LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Origine della merce: OLAF vs. buona fede importatore

Una società importatrice di tubi in acciaio, certificati come originari dell’India, è stata sanzionata dall’Agenzia Doganale che, basandosi su un’indagine OLAF, ha ritenuto che la reale origine della merce fosse cinese, applicando di conseguenza dazi antidumping. Le corti di merito hanno confermato i dazi ma annullato le sanzioni, riconoscendo la potenziale buona fede dell’importatore, tratta da una precedente indagine della Commissione Europea. La Corte di Cassazione, rilevando la complessità delle questioni giuridiche relative al valore probatorio delle indagini OLAF, all’onere della prova e al concetto di buona fede, ha rimesso la causa in pubblica udienza per una decisione nomofilattica.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Origine della Merce: La Cassazione fa il punto sul valore delle indagini OLAF

In un mondo globalizzato, determinare la corretta origine della merce è fondamentale per il commercio internazionale. Da essa dipendono l’applicazione di dazi, sanzioni e politiche commerciali. Una recente ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione ha messo in luce la complessità di questa materia, analizzando il conflitto probatorio tra le conclusioni di un’indagine dell’Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode (OLAF) e le prove fornite da un’azienda importatrice a sostegno della propria buona fede. La Corte ha ritenuto la questione talmente rilevante da richiedere una discussione in pubblica udienza.

I Fatti del Contenzioso: Tubi dall’India o dalla Cina?

Il caso riguarda un’azienda italiana che ha importato tubi di acciaio inossidabile da un fornitore indiano. Le importazioni erano accompagnate da regolari certificati che attestavano l’origine indiana dei prodotti. Tuttavia, a seguito di controlli successivi, l’Agenzia delle Dogane ha contestato tale origine. Basandosi su un rapporto dell’OLAF, l’Agenzia ha sostenuto che i beni fossero in realtà di origine cinese e che fossero stati semplicemente riesportati dall’India senza aver subito una trasformazione sostanziale. Di conseguenza, ha applicato pesanti dazi antidumping, oltre a sanzioni e interessi.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia in primo che in secondo grado, i giudici hanno adottato una soluzione intermedia. Hanno confermato la validità degli accertamenti relativi ai dazi e agli interessi, ritenendo valide le conclusioni dell’indagine OLAF. Tuttavia, hanno annullato completamente le sanzioni. La motivazione di questa scelta risiedeva nel fatto che un’altra inchiesta, condotta in precedenza dalla Commissione Europea, aveva appurato la capacità produttiva del fornitore indiano. Questo, secondo i giudici, poteva aver generato nell’azienda importatrice il legittimo convincimento di operare correttamente, escludendo quindi la colpa e giustificando l’annullamento delle sanzioni.

Le Ragioni delle Parti in Cassazione: il contrasto sull’origine della merce

Entrambe le parti hanno presentato ricorso in Cassazione.
L’Agenzia Doganale ha insistito sulla colpevolezza dell’importatore, sostenendo che un operatore esperto avrebbe dovuto usare maggiore diligenza. Secondo l’Agenzia, il rapporto OLAF era una prova sufficiente per dimostrare sia l’irregolarità oggettiva (l’errata origine) sia quella soggettiva (la negligenza dell’importatore), e che l’indagine della Commissione Europea non era rilevante ai fini della determinazione dell’origine.
La società importatrice ha invece contestato il valore probatorio attribuito al rapporto OLAF, definendolo un’indagine generica e ‘a tavolino’, non basata su verifiche dirette presso il fornitore. L’azienda ha sottolineato di aver prodotto copiosa documentazione a supporto dell’origine indiana, inclusi certificati di origine ufficiali, certificazioni di qualità internazionali e i risultati dell’inchiesta della Commissione Europea, che aveva effettuato accessi diretti agli stabilimenti.

Le Motivazioni della Cassazione: perché serve una Pubblica Udienza

La Corte di Cassazione, di fronte alla complessità e alla delicatezza delle questioni sollevate, ha emesso un’ordinanza interlocutoria, decidendo di non risolvere immediatamente il caso ma di rimetterlo a una pubblica udienza. La Corte ha riconosciuto la natura ‘nomofilattica’ della questione, ovvero la necessità di stabilire un principio di diritto chiaro e uniforme.
I punti cruciali da dirimere sono:
1. Il valore probatorio di un’indagine OLAF: bisogna chiarire se un rapporto OLAF, basato su dati statistici, possa da solo prevalere su prove specifiche e documentali come i certificati di origine e le conclusioni di un’altra indagine europea basata su ispezioni in loco.
2. L’onere della prova: spetta all’Agenzia dimostrare la falsità del certificato di origine o all’importatore provare la veridicità delle sue dichiarazioni?
3. L’efficacia della buona fede: è necessario definire con precisione i confini della ‘buona fede’ dell’importatore come causa di esclusione delle sanzioni, specialmente quando esistono segnali contraddittori provenienti da diverse autorità europee.

Conclusioni: L’impatto per gli importatori

La decisione finale che emergerà dalla pubblica udienza avrà un impatto significativo per tutte le aziende che operano nel commercio internazionale. Stabilirà un precedente importante sul bilanciamento tra la lotta alle frodi doganali, rappresentata dalle indagini OLAF, e la tutela degli operatori economici che agiscono in buona fede basandosi su certificazioni ufficiali. La sentenza chiarirà il livello di diligenza richiesto a un importatore e il peso da attribuire ai diversi tipi di prove nel determinare la corretta origine della merce, un elemento chiave per la stabilità e la certezza del diritto negli scambi globali.

Un report dell’OLAF è sufficiente a provare la scorretta origine della merce?
La questione è controversa e centrale nel caso. L’ordinanza non dà una risposta definitiva, ma evidenzia il conflitto tra le conclusioni di un’indagine OLAF (ritenuta generica dall’importatore) e altre prove specifiche (certificati di origine, indagini della Commissione Europea). La Corte di Cassazione dovrà stabilire in pubblica udienza quale valore probatorio attribuire a tali report, specialmente se non corroborati da ispezioni dirette.

Come può un importatore dimostrare la propria buona fede per evitare le sanzioni doganali?
Secondo la corte di merito, l’importatore poteva fondare la sua buona fede sull’esito di una precedente inchiesta della Commissione Europea che aveva verificato la capacità produttiva del fornitore estero. Questo elemento, unito al possesso di regolari certificati di origine, è stato ritenuto sufficiente per annullare le sanzioni, anche se i dazi sono stati confermati. La Cassazione valuterà se questa interpretazione sia corretta.

Quale prova prevale tra un’indagine generale OLAF e un’indagine specifica della Commissione Europea sull’origine dei prodotti?
Questa è una delle domande chiave a cui la Corte di Cassazione dovrà rispondere. L’ordinanza interlocutoria non stabilisce una gerarchia, ma prende atto del contrasto. La decisione finale dovrà chiarire se un’indagine specifica e basata su accessi diretti, come quella della Commissione Europea, possa prevalere su un’indagine anti-frode più generale, come quella dell’OLAF, o se debbano essere valutate congiuntamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati