LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Operazioni soggettivamente inesistenti: onere prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 194/2024, ha chiarito la ripartizione dell’onere della prova in materia di operazioni soggettivamente inesistenti. L’Agenzia delle Entrate deve provare, anche con indizi, non solo la fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del contribuente di partecipare a una frode. La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva ignorato elementi presuntivi cruciali, come la totale assenza di strutture e mezzi delle società fornitrici, invertendo illegittimamente l’onere probatorio.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Soggettivamente Inesistenti: Chi Deve Provare la Frode?

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 194 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto tributario: la deducibilità dei costi e la detrazione dell’IVA in presenza di operazioni soggettivamente inesistenti. Questa decisione chiarisce in modo netto la ripartizione dell’onere della prova tra l’Amministrazione finanziaria e il contribuente, sottolineando come i giudici di merito debbano valutare tutti gli elementi indiziari forniti.

I Fatti del Caso: Fatture da Fornitori Inesistenti

Il caso ha origine da un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava a una società a responsabilità limitata l’indebita deduzione di costi e la detrazione dell’IVA relative a fatture emesse nell’anno 2006. Secondo l’Amministrazione, tali fatture si riferivano a operazioni commerciali con due società fornitrici che, in realtà, erano solo schermi per una società di fatto diversa. Le indagini avevano rivelato che queste società fornitrici erano prive di strutture adeguate, personale dipendente e automezzi, elementi che ne dimostravano la natura di “cartiere”, create al solo scopo di permettere a terzi di evadere le imposte.

La Decisione della Commissione Tributaria Regionale

In secondo grado, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva dato ragione al contribuente, annullando la pretesa fiscale. Secondo la CTR, l’Agenzia delle Entrate non aveva fornito prove sufficienti a dimostrare la consapevolezza della società contribuente di partecipare a un’evasione fiscale. I giudici regionali avevano sminuito gli elementi presuntivi portati dall’ufficio, come l’operatività delle società nello stesso territorio e precedenti rapporti con soggetti commerciali infedeli, ritenendoli privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

Il Principio sull’Onere della Prova per le Operazioni Soggettivamente Inesistenti

La questione centrale, portata all’attenzione della Cassazione, riguarda proprio la ripartizione dell’onere probatorio. Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, in tema di operazioni soggettivamente inesistenti, l’Amministrazione finanziaria ha il compito di dimostrare due aspetti:

1. L’oggettiva fittizietà del fornitore: ovvero che il soggetto indicato in fattura non è il reale partner commerciale.
2. La consapevolezza del destinatario: cioè che l’acquirente sapeva, o avrebbe dovuto sapere usando l’ordinaria diligenza, che l’operazione si inseriva in un contesto di evasione fiscale.

Questa seconda prova può essere fornita anche tramite indizi oggettivi e specifici. Una volta che l’Amministrazione ha fornito tali elementi, l’onere si sposta sul contribuente, che deve provare la sua buona fede e di aver agito con la massima diligenza possibile per un operatore accorto.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ritenendo che la CTR avesse commesso un errore di diritto (error in iudicando). I giudici di legittimità hanno evidenziato come la sentenza di secondo grado avesse completamente ignorato elementi probatori cruciali e specifici dedotti dall’Amministrazione finanziaria. In particolare, la CTR non aveva considerato la prova schiacciante che le società fornitrici fossero mere “scatole vuote”, prive di qualsiasi struttura idonea a svolgere l’attività commerciale fatturata (personale, magazzini, automezzi).

Secondo la Cassazione, questi elementi non sono generici, ma indizi specifici e gravi che un imprenditore mediamente esperto avrebbe dovuto notare. Trascurando di valutare tali prove, la CTR ha illegittimamente invertito l’onere della prova, addossandolo interamente all’Agenzia senza considerare gli elementi presuntivi che quest’ultima aveva fornito. La Corte ha quindi cassato la sentenza e rinviato il caso a un’altra sezione della Commissione Tributaria Regionale per un nuovo esame che tenga conto di tutti gli elementi probatori alla luce dei principi di diritto enunciati.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: di fronte a contestazioni di operazioni soggettivamente inesistenti, il contribuente non può limitarsi a dimostrare la regolarità formale della contabilità o l’avvenuto pagamento. Se l’Amministrazione finanziaria fornisce indizi concreti sulla fittizietà del fornitore e sulla potenziale consapevolezza dell’acquirente (come, ad esempio, l’evidente inadeguatezza strutturale del partner commerciale), spetta a quest’ultimo dimostrare di aver agito con la massima diligenza per evitare di essere coinvolto in una frode. La decisione rafforza la necessità per le imprese di adottare procedure di controllo e verifica sui propri fornitori, al fine di non incorrere in pesanti conseguenze fiscali.

In caso di operazioni soggettivamente inesistenti, chi deve provare la consapevolezza della frode da parte del contribuente?
L’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non solo la fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario della fattura che l’operazione si inseriva in un’evasione fiscale. Una volta fornita questa prova, l’onere si sposta sul contribuente.

Quali elementi possono indicare che un imprenditore doveva essere a conoscenza della frode?
Elementi oggettivi e specifici come la conclamata inidoneità delle società fornitrici a svolgere l’attività (ad esempio, l’assenza di personale, strutture e automezzi) costituiscono indizi idonei a porre sull’avviso un imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente.

È sufficiente per il contribuente dimostrare la regolarità dei pagamenti e della contabilità per dedurre i costi?
No. Secondo la Cassazione, la regolarità della contabilità e dei pagamenti non è sufficiente a provare la buona fede del contribuente, in quanto questi elementi sono spesso utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati