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Operazioni soggettivamente inesistenti: onere prova

La Corte di Cassazione cassa con rinvio la sentenza di merito in un caso di operazioni soggettivamente inesistenti. La Corte ha stabilito che il giudice di secondo grado non ha seguito il principio di diritto precedentemente enunciato, omettendo di valutare se l’assenza di una struttura operativa adeguata del fornitore fosse un elemento sufficiente a escludere la buona fede dell’acquirente nella frode IVA.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Soggettivamente Inesistenti: la Cassazione ribadisce l’onere della prova

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i doveri del giudice di merito nel valutare la buona fede di un’azienda coinvolta in operazioni soggettivamente inesistenti. Il caso riguarda l’acquisto di veicoli da società ‘cartiere’ e sottolinea come l’assenza di una struttura operativa del fornitore sia un indizio cruciale per determinare la consapevolezza della frode da parte dell’acquirente.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore automobilistico impugnava un avviso di accertamento con cui l’Amministrazione Finanziaria contestava l’indebita detrazione dell’IVA relativa all’acquisto di 104 veicoli. Secondo l’Ufficio, le fatture provenivano da società cosiddette ‘cartiere’, create al solo scopo di frodare il fisco.

Il percorso giudiziario è stato complesso: dopo una prima vittoria del contribuente, la Corte di Cassazione aveva già cassato la sentenza d’appello, rinviando la causa alla Commissione Tributaria Regionale (CTR) e fissando un preciso principio di diritto. Tuttavia, anche nella seconda pronuncia, la CTR rigettava nuovamente l’appello dell’Amministrazione Finanziaria. Contro questa decisione, l’Erario ha proposto un nuovo ricorso in Cassazione.

Il principio di diritto sulle operazioni soggettivamente inesistenti

Il cuore della controversia risiede nel mancato rispetto, da parte della CTR, del principio di diritto enunciato dalla Cassazione nel precedente giudizio di rinvio. La Suprema Corte aveva stabilito che il giudice del merito avrebbe dovuto verificare attentamente un fatto specifico: l’assenza di un’adeguata dotazione di personale e di strumenti nelle società fornitrici.

Secondo la Cassazione, tale carenza strutturale costituisce una ‘circostanza sufficiente a escludere l’ignoranza incolpevole’ dell’acquirente circa la frode IVA. In altre parole, un imprenditore diligente avrebbe dovuto insospettirsi di fronte a fornitori privi di una minima organizzazione aziendale. La CTR, invece, si era limitata a una valutazione superficiale, escludendo la ‘connivenza fraudolenta’ e la ‘culpa in vigilando’ senza procedere a un accertamento approfondito dei fatti come richiesto.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, censurando la decisione della CTR per violazione di legge. I giudici di legittimità hanno evidenziato come la pronuncia impugnata abbia disatteso il compito che le era stato assegnato. Invece di confrontare la mancanza di struttura delle società fornitrici con le prove offerte dal contribuente sulla propria diligenza, la CTR si è fermata a un’analisi generica.

Il giudice del rinvio, quindi, non ha operato quell’accertamento in fatto che gli era stato specificamente demandato dalla Cassazione. Questo errore procedurale ha viziato la sentenza, rendendola illegittima. Di conseguenza, la Corte ha cassato la decisione e ha rinviato nuovamente la causa alla Commissione Tributaria Regionale, in diversa composizione, per un nuovo esame.

Conclusioni

La decisione in esame ribadisce un principio fondamentale in materia di frodi carosello e operazioni soggettivamente inesistenti: l’onere della prova della buona fede ricade sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare di aver agito con la massima diligenza, adottando tutte le cautele necessarie per verificare l’affidabilità dei propri fornitori. La semplice assenza di una struttura operativa visibile è un campanello d’allarme che non può essere ignorato. Per le imprese, ciò significa implementare procedure di controllo rigorose sui partner commerciali per non rischiare di vedersi contestata la detrazione dell’IVA. La pronuncia sottolinea inoltre il carattere vincolante dei principi di diritto enunciati dalla Cassazione, che i giudici di rinvio sono tenuti a seguire scrupolosamente.

Qual è la ragione principale per cui la Cassazione ha annullato la sentenza del giudice d’appello?
La sentenza è stata annullata perché il giudice d’appello (la Commissione Tributaria Regionale) non ha rispettato il principio di diritto stabilito dalla stessa Corte di Cassazione in un precedente giudizio di rinvio. In particolare, ha omesso di condurre l’accertamento di fatto richiesto sulla struttura operativa delle società fornitrici.

In un caso di operazioni soggettivamente inesistenti, qual è un elemento chiave per escludere la buona fede dell’acquirente?
Secondo il principio di diritto affermato dalla Corte, la carenza di una dotazione personale e strumentale adeguata da parte della società fornitrice è una circostanza sufficiente per escludere l’ignoranza incolpevole dell’acquirente riguardo alla frode IVA in atto.

Cosa accade ora che la sentenza è stata cassata?
La causa viene rinviata nuovamente alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, ma in una diversa composizione. Il nuovo collegio dovrà riesaminare il caso attenendosi scrupolosamente ai principi indicati dalla Corte di Cassazione e deciderà anche in merito alle spese del giudizio di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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