Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13332 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13332 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 23853/2019 proposto da:
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
PEC: EMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore .
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della TOSCANA n. 753/1/2018, depositata in data 18 aprile 2018, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23
aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso avente ad oggetto gli avvisi di accertamento, con i quali era stata recuperata l’ Iva indebitamente detratta per gli anni 2006, 2007 e 2008 per operazioni ritenute soggettivamente inesistenti.
I giudici di secondo grado, in particolare, hanno ritenuto che l’Amministrazione Finanziaria non avesse fornito la prova né della connivenza da parte della RAGIONE_SOCIALE nel sistema di frode delineato nel PVC redatto dalla Guardia di Finanza, né della mera conoscenza o conoscibilità della frode medesima. Nella specie, gli elementi indiziari forniti non soddisfacevano i requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge: la consegna delle merci alla società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE direttamente dalla società terzista (RAGIONE_SOCIALE era elemento compatibile con la prassi commerciale e giustificato dall ‘ esigenza di evitare un inutile ulteriore trasporto della merce dal terzista al fornitore e poi da questo al cliente; il mancato utilizzo del plafond Iva, in quanto scelta dell ‘ imprenditore anche in considerazione dell’esistenza di un limite annuale non poteva essere assunto a elemento comprovante la frode; infine, l ‘affermazione da parte dell’Ufficio sulla natura concorrenziale dei prezzi appariva giustificata esclusivamente dalla circostanza evidenziata dalla Guardia di Finanza secondo cui la RAGIONE_SOCIALE avrebbe praticato un ricarico medio dell’1%, circostanza questa,
comunque, di cui la società RAGIONE_SOCIALE non poteva essere a conoscenza.
L’ Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato ad un motivo.
La società RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo ed unico motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 21 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, nonché dell’art. 2697 c.c, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. . Nel caso di specie, a fronte del complesso compendio indiziario addotto dall’Ufficio, la CTR si era limitata ad una isolata confutazione di alcuni elementi presunti (e non di tutti) senza operare una valutazione congiunta degli stessi. La CTR, in particolare, non aveva dato rilevanza alla circostanza che la società intimata riceveva la merce dal terzista, ma sottoscriveva DDT falsi in cui si attestava che la merce veniva trasportata dalla società RAGIONE_SOCIALE, ciò che riscontrava che la società RAGIONE_SOCIALE non si comportava come un operatore del settore normalmente accorto e diligente. Inoltre, l’Ufficio aveva evidenziato la fittizietà delle operazioni di trasporto fatturate dal vettore RAGIONE_SOCIALE con DDT falsi sottoscritti dalla società RAGIONE_SOCIALE e la merce, come affermato dai dipendenti della società terzista RAGIONE_SOCIALE era stata consegnata da questa alla società ricorrente e non già alla società RAGIONE_SOCIALE Il mancato utilizzo del plafond era elemento che doveva essere analizzato congiuntamente agli altri elementi prospettati dall’Uffici o ed essere ricondotto alla logica frodatoria di potere immettere sul mercato maggiore liquidità nelle società cartiere a monte, stante che era stato accertato che la RAGIONE_SOCIALE aveva bisogno di liquidità immediata per potere effettuare i pagamenti verso le società cartiere sottostanti all’operazione frodatoria, che non
avevano accesso al credito per tutto quanto esposto nei PVC in ordine alle problematiche di messa in liquidazione, di cessazione e di amministrazione da parte di soggetti addirittura con precedenti penali. Anche la particolare convenienza dei prezzi di acquisto era circostanza che doveva essere considerato congiuntamente agli altri elementi e costituiva un elemento indiziario grave, preciso e concordante, in quanto la RAGIONE_SOCIALE in attività nel settore della preparazione, della concia e della commercializzazione del pellame a decorrere dall’anno 1990, era in grado di riconoscere, tramite i propri responsabili, i prezzi altamente concorrenziali praticati dalla RAGIONE_SOCIALE. Ancora, la CTR aveva ignorato l’improvvisa interruzione dei rapporti economici non appena erano state iniziate le indagini a carico della RAGIONE_SOCIALE; l’emissione di fatture di vendita da parte della RAGIONE_SOCIALE alla società COGNOME in data antecedente a quella di emissione delle fatture di acquisto dei beni; la mancanza di restituzioni o reclami; i pagamenti anticipati o contestuali alla consegna con assegni mentre nella pratica commerciale i pagamenti avvenivano con effetti bancari a scadenza di 30/60 giorni e l’alterazione delle date attestanti le operazioni di misurazione della pelle.
1.1 Il motivo è fondato.
1.2 Deve, al riguardo, ricordarsi che in materia di operazioni soggettivamente inesistenti, come nel caso di specie, l’orientamento giurisprudenziale (cfr. tra le tante, Cass., 10 aprile 2018, n. 9851; Cass., 27 febbraio 2020, n. 5339; da ultimo, Cass., 5 settembre 2023, n. 25891; in linea con Corte di giustizia dell’Unione Europea, 1 dicembre 2022, in C-512/21) è consolidato nel ritenere che in tale tipo di operazioni fraudolente, che presuppongono, da un lato, l’effettività dell’acquisto dei beni entrati nella disponibilità patrimoniale dell’impresa utilizzatrice della fattura o della prestazione dei servizi in essa indicati e, dall’altro, la simulazione soggettiva, ossia la
provenienza della merce o la prestazione del servizio da soggetto economico diverso da quella risultante dalla fattura emessa, ricade sull’amministrazione finanziaria l’onere di provare che l’operazione commerciale documentata dalla fattura è stata posta in essere da soggetto diverso dall’emittente della fattura (senza necessità di individuazione del diverso soggetto), indicando gli elementi presuntivi o anche solo indiziari sui quali fonda la contestazione, tra cui, a titolo esemplificativo, che il cedente o prestatore del servizio, che ha emesso la fattura, era privo di idonea struttura organizzativa, ovvero di locali, di mezzi, di personale, di utenze (cfr., in materia di prova della natura di società cartiera, Cass. civ., 20 aprile 2018, n. 9851, punto 6.8).
1.3 L’amministrazione finanziaria deve inoltre provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, che non si sostanzia nella prova della partecipazione del soggetto all’accordo criminoso , né nella prova della sua piena consapevolezza della frode, ma solo che il contribuente « sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale (in linea con la Corte di giustizia si precisa che egli ‘disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente’) » (cfr. Cass., 10 aprile 2018, n. 9851, in motivazione).
1.4 Più specificamente, è stato affermato che « qualora l’Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attiene ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, incombe sulla stessa l’onere di provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza in ragione della
qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto » (cfr. Cass., 31 gennaio 2022, n. 2922; Cass., 20 luglio 2020, n. 15369; Cass., 28 febbraio 2019, n. 5873; Cass., 20 aprile 2018, n. 9851).
1.5 In proposito, questa Corte ha evidenziato che « L’onere probatorio dell’amministrazione ben può esaurirsi nella prova che il soggetto interposto è privo di dotazione personale e strumentale adeguata all’esecuzione della prestazione fatturata (è, cioè, una cartiera), costituendo ciò, di per sé, elemento idoneamente sintomatico della mancanza di buona fede del cessionario, poiché l’immediatezza dei rapporti tra i soggetti coinvolti nella frode induce ragionevolmente ad escludere l’ignoranza incolpevole del contribuente » e che « Esclusa, infatti, una connotazione aprioristica e generalizzante di idoneità probatoria sul piano soggettivo alla sola qualità oggettiva di cartiera del soggetto interposto (in ciò superando il rigore dei citati precedenti), non può peraltro escludersi che l’effettività, suffragata da obbiettivi riscontri, dell’immediatezza dei rapporti tra i soggetti coinvolti possa rientrare nel novero degli elementi, afferenti alla sfera del destinatario, su cui assolvere l’onere probatorio dell’Amministrazione » (Cass., 20 aprile 2018, n. 9851, in motivazione).
1.6 Ciò posto, il giudice tributario di merito, investito della controversia avente ad oggetto l’atto impositivo, deve previamente valutare, con giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità, la sussistenza dei caratteri di gravità, precisione e concordanza degli indizi motivanti l’atto medesimo, esaminandoli sia singolarmente sia nel loro
complesso, ed esponendo adeguatamente l’esito di tale giudizio nella motivazione della sentenza. Quando egli ritiene, in base a deduzioni logiche di ragionevole probabilità (non necessariamente di certezza), che detti indizi sono sufficienti a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, con riguardo, nel caso delle frodi carosello, all’esistenza dell’organizzazione fraudolenta, alla partecipazione ad essa del contribuente o, quanto meno, alla consapevolezza da parte sua di avvantaggiarsi della frode con danno dell’erario, la domanda dell’amministrazione deve ritenersi provata; con la conseguenza che si sposta a carico del contribuente, secondo la regola generale ricavabile dall’ art. 2727 cod. civ. e ss., e dall’art. 2697, comma secondo, cod. civ., l’onere di provare eventuali fatti a suo favore; la mancata deduzione di idonea prova contraria, fin dall’atto introduttivo del giudizio, o l’insuccesso di essa, comportano l’accoglimento della pretesa del fisco fondata su valide presunzioni. In tale contesto, le dichiarazioni rilasciate da terzi, le risultanze delle indagini condotte nei confronti di altre società, gli atti trasmessi dalla guardia di finanza, risultanti dall’attività di polizia giudiziaria, senza esclusione di altri atti, se contenuti negli atti (come il processo verbale di constatazione) allegati all’avviso di rettifica notificato o trascritti essenzialmente nella motivazione dello stesso, costituiscono parte integrante del materiale indiziario e probatorio, che il giudice tributario di merito è tenuto a valutare dandone adeguato conto nella motivazione della sentenza. Né in campo tributario sono previste limitazioni di efficacia degli atti trasmessi dalla polizia giudiziaria per il fatto, in particolare, che il difensore del contribuente non abbia partecipato alla formazione della prova racchiusa nell’atto trasmesso; il contenuto di tale atto, d’altronde, costituisce semplice indizio nel processo tributario, ed il giudicante di merito è tenuto a prenderlo in considerazione, a
vantaggio o contro il fisco, nel quadro delle complessive acquisizioni processuali, con piena facoltà d’intervento delle difese.
1.7 Tanto premesso, nella vicenda in esame, la Commissione tributaria regionale non ha fatto piena e corretta applicazione dei principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali. Ed invero, dalla lettura del ricorso per cassazione, che, sul punto, rispetta il principio di autosufficienza, in quanto trascrive il contenuto del PVC (pag. 12 e ss. del ricorso per cassazione) emerge che l’Ufficio ha fondato il recupero delle imposte, relativamente alle operazioni soggettivamente inesistenti sulla scorta di elementi presuntivi ritenuti gravi ,precisi e concordanti: 1) la merce oggetto della frode, pellame di tipologia Wet Blue, sarebbe stata recapitata alla RAGIONE_SOCIALE (societa terzista) direttamente dalla Russia e tale elemento era stato confermato dalle dichiarazioni rilasciate ex art. 351 c.p.p. dal dipendente della società terzista RAGIONE_SOCIALE Sig.COGNOME NOME, che aveva citato la conceria RAGIONE_SOCIALE come una di quelle più interessate al pellame oggetto della frode; 2) i documenti di trasporto erano stati compilati al solo scopo di far risultare un passaggio di merce fittizio dalla società filtro all’utilizzatore finale; 3) le operazioni di misurazione delle pelli riportavano date alterate; 4) i rappresentanti della RAGIONE_SOCIALE , all’atto del ricevimento del pellame, sottoscrivevano D.D.T. fittizi, in quanto erano perfettamente al corrente che la merce veniva consegnata con mezzi della Spaccatrice Tevere; 5) la società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in attività nel settore di preparazione, concia e commercializzazione del pellame addirittura a d ecorrere dall’anno 1990 , era sicuramente in grado di riconoscere i prezzi altamente concorrenziali praticati dalla RAGIONE_SOCIALE; 6) l’ improvvisa interruzione dei rapporti economici non appena erano iniziate le indagini a carico della RAGIONE_SOCIALE nel 2011 7)
l”emissione delle fatture di vendita da parte della RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE in data antecedente a quella di emissione delle fatture di acquisito dei beni; 8) la mancanza di restituzioni o reclami; 9) i pagamenti anticipati o contestuali alla consegna con assegni mentre nella pratica commerciale i pagamenti avvenivano con effetti bancari a scadenza di 30/60 giorni; 10) l ‘alterazione delle date attestanti le operazioni di misurazione della pelle (cfr. anche pag. 19 e 20 del ricorso per cassazione). Si tratta di elementi tipici (che danno luogo ad una presunzione di svolgimento di operazioni soggettivamente inesis tenti) che comportavano l’inversione dell’onere della prova a carico della società contribuente, nel senso che quest’ultima avrebbe dovuto dimostrare che «non avrebbe potuto sapere» pur avendo utilizzato la massima diligenza esigibile: questi elementi, invece, sono stati (illegittimamente) trascurati dalla Commissione tributaria regionale, con il conseguente errore di diritto, correttamente censurato dall’Agenzia ricorrente. I giudici di secondo grado, nella sostanza, non hanno fatto corretto applicazione dei criteri di ripartizione dell’onere probatorio, omettendo di considerare un ‘ ulteriore varietà di elementi introdotti dall’Agenzia in sede di accertamento e riproposti nella sede giudiziaria, sopra indicati; la CTR, infatti, non ha considerato tutti gli elementi presuntivi addotti dall’Ufficio e non ha effettuato una valutazione unitaria e complessiva degli stessi al fine di accertare, considerata anche la presenza sul mercato della RAGIONE_SOCIALE da molti anni se essa era consapevole di partecipare ad una frode o, comunque, nella specie non si era comportata in maniera diligente avendo sottoscritto documenti di trasporto emessi da soggetto diverso da quello che effettivamente aveva operato il trasporto ed effettuato pagamenti con modalità e tempi diversi dalla pratica commerciale usuale, tenuto conto anche della specifica convenienza dei prezzi e omettendo di utilizzare
il plafond IVA provvedendo al pagamento. È certo, in ogni caso, e salvo la pretesa di un maggior rigore probatorio a seconda del livello di complessità dell’organizzazione della frode , in base al riscontro di una catena più corta o più lunga rappresentativa del numero di società partecipanti all’illecito , che l’accertamento giudiziale del concreto atteggiarsi delle varie fattispecie è generalmente affidato all’allegazione di prove indiziarie, che il giudice è tenuto a vagliare secondo i principi posti a presidio del governo delle prove presuntive (Cass., 12 luglio 2023, n. 19981). Il procedimento logico-valutativo seguito dalla Commissione tributaria regionale non è, dunque, coerente con i criteri di ripartizione dell’onere probatorio come regolato dall’art. 2697 cod. civ. e con le regole di governo delle prove presuntive, poste dagli artt. 2727 e 2729 cod. civ., nei limiti in cui questa Corte, nell’esercizio della funzione nomofilattica, può controllare tale processo (Cass., 15 novembre 2021, n. 34248; Cass., 13 febbraio 2020, n. 3541).
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 23 aprile 2025.