Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6243 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6243 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/03/2025
Oggetto: operazioni
sogg. inesistenti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8711/2024 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione dall’avv. NOME COGNOME COGNOME (PECEMAIL unitamente e disgiuntamente all’ avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL) e all’ avv. NOME COGNOME (EMAIL elettivamente domiciliati, ai fini del presente giudizio, presso il domicilio digitale dell’ avv. NOME COGNOME (PEC: EMAILpecEMAIL)
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE
– intimata
–
e contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
presso i cui Uffici è domiciliata in Roma, INDIRIZZO (PEC: EMAIL
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia di secondo grado del Lazio n. 5940/17/23 depositata in data 21/10/2023;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 13/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
-la società RAGIONE_SOCIALE ricorreva presso la Commissione Tributaria Provinciale di Roma nei confronti dell’Agenzia delle Entrate per l’annullamento dell’avviso di accertamento n. TK3066503894/2019 notificato in data 17 dicembre 2019, avente ad oggetto il recupero a tassazione dell’imposta iva per l’anno 2014 per l’importo imponibile di €. 368.359,00 con recupero iva per € 81.038,98 riferito ai rapporti commerciali intercorsi con la società RAGIONE_SOCIALE, ritenuti dall’Ufficio soggettivamente inesistenti;
il giudice di primo grado accoglieva il ricorso;
appellava l’Ufficio;
con la sentenza qui gravata la Corte di secondo grado ha accolto l’impugnazione dell’Agenzia delle Entrate;
ricorre a questa Corte la contribuente società con atto affidato a due motivi illustrati da memoria;
-l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;
il Consigliere delegato ha depositato proposta di definizione accelerata del ricorso ex art. 380 bis c.p.c. a fronte della quale la parte ricorrente ha chiesto la decisione collegiale;
Considerato che:
il primo motivo si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, dell’art. 17 della Direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CE, dell’art. 168 lett. a) della Direttiva 2006/112/CE, con riferimento all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c.; secondo parte ricorrente la sentenza gravata nel presente giudizio si presenta erronea atteso che, in base alla normativa richiamata ed in forza del principio di
neutralità fiscale, nell’ambito della vendita di un bene immobile tra soggetti passivi, come nella specie, l’acquirente ha sempre il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto (iva ) assolta a monte, anche quando il venditore fornitore non ha versato l’iva all’erario;
– il motivo è inammissibile;
esso lamenta come in forza del principio di neutralità fiscale, nell’ambito della vendita di un bene immobile tra soggetti passivi, come nella specie, l’acquirente abbia sempre il diritto di detrarre l’iva assolta a monte, anche quando il venditore fornitore non ha versato l’iva all’erario;
la censura è in realtà del tutto priva di collegamento con la ratio decidendi della sentenza impugnata che ha invece deciso -trattandosi nel presente caso di recupero della illegittima detrazione iva a fronte di operazioni soggettivamente inesistenti -a favore dell’Ufficio in quanto tra i numerosi elementi indiziari è emerso chiaramente che ‘ la RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato merci dalla RAGIONE_SOCIALE, società priva di struttura, di mezzi di trasporto di proprietà o in leasing, non aveva alcun dipendente, tantomeno aveva a disposizione immobili e le attrezzature adatte alla conservazione della merce (depositi petroliferi), necessarie per effettuare le cessioni di beni. Inoltre, la società RAGIONE_SOCIALE, pur essendo stata invitata, non ha documentato le spedizioni della Petrolina né, tanto meno era stata in grado di documentare l’origine e la sussistenza del rapporto con il fornitore’; – quindi, ancora secondo la sentenza gravata, ‘Dunque, provata la frode da parte dell’Agenzia, spettava, alla RAGIONE_SOCIALE Immobiliare di provare di esservi incorsa del tutto incolpevolmente ovvero di esservi incorsa nonostante la propria attenzione riguardo ai propri fornitori’;
ebbene, tali affermazioni, secondo le quali l’Ufficio per mezzo di elementi indiziari non smentiti dal contribuente ha provato la frode contestata, non sono aggrediti dalla censura, che nell’enunciare in modo astratti i principi in tema di neutralità dell’iva non si confronta, criticamente, con tali affermazioni, che restano quindi inattaccabili;
– infatti, la doglianza presentata risulta così inammissibile poiché si appunta su questioni del tutto estranee all’ ordito motivazionale fornito dalla sentenza impugnata senza muovere invece alcuna critica alla ratio decidendi posta a base della decisione impugnata (“In tema di ricorso per cassazione è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata” Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19989 del 10 agosto 2017, Rv. 645361);
– più precisamente secondo la giurisprudenza di questa Corte il motivo d’ impugnazione è rappresentato dal!’ enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, siccome per denunciare un errore occorre identificarlo (e, quindi, fornirne la rappresentazione), l’ esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’ esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata; queste ultime, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi considerare nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo il motivo che non rispetti questo requisito; in riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’ inammissibilità ai sensi dell’ art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. (Cass. Sez. 3, Cass. Sentenza 14 marzo 2017 n. 6496, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17330 del 31 ottobre 2015, Rv. 636872, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 359 del 11 gennaio 2005, Rv. 579564; in ultimo Cass. n. 8755 del 9 gennaio 2018);
– il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2727 E 2729 C.C. e dell’art. 7 comma 5-bis del d. Lgs. N. 546 del 1992, con riferimento all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere il Giudice di appello nella sentenza gravata errava nell’applicazione dell”art. 2697 c.c. e art. 7 comma 5-bis D. Lgs. N. 546/92, atteso che fondava la sua
decisione ponendo a carico di parte ricorrente e non dell’Agenzia delle entrate la prova in ordine all’ incolpevole ignoranza dell’acquirente, che avrebbe dovuto sapere che il venditore non avrebbe versato l’iva ;
il motivo è manifestamente infondato;
come ancora d recente questa Corte ha ribadito (tra le molte, si veda Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 20816 del 25 luglio 2024), il nuovo comma 5-bis dell’art. 7 del d. Lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’art. 6 della L. n. 130 del 2022, essendo una norma di natura sostanziale e non processuale, si applica ai giudizi introdotti successivamente al 16 settembre 2022, data di entrata in vigore della legge predetta;
e comunque, sul punto questo Giudice di Legittimità ritiene (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 31878 del 27 ottobre 2022) che in tema di onere probatorio gravante in giudizio sull’Amministrazione finanziaria in ordine alle violazioni contestate al contribuente, per le quali non vi siano presunzioni legali che comportino l’inversione dell’onere probatorio, l’art. 7, comma 5 bis, del d. Lgs. n. 546 del 1992, come introdotto dall’art. 6 della L. n. 130 del 2022, non stabilisce un onere probatorio diverso, o più gravoso, rispetto ai principi già vigenti in materia, ma è coerente con le ulteriori modifiche legislative in tema di prova, che assegnano all’istruttoria dibattimentale un ruolo centrale;
la Corte di secondo grado ha invece ben governato i principi in tema di ripartizione dell’onere della prova nel caso di contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti, ponendo correttamente a carico di parte ricorrente e non dell’Agenzia delle Entrate la prova in ordine all’aver agito con la massima diligenza possibile (tra molte, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 24471 del 09/08/2022);
essa infatti scrive che: ‘ La prova dell’inesistenza delle operazioni può ben consistere in presunzioni semplici, poiché la prova presuntiva non è collocata su un piano gerarchicamente subordinato rispetto alle altre fonti di prova e costituisce una prova completa, alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento’, pertanto, ai fini della prova a
favore dell’Ufficio ha correttamente preso in esame quanto dedotto, rilevando come ‘…Tra i numerosi elementi indiziari è emerso chiaramente che la RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato merci dalla RAGIONE_SOCIALE, società priva di struttura, di mezzi di trasporto di proprietà o in leasing, non aveva alcun dipendente, tantomeno aveva a disposizione immobili e le attrezzature adatte alla conservazione della merce (depositi petroliferi), necessarie per effettuare le cessioni di beni ‘;
ciò operato, essa ha ‘la società RAGIONE_SOCIALE, pur essendo stata invitata, non ha documentato le spedizioni della Petrolina né, tanto meno era stata in grado di documentare l’origine e la sussistenza del rapporto con il fornitore. Sul punto la società contribuente, attuale appellata, non aveva contestato o Dette circostanze non depongono assolutamente a favore della incolpevole ignoranza di partecipare al disegno criminoso tributario’;
dunque, del tutto correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto che ‘ provata la frode da parte dell’Agenzia, spettava, alla Cristal Immobiliare di provare di esservi incorsa del tutto incolpevolmente ovvero di esservi incorsa nonostante la propria attenzione riguardo ai propri fornitori ‘;
tali affermazioni non sono oggetto di censura da parte del ricorrente e comunque, in quanto rispettose della giurisprudenza di questa Corte, il motivo che tende a contestarle non può trovare accoglimento;
in conclusione, il ricorso va quindi rigettato;
le spese seguono la soccombenza;
poiché la presente decisione fa seguito ad istanza di decisione proposta al Collegio in seguito alla comunicazione di proposta di definizione accelerata del giudizio ex art. 380 bis c.p.c. va applicata la giurisprudenza di questa Corte (si vedano in termini le pronunce Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 28540 del 13 ottobre 2023; Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 27195 del 22 settembre 2023; ancora, conforme alle precedenti risulta la recente Cass. Sez.3, Ordinanza n. 31839 del 15 novembre 2023) secondo la quale i n tema di procedimento per la
decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380 – bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d. Lgs. n. 149 del 2022) – che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. – codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente;
debbono quindi liquidarsi ex art. 96 terzo comma c.p.c. l’importo di euro 2.900,00 a carico di parte soccombente ed ex art. 96 quarto comma c.p.c. e ancora l’ulteriore importo di euro 1.450,00 sempre a carico di parte soccombente da versarsi quest’ultimo alla cassa delle ammende;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 5.800,00 oltre a spese prenotate a debito; condanna parte ricorrente al pagamento dell’ulteriore somma di euro 2.900,00 ex art. 96 c. 3 c.p.c. in favore di parte controricorrente e infine dell’ancora ulteriore somma di euro 1.450,00 ex art. 96 c. 4 c.p.c. in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2025.