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Operazioni soggettivamente inesistenti: onere della prova

Una società si è vista recapitare un avviso di accertamento per operazioni soggettivamente inesistenti, relative all’utilizzo di fatture emesse da una società “cartiera”. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha accolto il ricorso della società, chiarendo un principio fondamentale sull’onere della prova. Ha stabilito che spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare non solo la natura fittizia del fornitore, ma anche la consapevolezza o la colpevole ignoranza del destinatario della fattura riguardo alla frode. Solo dopo tale prova, l’onere si sposta sul contribuente, che dovrà dimostrare di aver agito con la massima diligenza per non essere coinvolto.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Soggettivamente Inesistenti: La Cassazione e l’Onere della Prova

La gestione fiscale di un’azienda richiede massima attenzione, specialmente quando si tratta di acquisti da nuovi fornitori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di operazioni soggettivamente inesistenti, chiarendo la ripartizione dell’onere della prova tra Fisco e contribuente. La decisione sottolinea che non basta la semplice accusa di aver utilizzato fatture false; l’Amministrazione Finanziaria deve fornire prove concrete sulla consapevolezza del contribuente di partecipare a una frode.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore farmaceutico ha impugnato un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava la detraibilità dell’IVA e la deducibilità dei costi relativi a fatture per acquisti effettuati nell’anno 2009. Secondo il Fisco, tali operazioni erano soggettivamente inesistenti, in quanto il fornitore diretto della merce era una cosiddetta “società cartiera”, ovvero un’entità fittizia creata al solo scopo di emettere fatture false nell’ambito di una più ampia frode carosello. L’accertamento era scaturito da una verifica fiscale condotta presso una terza società, dalla quale emergevano le presunte irregolarità.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Il percorso giudiziario è stato altalenante. In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale aveva annullato l’avviso di accertamento per un vizio formale, ovvero il difetto di legittima sottoscrizione da parte del funzionario incaricato.

Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale, in sede di appello, ha ribaltato la decisione. I giudici di secondo grado hanno ritenuto superabili le questioni formali e, nel merito, hanno dato ragione all’Agenzia delle Entrate. Secondo la CTR, a fronte della contestazione di operazioni inesistenti, spettava al contribuente l’onere di provare la propria estraneità e inconsapevolezza rispetto al comportamento illecito del fornitore. Non avendo fornito tale prova, la società è stata considerata partecipe della frode, con conseguente conferma delle riprese fiscali.

L’Onere della Prova nelle Operazioni Soggettivamente Inesistenti: La Decisione della Cassazione

La società ha presentato ricorso per cassazione, affidandosi a sei motivi di doglianza. La Corte Suprema ha ritenuto fondato il sesto motivo, incentrato proprio sull’errata applicazione del principio dell’onere della prova.

La Cassazione ha chiarito che, in tema di operazioni soggettivamente inesistenti, l’onere probatorio non grava immediatamente sul contribuente. Al contrario, è l’Amministrazione Finanziaria che deve, in primo luogo, dimostrare due elementi fondamentali:

1. L’oggettiva fittizietà del fornitore: Deve provare, sulla base di elementi concreti, che la società emittente delle fatture era una mera “cartiera”, priva di una reale struttura operativa.
2. La consapevolezza del destinatario: Deve dimostrare, anche tramite presunzioni, che il contribuente (destinatario delle fatture) era a conoscenza della frode o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza professionale.

Le motivazioni

La Corte ha specificato che il giudice d’appello ha errato nel porre immediatamente a carico del contribuente la prova liberatoria. L’argomentazione della CTR non era aderente al corretto canone di riparto dell’onere della prova. Mancava, nella sentenza impugnata, un’analisi del perimetro della prova che l’Agenzia delle Entrate era tenuta a fornire, sia riguardo alla natura di “cartiera” della società fornitrice, sia riguardo all’elemento soggettivo (la consapevolezza o la colpevole ignoranza) della società accertata.

Il principio stabilito dalla Cassazione è chiaro: solo dopo che l’Amministrazione ha assolto al proprio onere probatorio, dimostrando con elementi oggettivi e specifici il coinvolgimento del contribuente, la palla passa a quest’ultimo. A quel punto, il contribuente dovrà fornire la “prova contraria”, dimostrando di aver adoperato la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per non essere coinvolto nell’evasione. In questa fase, non sono sufficienti la regolarità formale della contabilità o dei pagamenti.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza d’appello e ha rinviato la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado in diversa composizione. Quest’ultima dovrà riesaminare il caso applicando il corretto principio sulla ripartizione dell’onere della prova. Questa ordinanza rappresenta un’importante garanzia per i contribuenti, ribadendo che l’accusa di partecipazione a una frode fiscale deve essere supportata da prove solide da parte del Fisco, prima di poter pretendere che l’impresa dimostri la propria innocenza. Si riafferma così un principio di equilibrio e di tutela dei diritti del contribuente nel processo tributario.

In caso di operazioni soggettivamente inesistenti, chi deve provare la consapevolezza della frode da parte del contribuente?
Spetta all’Amministrazione Finanziaria l’onere di provare, anche in via presuntiva, sulla base di elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza della frode o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza.

Cosa deve dimostrare l’Amministrazione Finanziaria per contestare la detrazione dell’IVA in queste operazioni?
L’Amministrazione Finanziaria deve dimostrare non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore (ad esempio, che si tratta di una “società cartiera”), ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in un’evasione d’imposta.

Quando il contribuente deve fornire la prova della propria buona fede e diligenza?
Il contribuente è tenuto a fornire la prova contraria di aver agito con la massima diligenza solo dopo che l’Amministrazione Finanziaria ha assolto al proprio onere probatorio, dimostrando l’esistenza della frode e la consapevolezza del contribuente stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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