Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21907 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21907 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
1993.
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME LA ROCCA
Consigliere
Ud. 1/24/04/2024 C.C. PU R.G. 2598/2019
NOME COGNOME
Consigliere – COGNOME. –
NOME COGNOME
Consigliere
Cron. 17987/2019
R.G.N. 17987/2019
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 2598/2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dal AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO, giusta procura in calce al ricorso per cassazione.
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO.
– intimata-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della LOMBARDIA, n. 2956/2018, depositata in data 27 giugno 2018, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 aprile 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria provinciale di Lecco, con sentenza n. 42/2017 del 23 novembre 2015, aveva accolto il ricorso presentato dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento , relativo all’anno di imposta 20 10, con cui era stato accertato, ai fini Iva, un’imposta pari a euro 1.056.966,56 (aliquota 20%), in relazione a operazioni fatturate dalla società RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE) nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, per complessivi euro 5.284.832,78, che non rivestendo la natura di triangolazioni, non potevano usufruire del regime di non imponibilità di cui all’art. 41 del decreto legge n. 331 del 1993 ed erano state irrogate sanzioni legate al recupero Iva e la sanzione prevista dall’art. 11, comma 4, del decreto legislativo n. 471 del 1997.
La Commissione tributaria regionale, in riforma della sentenza impugnata, ha accolto l’appello proposto dall’Ufficio, ritenendo , per quel che rileva in questa sede, che, nel caso in esame, pur tenendo conto RAGIONE_SOCIALE varie versioni fornite dalla società contribuente sulla natura RAGIONE_SOCIALE operazioni oggetto di contestazione, si doveva escludere la natura triangolare dell’operazione, in quanto tutte le fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE (fornitore di triossido di molibdeno) nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE erano fatture imponibili, con applicazione dell’Iva al 20% e che, dunque, la cessione di materiale tra le due società era una normale cessione interna, non inserita in un disegno unitario di cessione ad un paese comunitario.
I giudici di secondo grado hanno affermato che, in ogni caso, al di là della natura dell’operazione, non sussistevano i requisiti di cui all’art. 41, comma 1, del decreto legge n. 331 del 1993, in quanto non era stato dimostrato che alle operazioni avessero partecipato tre soggetti diversi stabiliti o identificati in tre differenti paesi e non era stato chiarito se il destinatario finale della merce fosse stabilito o identificato nel paese di destinazione (Austria o Slovenia) e che, piuttosto, dai documenti esaminati non si comprendeva il ruolo svolto dal soggetto comunitario RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (il quale dai documenti forniti dalla ricorrente era il destinatario, mentre dal CMR allegati alle fatture 1315 e 1322 il destinatario finale della merce risultava il soggetto RAGIONE_SOCIALE); i modelli INTRA presentati, poi, con dati di rilevanza fiscale inesatti, non erano stati regolarizzati in via telematica, come previsto dall’art. 50, comma 6, del decreto legge n. 331 del 1993, i l che rendeva non dimostrata la registrazione o identificazione del destinatario finale nel Paese in cui la merce era stata consegnata.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
L ‘RAGIONE_SOCIALE non si è costituita.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo mezzo deduce la violazione o falsa applicazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. , degli artt. 41, comma 1, e 58 del decreto legge n. 331 del 1993, per non avere i giudici di appello qualificato le cessioni di beni effettuate dalla società RAGIONE_SOCIALE come operazioni triangolari. L’affermazione dei giudici di appello secondo cui la società non aveva dimostrato che alle operazioni avessero partecipato tre soggetti diversi stabiliti o identificati in tre differenti paesi violava le norme indicate, in quanto nel caso di specie si rinvenivano tutti gli elementi diretti a qualificare l’operazione posta in essere come triangolare: la merce era stata effettivamente spedita
e aveva raggiunto la destinazione in un diverso Paese dell’Unione RAGIONE_SOCIALEpea secondo le disposizioni di consegna impartite dalla società RAGIONE_SOCIALE, in qualità di cliente finale tramite e-mail. Nel caso di specie, la società ricorrente aveva fornito la prova d ell’effettiva movimentazione dei beni al di fuori RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE membro e per ciascuno RAGIONE_SOCIALE cessioni contestate erano state allegate le fatture di vendita e di trasporto, le lettere di vettura internazionale (CMR), le conferme di avvenuta consegna in altro P aese e l’attestazione di pagamento.
Il secondo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., per non avere i giudici di secondo grado considerato l’esistenza di tutti i requisiti di non imponibilità previsti per le cessioni intracomunitarie effettuate dalla società RAGIONE_SOCIALE. Indipendentemente dalla qualificazione della cessione di beni tra la società RAGIONE_SOCIALE e la società RAGIONE_SOCIALE, residente in Gran Bretagna, quale operazione facente parte di una triangolazione, le cessioni di beni intervenute tra i due soggetti possedevano tutti i requisiti per essere qualificate come cessioni intracomunitarie non imponibili. La società ricorrente aveva provato la natura onerosa RAGIONE_SOCIALE cessioni mediante il pagamento della merce, il trasferimento del diritto di proprietà (sul quale nessuna eccezione aveva sollevato l’Ufficio); lo status di operatore economico rivestito dalla società cedente e dal soggetto cessionario comunitario e l’effettivo trasferimento dei beni ced uti in uno RAGIONE_SOCIALE membro dell’Unione RAGIONE_SOCIALEpea. A nulla rilevava la circostanza che le fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE non fossero state emesse ai sensi dell’art. 58 del decreto legge n. 331 del 1993, ma erano fatture imponibili Iva e che alle stesse fosse stata applicata l’Iva al 20%.
I motivi devono essere trattati unitariamente perché inammissibili per la stessa ragione, in quanto si tratta di doglianze dirette, con evidenza, a censurare una erronea ricognizione della fattispecie
concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie di causa, che non costituiscono vizio di violazione di legge (Cass., 19 agosto 2020, n. 17313).
3.1 In proposito, questa Corte ha affermato il principio secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass., 4 agosto 2017, n. 19547; Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., 4 marzo 2021, n. 5987) e che, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., 26 ottobre 2021, n. 30042).
3.2 Ed invero, nel caso di specie, non viene in rilievo la violazione RAGIONE_SOCIALE regole di diritto che la società ricorrente assume essere state violate e le doglianze mirano a contestare l’accertamento in fatto operato dalla Commissione tributaria regionale, insindacabile in questa sede, stante che la valutazione RAGIONE_SOCIALE prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento
discrezionale del giudice di merito (cfr. Cass., 19 luglio 2021, n. 20553).
3.3 Nello specifico, la Commissione tributaria regionale, con riferimento alla natura triangolare dell’operazione che secondo la società ricorrente sarebbe stata effettuata tra il primo cedente (intermedio) identificato nella società RAGIONE_SOCIALE (fornitore di triossido di molibdeno), il secondo cedente (intermedio) o primo cessionario, identificato nella società RAGIONE_SOCIALE e il cliente finale identificato nella società RAGIONE_SOCIALE, ha accertato, con plurime rationes decidendi , che non sono state specificamente censurate nel ricorso (ciò che fonda un ulteriore profilo di inammissibilità della censura) che: 1) tutte le fatture emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE non erano state emesse ai sensi dell’art. 58 ma erano fatture imponibili Iva ed infatti alle stesse era stata applicata l’Iva al 20% (sul punto la società ricorrente si limita genericamente ad affermare che tale circostanza non aveva alcun rilievo, cfr. pag. 23 del ricorso per cassazione); 2) la cessione di materiale tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE era stata una normale cessione interna non inserita in un disegno unitario di cessione ad un paese comunitario, tanto è vero che la società RAGIONE_SOCIALE nella fatture aveva applicato l’Iva al 20% e ciò analogam ente per tutte le operazioni riprese. I giudici di secondo grado hanno, dunque, affermato che non sussistevano i presupposti previsti per questa specifica tipologia di operazione (per come peraltro assunto dalla stessa società ricorrente), ovvero che il primo cedente vendeva al secondo cedente (promotore della triangolazione) ed emetteva fattura non imponibile ai sensi dell’art. 58, comma 1, del decreto legge n. 331 del 1993 e che il secondo cedente riceveva la fattura dal primo non imponibile ai sensi dell’art. 58, comma 1, del decreto legge n. 331 del 1993 ed emett eva fattura nei confronti del cliente finale non imponibile ai sensi dell’art 41, comma 1, del decreto legge n. 331 del 1993. E ciò senza
prescindere dall’ulteriore rilievo, pure rinvenuto dagli atti di causa e messo in evidenza dai giudici di secondo grado, che la società aveva fornito diverse versioni in merito alla natura RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, sia nella fase antecedente all’emissione dell’avviso di accertamento, sia nella fase dell’accertamento con adesione, dove aveva evidenziato che alcune operazioni erano RAGIONE_SOCIALE cessioni dirette tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, mentre altre erano operazioni triangolari comunitarie intercorse tra RAGIONE_SOCIALE (primo cedente), RAGIONE_SOCIALE (secondo cedente) e NOME (cliente finale, identificata in Slovenia); operazioni, tuttavia, che in sede contenziosa, vedeva come soggetti coinvolti COGNOME, NOME e RAGIONE_SOCIALE (cfr. pagine 6 e 7 della sentenza impugnata).
3.3.1 Mette conto rilevare, ai fini della individuazione di una operazione triangolare soggetta al regime di non imponibilità (nel caso di specie correttamente ritenuta non posta in essere dai giudici di merito), che l’art. 58, comma 1, del decreto legge n. 331/1993, dispone che non sono imponibili le « cessioni di beni, anche tramite commissionari, effettuate nei confronti di cessionari o commissionari di questi se i beni sono trasportati o spediti in altro RAGIONE_SOCIALE membro a cura o a nome del cedente anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi » e che questa Corte, di recente, ha affermato che le operazioni triangolari, interne o comunitarie, si verificano quando vi sono due cessioni successive con tre operatori, di cui almeno uno sito al di fuori del territorio nazionale, cessioni peraltro oggetto di un solo trasporto (nella specie, interno al territorio dell’Unione) e che, pur intervenendo tre distinti operatori economici, l’operazione di trasporto intracomunitario va considerata come unitaria, ove la merce viene trasportata dall’acquirente nel territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del cessionario ma non è da questi utilizzata, bensì vincolata alla consegna a un terzo soggetto passivo che la immette in consumo (Cass., 17 novembre 2021, n. 34957; Cass., 7 luglio 2020, 14031; Cass., 13 settembre
2018, n. 22332); la cessione viene effettuata non al destinatario finale della merce ma ad un soggetto passivo, realmente interposto (sia se residente che se non residente nello RAGIONE_SOCIALE membro del cedente), che effettua l’acquisto esclusivamente in funzione della successiva» operazione di esportazione o di cessione intracomunitaria (Cass., 1 agosto 2022, n. 23828; Cass., 17 novembre 2021, n. 34957, citata; Cass., 17 febbraio 2016, n. 3099); nel qual caso, l’acquisto del bene da parte del primo cessionario (interposto) non rileva quale cessione imponibile effettuata nel territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del cedente, ma « come fase preliminare dell’operazione intracomunitaria che si perfeziona con il trasferimento del bene in altro RAGIONE_SOCIALE membro ove risiede il soggetto passivo indicato già all’origine come destinatario finale si è inteso rendere neutra fiscalmente la prima “cessione nazionale” », in quanto ciò che rileva è che i beni della prima cessione siano vincolati alla cessione al cessionario intracomunitario (Cass., 1 agosto 2022, n. 23828, citata, in motivazione)
3.3.2 Come questa Corte ha precisato « Tale giurisprudenza è conforme al diritto dell’Unione, secondo cui ove due cessioni successive abbiano dato luogo a un solo trasporto intracomunitario, tale trasporto può essere imputato ad una sola RAGIONE_SOCIALE due cessioni, che sarà, pertanto, l’unica esentata ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA, in relazione alle quali occorre procedere ad una valutazione globale di tutte le circostanze particolari del caso di specie che consentano di terminare se vi sia stato o meno trasferimento del potere di disporre di un bene come proprietario (CGUE, 26 luglio 2017, C386/16, Toridas, punti 3436), essendo l’esenzione applicabile ove il potere di disporre sia stato trasmesso all’acquirente (CGUE, 16 dicembre 2010, RAGIONE_SOCIALE, C-430/09, punto 29) » (Cass., 26 maggio 2023, n. 14853, in motivazione).
3.3.3 Ed infatti, come affermato dalla Corte di Giustizia, il primo trasferimento al promotore della triangolazione viene effettuato a un
soggetto realmente interposto, il quale assume un vincolo di destinazione in ordine alla merce da trasportare e non acquisisce una vera e propria signoria dominicale sui beni acquistati, stante l’interposizione negozialmente pattuita dalle parti, tale da i mpedirgli di esercitare un potere di disposizione sul bene trasportato come se ne fosse il proprietario, circostanza che impedisce di qualificare ai fini IVA tale trasferimento come cessione di beni a termini dell’articolo 14, paragrafo 1, Dir. 2006/112/CE (CGUE, 17 dicembre 2020, Bakati Plus, C-656/19, punto 55; CGUE, 17 ottobre 2019, Unitel, C-653/18, punto 19; CGUE, 28 febbraio 2018, Pieńkowski, C -307/16, punto 24).
3.3.4 Va ribadito, dunque, il principio di diritto statuito da questa Corte, secondo cui, « In caso di operazioni triangolari interne al territorio dell’Unione, ove vi siano due cessioni successive con tre operatori, di cui almeno uno sito al di fuori del territorio nazionale e oggetto di un solo trasporto, non è imponibile la prima cessione di beni, ove si accerti che la merce oggetto della suddetta cessione venga trasportata dal primo acquirente nel territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del cessionario, senza che il primo acquirente possa disporre della merce come proprietario ma risulti meramente interposto al fine di assolvere a un vincolo di consegna della merce al terzo soggetto passivo che la immetta in consumo » (Cass., 26 maggio 2023, n. 14853).
3.4 Parimenti va argomentato con riguardo all’accertamento operato dalla Commissione tributaria regionale con riguardo all’insussistenza dei requisiti di cui all’art. 41 del decreto legge n. 331 del 1993, avendo i giudici di secondo grado affermato che la società ricorrente non aveva dato la prova che all’operazione avessero partecipato tre soggetti diversi stabiliti o identificati in tre differenti paesi e che il destinatario finale della merce fosse stabilito o identificato nel paese di destinazione (sia esso Austria o Slovenia). La Commissione tributaria regionale, con un accertamento in fatto non sindacabile in questa sede, ha evidenziato, a pag. 7 della sentenza impugnata, che « Dai documenti
forniti dalla ricorrente, in merito all’identificazione del destinatario finale della merce si evince tra l’altro che il destinatario è individuabile nella società RAGIONE_SOCIALE (codice identificativo CODICE_FISCALE), ma con riferimento a quest’ultimo operato re, dai CMR allegati alle fatture 1315 e 1322, il destinatario finale della merce è risultato essere il soggetto RAGIONE_SOCIALE, per cui dai documenti esaminati non si comprende il ruolo che nella triangolazione avrebbe il soggetto RAGIONE_SOCIALE » e che la società ricorrente non aveva provveduto a regolarizzare i modelli INTRA, presentati con dati di rilevanza fiscale inesatti, come previsto dall’art. 50, comma 6, del decreto legge n. 331 del 1995, addivenendo alla conclusione che la società ricorrente non aveva dimostrato l’identificazione del destinatario finale nel Paese in cui la merce era stata consegnata.
3.4.1 Ciò conformemente alla consolidata giurisprudenza di questa Corte che, anche di recente, richiamando la giurisprudenza unionale, ha affermato che « Il principio di neutralità dell’Iva esige che la detrazione dell’Iva a monte sia accordata «se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti» (Corte di Giustizia, sentenza 8 maggio 2008, nei procedimenti riuniti C-95/07 e C-96/07, RAGIONE_SOCIALE, punto 63; v. anche sentenza 17 luglio 2014, in C-272/13, Equoland), ossia che gli acquisti siano stati effettuati da un soggetto passivo, che quest’ultimo sia parimenti debitore dell’Iva attinente a tali acquisti e che i beni di cui trattasi siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili (v. anche Corte di Giustizia, sentenza 11 dicembre 2014, in C-590/13, RAGIONE_SOCIALE, punto 43) » (Cass., 5 gennaio 2022, n. 143, in motivazione) e che « L’onere di provare l’esistenza RAGIONE_SOCIALE scambio intracomunitario è a carico del contribuente, anche in ragione del principio RAGIONE_SOCIALE secondo il quale l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che legittimano la deroga al normale regime impositivo è sempre a carico di chi detta deroga invoca. Sicché, in presenza della disciplina che prevede in via ordinaria
l’assoggettamento a Iva RAGIONE_SOCIALE cessioni, incombe sul soggetto che intenda fruire del regime di non imponibilità, previsto per la cessione intracomunitaria, la prova della sussistenza dei requisiti, anche nel caso in cui non siano stati osservati gli obblighi formali relativi alle dichiarazioni Intrastat ed alle indicazioni del codice Iso » (Cass., 6 febbraio 2023, n. 3565).
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato.
4.1 Nessuna statuizione va assunta sulle spese processuali, in quanto l’Amministrazione intimata non ha svolto difese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso,
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 24 aprile 2024.