Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16361 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16361 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12833 -201 6 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, in persona del legale rappresentate pro tempore, NOME COGNOME NOME, rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del ricorso, dagli AVV_NOTAIOti AVV_NOTAIO NOME COGNOME (pec: EMAIL), NOME COGNOME (pec. EMAIL), NOME COGNOME (pec: EMAIL), NOME COGNOME (pec:
), NOME COGNOME
(pec:
EMAIL), ed
Oggetto: Tributi -operazioni soggettivamente inesistenti -prova
elettivamente domiciliata in Roma, al INDIRIZZO, presso lo studio legale dell’AVV_NOTAIO (pec: EMAIL);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE dello Stato, presso i cui uffici in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, domicilia;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4822/02/2015 della Commissione tributaria regionale della LOMBARDIA, depositata in data 11/11/2015;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28 marzo 2024 dal AVV_NOTAIO;
Rilevato che:
1. In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di due avvisi di accertamento emessi dall’RAGIONE_SOCIALE delle entrate nei confronti della RAGIONE_SOCIALE per il recupero dell’IVA relativa agli anni d’imposta 2009 e 2010 che l’amministrazione finanziaria riteneva, sulla scorta delle risultanze di un processo verbale di constatazione redatto nei confronti della predetta società, svolgente attività di trading nel settore delle quote di emissione di CO2 sul mercato italiano, essere riferita ad operazioni soggettivamente inesistenti, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) della Lombardia accoglieva l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sfavorevole sentenza di primo grado e confermava gli avvisi di accertamento impugnati, sostenendo, per quanto ancora qui di interesse:
che l’RAGIONE_SOCIALE delle entrate aveva assolto l’onere probatorio sulla medesima incombente nelle ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti risultando, dalle indagini dalla stessa condotte, che le società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, fornitrici della RAGIONE_SOCIALE erano società cartiere stante «l’inesistenza della sede sociale, l’occultamento delle scritture contabili, gli inadempimenti IVA, la mancata redazione dei bilanci, il limitato periodo di attività, l’irreperibilità degli amministratori»;
b) che, quanto alla prova della consapevole partecipazione della società contribuente alla frode, diversamente da quanto sostenuto dal giudice di prime cure, non erano rilevanti né l’iscrizione al pubblico registro istituito dal d.lgs. n. 216 del 2006 dei soggetti operanti nel settore della commercializzazione dei diritti di emissione di CO2, né il fatto che i pagamenti delle fatture erano stati effettuati per il tramite di banche non residenti in Paesi cd. black list; quello che invece rilevava era la circostanza che la società contribuente aveva dato corso all’acquisto di quote di CO2 dalle società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in violazione delle procedure interne di controllo, ovvero «anche dopo non averne ricevuto la prova dell’a vvenuto assolvimento dell’IVA, come loro richiesto e previsto dall’aggiornamento delle procedure di controllo interno» e la circostanza che, nonostante l’intensificazione di tali procedure nel marzo 2010, la società contribuente aveva continuato ad effettuare acquisti dalla RAGIONE_SOCIALE, inadempiente al pagamento dell’IVA, effettuando il pagamento delle fatture su un c/c svizzero, all’epoca dei fatti Paese black list ;
che le società che acquistavano le quote di RAGIONE_SOCIALE dalla RAGIONE_SOCIALE richiedevano a quest’ultima di presentare mensilmente la dichiarazione di liquidazione dell’IVA, sicché la società contribuente «era perfettamente al corrente, anche prima
dell’aggiornamento delle proprie procedure nel marzo 2010, della possibilità di esigere dalle controparti», ovvero dalla sue fornitrici di quote di CO2, «adempimenti maggiormente pregnanti, relativamente alla compliance fiscale, di quanto da essa richiesto ai propri fornitori e, ciononostante, abbia preferito per lungo tempo operare sulla base di procedure meno stringenti»; circostanza, questa, che stava a dimostrare che la società contribuente «si trovava nella situazione di poter oggettivamente venire a conoscenza degli elementi sintomatici del meccanismo fraudolento posto in essere dai propri fornitori restando di conseguenza indimostrata la sua buona fede».
Avverso tale statuizione la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi cui replica l’ intimata con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo la ricorrente deduce, con riferimento alle operazioni intercorse con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, la «violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3 c.p.c., come pure -e distintamente -nullità della sentenza ex art. 360 n. 4. c.p.c., da parte della sentenza della Commissione Regionale e con riguardo segnato alla norma dell’art. 19 D.P.R. n. 633/1972, anche in relazione alle norme degli artt. 1 e 2 del D.Lgs. n. 74/2000».
1.1. Sostiene la ricorrente, richiamando al riguardo Corte di giustizia UE, 22 ottobre 2015, n. 277/14, che, anche se relative ad operazioni soggettivamente inesistenti e fatta salva l’ipotesi di non inerenza delle prestazioni, nella specie non ricorrente, il diritto alla detrazione dell’IVA non subisce limitazioni di sorta, sicché le va riconosciuto. Sostiene, inoltre, che la CTR, nel valutare la sua consapevole partecipazione all’evasione d’imposta, aveva preteso un
onere di diligenza superiore a quella ordinaria e di livello particolarmente speciale.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce, in via subordinata, ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., con riferimento alle operazioni intercorse con RAGIONE_SOCIALE, l’omesso esame da parte della sentenza d’appello di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ovvero dei documenti richiesti ed ottenuti dalla predetta società ai fini dei controlli previsti dalle procedure interne, tra cui i «modelli F24» relativi al pagamento dell’IVA nonché la «attestazione di l iquidazione IVA provenienti da commercialista iscritto all’albo professionale» .
2.1. Deduce, altresì, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., «nella misura in cui occorrer possa», la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 cod. civ.
Con il terzo motivo, la ricorrente deduce, sempre in via subordinata, ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., con riferimento alle operazioni intercorse con RAGIONE_SOCIALE, l’omesso esame da parte della sentenza d’appello di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ovvero dei documenti richiesti ed ottenuti dalla predetta società ai fini dei controlli previsti dalle procedure interne, tra cui il «bilancio della società», la «visura della camera di Commercio», la «certificazione relativa ai carichi pendenti risultanti al sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria». Sostiene, inoltre, che la RAGIONE_SOCIALE non aveva considerato l’ulteriore fatto dell’intervenuta interruzione dei rapporti con la società fornitrice alla fine del mese di marzo del 2010
3.1. Deduce, altresì, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., «nella misura in cui occorrer possa», la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 cod. civ.
Con il quarto motivo, la ricorrente deduce, sempre in via subordinata, ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., con
riferimento alle operazioni intercorse con RAGIONE_SOCIALE , l’omesso esame da parte della sentenza d’appello di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ovvero dei documenti richiesti ed ottenuti dalla predetta società ai fini dei controlli previsti dalle procedure interne, tra cui la «visura camerale, atto costitutivo e statuto» nonché l’«accordo contrattuale «certificazione relativa ai carichi pendenti risultanti al sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria».
4.1. Deduce, altresì, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., «nella misura in cui occorrer possa», la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 cod. civ.
Il primo motivo, articolato in due censure, è infondato.
E’ orientamento consolidato di questa Corte (cfr. da ultimo Cass. n. 24471 del 2022) quello secondo cui, in tema di detrazione dell’IVA, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, al contribuente incombe, in caso di sua dimostrata partecipazione ad un’evasione fiscale, la prova di aver agito in assenza di consapevolezza per aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto.
6.1 A tale principio si è attenuta la CTR allorquando ha affermato che nella fattispecie in esame la società contribuente non aveva fornito la prova di aver attuato nemmeno le procedure di controllo ‘interne’, cioè quelle che essa stessa si era data , e nemmeno si era curata di attuare le stesse verifiche (presentazione con cadenza mensile della dichiarazione di liquidazione dell’IVA) che le richiedevano le imprese che essa riforniva.
6.2. Dall’accertata consapevole partecipazione della società contribuente alla frode fiscale, discende l’indetraibilità dell’IVA riferibile alle operazioni contestate. Invero, «In tema di IVA relativa
ad operazioni soggettivamente inesistenti, il contribuente ha il diritto di detrarre l’imposta solo provando, ai sensi dell’art. 2697 c.c., di non aver saputo o di non poter sapere di aver preso parte ad un’operazione fraudolenta (Cass. n. 25474 del 2020, non massimata). Peraltro, come recentemente ribadito (cfr. Cass. n. 15288 del 2020, par. 7), «i presupposti della detrazione muovono dalla necessaria salvaguardia del principio di neutralità dell’IVA, cosicché la detrazione deve essere per es. esclusa in ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti, quando cioè le interposte «cartiere» non versano quell’IVA che viene in seguito detratta dall’acquirente reale; ma non quando l’operazione sia oggettivamente e soggettivamente esistente, seppur pagata da altri». Circostanza che, però, nella specie non ricorre, non è stata provata e neppure dedotta dalla ricorrente.
Tutti gli altri motivi, con i quali viene dedotto, ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il vizio motivazionale della sentenza impugnata per omesso esame da parte del giudice del merito dei documenti indicati in ricorso, sono inammissibili per difetto di decisività dei fatti che la ricorrente assume essere stati pretermessi, in quanto la CTR ha comunque dato atto in sentenza che dalle indagini condotte dai verificatori era emerso che le società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, fornitrici della RAGIONE_SOCIALE erano società cartiere, stante « l’inesistenza della sede sociale, l’occultamento delle scrittur e contabili, gli inadempimenti IVA, la mancata redazione dei bilanci, il limitato periodo di attività, l’irreperibilità degli amministratori ». Circostanze, queste, che non sono state contestate e che escludono, in ogni caso, la buona fede della società contribuente.
Da quanto detto discende, altresì, la manifesta infondatezza della violazione dell’art. 2729 cod. civ. in tema di presunzioni , pure dedotta nel secondo, terzo e quarto motivo di ricorso.
In estrema sintesi, il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 18.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 28 marzo 2024