Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19307 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19307 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6257/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , RAGIONE_SOCIALE e NOME , elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrenti-
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. NAPOLI n. 9564/2018 depositata il 06/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME in liquidazione e i suoi soci NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto
ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe della Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Campania che aveva respinto l’appello proposto dai contribuenti contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Napoli che aveva rigettato il loro ricorso avverso l’avviso di accertamento con recupero di IVA per il 2010, indebitamente detratta essendo relativa ad operazioni soggettivamente inesistenti.
L’Ufficio aveva fondato l’accertamento sulle seguenti circostanze: le dichiarazioni rese da NOME COGNOME, legale rappresentante della società, dalle quali si evinceva la conoscenza della qualità di ‘prestanome’ e della carica ‘figurativa’ ricoperta nell’ambito RAGIONE_SOCIALE società dai soggetti con i quali aveva intrattenuto i rapporti commerciali; la breve durata RAGIONE_SOCIALE due società cedenti (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE); l’assenza di personale dipendente; la totale assenza di diligenza da parte della NOME RAGIONE_SOCIALE che dall’interrogazione presso il registro RAGIONE_SOCIALE imprese avrebbe potuto avvedersi di tali circostanze, tenuto conto anche dell’elevato volume degli acquisti.
Secondo la CTR, sebbene le dichiarazioni del COGNOME non contenessero esplicite ammissioni, rappresentavano modalità di conduzione dei rapporti commerciali in contrasto con le risultanze RAGIONE_SOCIALE visure camerali relative alle due società e tali anomalie dovevano far ritenere, in via presuntiva, che le prestazioni fatturate non erano state rese dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE, cosicché il contribuente avrebbe potuto esser consapevole, usando l’ordinaria diligenza, del fatto che « le operazioni erano viziate dall’evasione IVA» .
Per contro, gli elementi addotti dalla ricorrente non erano idonei a confutare quanto dimostrato dall’Ufficio: osservava , tra l’altro, la CTR che la RAGIONE_SOCIALE era stata appena costituita al sorgere dei rapporti commerciali e ciò avrebbe « dovuto ingenerare dubbi su
una potenziale evasione » e giustificare « una verifica particolarmente stringente sull’organizzazione e sull’affidabilità della società ».
Il ricorso si fonda su sei motivi, illustrati con memoria.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE che deposita memoria.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., violazione degli artt. 132 comma 1 n. 4 c.p.c., 36 comma 1 n. 4 d.lgs. n. 546/1992, 118 disp. att. c.p.c., 111 comma 6 Cost. e 6 CEDU e nullità della sentenza avente motivazione inesistente in quanto « basata su elementi il cui contenuto è stato stravolto dal Giudice, ciò che vizia sin dalle premesse il ragionamento svolto in sentenza », poiché il COGNOME non aveva mai dichiarato di essere a conoscenza della qualità di prestanome dei soggetti con i quali aveva intrattenuto i rapporti commerciali contestati.
1.1. Il motivo è infondato. Secondo quanto risulta in sentenza, il COGNOME aveva dichiarato che, per la RAGIONE_SOCIALE, aveva trattato con NOME COGNOME presso i locali aziendali in Napoli INDIRIZZO e che le operazioni di acquisto erano state definite nella sede di Agnano; per la RAGIONE_SOCIALE, tal NOME COGNOME, gli aveva indicato un cugino omonimo con il quale aveva trattato, ricavandone però l’impressione che amministratori della RAGIONE_SOCIALE fossero il primo NOME COGNOME e NOME COGNOME. La CTR si limita ad affermare che il COGNOME aveva trattato con soggetti che non rivestivano alcuna qualifica all’interno RAGIONE_SOCIALE società, in locali non coincidenti con la sede legale, e aggiunge che « Le suddette dichiarazioni, pur non sostanziandosi nell’esplicita ammissione della carica figurativa ricoperta dai soggetti con cui ha intrattenuto i
rapporti commerciali, evidenziano le modalità con cui tali rapporti si sono svolti ». Quindi, per la RAGIONE_SOCIALE era ben chiaro che non vi era stata alcuna ammissione, da parte del COGNOME, di una consapevolezza del ruolo di prestanome dei soggetti con i quali aveva trattato; la fondatezza dell’accertamento agenziale è stato desunto, invece, da un ragionamento presuntivo che prende le mosse da quelle dichiarazioni.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., violazione degli artt. 132 comma 1 n. 4 c.p.c., 36 comma 1 n. 4 d.lgs. n. 546/1992, 118 disp. att. c.p.c., 111 comma 6 Cost. e 6 CEDU per motivazione contraddittoria e illogica con riguardo alle dichiarazioni del COGNOME e con riferimento all’onere di diligenza che incombe sul cessionario: quanto alle prime, dapprima la CTR afferma che da esse « si evince che lo stesso fosse a conoscenza della natura di soggetti ‘prestanome’ e della carica ‘figurativa’ ricoperta nelle società dai soggetti con cui intratteneva rapporti commerciali» e successivamente osserva che quelle dichiarazioni non si sostanziavano « nell’esplicita ammissione della carica figurativa ricoperta dai soggetti..» ; con riferimento al secondo, la CTR dapprima richiede « la prova dell’incolpevole affidamento sulla regolarità fiscale dell’operazione » e successivamente osserva che grava sul cessionario « l’onere di assumere informazioni sull’operatore e sincerarsi sulla sua affidabilità », richiedendo uno sforzo oltre l’ordinaria diligenza.
2.1. Il motivo è inammissibile e comunque infondato. Quanto alle dichiarazioni del COGNOME, si fraintende la sentenza, perché le prime considerazioni sono riportate nella parte dedicata alle deduzioni dell’Amministrazione e sono da riferirsi a questa (« l’Amministrazione Finanziaria ha fornito i seguenti elementi alla base della ritenuta inesistenza soggettiva RAGIONE_SOCIALE fatture …») mentre l’accertamento della CTR, come innanzi riferito, era chiaramente
nel senso che quelle dichiarazioni non contenessero alcuna ammissione da parte del COGNOME ma rappresentassero soltanto le modalità attraverso le quali si erano svolti i rapporti commerciali; quanto all’onere della prova, non si evince alcuna contraddittorietà tra le due affermazioni con riguardo alla misura dell’onere di diligenza a carico del cessionario e, in ogni caso, si tratta di affermazioni astratte che non viziano la motivazione della sentenza.
2.2. E’ noto che il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza -di ‘mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata (Cass. n. 23940 del 2018; Cass. sez. un. 8053 del 2014), a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (v., ultimamente, anche Cass. n. 7090 del 2022); vizio che ricorre quando la motivazione «.. benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture » (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016); in questo caso, come si evince anche dalla sintesi della pronuncia riportata nella superiore espositiva, la sentenza della CTR attinge pienamente il c.d. ‘minimo costituzionale’.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., « nullità della sentenza a) violazione dell’art.
112 c.p.c. vizio di ultrapetizione; b) violazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. nonché dell’art. 42 del d.p.r. n.600/73 in combinato disposto. Illegittima integrazione della motivazione dell’avviso di accertamento. Violazione RAGIONE_SOCIALE regole sottese al dovere decisorio del giudice. Violazione del divieto di esercitare un potere decisorio e/o integrativo sostitutivo rispetto al perimetro delimitato dalle contestazioni erariali », in quanto la CTR aveva fondato la sua decisione sulla mancanza di prova in ordine alla esecuzione RAGIONE_SOCIALE prestazioni e al pagamento RAGIONE_SOCIALE forniture, sebbene l’RAGIONE_SOCIALE non avesse contestato quelle circostanze; osservano i ricorrenti che l ‘assenza di prova de ll’esecuzione del contratto e dei pagamenti può rilevare per le operazioni oggettivamente inesistenti ma non con riguardo alle operazioni soggettivamente inesistenti.
3.1. Il motivo è inammissibile in quanto quel passaggio motivazionale della sentenza ha un rilievo essenzialmente argomentativo e non integra la ratio decidendi , tanto è vero che quelle affermazioni sono precedute dalla premessa che quelle circostanze, anche ove provate, non sarebbero state « idonee ad escludere la frode fiscale perpetrata mediante operazioni soggettivamente inesistenti». Pare implicito in tale avvertenza il riferimento alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di operazioni soggettivamente inesistenti, incombe, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita RAGIONE_SOCIALE merci o dei servizi (v. Cass. n. 24471 del 2022; Cass. n. 9851 del 2018).
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 54 d.P.R. n. 600/1973 nonché degli artt. 17 n. 2 lett. a) e 18 n. 1 lett. a) della sesta direttiva IVA e dell’art. 2697 c.c. per « violazione del diritto alla detrazione. Illegittima applicazione dei parametri della Corte di giustizia in tema di corretta articolazione e ripartizione del regime dell’onere della prova in tema di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti ». In particolare, si lamenta che l’intera ricostruzione si sia fondata su un unico elemento: si è addebitato alla cessionaria di non essersi ‘accorta’, come sarebbe stato possibile con l’uso della normale diligenza, che i soggetti con i quali aveva trattato erano dei prestanome, in un contesto in cui non si era dedotta né l’inesistenza RAGIONE_SOCIALE società fornitrici e di strutture idonee allo svolgimento dell’attività né la mancata disponibilità della merce da parte RAGIONE_SOCIALE società cedenti, non indicandosi neppure il vantaggio economico che sarebbe stato conseguito dalla cessionaria, posto che i prezzi pagati erano in linea con quelli di mercato e non vi era stato alcuno ‘sconto’.
4.1. Il motivo è fondato.
4.2. Laddove si contesti al soggetto passivo IVA il compimento di operazioni soggettivamente inesistenti e si neghi il diritto alla detrazione dell’IVA assolta in rivalsa, come ben chiarito da questa Corte (Cass., n. 9851 del 2018), l’Amministrazione finanziaria deve provare, anche in via indiziaria, che il fornitore era fittizio, oltre al fatto che il destinatario era -o poteva essere -consapevole di ciò, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente (v. anche Cass. n. 2471 del 2022; Cass. n. 11873 del 2018; Cass. n. 27555 del 2018; Cass. n. 27566 del 2018; Cass. n. 5873 del 2019; Cass. n. 15369 del 2020).
4.3. La CTR, che si è limitata al confronto tra le dichiarazioni del cessionario e le risultanze camerali, non ha fatto buon governo di questi principi. I due profili, quello della prova della fittizietà dei cedenti e quello della conoscibilità da parte del cessionario, si sono saldati in un giudizio unitario fondato sulla discrasia tra le concrete modalità di conduzione dei rapporti commerciali e i dati desumibili dal Registro RAGIONE_SOCIALE imprese, conoscibili quindi dal cessionario: osservato che il COGNOME aveva trattato con persone diverse dagli amministratori di diritto e gli incontri erano avvenuti in locali non coincidenti con la sede legale, si è dato rilievo decisivo alle risultanze camerali, per affermare la fittizietà dei fornitori, senza svolgere alcun accertamento sulla loro effettiva situazione. Vi erano, invece, elementi concreti di segno contrario: il fatto che le società cedenti disponessero di locali aziendali depone, da un lato, per la loro ‘esistenza’ e, dall’altro, per la ‘normalità’ RAGIONE_SOCIALE operazioni, sicché la mancata coincidenza tra sede operativa e sede legale e il fatto che l’interlocutore non fosse l’amministratore RAGIONE_SOCIALE società -ma poteva essere un preposto o incaricato per conto della stessa società – perdono gran parte di quel carattere ‘ anomalo ‘ evidenziato in sentenza.
Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 42 comma 1 d.P.R. n. 600/1973, dell’ art. 56 d.P.R. n. 633/1972, dell’art. 3 l. n. 241/1990 nonché dell’art. 7 l. n. 212/2000 in tema di motivazione per relationem in quanto l’Ufficio aveva recepito integralmente il PVC senza alcun vaglio critico né motivazione sulle ragioni del suo recepimento.
5.1. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto non trascrive né riporta puntualmente il contenuto degli atti indicati cosicché non dà modo al giudice di valutare la fondatezza della censura sulla base della lettura del ricorso; la censura, comunque, è infondata in quanto la motivazione per relationem con
rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia RAGIONE_SOCIALE Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (Cass. n. 32957 del 2018; Cass. n. 30560 del 2017).
Con il sesto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., « assenza di conformità della sentenza impugnata rispetto ai parametri individuati a garanzia del principio della ‘parità RAGIONE_SOCIALE armi’ (processuali) da parte della CEDU », non avendo la CTR dimostrato di aver esaminato la controversia nella sua interezza e di non aver fondato la sua decisione su elementi oggettivi e su prove decisive.
6.1. Il motivo è inammissibile in quanto del tutto astratto e aspecifico.
Conclusivamente, accolto il quarto motivo e rigettati gli altri, la sentenza va cassata di conseguenza e rinviata al giudice del merito per nuovo esame.
P.Q.M.
accoglie il quarto motivo di ricorso, rigettati gli altri; cassa di conseguenza la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 27/03/2024.