Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21613 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21613 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3114/2024 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in MILANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende (EMAIL
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del PIEMONTE n. 822/2022 depositata il 03/08/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/06/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale del Piemonte ( hinc: CTR), con la sentenza n. 822/2022 depositata in data 03/08/2022, ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 50/2021, con cui la Commissione tributaria provinciale di Verbania aveva accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE contro due avvisi di accertamento, aventi per oggetto le riprese a titolo di IVA negli anni 2017 e 2018 per operazioni soggettivamente inesistenti.
La CTR ha rilevato che, qualora l’ufficio contesti la soggettiva esistenza dell’emittente delle fatture, deve darne dimostrazione e tale onere, nel caso di specie, non è stato assolto. Non si può, infatti, richiedere al contribuente di svolgere indagini particolareggiate relative al fornitore, cosa che può fare solo una istituzione a ciò preposta avendone gli strumenti.
La società RAGIONE_SOCIALE non presentava agli occhi del contribuente le caratteristiche di ‘cartiera’ , dato che operava sul mercato da tanto tempo, aveva una vera sede operativa dotata di tutto quanto occorrente per fornire stand fieristici ed era tuttora pienamente operativa sul mercato. Il fatto che il contribuente si riferisse, per la parte operativa, ai dipendenti fratelli COGNOME è più che comprensibile, trattandosi di coloro che avrebbero dovuto gestire concretamente la fornitura. Non occorreva, quindi, discutere necessariamente con il socio ed amministratore. Anche i pagamenti sono stati tutti rivolti alla società stessa che emetteva le fatture. Non potevano, quindi,
sorgere dubbi in capo al contribuente circa la presenza di una situazione ‘anomala’ , tale da far pensare che il soggetto fosse inesistente.
2.1. La CGT2 ha poi rilevato che: « Per quanto riguarda la consapevolezza: non è possibile esigere che il cessionario/committente verifichi che l’emittente delle fatture abbia soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e pagamento dell’Iva (Cassazione n.24490 del 02/12/2015 e Cassazione n.17290 del 13/07/2017). L’onere dell’Amministrazione sulla consapevo lezza del cessionario va dunque ancorato al fatto che questi, in base ad elementi obiettivi e specifici, che spetta all’Amministrazione individuare e contestare, conosceva che l’operazione si inseriva in una evasione Iva. La Cassazione ha dunque affermato i seguenti principi di diritto: in tema di Iva l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga a operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, la prova della consapevolezza richiede che l’Amministrazione dimostri, in base a elementi oggettivi e specifici, non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva che l’operazione si inseriva in una evasione all’Iva.»
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con due motivi.
La società contribuente ha resistito con controricorso.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la sentenza impugnata è stata censurata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c. per violazione
e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., artt.112 e 132 comma 2, n. 4 c.p.c., art. 36, comma 2, nn. 2 e 4 D.Lgs. 546/92 – Nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente ed omissione di pronuncia sui motivi di appello .
1.1. La ricorrente richiamate le pag. da 3 a 14 dell’atto di appello (pag. 7 ss. del ricorso in cassazione) -ha evidenziato che la CTR ha, in realtà, omesso di illustrare le ragioni di rigetto dell’appello, rendendo, sul punto, una motivazione meramente apparente, che ha sostanzialmente richiamato, in modo acritico, le conclusioni del giudice di primo grado.
1.2. Il motivo è infondato, dal momento che l’iter logico seguito dalla CTR nell’illustrazione delle ragioni della decisione è pienamente ricostruibile (per quanto non condiviso dalla ricorrente), essendo stata ritenuta assente la prova del carattere soggettivamente inesistente delle operazioni e della consapevolezza della contribuente, dando atto dei motivi (operatività della società sul mercato da morto tempo, irrilevanza dell’assenza di rapporti intrattenuti con gli amministratori di diritto ecc. …).
Con il secondo motivo di ricorso la sentenza impugnata è stata censurata a i sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. per violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 54, comma 2, d.P.R. n. 633 del 1972, degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ. e degli articoli 39 e 40 d.P.R. n. 600 del 1973.
2.1. La ricorrente, nell’illustrare il motivo di ricorso, afferma che (pag. 18 del ricorso): « La sentenza 822/2/2022 della CTR Piemonte si appalesa affetta da error in iudicando per violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 54 d.P.R. 633/72, 39 e 40 del d.P.R. 602/73 e degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. laddove la CTR, inverte il riparto del l’onere probatorio laddove ritiene che sia onere dell’Ufficio di
dimostrare la fittizietà del fornitore e la prova della consapevolezza in capo al contribuente di partecipare ad una frode fiscale. »
La ricorrente rileva, inoltre, come per la CTR non vi sarebbero elementi nemmeno a livello indiziario tali da poter sostenere la dimostrazione di una consapevolezza in capo al contribuente di partecipare ad una frode fiscale.
Secondo la ricorrente, questa Corte, in tema di operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti, ritiene che all’amministrazione finanziaria -contrariamente a quanto affermato dalla CTR non è richiesta la prova del coinvolgimento negli illeciti altrui, ma soltanto l’indicazione ( in via peraltro indiziaria) degli elementi che rendono sospetta l’operazione in questione, che di norma sono riferiti al venditore (Cass., 13/02/2018, n. 3473 e 3474 e Cass., 30/07/2019, n. 20497) .
La CTR avrebbe, quindi, fatto malgoverno sia degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. sia degli articoli artt. 19, 21 e 54 d.P.R. n. 633 del 1972, atteso che la corretta lettura di tali norme implica che non spetta all’Amministrazione che ha dimostrato l’esistenza di un meccanismo frodatorio (società cartiere o inesistenti) dar prova di un accordo in frode alla legge tra le varie società coinvolte, ma ricade sulla società verificata dimostrare di aver concluso transazioni effettive. Nella contestazione di operazi oni soggettivamente inesistenti l’articolazione degli oneri probatori in capo all’Ente accertatore ed in capo al contribuente è stata ampiamente delineata da copiosa giurisprudenza di legittimità.
2.2. Il motivo di ricorso è inammissibile, nella misura in cui la censura relativa alla violazione di legge sottende, in realtà, la richiesta di rivalutazione dei fatti che non rientra nel sindacato di legittimità di questa Corte, come precisato dalle Sezioni Unite, secondo le quali è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto
l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., Sez. U, 27/12/2019, n. 34476).
2.3. Il motivo è, comunque, infondato, in quanto l’incedere argomentativo della sentenza impugnata non palesa contrasti, in diritto, con quanto affermato da questa Corte in materia di ripartizione dell’onere della prova in caso di operazioni soggettivamente inesistenti. Difatti, è stato precisato che, in tema di detrazione dell’IVA, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti l’amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo che il fornitore era fittizio, ma anche che il destinatario era consapevole, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente; incombe, invece, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass., 09/08/2022, n. 24471).
La sentenza impugnata afferma che: « Innanzitutto va osservato che l’ufficio non contesta l’oggettiva esistenza delle operazioni e l’inerenza della prestazioni fatturate. In tema di Iva nel caso in cui l’ufficio contesti la soggettiva esistenza dell’emittente delle fatture deve darne dimostrazione, come ampiamente dettato dalle
sentenza della Cassazione. Tale onere non è stato assolto dall’ufficio, e nemmeno si può richiedere al contribuente di svolgere indagini particolareggiate relative al fornitore, cosa che può fare solo una istituzione a ciò preposta avendone gli strumenti. La soc. RAGIONE_SOCIALE non presentava agli occhi del contribuente le caratteristiche di ‘cartiera’ operando sul mercato da tanto tempo, avendo una vera sede operativa fornita di tutto quanto occorrente per fornire stand fieristici, ed essendo ancora oggi pienamente operativa sul mercato. Il fatto che il contribuente si riferisse per la parte operativa ai dipendenti fratelli COGNOME è più che comprensibile in considerazione del fatto che gli stessi avrebbero dovuto gestire concretamente la fornitura. Non necessariamente occorreva discutere con il socio ed amministratore. Anche i pagamenti sono stati tutti rivolti alla società stessa che emetteva le fatture. Tutto ciò non poteva far nascere il dubbio nel contribuente che vi era una situazione ‘anomala’ tale da far pensare che il soggetto fosse inesistente. »
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è infondato e deve essere rigettato, con la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della parte controricorrente.
…
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 11/06/2025.