Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23723 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23723 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/09/2024
Oggetto: operazioni soggettivamente inesistenti -avviso di accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26262/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, (PEC: EMAIL), elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n.3223/48/2017 depositata in data 7/4/2017, non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 24 aprile 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, veniva accolto l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n. 7751/32/16, che aveva accolto il ricorso introduttivo della contribuente volto ad ottenere l’annullamento dell ‘avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO relativo ad II.DD. e IVA per l’anno di imposta 2009.
A differenza di quanto si legge nella sentenza impugnata, sia il ricorso che il controricorso concordemente affermano che con tale atto impositivo l’RAGIONE_SOCIALE rideterminava gli imponibili originariamente dichiarati dalla contribuente quantificando induttivamente il reddito imponibile ai fini IRES e disconoscendo la detraibilità dell’IVA su acquisti effettuati, richiedendo alla società il pagamento di complessivi euro 324.974,73, di cui euro 243.751,00 a titolo di imposte e il resto per sanzioni e interessi.
Alla base RAGIONE_SOCIALE riprese vi era la contestazione di partecipazione ad operazioni soggettivamente inesistenti, risultanti da un previo accertamento condotto presso la società RAGIONE_SOCIALE che, nell’anno di imposta suddetto, aveva effettuato operazioni non imponibili nei confronti della RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, una cartiera emittente le fatture poi contabilizzate e utilizzate dalla contribuente RAGIONE_SOCIALE cui veniva consegnata la merce prove-
niente dalla RAGIONE_SOCIALE. In conseguenza, la contabilità della contribuente veniva considerata nel suo complesso non attendibile e ciò conduceva anche alla rideterminazione induttiva, ai sensi dell’art. 39, comma 2, del d.P.R. n.600/73, del reddito conseguito da RAGIONE_SOCIALE, attraverso l’ applicazione ai ricavi dichiarati di una percentuale di redditività del 20%, così come riscontrato in aziende similari che tenevano regolare contabilità.
Il giudice di prime cure annullava l ‘avviso di accertamento per difetto di sua legittima sottoscrizione, in quanto riteneva violato l’art.42 del d.P.R. n.600 del 1973. Il giudice d’appello riteneva al contrario superabili le questioni preliminari del difetto di valida firma, vizio di motivazione dell’atto e violazione del contraddittorio. Nel merito, accertava che la contribuente non aveva dato prova dell’estraneità alla frode carosello, con conseguente conferma RAGIONE_SOCIALE riprese.
Avverso la sentenza d’appello propone ricorso per cassazione la contribuente, affidato a sei motivi che illustra con memoria, cui l’RAGIONE_SOCIALE replica con controricorso.
Considerato che:
1. Il primo motivo di ricorso prospetta, in relazione all’ art.360 comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 42 del d.P.R. 600/73 nella parte in cui la CTR ritiene che l’avviso di accertamento oggetto del presente giudizio sia stato correttamente sottoscritto dalla funzionaria incaricata in quanto, pur indicando a pag. 3, al 2° capoverso, che «nel caso in esame spettava dunque all’RAGIONE_SOCIALE provare che il soggetto che aveva firmato l’avviso era titolare di potere sostitutivo o risultava validamente delegato», disponeva al 3° capoverso che «Invero veniva prodotta dall’RAGIONE_SOCIALE la delega n.26 dell’11 marzo 2014 indicata in calce alla sottoscrizione dell’avviso dal capo dell’ufficio controlli, COGNOME NOME, con la dicitura disp. di servizio n. 26/2014; da tale atto risultava che il capo dell’ufficio controlli poteva sottoscrivere avvisi di accertamento per un valore da centomila a duecentocinquantamila euro (…) il valore della lite (…) risulta infatti pari ad euro
243.751,00 per cui la firmataria dell’atto aveva il potere di sottoscriverlo. L’accertamento è pertanto correttamente stato sottoscritto e non può ritenersi nullo».
Il motivo è inammissibile quanto alla concorrente e commista censura di violazione di legge e di vizio motivazionale e, comunque, è anche manifestamente infondato.
2.1. La delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita dal dirigente ex all’art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, è una delega di firma e non di funzioni. Ne deriva che il relativo provvedimento non richiede l’indicazione né del nominativo del soggetto delegato, né della durata della delega, che pertanto può avvenire mediante ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, ex post , la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto (tra le molte, si veda Cass. Sez. 5, n.8814 del 29/03/2019).
2.2. Orbene, la ricorrente non si confronta con la attuale pertinente giurisprudenza della Corte, ormai consolidata e puntualmente richiamata nella sentenza impugnata. Da tempo la Sezione ha statuito che ciò che ai fini della delega di firma rileva ai sensi dell’art. 42, commi 1 e 3 del d.P.R. n. 600 del 1973 è che gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva e, cioè, da un funzionario di area terza di cui al contratto del RAGIONE_SOCIALE, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, né l’indicazione del nome del delegato.
2.3. Irrilevante è l’assenza di specifica indicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni di servizio che hanno indotto il direttore a delegare, come pure la durata della delega, sulla base del richiamato e consolidato principio di diritto cui va data ulteriore continuità. Nel caso di specie, inoltre, non è controversa la qualifica e il ruolo del sottoscrittore, funzionario direttivo, ed è stata prodotta nel processo la disposizione di servizio n. 26/2014 con il quale il Direttore conferisce la delega di firma in
favore del funzionario sottoscrittore dell’atto. È sufficiente che costui sia un funzionario appartenente alla terza area funzionale, corrispondente all’ex carriera direttiva. A maggior ragione, la previsione è rispettata dal momento che sottoscrittrice è il capo dell’ufficio controlli.
3. Con il secondo motivo la società deduce, in relazione all’ art.360 comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della L.241/1990, degli artt. 5, 6, 7, 10 e 12 della L.212/2000, degli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione e degli artt. 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea per aver l’RAGIONE_SOCIALE emesso l’avviso di accertamento impugnato in mancanza di invito ad un preventivo contraddittorio nella parte in cui la CTR al 10° capoverso di pag. 3, ritiene che «quanto all’assenza del contraddittorio va detto che esso non è espressamente previsto». 4. Il motivo non può trovare ingresso, con correzione della motivazione espressa dal giudice d’appello, per le ragioni che seguono. 4.1. Le Sez. Unite, con la sentenza 29 luglio 2013 n. 18184, hanno statuito con riferimento ai diritti e alle garanzie del contribuente sottoposto a verifiche RAGIONE_SOCIALE, che l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus. Infatti, detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne
hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio.
4.2. Ulteriore chiave interpretativa è stata poi fornita per i controlli cd. a tavolino dalla sentenza 9 dicembre 2015 n. 24823, secondo la quale, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche RAGIONE_SOCIALE, non sussiste per l’RAGIONE_SOCIALE finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg e Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. “a tavolino” . La medesima decisione ha inoltre sancito la necessità di operare, per i tributi armonizzati, una “prova di resistenza” ai fini della valutazione del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, in determinati casi. Infatti, in tal caso l’RAGIONE_SOCIALE finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito.
4.3. Sulla base di tali caposaldi, la Corte ha poi affermato che in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche RAGIONE_SOCIALE, l’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 (cd. Statuto del contribuente), nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, opera una valutazione “ex ante” in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionando con la nullità l’atto impositivo emesso “ante tempus”, anche nell’ipotesi di tributi “armonizzati”, senza che, pertanto, ai fini della relativa declaratoria debba essere effettuata la
prova di “resistenza”, invece necessaria per i soli tributi “armonizzati”, ove la normativa interna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa (ad es., nel caso di accertamenti cd. a tavolino), ipotesi nelle quali il giudice tributario è tenuto ad effettuare una concreta valutazione ex post sul rispetto del contraddittorio (Cass. Sez. 5, n. 701 del 15/01/2019; conforme, Cass. Sez. 5, n. 22644 del 11/09/2019).
4.4. Sulla base del quadro che precede, poiché nel caso di specie è pacifico non sia intervenuta una verifica nei confronti del contribuente, non trova applicazione l’art.12 comma 7 cit.. Tuttavia, la motivazione espressa dalla CTR va corretta nel senso che per la ripresa IVA si pone in astratto un problema di rispetto del principio del contraddittorio discendente dal quadro normativo europeo applicabile, profilo critico che tuttavia non si risolve in una declaratoria di invalidità dell’avviso, conclusione cui giunge anche la sentenza impugnata, in quanto la prova di resistenza non è nemmeno adombrata dalla ricorrente, la quale non allega né dimostra in che modo l’esercizio della previa interlocuzione avrebbe inciso sull’adozione dell’atto impositivo.
Con il terzo motivo si lamenta, in rapporto all’ art.360 comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 39 e 42 del d.P.R. 600/73, 7 della L.212/2000 e 24 della Costituzione nella parte in cui la CTR ritiene al 2° rigo del 10° capoverso di pag. 3, che «quanto al difetto di motivazione dell’avviso va detto che, per giurisprudenza oramai consolidata, ben sono possibili le motivazioni per relationem allorquando comunque l’atto, esplicando i presupposti di fatto e di diritto legittimanti l’operato dell’RAGIONE_SOCIALE, consenta il diritto di difesa del contribuente».
Con il quarto motivo di ricorso si prospetta, ex art.360 comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. e in relazione al medesimo capo di decisione di appello, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., degli artt. 39 e 42 del d.P.R. 600/73, 7 della L.212/2000 e 24 della
Costituzione non avendo la CTR fatto alcun riferimento all’eccepita omessa verifica della contabilizzazione da parte della ricorrente RAGIONE_SOCIALE fatture contestate
Con il quinto motivo di ricorso si lamenta, ex art.360 comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. e in relazione al medesimo capo di decisione di appello, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., degli artt. 39 e 42 del d.P.R. 600/73, 7 della L.212/2000 e 24 della Costituzione non avendo il giudice fatto alcun riferimento all’eccepita assoluta mancanza di motivazione con riferimento alla percentuale di ricarico utilizzata nell’avviso di accertamento per determinare il reddito imponibile IRES e IRAP.
I tre suddetti motivi, connessi avendo ad oggetto lo stesso capo di sentenza, devono essere trattati congiuntamente e sono affetti da concorrenti profili di inammissibilità e di infondatezza.
8.1. In primo luogo, quanto alla tecnica di formulazione di censura, il quarto e il quinto motivo contengono un’inammissibile commistione di profili di censura di violazione di legge e di vizi motivazionali.
8.2. Inoltre, i motivi quarto e quinto contengono essenzialmente una denuncia di omessa pronuncia, rispettivamente con riferimento alla questione dell’omessa verifica della contabilizzazione da parte della contribuente RAGIONE_SOCIALE fatture contestate (quarto motivo) e della percentuale di ricarico (quinto motivo), che doveva essere censurata ai sensi dell’art.360 primo comma n.4 cod. proc., adempimento non assolto.
8.3. Per il resto, la decisione di appello è in linea con la giurisprudenza della Sezione quanto alla sufficienza motivazionale di un atto impositivo che rinvii per relationem ad altro atto esterno, avendo la Corte molte volte affermato che in tema di atto amministrativo finale di imposizione tributaria la motivazione per relationem , con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima
per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti (Cass. Sez. 5, n. 21119 del 2011; Sez. 5, n. 30560 del 2017; Sez. 5, n. 32957 del 2018; Cass. Sez. 5, n. 24038 del 2018; Cass. Sez. 5, n.435 del 2020). Significa semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio.
9. Con il sesto motivo di ricorso si lamenta, ex art.360 comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. e in relazione al medesimo capo di decisione di appello, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., degli artt. 39 e 42 del d.P.R. 600/73, 7 della L.212/2000 e 24 della Costituzione nella parte in cui la sentenza n.3223/48/2017, ritiene all’11° e 12° capoverso di pag. 3: «Infine va rilevato che, a fronte di contestazioni concernenti l’indebita detrazione dell ‘IVA o la deduzione di costi sostenuti per operazioni inesistenti, spetta al contribuente l’onere di provare di non aver avuto consapevolezza della falsità ideologica RAGIONE_SOCIALE fatture rilasciate a fronte dell’operazione. Spetta cioè al contribuente fornire la prova della estraneità ed inconsapevolezza della illiceità del comportamento altrui, al di là RAGIONE_SOCIALE apparenze costituite dalla ricezione di beni o dal versamento del corrispettivo.».
Il motivo è fondato.
10.1. Va rammentato che in tema di IVA, l’RAGIONE_SOCIALE finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente. Ove l’RAGIONE_SOCIALE
assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita RAGIONE_SOCIALE merci o dei servizi (Cass. Sez. 5, n. 9851 del 20/04/2018; conforme Sez. 5, n. 27555 del 30/10/2018). Eguali considerazioni valgono quanto al canone di ripar to dell’onere della prova circa la deduzione del costo dalla base imponibile ai fini RAGIONE_SOCIALE II.DD., in presenza di operazioni contestate come soggettivamente inesistenti (Cass. Sez. 6 – 5, n. 5873 del 28/02/2019).
10.2. Nel caso di specie l’argomentazione della CTR non è aderente al canone di riparto dell’onere della prova così tracciato, in particolare manca di evidenziare il perimetro del la prova richiesta all’RAGIONE_SOCIALE, nei termini sopra indicati, anche circa la natura di cartiera della fatturante e con riferimento all’elemento soggettivo, in termini anche di mera consapevolezza, ponendo infine a carico di parte contribuente la prova liberatoria secondo la diligenza massima esigibile da un operatore accorto.
11. La sentenza impugnata va perciò cassata, in accoglimento del sesto motivo, disattesi i restanti, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo accolto, oltre che per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto motivo di ricorso, disattesi i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo accolto e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Così deciso il 24.4.2024