Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19374 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19374 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11634/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-ricorrente/controricorrente incidentale- contro
RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, RAGIONE_SOCIALE, NOME , elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), NOME, (CODICE_FISCALE);
-controricorrenti/ricorrenti incidentali- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. NAPOLI n. 10321/2018 depositata il 29/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe della Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Campania che aveva accolto l’appello proposto dalla contribuente RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, ora in liquidazione, e dai soci COGNOME NOME e COGNOME NOME contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Napoli che aveva dichiarato inammissibile il loro ricorso avverso l’avviso di accertamento con recupero di IVA per il 2011, indebitamente detratta su operazioni soggettivamente inesistenti.
La CTR ha ritenuto il ricorso ammissibile e fondato nel merito.
2.1. I giudici d’appello, precisato che nel 2011 la società aveva effettuato acquisti dalla RAGIONE_SOCIALE, dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE, hanno rilevato che l’« elemento principe » dell’accertamento, che non presentava vizi di motivazione, era costituito dalle dichiarazioni di NOME COGNOME; secondo l’atto impugnato, il COGNOME aveva « pacificamente ammesso di avere avuto modo di conoscere i soggetti prestanome e la carica ‘figurativa’ ricoperta con ciò mostrandosi quantomeno ‘consapevole’ della presenza societaria fittizia di tali personaggi e dell’altruità della fatturazione ricevuta ». Senonché, ha osservato la CTR, nelle sue dichiarazioni il COGNOME aveva soltanto ammesso di conoscere i soggetti con i quali aveva trattato, COGNOME NOME e COGNOME NOME, e a tale dichiarazione non poteva riconoscersi il contenuto attribuito dall’RAGIONE_SOCIALE; oltre a ciò, non vi erano elementi idonei a comprovare, anche in via presuntiva, l’interposizione fittizia RAGIONE_SOCIALE società cedenti ovvero la frode fiscale a monte dell’operazione, nonché la conoscenza o conoscibilità da parte del cessionario della frode commessa.
Il ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE si fonda su un motivo.
Resistono con controricorso la società e i soci che propongono ricorso incidentale condizionato fondato su un motivo. Avverso il ricorso incidentale resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE che deposita
memoria. Depositano memoria anche la società e i soci con la costituzione di ulteriori difensori.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo l’RAGIONE_SOCIALE deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 21 comma 7 e 54 d.P.R. n. 633/1972 nonché degli artt. 2697, 2727, 2728 e 2729 c.c., avendo la CTR violato le regole sulla ripartizione dell’onere della prova in materia e non avendo considerato tutti gli elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti desumibili dagli accertamenti svolti e dalle dichiarazioni del COGNOME il quale, in sostanza, aveva ammesso di aver trattato per ciascuna RAGIONE_SOCIALE tre società – tutte prive di personale dipendente nel 2010 e/o nel 2011, secondo risultanze camerali – con soggetti diversi da coloro che risultavano essere soci e amministratori: per la RAGIONE_SOCIALE, aveva avuto rapporti con COGNOME NOME mentre socio e amministratore era COGNOME NOME; per la RAGIONE_SOCIALE, aveva trattato con COGNOME NOME ma socio e amministratore era COGNOME NOME; per la RAGIONE_SOCIALE, di cui era socio e amministratore COGNOME NOME, aveva trattato con COGNOME NOME.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato i contribuenti deducono, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 633/1972, dell’art. 3 l. n. 241/1990 e dell’art. 7 l. n. 212/2000 per « carenza e difetto di motivazione dell’atto impositivo ».
Il motivo a base del ricorso principale è inammissibile poiché dietro il paradigma della violazione di legge si tenta di rimettere in discussione l’accertamento in fatto svolto dal giudice del merito, accertamento che è incensurabile nel giudizio di legittimità se adeguatamente motivato (Cass. sez. un. n. 34476 del 2019).
3.1. In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge
implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura é possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione ( ex multis Cass., n. 26110 del 2015); ancora si rileva che-« Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione » (Cass. n. 9097 del 2017).
3.2. Laddove si contesti al soggetto passivo IVA il compimento di operazioni soggettivamente inesistenti e si neghi il diritto alla detrazione dell’IVA assolta in rivalsa, come ben chiarito da questa Corte (Cass., n. 9851 del 2018), l’Amministrazione finanziaria deve provare, anche in via indiziaria, non solo che il fornitore era fittizio, ma anche che il destinatario era consapevole, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente; incombe, invece, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale
situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita RAGIONE_SOCIALE merci o dei servizi (v. anche Cass. n. 2471 del 2022; Cass. n. 11873 del 2018; Cass. n. 27555 del 2018; Cass. n. 27566 del 2018; Cass. n. 5873 del 2019; Cass. n. 15369 del 2020).
3.3. La CTR ha evidenziato che le dichiarazioni del COGNOME non contenevano l’ammissione della consapevolezza del ruolo ‘figurativo’ o di ‘prestanome’ dei soggetti con i quali aveva trattato e che, comunque, non vi erano elementi sufficienti che comprovassero la natura di ‘cartiere’ RAGIONE_SOCIALE cedenti e l’esistenza della frode. Quindi, il fatto che il COGNOME avesse trattato con soggetti diversi dai rappresentanti legali è stato considerato elemento ancora equivoco ed, effettivamente, in mancanza di altre significative anomalie, poteva ragionevolmente presumersi che gli interlocutori fossero soggetti preposti alle vendite per le società.
3.4. La CTR ha esercitato, in sostanza, i suoi poteri di libero apprezzamento del fatto, escludendo la ricorrenza della prova degli elementi che l’Amministrazione è tenuta a dimostrare ; invece, le censure della ricorrente, che lamenta la violazione RAGIONE_SOCIALE regole sul riparto dell’onere della prova e sul ragionamento presuntivo, non colgono nel segno. Si insiste sulle discrepanze tra i dati risultanti dalle visure camerali e le concrete modalità di svolgimento del rapporto, che ponevano in capo al cessionario l’onere di verificare l’effettiva situazione -ciò che avrebbe consentito di avere consapevolezza della frode e della natura di cartiere RAGIONE_SOCIALE società cedenti – ma queste doglianze non sono in linea con i paradigmi censori richiamati né colgono la ratio decidendi della decisione impugnata.
3.4.1. Va osservato che « La violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. » (Cass., n. 17313 del 2020). Né serve lamentare la violazione RAGIONE_SOCIALE norme sul ragionamento presuntivo laddove la critica sfugga al concetto di falsa applicazione, risolvendosi in un’attività diretta ad evidenziare soltanto che le circostanze fattuali, in relazione alle quali il ragionamento presuntivo è stato enunciato, avrebbero dovuto essere ricostruite in altro modo, ovvero nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica semplicemente diversa da quella che si dice applicata dal giudice di merito, senza spiegare e dimostrare perché quella da costui applicata abbia esorbitato dai paradigmi dell’art. 2729, comma 1 c.c.; in questo caso la critica si risolve proprio in un diverso apprezzamento della q uaestio facti , e, in definitiva, nella prospettazione di una diversa ricostruzione della stessa quaestio ponendosi su un terreno che non è quello del n. 3 dell’art. 360 c.p.c. (Cass. sez. un. n. 1785 del 2018).
3.4.2. D’altro canto, la ricorrente insiste sull’onere di diligenza in capo alla contribuente ma non si confronta con l’assorbente accertamento della CTR relativo al « difetto di ulteriori elementi idonei a comprovare, anche in via presuntiva, l’interposizione fittizia RAGIONE_SOCIALE società cedenti ovvero la frode fiscale a monte dell’operazione », limitandosi ad affermare apoditticamente che le società cedenti « erano comunque società non realmente operative ».
In conclusione, il ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE deve essere rigettato. Il ricorso incidentale dei contribuenti, invece, resta assorbito (Cass. n. 3223 del 2017). Le spese vanno regolate secondo soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale; condanna il ricorrente al pagamento a favore dei controricorrenti RAGIONE_SOCIALE spese che liquida in euro 18.000,00 oltre 15% spese gen., euro 200 per esborsi e altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 27/03/2024.