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Operazioni soggettivamente inesistenti: onere prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 590/2024, ha stabilito che in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, spetta all’Amministrazione Finanziaria l’onere di provare, anche tramite presunzioni, che il contribuente era a conoscenza della frode IVA o avrebbe dovuto saperlo usando l’ordinaria diligenza. Una società cooperativa si era vista negare la detrazione IVA per fatture emesse da un fornitore rivelatosi una società ‘cartiera’. La Corte ha cassato la decisione di merito che non aveva correttamente valutato la consapevolezza del contribuente, rinviando il caso per un nuovo esame.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Soggettivamente Inesistenti: L’Onere della Prova grava sull’Amministrazione Finanziaria

Nel complesso mondo del diritto tributario, le operazioni soggettivamente inesistenti rappresentano una delle sfide più complesse sia per i contribuenti che per l’Amministrazione Finanziaria. Con la recente ordinanza n. 590 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza su un punto cruciale: su chi ricade l’onere di provare la consapevolezza del contribuente di partecipare a una frode IVA? La risposta della Suprema Corte riafferma un principio di garanzia fondamentale per le imprese.

I Fatti di Causa

Una società cooperativa sociale si è vista recapitare un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2014. L’Amministrazione Finanziaria contestava la detrazione dell’IVA e la deduzione dei costi relativi a fatture ricevute da un’altra società. Secondo le indagini, quest’ultima era una cosiddetta ‘società cartiera’ o ‘missing trader’, inserita in un meccanismo fraudolento finalizzato all’evasione dell’IVA. Si trattava, appunto, di operazioni soggettivamente inesistenti: la merce era stata effettivamente scambiata, ma il fornitore reale non era quello indicato in fattura. La cooperativa si era difesa sostenendo la propria buona fede e l’effettività delle operazioni dal suo punto di vista.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione all’Amministrazione Finanziaria, rigettando i ricorsi della società. I giudici di secondo grado, in particolare, avevano ritenuto che la fornitrice fosse una società interposta, priva di una reale organizzazione, utilizzata per immettere sul mercato prodotti a prezzi inferiori al costo grazie al mancato versamento dell’IVA. Avevano inoltre affermato che, per negare la detrazione, è sufficiente per l’Ufficio fornire un quadro presuntivo dell’inesistenza delle prestazioni, spettando poi al contribuente la prova contraria, non limitata alla sola dimostrazione dei pagamenti, seppur tracciabili.

L’Onere della Prova nelle Operazioni Soggettivamente Inesistenti

La questione centrale portata all’attenzione della Cassazione riguardava la ripartizione dell’onere della prova. La cooperativa sosteneva che l’Ufficio non solo dovesse provare l’esistenza della frode a monte, ma anche la consapevolezza o la colpevole ignoranza del cessionario (la cooperativa stessa) di essere parte di tale meccanismo illecito. Senza questa prova, il diritto alla detrazione IVA non poteva essere negato. Questo approccio è in linea con la costante giurisprudenza sia nazionale che europea.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto i motivi di ricorso della cooperativa, cassando la sentenza impugnata. Gli Ermellini hanno ribadito un principio fondamentale: quando l’Amministrazione Finanziaria contesta che una fatturazione riguarda operazioni soggettivamente inesistenti, ha l’onere di provare due elementi:

1. L’esistenza di una frode IVA consumata a monte nella catena distributiva.
2. La consapevolezza del destinatario della fattura che l’operazione si inseriva in tale evasione, o il fatto che avrebbe dovuto esserne a conoscenza utilizzando la diligenza richiesta a un operatore economico accorto.

La Corte ha specificato che questa prova può essere fornita anche in via presuntiva, basandosi su elementi oggettivi e specifici. Solo dopo che l’Ufficio ha assolto a questo onere probatorio, la palla passa al contribuente. A quel punto, spetta a quest’ultimo dimostrare di aver adottato ogni ragionevole cautela per non essere coinvolto nell’operazione fraudolenta. La sentenza impugnata è stata cassata perché i giudici di merito si erano concentrati sulla prova dell’esistenza oggettiva delle operazioni, tralasciando l’indagine cruciale sulla consapevolezza della frode da parte della cooperativa.

Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione rafforza le tutele per il contribuente in buona fede. Si chiarisce che non è sufficiente trovarsi coinvolti, senza colpa, in una catena commerciale in cui a monte è stata commessa una frode per vedersi negato il diritto alla detrazione IVA. L’Amministrazione Finanziaria deve compiere un passo in più: deve dimostrare, con elementi concreti, che l’impresa acquirente sapeva o avrebbe dovuto sapere della frode. Questo principio impone un corretto bilanciamento tra la necessità di contrastare l’evasione fiscale e la tutela dell’affidamento e della buona fede degli operatori economici che agiscono correttamente sul mercato.

Chi deve provare che il contribuente era a conoscenza della frode IVA in caso di operazioni soggettivamente inesistenti?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova grava sull’Amministrazione Finanziaria. Essa deve dimostrare, anche attraverso presunzioni basate su elementi oggettivi, che il destinatario della fattura sapeva, o avrebbe dovuto sapere usando l’ordinaria diligenza, che l’operazione faceva parte di un’evasione d’imposta.

La semplice prova del pagamento tracciabile di una fattura è sufficiente a dimostrare la buona fede del contribuente?
No. La Corte chiarisce che i mezzi di pagamento tracciabili possono essere utilizzati proprio per far apparire reale un’operazione fittizia. Pertanto, la sola prova del pagamento non è di per sé sufficiente a dimostrare la buona fede o l’estraneità alla frode, dovendo il contribuente provare di aver agito con la massima diligenza esigibile.

Cosa accade se l’Amministrazione Finanziaria fornisce prove della consapevolezza della frode da parte del contribuente?
Se l’Amministrazione Finanziaria adempie al proprio onere probatorio, dimostrando la consapevolezza del contribuente, l’onere si sposta su quest’ultimo. Sarà il contribuente a dover fornire la prova contraria, ossia di aver adottato tutte le cautele possibili e ragionevoli per un operatore accorto al fine di non essere coinvolto nella frode.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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