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Operazioni soggettivamente inesistenti: prova e IVA

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33912/2024, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate in un caso di operazioni soggettivamente inesistenti. La Corte ha stabilito che la Commissione Tributaria Regionale aveva errato nel non applicare correttamente i principi sull’onere della prova. Per negare la detrazione IVA, l’Amministrazione Finanziaria deve fornire indizi gravi, precisi e concordanti che il contribuente fosse a conoscenza della frode. Una volta forniti tali indizi (come la mancanza di struttura operativa del fornitore), spetta al contribuente dimostrare di aver agito con la massima diligenza. La sentenza è stata cassata con rinvio per una nuova valutazione basata su questi principi.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Soggettivamente Inesistenti: Guida alla Prova della Frode Fiscale

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 33912 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale per il diritto tributario: le operazioni soggettivamente inesistenti e la ripartizione dell’onere della prova tra Fisco e contribuente. Questa decisione ribadisce principi fondamentali sulla detraibilità dell’IVA e sulla diligenza richiesta agli operatori economici per non essere coinvolti in frodi fiscali. Comprendere i criteri stabiliti dalla Suprema Corte è essenziale per ogni impresa che voglia operare in sicurezza e tutelarsi da possibili contestazioni.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguardava una società che aveva detratto l’IVA relativa a fatture per la realizzazione di un opificio industriale e l’acquisto di impianti. L’Agenzia delle Entrate aveva contestato tale detrazione, sostenendo che le società emittenti le fatture fossero meri intermediari fittizi. Sebbene i lavori fossero stati effettivamente eseguiti, a realizzarli erano state altre ditte in subappalto, estranee al rapporto di fatturazione. Si configurava, quindi, un’ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti, in cui il fornitore reale non coincideva con quello formale indicato in fattura.

L’Onere della Prova nelle Operazioni Soggettivamente Inesistenti

Il fulcro della questione legale è la corretta ripartizione dell’onere della prova. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’Amministrazione Finanziaria, per contestare la detrazione IVA, non deve dimostrare con certezza la partecipazione del contribuente alla frode. È sufficiente che fornisca un quadro di indizi gravi, precisi e concordanti che facciano sorgere il dubbio sulla regolarità dell’operazione e sulla buona fede del contribuente.

Tra questi indizi rientrano tipicamente elementi che caratterizzano le cosiddette “società cartiere”, come:
– L’omesso versamento delle imposte.
– La mancanza di una sede legale operativa.
– L’assenza di dipendenti e di una struttura organizzativa adeguata.
– L’omessa presentazione delle dichiarazioni IVA.

Una volta che il Fisco ha assolto a questo compito, l’onere si inverte: spetta al contribuente dimostrare di aver agito in buona fede e di aver adoperato la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per verificare la solidità e l’affidabilità del proprio partner commerciale.

Le Motivazioni della Cassazione

Nel caso specifico, la Suprema Corte ha cassato la decisione del giudice di secondo grado perché quest’ultimo aveva commesso diversi errori di valutazione. In primo luogo, aveva erroneamente ritenuto che la prova dell’effettiva esecuzione dei lavori e del regolare pagamento fosse sufficiente a garantire il diritto alla detrazione. La Cassazione ha ribadito che, nelle operazioni soggettivamente inesistenti, il fatto che la prestazione sia stata materialmente eseguita è irrilevante se a fatturarla è un soggetto diverso da quello che l’ha compiuta.

In secondo luogo, il giudice di merito aveva ignorato gli elementi presuntivi offerti dall’Agenzia delle Entrate, che indicavano la natura fittizia dei fornitori. La Corte ha sottolineato che il giudice del rinvio dovrà effettuare una nuova e più attenta valutazione di tutte le prove, applicando correttamente il principio secondo cui la mancanza di una reale struttura imprenditoriale del fornitore è un potente sintomo della mancanza di buona fede del cliente. La semplice esistenza giuridica di una società non è, da sola, garanzia di legittimità delle operazioni.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per tutte le imprese. La lotta alle frodi IVA, in particolare quelle basate sull’interposizione di soggetti fittizi, richiede un elevato standard di diligenza. Non è sufficiente verificare l’iscrizione di un fornitore alla Camera di Commercio per sentirsi al sicuro. È necessario condurre controlli più approfonditi sulla sua reale capacità operativa e sulla sua reputazione commerciale. La decisione della Cassazione rafforza la posizione del Fisco nel contestare le detrazioni IVA in presenza di validi indizi di frode e pone in capo al contribuente l’onere, non sempre facile, di dimostrare la propria totale estraneità e la propria buona fede. Un’attenta selezione e un monitoraggio costante dei partner commerciali diventano, quindi, strumenti indispensabili per la gestione del rischio fiscale.

Cosa si intende per operazioni soggettivamente inesistenti?
Si tratta di operazioni commerciali realmente avvenute, ma in cui il soggetto che emette la fattura è diverso da quello che ha effettivamente eseguito la prestazione o ceduto il bene. Questo schema è spesso utilizzato in frodi fiscali per permettere una detrazione IVA indebita.

A chi spetta l’onere della prova in caso di contestazione per operazioni soggettivamente inesistenti?
Inizialmente, l’onere spetta all’Amministrazione Finanziaria, che deve fornire elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti per dimostrare che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere della frode (ad esempio, provando che il fornitore era una società “cartiera”). Successivamente, l’onere si sposta sul contribuente, che deve provare di aver agito con la massima diligenza e in buona fede.

È sufficiente dimostrare che la prestazione è stata eseguita e pagata per poter detrarre l’IVA?
No. Secondo la Cassazione, l’effettiva esecuzione della prestazione e il suo pagamento non sono sufficienti a garantire il diritto alla detrazione se la fattura è emessa da un soggetto diverso da quello che ha realmente operato. La detraibilità dell’IVA è legata alla corrispondenza tra i soggetti formali (indicati in fattura) e quelli sostanziali della transazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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