Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30183 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30183 Anno 2025
Presidente: LA COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1412/2020 R.G. proposto da
:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA RAGIONE_SOCIALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA, che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. TOSCANA n. 1691/2018 depositata il 28/09/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 1691/09/18 del 28/09/2018, la Commissione tributaria regionale della Toscana (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) avverso la sentenza n. 445/04/16 della Commissione tributaria provinciale di Lucca (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) avverso un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2010.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’atto impositivo veniva emesso in ragione di due riprese: con una prima ripresa si contestava la cessione all’estero di merce in nome e per conto di altro soggetto (RAGIONE_SOCIALE); con una seconda ripresa, si contestava la deducibilità di una quota di ammortamento di rilevanti costi per la realizzazione di un nuovo campionario con riferimento all’anno 2010.
1.2. La CTR respingeva l’appello di AE evidenziando che: a) con riferimento alle operazioni triangolari, la società contribuente aveva fornito la prova della consegna all’estero della merce, sicché la ripresa andava annullata; b) con riferimento ai costi di formazione di un nuovo catalogo, RAGIONE_SOCIALE aveva provato le ragioni sottostanti all’operazione nonché fornito la prova dei costi capitalizzati, regolarmente ammortizzati ai sensi dell’art. 108, comma 1, e 109, comma 1, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE Imposte sui Redditi – TUIR); c) erano stati comprovati, altresì, gli effetti benefici della realizzazione del catalogo, che si erano riverberati anche sugli esercizi successivi.
Avverso la sentenza di appello AE proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
NOME resisteva con controricorso e depositava memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di NOME è affidato a due motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8, primo comma, lett. a), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA), dell’art. 58 del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. con modif. nella l. 29 ottobre 1993, n. 427 e dell’art. 2697 cod. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che, ai fini della non imponibilità interna RAGIONE_SOCIALE operazioni triangolari, sia sufficiente il semplice trasporto all’estero della merce e non già la prova, gravante sul contribuente, che l’operazione sia voluta ab origine e nella sua rappresentazione documentale come cessione nazionale in vista di trasporto a cessionario residente all’estero.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 108, comma 1, e 109, comma 1, del TUIR, per avere la CTR erroneamente ritenuto che: i) i costi sostenuti per la formazione di un campionario possano essere qualificate come spese per ricerca e sviluppo; ii) l’ammortamento sia stato correttamente effettuato, non essendo stata dedotta alcuna quota nell’anno d’imposta 2009, differita negli anni successivi, con violazione del principio di competenza.
Il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta la sussistenza di una operazione triangolare ai fini della non imponibilità dell’IVA, è fondato.
2.1. Come da ultimo chiarito da Cass. n. 14853 del 26/05/2023, le operazioni triangolari, interne o comunitarie, si verificano quando vi sono due cessioni successive con tre operatori, di cui almeno uno sito al di fuori del territorio nazionale, cessioni peraltro oggetto di un solo
trasporto (all’esterno ovvero, come nel caso di specie, all’interno al territorio dell’Unione).
2.1.1. Dispone l’art. 58, comma 1, del d.l. n. 331 del 1993 che non sono imponibili le «cessioni di beni, anche tramite commissionari, effettuate nei confronti di cessionari o commissionari di questi se i beni sono trasportati o spediti in altro Stato membro a cura o a nome del cedente anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi».
2.1.2. Come osservato da questa Corte, pur intervenendo tre distinti operatori economici, l’operazione di trasporto intracomunitario va considerata come unitaria, ove la merce viene trasportata dall’acquirente nel territorio dello Stato del cessionario ma non è da questi utilizzata, bensì vincolata alla consegna a un terzo soggetto passivo che la immette in consumo (Cass. n. 34957 del 17/11/2021; Cass. n. 14031 del 07/07/2020; Cass. n. 22332 del 13/09/2018, n. 22332). Pertanto «la cessione viene effettuata non al destinatario finale della merce ma ad un soggetto passivo, realmente interposto (sia se residente che se non residente nello Stato membro del cedente), che effettua l’acquisto esclusivamente in funzione della successiva» operazione di esportazione o di cessione intracomunitaria (Cass. n. 23828 del 01/08/2022; Cass., n. 34957 del 2021, cit .; Cass. n. 3099 del 17/02/2016).
2.1.3. Nel qual caso, l’acquisto del bene da parte del primo cessionario (interposto) non rileva quale cessione imponibile effettuata nel territorio dello Stato del cedente, ma «come fase preliminare dell’operazione intracomunitaria che si perfeziona con il trasferimento del bene in altro Stato membro ove risiede il soggetto passivo indicato già all’origine come destinatario finale». In tal modo si è inteso rendere neutra fiscalmente la prima cessione nazionale, in quanto ciò che rileva è che i beni della prima cessione siano vincolati
alla cessione al cessionario intracomunitario (Cass., n. 23828 del 2022, cit.).
2.1.4. Nella sostanza, il primo trasferimento al promotore della triangolazione viene effettuata a un soggetto realmente interposto, il quale assume un vincolo di destinazione in ordine alla merce da trasportare e non acquisisce una vera e propria signoria dominicale sui beni acquistati, stante l’interposizione negozialmente pattuita dalle parti, tale da impedirgli di esercitare un potere di disposizione sul bene trasportato come se ne fosse il proprietario, circostanza che impedisce di qualificare ai fini IVA tale trasferimento come cessione di beni a termini dell’articolo 14, § 1, della direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 (direttiva IVA) (CGUE, 17 dicembre 2020, Bakati Plus , C-656/19, punto 55; CGUE, 17 ottobre 2019, Unitel , C-653/18, punto 19; CGUE, 28 febbraio 2018, Pieńkowski , C-307/16, punto 24).
2.1.5. Tale giurisprudenza è conforme al diritto dell’Unione, secondo cui ove due cessioni successive abbiano dato luogo a un solo trasporto intracomunitario, tale trasporto può essere imputato ad una sola RAGIONE_SOCIALE due cessioni, che sarà, pertanto, l’unica esentata ai sensi dell’articolo 138, § 1, della direttiva IVA, in relazione alle quali occorre procedere ad una valutazione globale di tutte le circostanze particolari del caso di specie che consentano di determinare se vi sia stato o meno trasferimento del potere di disporre di un bene come proprietario (CGUE, 26 luglio 2017, C-386/16, COGNOME , punti 34-36), essendo l’esenzione applicabile ove il potere di disporre sia stato trasmesso all’acquirente (CGUE, 16 dicembre 2010, RAGIONE_SOCIALE , C-430/09, punto 29).
2.2. Sotto il profilo dell’onere della prova, invece, va evidenziato che « al fine di considerare un’operazione triangolare come cessione intracomunitaria non imponibile, l’espressione letterale “a cura” del
cedente, contenuta nell’art. 8, comma 1, lett. a) del d.P.R. n. 633 del 1972, o quella corrispondente “per suo conto”, contenuta nell’art. 15, comma 1, della direttiva 77/388/CEE (sesta direttiva), vanno interpretate in relazione allo scopo della norma, che è quello di evitare operazioni fraudolente, le quali si verificherebbero se il cessionario nazionale potesse autonomamente – e cioè al di fuori di un preventivo regolamento contrattuale con il cedente – decidere di esportare i beni in un altro “Stato membro” e, quindi, non nel senso che la spedizione o il trasporto devono avvenire in esecuzione di un contratto concluso direttamente dal cedente o in rappresentanza di quest’ultimo, ma nel senso che è essenziale che vi sia la prova (il cui onere grava sul contribuente) che l’operazione, fin dalla sua origine e nella sua rappresentazione documentale, sia stata voluta, nella comune volontà degli originari contraenti, come cessione nazionale in vista di trasporto a cessionario residente all’estero » (Cass. n. 4408 del 23/02/2018).
2.3. Quest’ultima sentenza, richiamata anche dalla CTR, non è stata correttamente applicata dal giudice di appello, il quale ha erroneamente ritenuto la sufficienza del trasporto della merce all’estero per la declaratoria di non imponibilità della cessione intervenuta tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, senza operare un compiuto accertamento in ordine alla documentazione eventualmente attestante che l’operazione sia stata voluta fin dall’origine dai contraenti come cessione nazionale in vista di trasporto a cessionario residente all’estero.
2.4. La sentenza impugnata va, dunque, cassata in parte qua per consentire al giudice del rinvio un compiuto accertamento.
Il secondo motivo di ricorso, con il quale RAGIONE_SOCIALE si duole della non corretta ammortizzazione dei costi conseguenti alla formazione di un nuovo catalogo, è fondato nei termini di cui subito si dirà.
3.1. Appare utile riportare, prima di tutto, il quadro normativo di riferimento.
3.1.1. L’art. 108, comma 1, del TUIR, nella sua versione applicabile ratione temporis , così recita: «Le spese relative a studi e ricerche sono deducibili nell’esercizio in cui sono state sostenute ovvero in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto. Le quote di ammortamento dei beni acquisiti in esito agli studi e alle ricerche sono calcolate sul costo degli stessi diminuito dell’importo già dedotto. Per i contributi corrisposti a norma di legge dallo Stato o da altri enti pubblici a fronte di tali costi si applica l’articolo 88, comma 3».
3.1.2. L’art. 109, comma 1, del TUIR afferma, invece, che: «I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme della presente Sezione non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni».
3.1.3. L’art. 2426 cod. civ., che concerne la valutazione RAGIONE_SOCIALE poste di bilancio da appostare a conto economico, si afferma, sempre nella versione applicabile ratione temporis , che «(…) 5) i costi di impianto e di ampliamento, i costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi utilità pluriennale possono essere iscritti nell’attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale e devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni (…)».
3.1.4. La superiore disposizione va, poi, interpretata alla luce del principio contabile OIC 24, riguardante le immobilizzazioni immateriali, tra le quali rientrano sicuramente i costi di ricerca e sviluppo, tra i quali sono, peraltro, ricomprese varie tipologie. Per
quanto interessa, i costi propriamente di ricerca e sviluppo, riconnessi alla elaborazione di progetti «possono essere capitalizzati, e come tali, iscritti all’attivo patrimoniale del bilancio dell’impresa (…). Tuttavia, la sola attinenza a specifici progetti non è condizione sufficiente affinché detti costi abbiano legittimità di capitalizzazione. Per tale finalità, essi debbono anche rispondere positivamente alle caratteristiche richieste per l’iscrizione di qualsiasi posta attiva; essi debbono, cioè, essere: -relativi ad un prodotto o processo chiaramente definito, nonché identificabili e misurabili; -riferiti ad un progetto realizzabile, cioè tecnicamente fattibile, per il quale l’impresa possieda o possa disporre RAGIONE_SOCIALE necessarie risorse; -ricuperabili tramite i ricavi che nel futuro si svilupperanno dall’applicazione del progetto stesso» (OIC 24, pag. 19 dell’elaborato 30 maggio 2005, applicabile alla fattispecie).
3.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, i costi di natura straordinaria per la loro utilità pluriennale, ai sensi dell’art. 2426, primo comma, numero 5), cod. civ., possono – previo consenso del collegio sindacale ove esistente – essere iscritti nell’attivo, anziché essere imputati in conto economico come componenti negativi del reddito di esercizio in cui sono sostenuti, ove la società ritenga, in base ad una scelta fondata su criteri di discrezionalità tecnica, di capitalizzarli in vista di un successivo ammortamento pluriennale invece di far gravare i costi interamente sull’esercizio in cui sono stati sostenuti; tale valutazione, ai fini della graduazione del beneficio, deve tenere conto che l’iscrizione di queste spese all’attivo dello stato patrimoniale è consentita, oltre che dall’utilità pluriennale, di cui siano causa immediata e diretta, anche dalla circostanza che esse non abbiano avuto, come contropartita, l’incremento di valore di specifici beni o diritti anch’essi iscritti all’attivo (Cass. n. 24939 del
06/11/2013, che richiama anche Cass. n. 377 dell’11/01/2006. Si veda, altresì, la motivazione di Cass. n. 32417 del 14/12/2018).
3.3. È stato, altresì, evidenziato che « un costo può essere capitalizzato in bilancio, in virtù RAGIONE_SOCIALE indicazioni contabili risultanti dall’OIC 24, ove sia collegato ad “operazioni non ricorrenti”, quali quelle strumentali a nuove attività oppure al lancio di nuovi prodotti, da cui derivi “la ragionevole aspettativa di importanti e duraturi ritorni economici”, sicché le spese di campionario non possono essere capitalizzate e, pertanto, non sono soggette al trattamento fiscale di cui all’art. 74 (ora 108), comma 3, del d.P.R. n. 917 del 1986, applicabile ‘ratione temporis’, trattandosi di operazioni ordinarie, che non sono dirette a promuovere una nuova attività » (Cass. n. 25690 del 14/12/2016).
3.4. Ne consegue che la valutazione della sottoposizione ad ammortizzazione pluriennale dei costi di ricerca e sviluppo è una valutazione prettamente di merito; con la quale il giudice deve verificare che i costi: a) siano relativi ad un progetto chiaramente identificato e siano identificabili e misurabili; b) si tratti di costi non ricorrenti, quali quelli strumentali a nuove attività oppure al lancio di nuovi prodotti; c) abbiano un’utilità pluriennale, con ragionevole aspettativa di importanti e duraturi ritorni economici; c) non abbiano, come contropartita, l’incremento di valore di specifici beni o diritti iscritti all’attivo.
3.5. Ricorrendo le superiori caratteristiche, i costi di ricerca e sviluppo potranno essere dedotti, oltre che integralmente nell’esercizio di competenza, anche in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto (art. 108, comma 1, del TUIR).
3.6. Nel caso di specie, la CTR ha qualificato i costi sostenuti dalla società contribuente per la definizione di un nuovo catalogo di natura
pluriennale, evidenziando che è risultata provata la circostanza che l’utilità di detti costi è andata a beneficio degli esercizi successivi. Peraltro, la CTR non chiarisce se l’operazione compiuta abbia il carattere della straordinarietà (nel senso che non sia ripetitiva, in ciò differenziandosi dal campionario, che è un costo ricorrente), nonché se tale operazione abbia comportato, come contropartita, l’incremento di valore di specifici beni.
3.7. Inoltre, la CTR si limita ad affermare il rispetto del principio di competenza di cui all’art. 109, primo comma, del TUIR, ma non chiarisce le ragioni per le quali i costi pluriennali non siano stati ammortizzati anche nell’anno 2009, come specificamente contestato dall’Ufficio in ragione della previsione del più volte citato art. 108, comma 1, del TUIR.
3.8. In questi limiti il motivo va accolto.
In conclusione, va accolto il primo e, nei limiti di cui si è detto, anche il secondo motivo di ricorso; la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e, nei limiti di cui in motivazione, il secondo motivo ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente procedimento.
Così deciso in Roma, il 10/07/2025.
Il Presidente NOME COGNOME