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Ordinanza di assegnazione: si paga l’imposta di registro

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’ordinanza di assegnazione di crediti, emessa in un procedimento di esecuzione forzata, ha un effetto traslativo della proprietà del credito stesso. Di conseguenza, questo provvedimento deve essere assoggettato a imposta di registro in misura proporzionale, come un atto di cessione. La controversia vedeva contrapposti un istituto di credito e l’Amministrazione Finanziaria riguardo alla tassazione di un’ordinanza che assegnava alla banca una quota della pensione di un debitore. La Corte ha rigettato il ricorso della banca, confermando la natura traslativa dell’atto e la legittimità dell’imposta applicata.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Ordinanza di assegnazione: la Cassazione conferma l’imposta di registro

L’ordinanza di assegnazione è uno strumento cruciale nel recupero crediti, ma quali sono le sue implicazioni fiscali? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: questo provvedimento ha un effetto traslativo del credito e, come tale, è soggetto all’imposta di registro proporzionale. Analizziamo insieme la decisione per capire le ragioni e le conseguenze pratiche per i creditori.

I fatti di causa

La vicenda ha origine da un’azione di recupero crediti avviata da un istituto bancario. Nel corso di un processo esecutivo, il Tribunale emetteva un’ordinanza di assegnazione ai sensi dell’art. 553 c.p.c., con la quale attribuiva alla banca una parte della pensione che un ente previdenziale versava al debitore, fino al completo soddisfacimento del credito.

Successivamente, l’Amministrazione Finanziaria notificava alla banca un avviso di liquidazione, richiedendo il pagamento di un’imposta di registro pari allo 0,50% sull’importo totale del credito assegnato. Secondo il Fisco, l’ordinanza costituiva un atto di trasferimento del credito, soggetto a tassazione proporzionale.

La banca impugnava l’avviso, sostenendo che l’ordinanza non avesse alcun effetto traslativo, ma fosse un semplice atto esecutivo di un titolo già tassato. Tuttavia, sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale davano ragione all’Agenzia Fiscale, qualificando il provvedimento come una cessione di credito, seppur coatta e giudiziale.

La natura fiscale dell’ordinanza di assegnazione

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della banca, confermando l’orientamento consolidato. La Corte ha chiarito che, ai fini fiscali, i provvedimenti di assegnazione sono equiparati agli atti che definiscono un giudizio. La normativa tributaria (art. 8 della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. 131/1986) assoggetta a imposta proporzionale gli atti “recanti trasferimento […] di diritti”.

L’effetto traslativo del provvedimento

Il punto centrale della decisione risiede nel riconoscimento della natura traslativa dell’ordinanza di assegnazione. La giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare che tale ordinanza non è un mero ordine di pagamento, ma rappresenta l’atto finale e conclusivo del procedimento di espropriazione presso terzi. Con essa si realizza il trasferimento coattivo del credito dal patrimonio del debitore esecutato a quello del creditore procedente. Questo trasferimento, che ha natura liquidativa e satisfattiva, è proprio ciò che giustifica l’applicazione dell’imposta di registro.

La decisione della Corte di Cassazione: le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una precisa interpretazione delle norme tributarie in relazione agli istituti del codice di procedura civile. I giudici hanno specificato che quando una norma fiscale fa riferimento a un istituto civilistico, come quello dell'”assegnazione”, ne adotta anche la definizione e la natura giuridica. L’ordinanza ex art. 553 c.p.c. è l’atto che realizza il trasferimento di uno specifico bene (in questo caso, un credito), connotandosi per il suo inequivocabile effetto traslativo.

La Corte ha inoltre distinto il caso in esame da un precedente invocato dalla difesa della banca (Cass. 9400/2007), chiarendo che quella pronuncia non aveva affrontato la questione dell’efficacia traslativa dell’atto, ma si era concentrata su un’altra ipotesi normativa. Infine, i giudici hanno respinto le doglianze relative all’iniquità dell’imposta, ricordando che il costo della registrazione, secondo l’art. 95 c.p.c., è una spesa del processo esecutivo che grava in ultima analisi sul debitore originario, e non sul creditore o sul terzo pignorato.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha confermato che l’ordinanza di assegnazione di un credito è un atto con effetto traslativo e, pertanto, sconta l’imposta di registro in misura proporzionale. Questa pronuncia consolida un principio importante per tutti i creditori che agiscono in via esecutiva: l’ottenimento di un’assegnazione comporta un onere fiscale immediato, il cui costo deve essere attentamente considerato nella strategia di recupero del credito. Sebbene tale costo sia legalmente a carico del debitore, l’anticipazione da parte del creditore rappresenta un fattore da non sottovalutare.

L’ordinanza di assegnazione di un credito è soggetta a imposta di registro?
Sì, è soggetta a imposta di registro in misura proporzionale. La Corte di Cassazione ha confermato che tale provvedimento ha un “effetto traslativo”, cioè trasferisce la titolarità del credito dal debitore al creditore, e come tale rientra tra gli atti da registrare e tassare.

Perché l’ordinanza di assegnazione ha un “effetto traslativo”?
Perché essa rappresenta l’atto finale e conclusivo del procedimento di espropriazione presso terzi. La sua funzione non è solo quella di ordinare un pagamento, ma di determinare il trasferimento coattivo e definitivo del credito pignorato, soddisfacendo così la pretesa del creditore.

Chi deve sostenere il costo dell’imposta di registro sull’ordinanza di assegnazione?
Formalmente, l’imposta viene liquidata al creditore che beneficia dell’assegnazione. Tuttavia, la Corte chiarisce che il costo di registrazione rientra tra le spese del processo esecutivo. In base all’art. 95 c.p.c., tali spese sono a carico del debitore esecutato, e il creditore ha diritto a recuperarle da quest’ultimo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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