Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30192 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30192 Anno 2025
Presidente: LA COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11655/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA RAGIONE_SOCIALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA, che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. TOSCANA n. 1494/07/22 depositata il 12/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 1494/07/22 del 12/12/2022, la Commissione tributaria regionale della Toscana (di seguito CTR) rigettava l’appello
principale proposto dall’RAGIONE_SOCIALE (di seguito AE) e accoglieva l’appello incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) avverso la sentenza n. 232/01/18 della Commissione tributaria provinciale di Lucca (di seguito CTP), che aveva accolto parzialmente il ricorso proposto dalla società contribuente avverso un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2012.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’atto impositivo veniva emesso in ragione di tre riprese: con una prima ripresa veniva contestata l’inattendibilità dei valori RAGIONE_SOCIALE giacenze di magazzino e venivano conseguentemente ricostruiti induttivamente i ricavi; con una seconda ripresa veniva rilevato l’illegittimo utilizzo del plafond in relazione alle cessioni triangolari effettuate all’estero; con una terza ripresa si contestava la deducibilità di una quota di ammortamento di rilevanti costi per la realizzazione di un nuovo campionario con riferimento all’anno 2011.
1.2. La CTR respingeva l’appello principale di AE e accoglieva l’appello incidentale di COGNOME evidenziando che: a) con riferimento alla ricostruzione induttiva dei ricavi, le presunzioni su cui si fondava l’avviso di accertamento erano state validamente contrastate dalla società contribuente, non vi era obbligo di tenuta RAGIONE_SOCIALE scritture di magazzino, la consegna della distinta di magazzino non era tardiva ed il calcolo induttivo fatto dall’Amministrazione finanziaria per determinare i maggiori ricavi era erroneo con riferimento alla determinazione del ricarico medio ponderato; b) la formazione del plafond era corretta e corretta era la procedura di cessione RAGIONE_SOCIALE merci all’estero tramite RAGIONE_SOCIALE, senza che le stesse transitassero in Italia; c) con riferimento ai costi di formazione di un nuovo catalogo, gli stessi costituivano un investimento ed erano ammortizzabili.
Avverso la sentenza di appello RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
NOME resisteva con controricorso e depositava memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di NOME è affidato a cinque motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 54, quarto comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA), per non avere la CTR considerato la gravità, precisione e concordanza RAGIONE_SOCIALE presunzioni dell’Ufficio e per avere quest’ultimo applicato correttamente il ricarico medio ponderato.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere reso la CTR motivazione apparente con riferimento all’accertamento analitico -induttivo posto in essere dall’Ufficio.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8, primo comma, lett. a), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA), dell’art. 58 del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. con modif. nella l. 29 ottobre 1993, n. 427 e dell’art. 2697 cod. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che il plafond si sia correttamente formato e che, ai fini della non imponibilità interna RAGIONE_SOCIALE operazioni triangolari, sia sufficiente il semplice trasporto all’estero della merce e non già la prova, gravante sul contribuente,
che l’operazione sia voluta ab origine e nella sua rappresentazione documentale come cessione nazionale in vista di trasporto a cessionario residente all’estero.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 108, comma 1, e 109, comma 1, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE Imposte sui Redditi – TUIR), per avere la CTR erroneamente ritenuto che: i) i costi sostenuti per la formazione di un campionario possano essere qualificati come spese per ricerca e sviluppo; ii) l’ammortamento sia stato correttamente effettuato, non essendo stata dedotta alcuna quota nell’anno d’imposta 2009, differita negli anni successivi, con violazione del principio di competenza.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 14 e 15 del d.P.R. n. 600 del 1997 ( rectius 1973), per avere la CTR erroneamente ritenuto che la società contribuente abbia tempestivamente consegnato la distinta di magazzino, con conseguente legittimità dell’accertamento.
I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di connessione. In buona sostanza, NOME si duole della circostanza che la CTR non avrebbe tenuto debitamente conto RAGIONE_SOCIALE presunzioni poste a base dell’atto impositivo, che legittimavano l’accertamento, e che la CTR avrebbe reso motivazione apparente.
2.1. Il secondo motivo è infondato, mentre il primo motivo è inammissibile.
2.2. Secondo la giurisprudenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite di questa Corte, si è in presenza di una motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento
giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero -e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali -l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016; Cass. S.U. n. 16599 del 05/08/2016).
2.2.1. Determina, infine, una violazione di legge costituzionalmente rilevante anche la motivazione contraddittoria, nella misura in cui esprima un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, mentre deve escludersi la possibilità di sindacare in sede di legittimità la semplice motivazione insufficiente (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014).
2.3. Sotto altro profilo, va ricordato che « Nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità né dei contenuti né RAGIONE_SOCIALE modalità espositive, tanto più che la validità degli atti processuali si pone su un piano diverso rispetto alla
valutazione professionale o disciplinare del magistrato » (Cass. S.U. n. 642 del 16/01/2015; conf. Cass. n. 29028 del 06/10/2022; Cass. n. 22562 del 07/11/2016; Cass. n. 9334 del 08/05/2015).
2.4. Ciò premesso, la motivazione della sentenza impugnata non può dirsi meramente apparente. In realtà, la CTR: a) conferma la legittimità dell’avviso di accertamento già ritenuta dal primo giudice, ma, accogliendo il motivo di ricorso incidentale, di COGNOME, ritiene che le suddette presunzioni siano state superate in giudizio, essendo giustificata la produzione tardiva della documentazione richiesta e avendo l’Ufficio fatto contestazioni generiche sulle rimanenze; b) ritiene non corretta la determinazione dei ricavi con riferimento ad una media ponderata erroneamente applicata, in ciò riportandosi integralmente alla sentenza di primo grado, debitamente trascritta.
2.5. Una simile motivazione è rispettosa del minimo costituzionale e in linea con gli ulteriori principi più sopra richiamati, essendo idonea a giustificare la ratio decidendi e non essendo di per sé illegittimo il richiamo motivato alla sentenza di primo grado.
2.6. Il primo motivo, invece, è inammissibile, in quanto, da un lato, difetta all’evidenza di specificità, non avendo la ricorrente trascritto quelle parti dell’avviso di accertamento dalle quali si evincerebbero le presunzioni poste a base dello stesso; dall’altro, non coglie la ratio decidendi , atteso che la sentenza impugnata ha accolto il motivo di appello proposto da RAGIONE_SOCIALE in ordine alla legittimità RAGIONE_SOCIALE presunzioni poste a base dell’accertamento, presunzioni poi ritenute superate dalle difese della società contribuente.
Il terzo motivo, involgente la corretta formazione del plafond in ragione della non imponibilità RAGIONE_SOCIALE cessioni di merci all’estero è, invece, fondato.
3.1. Come da ultimo chiarito da Cass. n. 14853 del 26/05/2023, le operazioni triangolari, interne o comunitarie, si verificano quando vi
sono due cessioni successive con tre operatori, di cui almeno uno sito al di fuori del territorio nazionale, cessioni peraltro oggetto di un solo trasporto (all’esterno ovvero, come nel caso di specie, all’interno al territorio dell’Unione).
3.1.1. Dispone l’art. 58, comma 1, del d.l. n. 331 del 1993 che non sono imponibili le «cessioni di beni, anche tramite commissionari, effettuate nei confronti di cessionari o commissionari di questi se i beni sono trasportati o spediti in altro Stato membro a cura o a nome del cedente anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi».
3.1.2. Come osservato da questa Corte, pur intervenendo tre distinti operatori economici, l’operazione di trasporto intracomunitario va considerata come unitaria, ove la merce viene trasportata dall’acquirente nel territorio dello Stato del cessionario ma non è da questi utilizzata, bensì vincolata alla consegna a un terzo soggetto passivo che la immette in consumo (Cass. n. 34957 del 17/11/2021; Cass. n. 14031 del 07/07/2020; Cass. n. 22332 del 13/09/2018, n. 22332). Pertanto « la cessione viene effettuata non al destinatario finale della merce ma ad un soggetto passivo, realmente interposto (sia se residente che se non residente nello Stato membro del cedente), che effettua l’acquisto esclusivamente in funzione della successiva » operazione di esportazione o di cessione intracomunitaria (Cass. n. 23828 del 01/08/2022; Cass., n. 34957 del 2021, cit .; Cass. n. 3099 del 17/02/2016).
3.1.3. Nel qual caso, l’acquisto del bene da parte del primo cessionario (interposto) non rileva quale cessione imponibile effettuata nel territorio dello Stato del cedente, ma « come fase preliminare dell’operazione intracomunitaria che si perfeziona con il trasferimento del bene in altro Stato membro ove risiede il soggetto passivo indicato già all’origine come destinatario finale ». In tal modo
si è inteso rendere neutra fiscalmente la prima cessione nazionale, in quanto ciò che rileva è che i beni della prima cessione siano vincolati alla cessione al cessionario intracomunitario (Cass., n. 23828 del 2022, cit.).
3.1.4. Nella sostanza, il primo trasferimento al promotore della triangolazione viene effettuata a un soggetto realmente interposto, il quale assume un vincolo di destinazione in ordine alla merce da trasportare e non acquisisce una vera e propria signoria dominicale sui beni acquistati, stante l’interposizione negozialmente pattuita dalle parti, tale da impedirgli di esercitare un potere di disposizione sul bene trasportato come se ne fosse il proprietario, circostanza che impedisce di qualificare ai fini IVA tale trasferimento come cessione di beni a termini dell’articolo 14, § 1, della direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 (direttiva IVA) (CGUE, 17 dicembre 2020, Bakati Plus , C-656/19, punto 55; CGUE, 17 ottobre 2019, Unitel , C-653/18, punto 19; CGUE, 28 febbraio 2018, Pieńkowski , C-307/16, punto 24).
3.1.5. Tale giurisprudenza è conforme al diritto dell’Unione, secondo cui ove due cessioni successive abbiano dato luogo a un solo trasporto intracomunitario, tale trasporto può essere imputato ad una sola RAGIONE_SOCIALE due cessioni, che sarà, pertanto, l’unica esentata ai sensi dell’articolo 138, § 1, della direttiva IVA, in relazione alle quali occorre procedere ad una valutazione globale di tutte le circostanze particolari del caso di specie che consentano di determinare se vi sia stato o meno trasferimento del potere di disporre di un bene come proprietario (CGUE, 26 luglio 2017, C-386/16, COGNOME , punti 34-36), essendo l’esenzione applicabile ove il potere di disporre sia stato trasmesso all’acquirente (CGUE, 16 dicembre 2010, RAGIONE_SOCIALE , C-430/09, punto 29).
3.2. Sotto il profilo dell’onere della prova, invece, va evidenziato che « al fine di considerare un’operazione triangolare come cessione intracomunitaria non imponibile, l’espressione letterale “a cura” del cedente, contenuta nell’art. 8, comma 1, lett. a) del d.P.R. n. 633 del 1972, o quella corrispondente “per suo conto”, contenuta nell’art. 15, comma 1, della direttiva 77/388/CEE (sesta direttiva), vanno interpretate in relazione allo scopo della norma, che è quello di evitare operazioni fraudolente, le quali si verificherebbero se il cessionario nazionale potesse autonomamente – e cioè al di fuori di un preventivo regolamento contrattuale con il cedente – decidere di esportare i beni in un altro “Stato membro” e, quindi, non nel senso che la spedizione o il trasporto devono avvenire in esecuzione di un contratto concluso direttamente dal cedente o in rappresentanza di quest’ultimo, ma nel senso che è essenziale che vi sia la prova (il cui onere grava sul contribuente) che l’operazione, fin dalla sua origine e nella sua rappresentazione documentale, sia stata voluta, nella comune volontà degli originari contraenti, come cessione nazionale in vista di trasporto a cessionario residente all’estero » (Cass. n. 4408 del 23/02/2018).
3.3. Il principio ricavabile da quest’ultima sentenza non è stato correttamente applicato dal giudice di appello, il quale si è limitato a ritenere sufficiente, per la regolarità RAGIONE_SOCIALE operazioni triangolari, la prova del trasporto della merce all’estero senza che la stessa passasse nella disponibilità del cessionario italiano RAGIONE_SOCIALE, indipendentemente da chi abbia effettuato il trasporto, senza operare un compiuto accertamento in ordine alla documentazione eventualmente attestante che l’operazione sia stata voluta fin dall’origine dai contraenti come cessione nazionale in vista di trasporto a cessionario residente all’estero.
Il quarto motivo di ricorso, con il quale RAGIONE_SOCIALE si duole della non corretta ammortizzazione dei costi conseguenti alla formazione di un nuovo catalogo, va accolto nei limiti di cui appresso si dirà.
4.1. Appare utile riportare, prima di tutto, il quadro normativo di riferimento.
4.1.1. L’art. 108, comma 1, del TUIR, nella sua versione applicabile ratione temporis , così recita: «Le spese relative a studi e ricerche sono deducibili nell’esercizio in cui sono state sostenute ovvero in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto. Le quote di ammortamento dei beni acquisiti in esito agli studi e alle ricerche sono calcolate sul costo degli stessi diminuito dell’importo già dedotto. Per i contributi corrisposti a norma di legge dallo Stato o da altri enti pubblici a fronte di tali costi si applica l’articolo 88, comma 3».
4.1.2. L’art. 109, comma 1, del TUIR afferma, invece, che: «I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme della presente Sezione non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni».
4.1.3. L’art. 2426 cod. civ., che concerne la valutazione RAGIONE_SOCIALE poste di bilancio da appostare a conto economico, si afferma, sempre nella versione applicabile ratione temporis , che «(…) 5) i costi di impianto e di ampliamento, i costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi utilità pluriennale possono essere iscritti nell’attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale e devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni (…)».
4.1.4. La superiore disposizione va, poi, interpretata alla luce del principio contabile OIC 24, riguardante le immobilizzazioni immateriali, tra le quali rientrano sicuramente i costi di ricerca e sviluppo, tra i quali sono, peraltro, ricomprese varie tipologie. Per quanto interessa, i costi propriamente di ricerca e sviluppo, riconnessi alla elaborazione di progetti «possono essere capitalizzati, e come tali, iscritti all’attivo patrimoniale del bilancio dell’impresa (…). Tuttavia, la sola attinenza a specifici progetti non è condizione sufficiente affinché detti costi abbiano legittimità di capitalizzazione. Per tale finalità, essi debbono anche rispondere positivamente alle caratteristiche richieste per l’iscrizione di qualsiasi posta attiva; essi debbono, cioè, essere: -relativi ad un prodotto o processo chiaramente definito, nonché identificabili e misurabili; -riferiti ad un progetto realizzabile, cioè tecnicamente fattibile, per il quale l’impresa possieda o possa disporre RAGIONE_SOCIALE necessarie risorse; -ricuperabili tramite i ricavi che nel futuro si svilupperanno dall’applicazione del progetto stesso» (OIC 24, pag. 19 dell’elaborato 30 maggio 2005, applicabile alla fattispecie).
4.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, i costi di natura straordinaria per la loro utilità pluriennale, ai sensi dell’art. 2426, primo comma, numero 5), cod. civ., possono – previo consenso del collegio sindacale ove esistente – essere iscritti nell’attivo, anziché essere imputati in conto economico come componenti negativi del reddito di esercizio in cui sono sostenuti, ove la società ritenga, in base ad una scelta fondata su criteri di discrezionalità tecnica, di capitalizzarli in vista di un successivo ammortamento pluriennale invece di far gravare i costi interamente sull’esercizio in cui sono stati sostenuti; tale valutazione, ai fini della graduazione del beneficio, deve tenere conto che l’iscrizione di queste spese all’attivo dello stato patrimoniale è consentita, oltre che dall’utilità pluriennale, di cui siano
causa immediata e diretta, anche dalla circostanza che esse non abbiano avuto, come contropartita, l’incremento di valore di specifici beni o diritti anch’essi iscritti all’attivo (Cass. n. 24939 del 06/11/2013, che richiama anche Cass. n. 377 dell’11/01/2006. Si veda, altresì, la motivazione di Cass. n. 32417 del 14/12/2018).
4.3. È stato, altresì, evidenziato che « un costo può essere capitalizzato in bilancio, in virtù RAGIONE_SOCIALE indicazioni contabili risultanti dall’OIC 24, ove sia collegato ad “operazioni non ricorrenti”, quali quelle strumentali a nuove attività oppure al lancio di nuovi prodotti, da cui derivi “la ragionevole aspettativa di importanti e duraturi ritorni economici”, sicché le spese di campionario non possono essere capitalizzate e, pertanto, non sono soggette al trattamento fiscale di cui all’art. 74 (ora 108), comma 3, del d.P.R. n. 917 del 1986, applicabile ‘ratione temporis’, trattandosi di operazioni ordinarie, che non sono dirette a promuovere una nuova attività » (Cass. n. 25690 del 14/12/2016).
4.4. Ne consegue che la valutazione della sottoposizione ad ammortizzazione pluriennale dei costi di ricerca e sviluppo è una valutazione prettamente di merito; con la quale il giudice deve verificare che i costi: a) siano relativi ad un progetto chiaramente identificato e siano identificabili e misurabili; b) si tratti di costi non ricorrenti, quali quelli strumentali a nuove attività oppure al lancio di nuovi prodotti; c) abbiano un’utilità pluriennale, con ragionevole aspettativa di importanti e duraturi ritorni economici; c) non abbiano, come contropartita, l’incremento di valore di specifici beni o diritti iscritti all’attivo.
4.5. Ricorrendo le superiori caratteristiche, i costi di ricerca e sviluppo potranno essere dedotti, oltre che integralmente nell’esercizio di competenza, anche in quote costanti nell’esercizio
stesso e nei successivi ma non oltre il quarto (art. 108, comma 1, del TUIR).
4.6. Nel caso di specie, la CTR ha qualificato i superiori costi quali costi di ricerca e sviluppo, in quanto destinati alla realizzazione di un nuovo prodotto e, dunque, ammortizzabili al pari di qualsiasi investimento secondo la loro vita utile ai sensi dell’art. 2426, n. 5, cod. civ. Peraltro, la CTR non chiarisce se l’operazione compiuta abbia il carattere della straordinarietà (nel senso che non sia ripetitiva, in ciò differenziandosi dal campionario, che è un costo ricorrente), nonché se tale operazione abbia comportato, come contropartita, l’incremento di valore di specifici beni.
4.7. Per quanto riguarda, poi, il riferimento alla violazione del principio di competenza, la CTR, riconoscendo la regolare ammortizzazione dei costi, rigetta implicitamente la questione senza specificare in alcun modo le ragioni per le quali i costi pluriennali di sviluppo non siano stati ammortizzati fin dal 2009.
4.8. Entro questi limiti il motivo va accolto.
Il quinto motivo di ricorso, con il quale AE si duole della inesistenza di una distinta di magazzino, con conseguente legittimità dell’avviso di accertamento, è inammissibile.
5.1. Invero, come precedentemente rilevato, la CTR ha ritenuto la legittima emissione dell’avviso di accertamento, fondato su congrue presunzioni, ma la ripresa concernente i ricavi è stata annullata in ragione dell’erronea indicazione della percentuale di ricarico.
5.2. In questo contesto, la mancata tempestiva produzione di documenti idonei ad attestare la corretta formazione del magazzino è irrilevante, perché la questione si palesa del tutto superflua nella prospettiva del giudice di appello.
In conclusione, vanno accolti il terzo e, nei limiti di cui si è detto, il quarto motivo di ricorso, rigettati gli altri. La sentenza
impugnata va, pertanto, cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente procedimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo e, nei limiti di cui in motivazione, il quarto motivo di ricorso, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente procedimento.
Così deciso in Roma, il 10/07/2025.
Il Presidente NOME COGNOME