Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 590 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 590 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
Tributi – operazioni soggettivamente inesistenti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30301/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE in virtù di procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliata presso il suo domicilio digitale PEC
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 4168/17/22, depositata in data 16 maggio 2022. nella camera
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME di consiglio del 22 novembre 2023.
RILEVATO CHE
La società cooperativa contribuente RAGIONE_SOCIALE ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2014 per IVA e anche per imposte dirette (come risulta dalla sentenza impugnata), con il quale, come anche risulta dalla sentenza impugnata, si contestavano operazioni soggettivamente inesistenti. La società contribuente ha invocato la propria buona fede in relazione alle operazioni deducendo « l’esistenza delle operazioni fatturate dal punto di vista soggettivo ».
La CTP di Caserta ha rigettato il ricorso.
La CTR della Campania, con sentenza in data 16 maggio 2022, ha rigettato l’appello dell’associazione contribuente. Ha rilevato il giudice di appello che l’accertamento ha preso le mosse da un controllo su società operanti nel settore all’ingrosso di generi alimentari , dal quale era emerso che era stata costituita una società interposta (RAGIONE_SOCIALE, priva di organizzazione, che fungeva da missing trader e che consentiva l’immissione di prodotti sottocosto per effetto del mancato pagamento dell’IVA e ha accertato che la contribuente ha utilizzato fatture della fornitrice priva di organizzazione. Ha, poi, ritenuto il giudice di appello che, in tema di operazioni soggettivamente inesistenti e ai fini del disconoscimento della detrazione, è onere dell’Ufficio dare un quadro anche presuntivo dell’inesistenza delle prestazioni sottostanti e che è onere del contribuente fornire la prova contraria dell’effettiva esecuzione della prestazione , prova che non può essere fornita attraverso la prova dei relativi pagamenti, ancorché con
mezzi tracciabili, in quanto strumenti utilizzati per far apparire reale un’operazione fittizia , concludendo che la buona fede non può essere intesa in termini meramente soggettivi.
Ha proposto ricorso per cassazione l’associazione contribuente , affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso l’Ufficio .
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 19 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nella parte in cui la sentenza impugnata ha negato il diritto alla detrazione IVA del cessionario in relazione ad operazioni soggettivamente inesistenti per effetto di una frode IVA organizzata a monte, disconoscendo la buona fede sull’assunto di avere ignorato di intrattenere rapporti con un soggetto privo di organizzazione. Osserva parte ricorrente che il disconoscimento della buona fede del cessionario di una prestazione soggettivamente inesistente richiede che l’Ufficio alleghi un congruo quadro indiziario di circostanze dalle quali trarre che il contribuente fosse in grado di sapere, utilizzando la diligenza che gli incombe come accorto operatore economico, di partecipare a una frode commessa a monte della catena distributiva.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto che l’Ufficio abbia adempiuto al proprio onere della prova. Osserva parte ricorrente che l’Ufficio ha l’onere di dimostrare sia l’inesistenza soggettiva delle operazioni poste in essere, sia la conoscenza della inesistenza dell’operazione per il cessionario secondo la diligenza richiesta a un accorto operatore , così provando l’assenza di buona fede del contribuente. Nel qual caso spetta al contribuente fornire la prova contraria del l’incolpevole affidamento del contribuente nella regolarità
fiscale dell’operazione. Il ricorrente si duole del fatto che la sentenza impugnata non avrebbe adeguatamente verificato il coacervo probatorio addotto dall’Ufficio, in base al quale non sarebbe stata provata la consapevole partecipazione della contribuente alla frode IVA.
Con il terzo motivo si deduce « art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.: confessione stragiudiziale in merito alla buona fede del contribuente (art. 2730 cod. civ.) ». Osserva parte ricorrente che il giudice di appello non avrebbe valorizzato una confessione stragiudiziale contenuta nell’atto impugnato , ove osserva che il contribuente sarebbe stato in buona fede, circostanza che rileverebbe quale confessione stragiudiziale in termini di fatto decisivo che assurge a piena prova contro colui che l’ ha fatta.
I primi due motivi, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati. E’ accertato nella sentenza impugnata che, nel caso di specie, si verte in tema di operazioni soggettivamente inesistenti e l’impugnazione del contribuente attiene ai presupposti per il disconoscimento della detrazione IVA. La sentenza impugnata ha accertato in fatto che l’effetto della frode IVA consumata a monte della catena distributiva consentiva, tramite l’indebita detrazione IVA, di immettere sul mercato prodotti sottocosto (« la ESSECI era parte del sistema fraudolento priva di reale operatività con il ruolo di ‘m issing trader” che fungendo da soggetto interposto, consentiva l’evasione dell’Iva e l’emissione sul mercato di prodotti a prezzo sottocosto »). Ha, tuttavia, ritenuto il giudice di appello che l’Ufficio abbia fornito la prova su di esso incombente in forza della sussistenza di un quadro indiziario di inesistenza delle prestazioni sottostanti e, ulteriormente, ha ritenuto che la società contribuente non abbia offerto la prova contraria, la quale non si può limitare alla prova del pagamento delle prestazioni.
5. Invero, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attenga a operazioni soggettivamente inesistenti, incombe sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inserisse in una evasione dell’imposta (consumata da terzi a monte della catena distributiva) dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente. Ove l’Amministrazione assolva al proprio onere della prova, insorge sul contribuente l’onere della prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta a evadere l’imposta, la diligenza massima che sarebbe esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in relazione alle circostanze del caso concreto (Cass., Sez. V, 28 dicembre 2022, n. 37889; Cass., Sez. V, 13 luglio 2022, n. 22190; Cass., Sez. V, 20 dicembre 2021, n. 40690; Cass., Sez. V, 17 agosto 2021, n. 22969; Cass., Sez. V, 3 agosto 2021, n. 22107; Cass., Sez. V, 20 luglio 2021, n. 20648; Cass., Sez. V, 8 luglio 2021, n. 19387; Cass., Sez. VI, 11 novembre 2020, n. 25426; Cass., Sez. V, 20 luglio 2020, n. 15369; Cass., Sez. V, 28 febbraio 2019, n. 5873; Cass., Sez. V, 30 ottobre 2018, n. 27566; Cass., Sez. V, 24 agosto 2018, n. 21104; Cass., Sez. V, 20 aprile 2018, n. 9851; Cass., Sez. V, 19 aprile 2018, n. 9721; Cass., Sez. U., 12 settembre 2017, n. 21105).
6. Tale principio riposa sulla costante giurisprudenza della Corte di Giustizia, secondo cui il diniego di detrazione può essere affermato « se l’Amministrazione tributaria accerta che il diritto alla detrazione è stato esercitato in modo fraudolento » caso nel quale « può chiedere, con effetto retroattivo, il rimborso degli importi detratti (v., segnatamente, sentenze 14 febbraio 1985, causa 268/83, COGNOME, Racc. pag.
655, punto 24; 29 febbraio 1996, causa C-110/94, INZO, Racc. pag. I857, punto 24, e COGNOME e a., cit., punto 46) e spetta al giudice nazionale negare il beneficio del diritto a detrazione se è dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale diritto viene invocato in modo fraudolento o abusivo » (CGUE, 6 luglio 2006, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, C-439/04 e C/440/04, punto 55). Il principio del Diritto dell’Unione costantemente affermato impone, pertanto, all’Ufficio di accertare, sulla base di elementi oggettivi, i fatti costitutivi che denotino la consapevolezza nel cessionario che l’emittente che ha fornito i beni o i servizi posti a fondamento del diritto a detrazione non fosse l’effettivo fornitore dei beni o servizi e che l’operazione si iscriveva in un’evasione commessa dal fornitore o da un altro operatore a monte (CGUE, 21 giugno 2012, COGNOME, C-80/11 e C-142/11, punti 45, 48), nonché l’adozione da parte contribuente di avere adottato un adeguato standard di diligenza al fine di non incorrere nella frode IVA consumata a monte (CGUE, 18 maggio 2017, Litdana, C624/15, punto 33; CGUE, 18 dicembre 2014, RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, C131/13, C163/13 e C-164/13, punti 49 e 50; CGUE, 6 dicembre 2012, Bonik, C-285/11, punti da 38 a 40; CGUE, 6 settembre 2012, MecsekGabona, C-273/11, punto 54; CGUE, 21 giugno 2012, COGNOME e NOME, C-80/11 e C/142/11, cit., punto 46; CGUE, 6 luglio 2006, Kittel, cit., punti 45, 46, 56).
Tali accertamenti sono mancati del tutto nella sentenza impugnata , che si è indirizzata verso l’esame della diversa questione della sussistenza oggettiva delle operazioni; la sentenza va cassata con rinvio, perché venga esaminato l’assolvimento dell’onere della prova da parte dell’Ufficio circa la sussistenza, anche tramite elementi indiziari, della consapevolezza del contribuente di aver preso parte a una frode IVA commessa a monte e circa l’assolvimento da parte del contribuente dell’onere della prova contraria circa l’adozione di ogni
cautela possibile al fine di non incorrere nella frode IVA, ove le cautele risultino esigibili secondo la professionalità richiesta a un accorto operatore commerciale . L’esame del terzo motivo è assorbito. Al giudice del rinvio è rimessa anche la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo, dichiara assorbito il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 22 novembre 2023