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Operazioni soggettivamente inesistenti: l’onere prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25428/2025, interviene sul tema delle operazioni soggettivamente inesistenti, annullando la decisione di merito che aveva escluso la consapevolezza della frode da parte di una società contribuente. La Suprema Corte ha ribadito che la prova di tale consapevolezza, a carico dell’Amministrazione Finanziaria, può essere fornita anche tramite presunzioni e che il giudice deve valutare tutti gli elementi indiziari nel loro complesso, non singolarmente. Inoltre, ha chiarito che una sentenza penale di assoluzione non ha efficacia automatica nel processo tributario, ma costituisce solo una delle fonti di prova che il giudice deve liberamente apprezzare.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Soggettivamente Inesistenti: la Cassazione sulla Prova della Consapevolezza

L’ordinanza n. 25428/2025 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento su uno dei temi più complessi del diritto tributario: la prova della consapevolezza del cessionario in caso di operazioni soggettivamente inesistenti. Questa pronuncia stabilisce principi cruciali sulla valutazione degli indizi e sull’efficacia di una sentenza penale di assoluzione nel processo fiscale, ribadendo la necessità di un’analisi complessiva degli elementi probatori.

I Fatti del Processo

La vicenda trae origine da avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle Entrate a una società operante nel settore immobiliare. L’Amministrazione contestava l’indebita deduzione di costi e detrazione IVA relativi a fatture emesse da un’altra società, ritenuta un mero schermo nell’ambito di una frode fiscale. Secondo l’accusa, la società fornitrice, pur avendo una struttura apparentemente regolare, agiva come intermediario fittizio, mascherando la reale provenienza “in nero” dei materiali edili.

Il contenzioso ha avuto un percorso travagliato: dopo una prima sentenza favorevole al contribuente in primo grado e una riforma in appello, la Corte di Cassazione aveva già cassato la decisione d’appello con rinvio. Il giudice del rinvio, tuttavia, aveva nuovamente annullato gli avvisi di accertamento. Contro quest’ultima sentenza, l’Agenzia delle Entrate ha proposto un nuovo ricorso per cassazione, lamentando l’errata valutazione delle prove sulla consapevolezza della frode da parte della società contribuente.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia, individuando due errori fondamentali nel ragionamento del giudice di rinvio.

Errata Valutazione della Prova Presuntiva

Il primo e più significativo errore riguarda la metodologia di valutazione degli elementi indiziari. La Corte di Cassazione ha censurato il giudice di merito per aver esaminato ogni indizio in modo isolato e parcellizzato, concludendo che nessuno di essi fosse, da solo, sufficiente a dimostrare la consapevolezza della frode. Tra gli indizi forniti dall’Amministrazione vi erano:

* La circostanza che la società fornitrice si approvvigionasse da “cartiere”.
* La corrispondenza temporale tra le fatture false ricevute dalla fornitrice e quelle emesse verso le società del gruppo acquirente.
* L’omesso controllo sull’effettività delle consegne e la genericità dei documenti di trasporto.
* Il ritrovamento di matrici di assegni per un importo ingente presso l’amministratore della fornitrice, intestati al dominus del gruppo acquirente.

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: nella prova per presunzioni, gli indizi non vanno considerati singolarmente, ma devono essere valutati nel loro complesso. È dalla loro visione d’insieme, dalla loro concordanza e convergenza che può emergere la prova del fatto ignoto (in questo caso, la consapevolezza della frode). Il giudice di rinvio, invece, ha smontato l’impianto accusatorio pezzo per pezzo, senza mai ricomporlo per una valutazione globale, violando così le regole legali sulla prova presuntiva (artt. 2727-2729 c.c.).

L’inefficacia automatica del Giudicato Penale di Assoluzione

Il secondo errore attiene al peso attribuito a una sentenza penale che aveva assolto gli amministratori della società contribuente “perché il fatto non sussiste”. Il giudice di merito aveva considerato tale assoluzione come un elemento di prova quasi decisivo dell’estraneità della società alla frode.

La Suprema Corte ha corretto questa impostazione, ricordando che, a causa della diversità delle regole probatorie e dei principi che governano i due processi, la sentenza penale di assoluzione non ha efficacia automatica di giudicato nel processo tributario. Essa può e deve essere considerata dal giudice tributario, ma come una possibile fonte di prova da apprezzare liberamente nel contesto di tutti gli altri elementi acquisiti. Il giudice tributario deve valutarne la rilevanza nello specifico ambito fiscale, senza esserne vincolato. Attribuirle un’efficacia risolutiva, come fatto dal giudice di rinvio, costituisce un errore di diritto.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado in diversa composizione. La decisione riafferma che, nel contesto delle operazioni soggettivamente inesistenti, la prova della malafede del contribuente può essere raggiunta attraverso un mosaico di indizi gravi, precisi e concordanti. L’imprenditore non può limitarsi a una verifica formale della documentazione, ma è tenuto a un dovere di diligenza che gli impone di riconoscere eventuali “campanelli d’allarme” che suggeriscano l’inserimento del proprio partner commerciale in un meccanismo fraudolento. La sentenza penale di assoluzione non è uno scudo automatico, ma solo una tessera di questo complesso mosaico probatorio che il giudice tributario ha il dovere di comporre e valutare nella sua interezza.

Chi deve provare la consapevolezza della frode nelle operazioni soggettivamente inesistenti?
L’onere di provare la consapevolezza del destinatario della fattura che l’operazione si inseriva in un’evasione d’imposta spetta all’Amministrazione Finanziaria.

Come può l’Amministrazione finanziaria dimostrare tale consapevolezza?
Può dimostrarla anche in via presuntiva, cioè attraverso elementi oggettivi e specifici (indizi) che, valutati nel loro complesso, portino a ritenere logicamente che il contribuente fosse a conoscenza della frode o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza.

Quale valore ha una sentenza penale di assoluzione nel processo tributario?
Una sentenza penale irrevocabile di assoluzione non ha efficacia automatica di giudicato nel processo tributario. Può essere presa in considerazione dal giudice tributario come possibile fonte di prova, ma deve essere valutata nel contesto di tutti gli altri elementi probatori senza alcun vincolo automatico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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