Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23692 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23692 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12521/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE -controricorrente-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA TOSCANA n. 1971/2015 depositata il 09/11/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/06/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Toscana ( hinc: CTR), con la sentenza n. 1971/2015 depositata in data 09/11/2015, ha accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE ( hinc: la società contribuente oppure la contribuente) contro la sentenza n. 359/6/2014, con cui la Commissione tributaria provinciale di Pisa, in data 06/02/2014, aveva, a sua volta, respinto il ricorso proposto contro gli avvisi di accertamento con i quali erano state eseguite riprese a titolo di IVA per gli anni 2005 e 2006, in esito al disconoscimento delle detrazioni relative a operazioni soggettivamente inesistenti con società cartiere.
La CTR ha ritenuto che, secondo la giurisprudenza unionale, il diritto alla detrazione è condizionato dallo stato soggettivo del cessionario che non solo deve essere inconsapevole della frode, ma deve aver adottato tutte le misure necessarie per evitare di restarvi coinvolto. Dalle prove addotte dalla contribuente risultava che le operazioni commerciali fossero state eseguite in modo corretto, come emergeva dalle stesse affermazioni contraddittorie riscontrabili nei rilievi eseguiti dalla Guardia di Finanza e, in particolare, dal fatto che l’IVA fosse stata sempre versata regolarmente a fronte di merce acquistata a un prezzo congruo e coerente con i valori di mercato, come risultava dalla perizia tecnica agli atti. Il pagamento delle forniture era stato eseguito mediante bonifici bancari alla controparte intervenuta nelle operazioni commerciali e corrispondente all’emittente della fattura. Le società con cui erano state realizzate le transazioni commerciali avevano merci in deposito presso magazzini (come rilevato dalla Guardia di Finanza) ed esisteva, quindi, una struttura organizzativa tale da non
suscitare sospetti in capo alla contribuente, che acquistava il pellame anche da altri fornitori.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con due motivi.
La società contribuente ha resistito con controricorso.
La ricorrente e la controricorrente hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. In via preliminare, occorre rilevare che non può essere accolta la richiesta di fissazione di una pubblica udienza di discussione contenuta nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ. di parte controricorrente. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno, infatti, precisato che l’art. 375 c.p.c., nel testo novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022, delinea un rapporto di regola-eccezione, secondo cui i ricorsi sono normalmente destinati ad essere definiti all’esito dell’adunanza camerale nelle forme previste dall’art. 380 bis.1 c.p.c., salvo nei casi di revocazione ex art. 391 quater c.p.c. e di particolare rilevanza della questione di diritto, ipotesi quest’ultima non ricorrente ove la questione sia già stata risolta dalla Corte ovvero qualora il principio di diritto da enunciare sia solo apparentemente nuovo, perché conseguenza della mera estensione di principi già affermati, seppur in relazione a fattispecie concrete diverse rispetto a quelle già vagliate (Cass., Sez. U, 19/02/2024, n. 4331).
Nel caso di specie la decisione viene assunta sulla base di principi ormai consolidati nella giurisprudenza di questa Corte. Inoltre, neppure con riferimento alla questione posta dalla controricorrente in merito al decreto di archiviazione emesso, in data 07/08/2020, nell’ambito del procedimento penale emergono profili di novità
connessi alla recente introduzione dell’art. 21 bis d.lgs. n. 74 del 2000 (v. infra , sub 5.4).
1.1. Con il primo motivo di ricorso è stata denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 21 e 54 d.P.R. n. 633 del 1972, dell’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
1.2. Con tale motivo la ricorrente rileva che la sentenza impugnata si connota per un esame parziale del materiale indiziario offerto, incentrato sulla valorizzazione di circostanze irrilevanti (versamento dell’IVA da parte della contribuente, acquisto della merce a prezzi congrui, versamento dei corrispettivi delle forniture mediante bonifici, deposito delle merci presso magazzini). L’Agenzia delle Entrate -come da riproduzione dell’avviso di accertamento relativo all’anno 2005, a pag. 12 ss. del ricorso in cassazione – aveva, tuttavia, evidenziato come la società contribuente avesse fatto acquisti per oltre cinque milioni di euro nel 2005 (pari al 58% del volume d’affari) e per oltre sei milioni di euro nel 2006 (pari al 68% del volume d’affari) da societ à che presentavano le seguenti caratteristiche:
gli amministratori erano soggetti privi di conoscenze e competenze professionali per operare nel settore e, in alcuni casi, con precedenti penali legati a delitti contro il patrimonio, la persona o gli stupefacenti;
-l’ omogeneità della compagine sociale, in cui ricorrevano le persone di NOME COGNOME e NOME COGNOME;
la sede identica e la medesima localizzazione del magazzino;
la creazione delle società per un periodo estremamente limitato (uno o due anni) e la rapida successione l’una dall’altra, non appena la precedente veniva posta in liquidazione. Nel primo anno le società raggiungevano un volume d’affari da cinque a undici milioni di euro
e l’anno successivo venivano poste in liquidazione e sostituite da altra società, con identica sede, compagine sociale e magazzino;
la mancanza di credito delle società fornitrici sopperita dal pagamento della società;
-l’ assenza di documentazione contabile idonea a evidenziare la provenienza della merce.
1.3. Richiamata la giurisprudenza unionale e di questa Corte, la ricorrente rileva che:
-l’ufficio aveva allegato un importante compendio di elementi presuntivi che dimostravano l’inesistenza soggettiva delle operazioni e l’assenza di buona fede della società intimata;
-l’anomalia delle società emittenti le fatture;
-l’anomalia dei rapporti commerciali (tempistica dei pagamenti e spese addebitate alla cessionaria);
-l’ immediatezza e l’ esclusività del rapporto con le cartiere. In tale contesto la regolarità contabile e l’esecuzione dei pagamenti con bonifico rappresentano, invece, circostanze irrilevanti.
1.4. La ricorrente evidenzia di aver dimostrato come le società fornitrici presentassero caratteristiche anomale (identità di compagine sociale e uso dello stesso magazzino; successione vorticosa di anno in anno, con un nome diverso e capacità di raggiungere elevate soglie di fatturato di milioni di euro non appena costituite; intervento del legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE per la commissione delle prestazioni alla ditta addetta alla pesatura delle pelli –RAGIONE_SOCIALE -che si era insospettita per i continui cambi di denominazione delle società cui fatturare le prestazioni), tali da far ritenere che la società contribuente non si fosse comportata diligentemente nella scelta delle fornitrici. Di conseguenza, la decisione impugnata incorre nella violazione delle norme poste a fondamento del motivo di ricorso, in quanto non
esamina congiuntamente tutti gli indizi idonei a dimostrare che le società fornitrici erano, in realtà, delle cartiere e che non erano state scelte diligentemente dalla società intimata.
Con il secondo motivo, in via subordinata, è stato denunciato l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
2.1. Ad avviso della ricorrente la CTR, accogliendo l’appello proposto dalla società ha completamente omesso l’esame di fatti storici decisivi addotti a fondamento della pretesa e, in particolare: la natura di cartiere delle società fornitrici (che avevano la stessa compagine sociale, lo stesso magazzino, una vita brevissima, un volume d’affari ingente nel primo anno seguito dall’immediata messa in liquidazione della società), l’ assenza di sostanza economica delle operazioni (l’esiguo margine di profitto er a destinato ad azzerarsi tenendo conto dei costi accessori sulle forniture, dal trasporto agli oneri finanziari), la regolarità e l’ abitualità dei rapporti (la società era inserita nei rapporti commerciali con le cartiere, con cui ha realizzato il 58% degli acquisti nel 2005 e il 68% degli acquisti nel 2006) e le modalità di pagamento e di trasporto.
Passando all’esame del ricorso il primo motivo deve ritenersi fondato con il conseguente assorbimento del secondo motivo (unitamente all’eccezione di inammissibilità sollevata dalla controricorrente in relazione al motivo assorbito).
3.1. Occorre dare atto, in via preliminare, dell’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità formulata dalla controricorrente in ordine al primo motivo di ricorso, di cui viene censurata la carenza di specificità. L’illustrazione del motivo di ricorso consente, infatti, di comprendere le censure relative alla violazione delle disposizioni
poste a suo fondamento, anche con riferimento ai criteri che governano la prova indiziaria.
4. Secondo questa Corte (Cass., 04/10/2018, n. 24321) nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti l’operazione è effettiva ed esistente ma la fattura è stata emessa da un soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione o la prestazione in essa rappresentata (e della quale il cessionario o il committente è stato realmente destinatario): ne deriva che l’IVA non è, in linea di principio, detraibile perché versata ad un soggetto non legittimato alla rivalsa, né assoggettato all’obbligo di pagamento dell’imposta. Non entrano, quindi, nel conteggio del dare ed avere ai fini IVA le fatture emesse da chi non è stato controparte nel rapporto relativo alle operazioni fatturate, in quanto tali fatture si riferiscono a operazioni, per quanto lo riguarda, inesistenti, senza che rilevi che le stesse fatture costituiscano la “copertura” di prestazioni acquisite da altri soggetti. Difatti, in base all’articolo 168, lett. a), della direttiva 2006/112, del resto, per poter beneficiare del diritto a detrazione, occorre, da un lato, che l’interessato sia un soggetto passivo ai sensi di tale direttiva e, dall’altro, che i beni o servizi invocati a base di tale diritto siano utilizzati a valle dal soggetto passivo ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta e che, a monte, detti beni o servizi siano forniti da un altro soggetto passivo. Sempre secondo Cass., n. 24321 del 2018 la prova che deve essere fornita dall’Amministrazione in caso di operazioni soggettivamente inesistenti si incentra su due circostanze di valenza costitutiva rispetto alla pretesa erariale e in particolare:
«a) l’alterità soggettiva dell’imputazione delle operazioni, ossia che il soggetto formale non è quello reale: tale elemento individua la prova dell’evasione fiscale, che si concretizza una volta accertata,
anche solo in via presuntiva, la natura di interposto o “cartiera” del soggetto emittente le fatture;
il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere che la cessione si inseriva in una evasione Iva: non è necessaria la prova della partecipazione all’evasione ma è sufficiente, e necessario, che il contribuente avrebbe dovuto esserne consapevole. »
Una volta raggiunta tale prova spetta, quindi, al contribuente provare l’assenza di colpevolezza nel ritenere che le merci acquistate fossero effettivamente rifornite dalla società cedente.
Nella specie, al fine di escludere la conoscenza o conoscibilità del carattere fraudolento delle operazioni realizzate dalle società fornitrici da parte della società contribuente, la CTR ha dato rilievo alla congruità del prezzo delle forniture, al pagamento di queste ultime tramite bonifici bancari al soggetto corrispondente all’emittente della fattura e al regolare versamento dell’IVA da parte della società contribuente.
5.1. Il rilievo ascritto agli elementi appena menzionati non è conforme alla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale in caso di operazioni soggettivamente inesistenti l’amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo che il fornitore era fittizio, ma anche che il destinatario era consapevole, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente. Incombe, invece, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo,
a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass., 09/08/2022, n. 24471; Cass., 30/10/2018, n. 27566).
5.2. La CTR ha dato, quindi, rilievo a elementi privi dei requisiti della gravità -intesa come grado di probabilità che il fatto noto possa condurre alla prova del fatto ignoto -ai sensi dell’art. 2729 cod. civ., dal momento che il meccanismo fraudolento attuato con le operazioni soggettivamente inesistenti si nutre della creazione di un’apparenza di regolarità che vede pagamenti regolari (anche con mezzi tracciabili) della merce fornita a prezzi di mercato (dato che il guadagno illecito viene realizzato per il fatto che la società cartiera non versa l’IVA applicata in rivalsa al cessionario) . La CTR ha poi dato rilievo allo stoccaggio della merce presso un magazzino, peraltro usato da una pluralità di società fornitrici che aprivano e chiudevano nel giro di poco tempo.
Deve, quindi, darsi continuità all’orientamento secondo cui è ammissibile la denuncia, in sede di legittimità, della violazione o falsa applicazione dell’ art. 2729 cod. civ., qualora la presunzione sia fondata su un fatto storico privo di gravità ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota (Cass., 27/08/2024, n. 23154).
5.3. Occorre, poi, rilevare che il grado di probabilità che, partendo dalla conoscenza del fatto noto giunge a provare l’esistenza del fatto ignoto, passa non solo dalla necessaria intermediazione della massima di comune esperienza (che nel caso di specie dovrebbe portare a escludere la conoscenza o conoscibilità del meccanismo fraudolento dell’IVA messo in atto dal cedente), ma anche dalla valutazione complessiva di tutti gli elementi indiziari a disposizione del giudice, che deve verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso
un’analisi atomistica degli stessi (Cass., 21/03/2022, n. 9054). Anche sotto tale profilo il ragionamento del giudice di seconde cure è carente, in quanto, a fronte di indizi particolarmente pregnanti presentati dall’amministrazione finanziaria (come l’omogeneità della compagine sociale delle società cartiere e la successione temporale in cui si seguivano, con l’uso dello stesso magazzino tali da insospettire un operatore commerciale mediamente diligente, l’elevato ammontare delle operazioni con le società cartiere), ha dato rilievo a elementi -come il pagamento tramite bonifici e per un prezzo corrispondente a quello di mercato -che neppure se sommati e valutati contestualmente potevano portare a riscontrare positivamente l’atteggiamento di buona fede o comunque non negligente della società contribuente. Come già rilevato ( supra, sub 5.2.), si tratta di elementi che -proprio perché frequentemente riscontrabili in caso di frodi fiscali, in quanto funzionali a creare una situazione di apparente regolarità -sono privi del requisito della gravità (da riferire al grado di probabilità con cui l’esistenza del fatto ignoto si accompagna e può essere, quindi, desunto dalla prova del fatto noto).
5.4. Occorre, infine, dare atto che il decreto di archiviazione, successivo alla pronuncia della sentenza impugnata non può assumere rilievo nella presente sede, considerato che non rientra tra gli atti tipizzati dall’art. 21 bis d.lgs. n. 74 del 2000 , dove viene fatto espresso riferimento alla sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento.
6. Alla luce di quanto sin qui evidenziato deve essere accolto il primo motivo nei termini di cui in motivazione, con il conseguente assorbimento del secondo motivo. Spetterà, quindi, al giudice del rinvio operare una nuova valutazione del materiale probatorio in atti,
tenendo conto dei criteri che , ai sensi dell’art. 2729 cod. civ., regolano la prova per presunzioni dell’elemento soggettivo del contribuente nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti
La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
…
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione e dichiara assorbito il secondo motivo;
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che, in diversa composizione deciderà anche sulle spese del presente giudizio. Così deciso in Roma, il 27/06/2025.