Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25424 Anno 2025
Contro
Oggetto: Tributi
Giudizio di rinvio-
Operazioni soggettivamente inesistenti
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25424 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero n. 24238 del ruolo generale dell’anno 2020, proposto
da
Agenzia delle entrate in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE -società subentrante a RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale su foglio separato congiunto al controricorso, dal prof. avv. NOME COGNOME e dal prof. avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio del primo difensore in Roma, alla INDIRIZZO;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna n. 709/11/2020, depositata in data 5 giugno 2020, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 febbraio 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1.La controversia muove da una verifica condotta dalla Guardia di Finanza di Codigoro a carico di tredici società- facenti parte del c.d. gruppo COGNOME -tra cui RAGIONE_SOCIALE (successivamente incorporata da RAGIONE_SOCIALE) -famiglia titolare di diverse società immobiliari operanti nel settore della costruzione di immobili nella zona dei lidi ferraresi.
1.1.In particolare, i verificatori – basandosi sulle risultanze di una verifica a carattere generale condotta, per le annualità dal 2002 al 2007, a carico di RAGIONE_SOCIALEin fallimentoprincipale fornitore del gruppo COGNOME, corroborata da complesse indagini di polizia giudiziaria disposte presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ferrara -avevano rilevato la corrispondenza tra il totale delle fatture false passive di acquisto di materiali edili (per oltre 50 milioni di euro) di RAGIONE_SOCIALE provenienti da fornitori risultati ‘cartiere’ e il totale delle fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE e annotate dalle società clienti del gruppo Tomasi, tra cui RAGIONE_SOCIALE concludendo che la coincidenza dei materiali edili che figuravano ‘acquistati’ e ‘venduti’
evidenziava la provenienza ‘in nero’ del materiale apparentemente fornito da RAGIONE_SOCIALE e il ribaltamento di costi fittizi da parte di quest’ultima sulle imprese del gruppo COGNOME.
1.2.Al termine dell’attività istruttoria, l’Agenzia delle entrate -Direzione provinciale di Ferrara emetteva nei confronti di RAGIONE_SOCIALE quattro avvisi di accertamento con i quali contestava, per gli anni 20032006, l’indebita deduzione di costi e detrazione di Iva in relazione a fatture per operazioni ritenute soggettivamente inesistenti emesse da RAGIONE_SOCIALE oltre interessi e sanzioni.
1.3.Avverso i suddetti avvisi, la società contribuente proponeva separati ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Ferrara che, previa riunione, con sentenza n. 129/6/12, li accoglieva.
1.4.Con sentenza n. 1781/01/2016, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna accoglieva l’appello dell’Ufficio.
1.5.Con ordinanza n. 17261 del 2019 la Corte di cassazione accoglieva, in parte, il ricorso affidato a nove motivi proposto da RAGIONE_SOCIALE quale subentrante a RAGIONE_SOCIALE, con cassazione della sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti (il quarto, il sesto e, nei limiti di cui in motivazione, il primo ed il nono motivo) e rinvio dinanzi alla CTR dell’EmiliaRomagna, in diversa composizione.
1.6. Riassunto il giudizio a cura della suddetta società, la CTR dell’Emilia -Romagna, con sentenza n. 709/11/2020 depositata il 5 giugno 2020, preso atto del dedotto annullamento in autotutela della ripresa ai fini Irap per gli anni 20032004, accoglieva il ricorso annullando gli avvisi di accertamento.
1.7. Avverso la suddetta sentenza, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
1.8. Resiste, con controricorso, la società contribuente.
1.9. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia la ” violazione e falsa applicazione dell’art. 39 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’ art. 54 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, degli artt. 2727-2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR erroneamente ritenuto l’insufficienza della prova, offerta in via presuntiva dalla Amministrazione finanziaria, in ordine all’inesistenza soggettiva delle operazioni contestate e al fatto che le società del Gruppo Tomasi sapevano o avrebbero dovuto sapere RAGIONE_SOCIALE era soggetto dedito alla emissione di fatture per operazioni inesistenti”. In particolare, ad avviso della ricorrente, il giudice del rinvio -a seguito della ordinanza della Corte di cassazione n. 17261 del 2019, in relazione agli accolti motivi di ricorso (quarto e sesto) afferenti l’assolvimento da parte dell’Agenzia dell’onere probatorio in ordine alla consapevolezza da parte della contribuente del meccanismo fraudatorio e il mancato esame della sentenza penale, passata in giudicato, del Tribunale di Ferrara n. 35/2013 di assoluzione degli amministratori del Gruppo COGNOMEavrebbe sostenuto l’estraneità della società contribuente alla frode valutando l’aspetto esteriore di RAGIONE_SOCIALE, negli anni verificati, di società accreditata nel settore dell’edilizia e la r egolarità formale della relativa documentazione contabile senza considerare complessivamente i plurimi elementi indiziari forniti dall’Amministrazione in ordine alla consapevolezza da parte della contribuente della provenienza ‘in nero’ del materiale ‘acquistato’ presso RAGIONE_SOCIALE (la circostanza acclarata in sede penale che RAGIONE_SOCIALE aveva tra i suoi fornitori delle vere e proprie cartiere e che era essa stessa una cartiera; la corrispondenza e la concomitanza temporale tra le fatture ricevute da RAGIONE_SOCIALE da società non operative e le fatture emesse da quest’ultima a favore delle società del Gruppo COGNOME; il ruolo di NOME COGNOME fondatore e socio delle società del Gruppo ed effettivo referente dello stesso; l’omesso controllo dell’effettività e dell a regolarità delle consegne di materiale e la sistematica genericità dei documenti di trasporto). Peraltro- come dedotto dalla ricorrenteil giudice del rinvio avrebbe esteso il giudicato penale di cui alla sentenza del Tribunale di Ferrara n. 35/2013 di assoluzione (dal reato di cui all’art. 2 del d.lgs.
n. 74/2000) degli amministratori delle società del Gruppo per insussistenza del fatto alla controversia tributaria in questione sebbene non esistesse un rapporto di pregiudizialità tra procedimento penale e tributario e l’efficacia del giudicato penale non operasse automaticamente nel processo tributario stante il diverso regime delle prove. In particolare, ad avviso della ricorrente, dall’assoluzione, in sede penale, degli amministratori del Gruppo COGNOME per insussistenza dei fatti contestati e non già per assenza di una condotta colposa degli stessi, non si sarebbe potuto desumere un ulteriore elemento comprovante la mancanza di consapevolezza della contribuente del meccanismo fraudolento in questione perpetrato da RAGIONE_SOCIALE
2.Con il secondo motivo si denuncia la ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 1, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, nonché dell’art 384 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver considerato l’efficacia retroattiva dell ‘ art. 8 cit. in ordine alla necessità della presenza dei requisiti richiesti dall’art. l09 del TUIR per il riconoscimento della deducibilità, ai fini delle imposte dirette, dei costi per operazioni soggettivamente inesistenti”. In particolare, ad avviso della ricorrente, il giudice del rinvio – violando il dictum della ordinanza n. 17261 del 2019 in ordine alla necessaria valutazione della sussistenza dei presupposti di deducibilità dei costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, ai fini delle imposte dirette, tenuto conto delle eventuali contestazioni svolte sul punto dall’Agenzia avrebbe ritenuto deducibili i costi ‘ non essendo stata avanzata nei confronti della ricorrente sia in sede ispettiva che accertativa alcuna contestazione in ordine alla certezza e inerenza richiesti dal TUIR ‘; con ciò disconoscendo l’efficacia retroattiva dell’art. 8 cit. e senza verificare la sussistenza dei requisiti ex art. 109 TUIR, sebbene l’Ufficio avesse contestato la mancanza di prova circa l’effettività delle transazioni con RAGIONE_SOCIALE, la certezza e la determinabilità dei detti costi.
3. Con il terzo motivo si denuncia, ‘ in subordine violazione dell’art. 58 u.c. del D.lgs 546/92, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.” per avere il giudice del rinvio ritenuto inammissibile la produzione del prospetto riassuntivo dei costi della contribuente sebbene si trattasse di dati già agli atti del processo e il c.d.
‘prospetto redditività società ricorrenti’ fosse stato già prodotto dall’Ufficio nel giudizio di primo grado.
Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del primo motivo di ricorso per difetto di autosufficienza e specificità, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 4 e n. 6, c.p.c., palesandosi quest’ultimo autosufficiente in quanto sviluppa una sintesi chiara dell’intera vicenda processuale e mette in luce le ragioni a sostegno dello stesso, con espressa menzione degli atti processuali su cui si fonda.
Va, altresì, disattesa l’eccezione di inammissibilità del primo motivo che la controricorrente prospetta in base alla considerazione che l’Agenzia tenderebbe ad ottenere la rivalutazione del merito; in realtà, la ricorrente non ha contestato la ricostruzione in fatto operata in sentenza, ma la violazione delle norme in tema di formazione del giudizio sulla prova presuntiva in materia di operazioni soggettivamente inesistenti in spregio ai principi statuiti nella ordinanza di rinvio della Corte di Cassazione n. 17261 del 2019.
Il primo motivo è fondato per le ragioni di seguito indicate.
6.1.Nella controversia in esame, con ordinanza n. 17261 del 2019, questa Corte – nel cassare, con rinvio, la sentenza n. n. 1781/01/2016 della CTR dell’Emilia -Romagna – per quanto di interesse, ha accolto: 1) il primo motivo di ricorso della contribuente nei limiti di cui in motivazione con riguardo alla censura di omessa pronuncia della CTR sull’eccezione di inapplicabilità della speciale disciplina c.d. del “raddoppio dei termini” di decadenza per l’emissione dell’atto impositivo ai fini Irap; 2) il quarto motivo con cui si era denunciata la violazione degli artt. 19, 21, d.P.R. 633/1972, 2697, 2729, cod. civ., per non avere la CTR compiutamente riscontrato l’adeguato assolvimento da parte dell’Agenzia delle entrate del proprio onere di provare la consapevolezza di RAGIONE_SOCIALE dell'”inesistenza soggettiva” delle operazioni di cui alle fatture in oggetto; in particolare, la CTR non aveva chiaramente indicato le ragioni per le quali gli amministratori della società contribuente “sapevano o avrebbero dovuto sapere”, secondo la specifica diligenza richiesta dalla loro qualifica professionale, che si trattava di fatture per operazioni “soggettivamente” inesistenti; 3) il sesto
motivo con il quale si era denunciato ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.- l’omesso esame da parte della CTR di un fatto decisivo e controverso qual era la sentenza del Tribunale penale di Ferrara (n. 35/2013), passata in giudicato, con la quale erano stati assolti tutti gli amministratori delle società del “RAGIONE_SOCIALE“; 4) il nono motivo nei termini di cui in motivazione quanto alla censura di violazione dell’art. 8, comma 2, d.l. n. 16/2012 per avere la CTR omesso di pronunciarsi circa la deducibilità dei costi delle operazioni soggettivamente inesistenti ai fini delle imposte dirette.
6.2.Nella sentenza impugnata, in sede di rinvio, la CTR ha osservato che: 1) RAGIONE_SOCIALE non appariva una società ‘cartiera’ essendo stata riconosciuta tale soltanto a seguito di un’accurata indagine penal -tributaria, non verificabile dalla contribuente con la normale diligenza nell’ambito del rapporto contrattuale intrattenuto con il proprio fornitore abituale, costituente una realtà consolidata e accreditata da diversi anni nel settore dell’edilizia tra i costruttori del territorio ferrarese;2) secondo quanto statuito dalla Corte di cassazione nella ordinanza n. 17261 del 2019 – la prova della consapevolezza della frode non poteva trarsi dalla sostanziale coincidenza dell’ammontare globale del materiale acquistato da RAGIONE_SOCIALE dai fornitori fittizi con quello fatturato da quest’ultima nei confronti delle società del gruppo COGNOME atteso che tale circostanza costituiva prova unicamente del dato, non contestato, della continuità dei rapporti di fornitura; 3) il ritrovamento presso l’amministratore di fatto (COGNOME) di RAGIONE_SOCIALE delle matrici di assegni per euro 2.000.000 intestati al dominus del gruppo NOME COGNOME (quali possibili “garanzie” per la restituzione delle somme fittiziamente indicate a debito nelle false fatture in oggetto) costituivacome statuito nella ordinanza n. 17261 del 2019 – un dato indiziario non univoco, insufficiente, in mancanza di ulteriori riscontri, a fare ritenere raggiunta ‘ la prova della conoscenza’ da parte della contribuente della provenienza ‘in nero’ del materiale apparentemente fornito da RAGIONE_SOCIALE; 4) il giudicato penale di assoluzion e ‘ perché il fatto non sussiste ‘ degli amministratori del gruppo COGNOME -tra cui il legale rappresentante della società contribuente -per gli stessi fatti per i quali l’Amministrazione aveva
promosso l’accertamento aveva una sua specifica rilevanza quale ulteriore elemento di prova dell’estraneità della contribuente alla frode . In particolare, le valutazioni del giudice penale in merito alle specifiche contestazioni dell’Ufficio (passi della sentenza che avevano ‘ridimensionato’ a 16 milioni rispetto ai 52 contestati – gli importi delle fatture provenienti dalle cartiere annotate da RAGIONE_SOCIALE per costi di servizi e non per merci, non costituenti oggetto delle fatture emesse da quest’ul tima nei confronti delle società del gruppo COGNOME passi che avevano confermato la regolarità dei documenti contabili con il rinvenimento delle fatture di vendita e la riconciliazione del relativo incasso degli assegni in pagamento del materiale ceduto da parte di RAGIONE_SOCIALE.r.l.; passi che avevano smentito le presunte certezze sulla indisponibilità da parte di RAGIONE_SOCIALE della quantità di merce venduta alle società del gruppo e che avevano escluso la pretesa specularità tra molte delle fatture; passi che avevano ridisegnato la supposta valenza delle 4 matrici di assegni con annotazione del dominus NOME vergata a mano e senza identificazione dell’autore per mancata prova dell’effettiva consegna degli stessi non essendo stati mai rinvenuti) avevano vanificato le circostanze sulle quali era stata fondato l’intero impianto accusatorio; 5) erano deducibili ex art. 8, comma 2, del d.l. n. 16/2012 i costi, ai fini delle imposte dirette, relativi alle fatture – che si assumevano soggettivamente fittizie stante l’inerenza, effettività e certezza degli stessi (dalla documentazione prodotta e dalla puntuale corrispondenza tra le specifiche dei DDT, gli importi delle fatture e gli assegni non trasferibili incassati si desumeva l’apporto del materia le fornito da RAGIONE_SOCIALE ed impiegato nelle costruzioni; in sede ispettiva e accertativa non era stata svolta alcuna contestazione in ordine alla certezza e inerenza dei costi).
6.3.In primo luogo, va esclusa l’applicazione dell’art. 21 -bis (rubricato ‘ Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione ‘) del d.lgs. n. 74/2000, introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. m), d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87 di revisione del sistema sanzionatorio tributario e penale, in attuazione della legge delega 9 agosto 2023 n. 111 (recante principi e criteri direttivi per la revisione del sistema sanzionatorio tributario, amministrativo e
penale), essendo stata, nella specie – come si evince da entrambe le memorie delle parti in causa -la sentenza penale, passata in giudicato, del Tribunale di Ferrara n. 35/2013 di assoluzione degli amministratori del Gruppo Tomasi, emessa a seguito di giudizio abbreviato.
6.4.Posto, quanto sopra, il giudice del rinvio non ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto statuiti dalla Corte di cassazione nella ordinanza n. 17261 del 2019, in relazione agli accolti motivi di ricorso (quarto e sesto) afferenti l’assolvimento da parte dell’Agenzia dell’onere probatorio in ordine alla consapevolezza da parte della contribuente del meccanismo fraudatorio e il mancato esame, ancorché al fine della formazione del proprio “libero convincimento”, della sentenza penale assolutoria degli amministratori delle società del “gruppo RAGIONE_SOCIALE” quanto alla rilevanza delle valutazioni meritali in ordine alla “dimensione soggettiva” dell’illecito fiscale addebitato alla società contribuente.
6.5.Va premesso che in base al principio di diritto ribadito nella ordinanza n. 17261 del 2019, «In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi» (Sez. 5, Sentenza n. 9851 del 20/04/2018).
Orbene, nella sentenza impugnata il giudice del rinvio, pur premettendo che ‘ la disamina degli atti e documenti di causa non faceva emergere in alcun modo che la società sapeva o avrebbe potuto sapere che RAGIONE_SOCIALE fosse una cartiera ‘, ha poi, contraddicendosi, in violazione del richiamato principio, preteso nell’esaminare, peraltro in modo parcellizzato, gli elementi indiziari forniti dall’Amministrazione, la ‘ prova della conoscenza della provenienza in nero del materiale apparentemente fornito da RAGIONE_SOCIALE ‘.
6.6. In particolare, la CTR, nel ritenere non fornita dall’Amministrazione tale ‘prova d ella conoscenza’ della frode da parte della società contribuente, ha, da un lato, posto in evidenza elementi irrilevanti ai fini del giudizio sulla consapevolezza (la circostanza che ‘ RAGIONE_SOCIALE non apparisse una cartiera, visivamente priva di mezzi e risorse, bensì riconosciuta tale solo a posteriori dopo un’accurata indagine penal -tributaria ‘) e, dall’altro, si è limitato riportare quanto statuito dalla Corte di cassazione nella ordinanza n. 17261 del 2019 (‘ che la prova di tale consapevolezza non trarsi dalla sostanziale coincidenza dell’ammontare globale delle false fatture d’acquisto annotate da RAGIONE_SOCIALE con quello delle fatture di vendita dalla stessa emesse nei confronti delle società del “RAGIONE_SOCIALE“, atteso che tale circostanza costitui mero presupposto oggettivo, indispensabile per poter ipotizzare la partecipazione delle acquirenti alla frode, che prova unicamente il dato, non contestato, della continuità dei rapporti di fornitura ‘ … ‘ il ritrovamento presso il c.d. amministratore di fatto di RAGIONE_SOCIALE delle matrici di assegni per euro 2.000.000 di euro intestati al dominus del gruppo NOME COGNOME risulta dato indiziario non univoco’ ), senza effettuare un’effettiva valutazione degli elementi indiziari acquisiti in giudizio accertando se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento ( ex multis, Cass. n. 5374 del 02/03/2017).
6.7.Anche il giudizio sulla valenza della sentenza penale passata in giudicato del Tribunale di Ferrara n. 35/2013 di assoluzione degli amministratori del Gruppo COGNOME è stato condotto, in modo avulso dagli altri elementi di prova acquisiti nel giudizio, pon endo in rilievo sostanzialmente che ‘ il contenuto della pronuncia di assoluzione per gli stessi fatti per i quali l’Amministrazione finanziaria aveva promosso l’accertamento nei confronti della ricorrente…aveva una sua specifica rilevanza quale ulterio re elemento di prova dell’estraneità della ricorrente alla frode ‘ e ‘ le valutazioni di merito del giudice penale sui mancati accertamenti e controlli per dimostrare la cosciente partecipazione delle società del gruppo al circuito fraudolento perpetrato da RAGIONE_SOCIALE ed i suoi fornitori avevano vanificato le circostanze a base delle quali era stata fondata la decisione della CTR’; con ciò non dando corretta attuazione, al fine della formazione del proprio “libero convincimento” in ordine alla “dimensione soggettiva” dell’illecito fiscale addebitato alla società contribuente, al principio di diritto ribadito nell’ordinanza della Corte di cassazione n. 17261 del 2019 secondo cui «Nel processo tributario, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula “perché il fatto non sussiste”, non spiega automaticamente efficacia di giudicato, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta sentenza è destinata ad operare» (Cass., n. 10578 del 22/05/2015, Rv. 635637 – 01; Cass. n. 5720 del 2007).
7. L’accoglimento del primo motivo rende inutile la trattazione dei restanti con assorbimento dei medesimi.
8.In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia – Romagna, in diversa composizione.
P.Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia – Romagna, in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 13 febbraio 2025
Il Presidente NOME COGNOME