensì un provvedimento amministrativo e la riconosciuta assenza di indicazioni sia della debenza sia dell’importo del canone per l’occupazione di spazi e RAGIONE_SOCIALE pubbliche COSAP non può essere colmata ritenendo richiamato implicitamente il Regolamento comunale per le occupazioni di spazi e RAGIONE_SOCIALE pubbliche. Fa rilevare che l’art. 63 del d.lgs. n° 446/1997 prescrive che nel provvedimento di concessione di spazi pubblici sia indicato il canone da versare; rileva a tal fine che non vi è stata nessuna contrattazione del suo contenuto tra le parti e l’omessa indicazione dell’importo dovuto a titolo di COSAP nel provvedimento di affidamento del servizio pubblico di gestione dei parcheggi a pagamento significa che il RAGIONE_SOCIALE non intende chiedere alla RAGIONE_SOCIALE il versamento di tale canone. Deduce che la regolamentazione del servizio pubblico di parcheggio a pagamento non prevede il conferimento al concessionario della disponibilità giuridica delle RAGIONE_SOCIALE, cioè l’autorizzazione alla loro occupazione.
2. -Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ex art 360 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 2, 20 e 27 Regolamento comunale per le occupazioni di spazi
ed RAGIONE_SOCIALE pubbliche del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (Regolamento COSAP). La ricorrente deduce di non occupare le RAGIONE_SOCIALE a parcheggio pubblico ad essa attribuite in gestione dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in forza del provvedimento di affidamento perché l’occupazione è riferibile all’utente del servizio, cioè al conducente del veicolo in sosta, come prevede espressamente l’art. 27 del Regolamento COSAP.
3.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 n. 3, c.p.c. la violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 63 del D.lgs. 15.12.1997 n. 446 e dei principi sull’interpretazione dei provvedimenti amministrativi. La parte deduce che la sentenza impugnata ha erroneamente affermato che l’attribuzione del servizio di gestione dei parcheggi a pagamento a raso a favore della RAGIONE_SOCIALE ha attribuito a questa il diritto di occupare le RAGIONE_SOCIALE interessate: la corretta applicazione dei canoni di interpretazione dei provvedimenti amministrativi esclude che l’occupazione delle RAGIONE_SOCIALE in questione possa essere riferita alla RAGIONE_SOCIALE. L’omessa indicazione, sia nel verbale di consegna, sia nell’atto di affidamento del servizio, sarebbe un dato testuale inequivoco che non lascerebbe dubbi sull’interpretazione dell’atto amministrativo, non integrabile aliunde , e, dunque, sulla volontà del RAGIONE_SOCIALE di non percepire alcun canone, e la facoltà riconosciuta alla RAGIONE_SOCIALE di concedere in locazione a terzi l’ area, in ‘ deroga ‘ all ‘oggetto dell’affidamento (art. 3 del relativo atto), con l’obbligo, in questo solo caso, di presentare istanza di autorizzazione, proverebbe a contrario che RAGIONE_SOCIALE, al di fuori della deroga prevista, non occupa le RAGIONE_SOCIALE a parcheggio scoperto.
3.1.- Con il quarto motivo del ricorso si lamenta ex art. 360 n. 3, c.p.c.  la  violazione  e  falsa  applicazione  di  legge  in  relazione all’art. 15, co. 3 lett. g) Regolamento comunale per le occupazioni di  spazi  ed  RAGIONE_SOCIALE  pubbliche  del  RAGIONE_SOCIALE  di  RAGIONE_SOCIALE  (Regolamento COSAP).  La  parte  deduce  che  erroneamente  la  sentenza  esclude
l’applicazione  dell’esenzione,  ritenendo  che  le  opere  di  interesse pubblico realizzate a seguito della concessione debbano essere trasferite  a  titolo  oneroso  al  RAGIONE_SOCIALE  al  termine  della  concessione, mentre esse sono già di proprietà comunale, che ne ha ottenuto la proprietà a titolo gratuito.
4.-  I  motivi  possono  esaminarsi  congiuntamente  e  sono  infondati.
4.1.- Questa Corte ha affermato, in tema di TOSAP, che condivide con il COSAP il presupposto della occupazione di suolo pubblico, che nel caso di area del demanio comunale, appartenente alla rete viaria della città e adibita a parcheggio di autoveicoli in concessione a società privata, rileva in concreto se quest’ultima occupi l’area, sottraendola all’uso pubblico, integrando, così, il presupposto della TOSAP, ovvero se ad essa società sia soltanto attribuito -quale sostituto dell’ente nello sfruttamento dei beni -il mero servizio di gestione del parcheggio, con il potere di esazione delle somme dovute dai singoli per l’uso, quale parcheggio dei loro veicoli, dell’area pubblica a ciò destinata dal comune, dovendosi ravvisare, in tal caso, un’occupazione temporanea ad opera del singolo e non della concessionaria, con esenzione di quest’ultima dalla tassazione in forza dell’art. 49, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 507 del 1993, salvo che dall’atto di concessione non emerga una diversa volontà pattizia (Cass., n. 18670/2023). In tema di COSAP, si è affermato che il canone per l’occupazione di spazi ed RAGIONE_SOCIALE pubbliche (COSAP) costituisce il corrispettivo dell’utilizzazione particolare (o eccezionale) di beni pubblici e non richiede un formale atto di concessione, essendo sufficiente l’occupazione di fatto dei menzionati beni, sicché la società, concessionaria statale, che abbia realizzato e gestito un’opera pubblica, occupando di fatto spazi rientranti nel demanio comunale o provinciale, è tenuta al pagamento del canone, non assumendo rilievo il fatto che l’opera sia di proprietà statale, poiché
la condotta occupativa è posta in essere dalla società nello svolgimento, in piena autonomia, della propria attività d’impresa (Cass. n. 16395/2021).
5.- La Corte d’appello, con apprezzamento incensurabile nella presente sede, ha ritenuto che gli accordi delle parti non fossero nel senso di attribuire alla RAGIONE_SOCIALE la sola gestione del servizio di parcheggio, ma di affidarle le RAGIONE_SOCIALE dei parcheggi stessi, da gestire in autonomia e con proprio profitto. La Corte è addivenuta a tale interpretazione esaminando l’atto di consegna e l’atto di affidamento, ritenendo -con un percorso logico che ha condotto ad una interpretazione della volontà delle parti del tutto plausibile -che il richiamo di tali documenti all’art. 29 della Convenzione del 2003 e, in particolare, alla previsione della possibilità di affidare alla RAGIONE_SOCIALE ‘alle condizioni applicate dal RAGIONE_SOCIALE per RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘, implicasse l’applicazione del canone poi riscosso con ingiunzione. Sul punto giova solo rammentare che l’interpretazione dell’atto amministrativo a contenuto non normativo, risolvendosi nell’accertamento della volontà della p.a., è riservata al giudice di merito e soggiace alle regole dettate per l’interpretazione dei contratti, sia pure con qualche adattamento, soprattutto in considerazione del carattere unilaterale dello stesso (Cass. 15367/2024).
5.1.- Pertanto, è RAGIONE_SOCIALEsì qui invocabile l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, secondo il quale l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata, traducendosi nella ricerca della comune intenzione dei contraenti, costituisce un’indagine riservata al giudice di merito, il cui risultato è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione, ove affetta da carenze tali da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione ( ex multis : Cass. n. 25554/2018).
6.- La ricorrente, pur dolendosi della erronea interpretazione
degli atti amministrativi e della ricostruzione della volontà delle parti, non censura la sentenza impugnata mediante l’indicazione dei canoni rimasti in concreto inosservati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice di merito se ne è discostato, ma si duole del risultato ermeneutico cui è giunto il giudice del merito, prospettando un possibile altro risultato interpretativo. Mancando, dunque, la precisa indicazione delle lacune argomentative del ragionamento seguito dal giudice di merito, ovvero delle incongruenze dello stesso, consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, o ancora dei punti inficiati da mancanza di coerenza, cioè connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dalla sentenza, i motivi di ricorso devono essere respinti.
In ogni caso, si rileva anche che le censure avverso l’interpretazione data dal giudice del merito, dovrebbero essere RAGIONE_SOCIALEsì accompagnate dalla trascrizione della regolamentazione pattizia del rapporto o della parte in contestazione, in modo da consentire a questa Corte di verificare la pertinenza delle critiche sollevate e d’individuare la diversa portata che il ricorrente pretende di attribuire alla clausola in questione, ancor prima di valutare la sussistenza dei vizi lamentati: adempimento mancante nella presente vicenda processuale.
7.- Le ragioni di rigetto sopra esposte sono assorbenti rispetto agli ulteriori profili di censura esposti nei motivi e, in particolare, rispetto al profilo della mancata indicazione del canone nell’atto di concessione, della erronea eterointegrazione dell’atto amministrativo e dell’affidamento della RAGIONE_SOCIALE. L’eterointegrazione, che la ricorrente pretende essere illegittima, rientra in realtà appieno nel tema della interpretazione del contratto ed è rimessa completamente al giudice del merito. Quanto all’affidamento, la Corte di merito ha
ben chiarito che COGNOME conosceva -o comunque, doveva conoscere -il  Regolamento  comunale  sull’occupazione  di  spazi  ed  RAGIONE_SOCIALE pubbliche, trattandosi di atto previsto dalla legge, al quale, peraltro, il RAGIONE_SOCIALE aveva fatto riferimento nella missiva 17 giugno 2011 inviata alla concessionaria, nella quale il RAGIONE_SOCIALE aveva fatto riferimento  all’applicazione  delle  condizioni  previste  nel  Regolamento predetto.
Infine, si osserva che il quarto motivo non coglie la ragione decisoria e non si confronta adeguatamente con essa, atteso che il pagamento del canone, come sopra si diceva, è collegato alla interpretazione data dalla Corte di merito agli accordi tra le parti e all’uso particolare dei beni.
8.-  Ne  consegue  il  rigetto  del  ricorso;  le  spese  seguono  la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in euro 8.000,00, oltre euro 200,00 per spese non documentabili ed accessori.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000,00 per compensi ed euro 200,00 per spese non documentabili oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15/05/2025.