Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5887 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5887 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 24888/2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del Direttore Generale e procuratore speciale Dott. NOME COGNOME in virtù dei poteri conferitigli con procura del l’1. 6.2023, con sede in Roma, alla INDIRIZZO rappresentata e difesa, giusta separata procura speciale rilasciata anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 10 dPR n. 123 del 2001, dall’Avv. NOME COGNOMEC.F.: CODICE_FISCALE; pec:
EMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate (C.F.: NUMERO_DOCUMENTO), in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: NUMERO_DOCUMENTO);
– controricorrente –
Avviso liquidazione imposta registro – Ordinanza assegnazione credito
-avverso la sentenza 463/2023 emessa dalla CTR Veneto l’8 /05/2023 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa
La RAGIONE_SOCIALE impugnava, dinanzi alla CTP di Padova, l’avviso di liquidazione dell’imposta ed irrogazione delle sanzioni n. 2016/001/EM/000002491/0/006 relativo ad imposta principale di registro e relative sanzioni, per un importo complessivo di € 4.769,25, dovute a seguito dell’ordinanza di assegnazione somme in favore del creditore procedente, calcolata in misura proporzionale sull’intero importo del credito vantato (euro 948.610,26) nella misura dello 0,50%, ai sensi dell’art. 6 della Tariffa parte Prima allegata al dPR n. 131/1982.
L’adìta CTP rigettava il ricorso.
Sull’impugnazione della contribuente, la CTR del Veneto rigettava il gravame, affermando, per quanto qui rileva, che correttamente l’Amministrazione finanziaria aveva ritenuto applicabile nella specie la Tariffa, art. 8, lett. a), atteso che l’ordinanza di assegnazione del credito ex art. 553 c.p.c. è assoggettabile ad autonoma tassazione rispetto al titolo posto a base della procedura esecutiva, e specificamente, ad imposta proporzionale.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8, comma 1, lett. b), della tariffa parte prima allegata al d.p.r. n. 131/1986, per aver la CRT considerato applicabile l’imposta di registro in misura proporzionale .
Ritiene la contribuente che l’atto di assegnazione di un credito, all’esito di una procedura esecutiva mobiliare, non avrebbe natura di accertamento di crediti, non costituirebbe sentenza di condanna e non avrebbe carattere costitutivo o traslativo di diritti e, pertanto, dovrebbe essere assoggettato
a tassa fissa.
1.1. Il motivo è infondato.
In base all’art. 8, comma 1, lett. b), della tariffa parte prima allegata al d.p.r. n. 131/1986, <>.
Questa Sezione ha, anche di recente (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16022 del 29/07/2005; conf. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 7306 del 16/03/2021, secondo cui, in tema di imposta di registro, l’ordinanza di assegnazione del credito ex art. 553 c.p.c. è assoggettabile ad autonoma tassazione rispetto al titolo posto a base della procedura esecutiva, e specificamente, ad imposta proporzionale, dovendo ricondursi ai provvedimenti aventi effetti traslativi di cui all’art. 8, lett. a) del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131), affermato che, in tema di imposta di registro, fra gli atti dell’autorità giudiziaria assoggettati all’imposta proporzionale, ai sensi dell’art. 37 del d. P.R. 26 aprile 1986, n. 131, e dell’art. 8, primo comma, lettera a), della tariffa, parte prima, ad esso allegata, sono compresi “i provvedimenti di aggiudicazione e quelli di assegnazione”, intendendo il legislatore riferirsi, con l’espressione “provvedimento di assegnazione”, all’istituto previsto in via generale dall’art. 505, e più in particolare dagli artt. 529, 539, 552 e
segg., e 588 c.p.c., ponendo così sullo stesso piano dei provvedimenti decisori, ai fini tributari, tali atti del processo di esecuzione, in ragione del loro particolare connotato, consistente nell’effetto traslativo di uno specifico e determinato bene (mobile, immobile o credito) che con essi si realizza.
La natura traslativa dell’ordinanza di assegnazione è stata costantemente affermata dalla giurisprudenza di legittimità, la quale ha ripetutamente statuito che «l’ordinanza di assegnazione del credito pignorato, emanata a seguito della positiva dichiarazione del terzo, rappresenta, per la sua natura liquidativa e satisfattiva, l’atto finale e conclusivo del procedimento di espropriazione verso terzi, determinante il trasferimento coattivo del credito pignorato dal debitore esecutato al creditore del medesimo, nonché il momento finale e l’atto giurisdizionale conclusivo del processo di espropriazione presso terzi» (Cass., Sez. 3, n. 19394 del 2017; Sez. 6-1, n. 11660 del 2016; Sez. 1, n. 7508 del 2011).
Pertanto, correttamente l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto applicabile nella specie l’art. 8, lett. a) della Tariffa, venendo appunto in rilievo un atto avente effetto traslativo.
Questa conclusione non può ritenersi smentita dalla pronuncia di questa Corte richiamata dalla contribuente (Cass., Sez. 5, n. 9400 del 2007).
Questa sentenza ha affermato che, in tema di imposta di registro, con riguardo agli atti dell’autorità giudiziaria, l’ordinanza, prevista dagli artt. 552 e 529 c.p.c., con la quale il giudice dell’esecuzione assegna ai creditori esecutanti cose possedute da un terzo è teoricamente assoggettabile all’imposta, ai sensi dell’art. 8 della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, se definisce, anche parzialmente, il giudizio, ed è sussumibile nell’ipotesi di registrazione a tassa fissa di cui alla lettera d). Ciò in quanto un provvedimento siffatto non contiene alcuna condanna al pagamento di somme né alla consegna della merce (ipotesi di cui alla lettera b -la sottolineatura è dello scrivente – dell’art. 8), essendo finalizzata quali che siano gli incidenti procedurali che lo stesso giudice dell’esecuzione abbia dovuto risolvere – alla mera attuazione di un titolo esecutivo, secondo un piano di riparto concordato; e poiché quella di registro è un’imposta
d’atto – sicché in caso di provvedimenti plurimi dell’autorità giudiziaria ciascuno ha una propria ed autonoma veste e fine impositivo, non rilevando il fatto che tutti si riferiscano al medesimo oggetto e alle stesse parti -, deve aversi riguardo al contenuto del solo provvedimento, e cioè dell’ordinanza di assegnazione, della cui registrazione si tratta, il quale non risolve contestazioni fra i creditori. Né, infine, l’assegnazione (una sorta di datio in solutum ), nello schema processuale limitato dell’esecuzione mobiliare, costituisce la conseguenza della condanna che pone termine, decidendola, ad una controversia sulla proprietà dei beni, sicché non rientra nella previsione della lettera b) dell’art. 8 (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 9400 del 20/04/2007).
La medesima pronuncia non ha, tuttavia, affrontato la questione relativa alla efficacia traslativa dell’ordinanza di assegnazione e dunque la sua riconducibilità alle ipotesi di cui all’art. 8, lett. a) della Tariffa dal momento che tale disposizione non era stata evocata nella motivazione dell’atto impugnato.
Piuttosto, in quell’occasione, si è precisato che, costituendo l’imposta di registro un’imposta d’atto, in caso di provvedimenti plurimi dell’autorità giudiziaria, «ciascuno ha propria ed autonoma veste a fine impositivo», con la conseguenza che «deve aversi riguardo al contenuto del solo provvedimento (ordinanza di assegnazione) della cui registrazione si tratta».
Tale conclusione non può ritenersi in contrasto con l’art. 53 Cost.. La natura di imposta d’atto dell’imposta di registro, ribadita dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 158 del 2020, comporta che, in conformità con l’art. 20, d.P.R. n. 131 del 1986, nel caso in cui l’atto da registrare sia una sentenza, è al contenuto e agli effetti della stessa che occorre fare riferimento, senza possibilità di utilizzare elementi ad essa estranei (Cass., Sez. 5, n. 12013 del 2020; n. 19247 del 2012; n. 23243 del 2006).
Una tale affermazione non viola il principio di capacità contributiva, dal momento che esso non si oppone «in modo assoluto a una diversa concretizzazione da parte legislatore dei principi di capacità contributiva e,
conseguentemente, di eguaglianza tributaria», la quale identifichi i presupposti impostivi «nei soli effetti giuridici desumibili dal negozio contenuto nell’atto presentato per la registrazione, senza alcun rilievo di elementi tratti aliunde , “salvo quanto disposto dagli articoli successivi” dello stesso testo unico» (Corte cost. cit.).
In conclusione, pertanto, si deve ribadire che l’ordinanza di assegnazione del credito ex art. 553 c.p.c. è assoggettabile ad autonoma tassazione rispetto al titolo posto a base della procedura esecutiva, e specificamente, ad imposta proporzionale, dovendo ricondursi ai provvedimenti aventi effetti traslativi di cui all’art. 8, lett. a) della Tariffa.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., la nullità della sentenza per omessa pronuncia su una specifica richiesta avanzata dalle parti necessaria ai fini della decisione. In particolare, sostiene che la CTR non si sarebbe pronunciata sulla censura da essa sollevata con l’atto di appello, secondo cui l’Ufficio aveva individuato la base imponibile cui applicare l’aliquota nell’importo precettato (di € 948.620,26) e non nell’importo (di soli € 3.197,94) assegnato dal giudice nella procedura esecutiva immobiliare.
2.1. Il motivo è inammissibile.
Invero, la ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza, ha omesso di trascrivere, almeno nei suoi passaggi significativi, l’atto di appello, al fine di attestare di aver proposto uno specifico motivo di gravame sul punto, di cui, del resto, non vi è cenno nella sentenza impugnata.
In ogni caso, fermo restando che non risulta neppure indicato esattamente in quale passaggio dell’atto di gravame sarebbe stata riproposta la doglianza in esame, dal ricorso in appello prodotto non si evince una riproduzione inequivoca in tal senso.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita di essere accolto.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 1.480,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 28.2.2025.