LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Operazioni soggettivamente inesistenti: la prova

La Corte di Cassazione si pronuncia su un caso di operazioni soggettivamente inesistenti, chiarendo la ripartizione dell’onere della prova. Se l’Amministrazione Finanziaria dimostra che il fornitore è una società fittizia (cartiera), spetta al contribuente provare di aver agito con la massima diligenza per non essere coinvolto nella frode. La mera regolarità contabile e dei pagamenti non è sufficiente a dimostrare la buona fede. La sentenza ha parzialmente accolto il ricorso del contribuente per un vizio di omessa pronuncia, ma ha rigettato le censure nel merito, confermando l’accertamento per sottofatturazione e indetraibilità IVA.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Soggettivamente Inesistenti: L’Onere della Prova Ricade sul Contribuente

La lotta all’evasione fiscale, in particolare alle frodi IVA, è un tema centrale nel diritto tributario. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sulle operazioni soggettivamente inesistenti, delineando con precisione i confini dell’onere della prova tra Amministrazione Finanziaria e contribuente. La decisione analizza il caso di una società automobilistica accusata di aver partecipato, consapevolmente o meno, a una frode carosello, mettendo in luce i doveri di diligenza che ogni imprenditore è tenuto a rispettare.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore della compravendita di autoveicoli si è vista recapitare diversi avvisi di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. Le contestazioni riguardavano principalmente due aspetti: l’indebita detrazione dell’IVA relativa a fatture per operazioni ritenute soggettivamente inesistenti e la cosiddetta “sottofatturazione”, ovvero l’emissione di fatture per importi inferiori a quelli reali.

Secondo l’Amministrazione, la società contribuente avrebbe acquistato veicoli da fornitori che fungevano da mere “società filtro” o “cartiere” all’interno di una frode carosello. Il contenzioso, dopo i primi due gradi di giudizio, era già approdato in Cassazione una prima volta, la quale aveva annullato la precedente sentenza d’appello, rinviando la causa alla Commissione Tributaria Regionale per una nuova valutazione su specifici punti.

La Decisione della Corte di Cassazione sulle operazioni soggettivamente inesistenti

Nella sentenza in esame, emessa a seguito del giudizio di rinvio, la Corte di Cassazione ha affrontato i diversi motivi di ricorso presentati sia dalla società che dall’Agenzia delle Entrate.

La Corte ha rigettato gran parte delle doglianze della società contribuente, confermando la solidità dell’impianto accusatorio dell’Agenzia. Tuttavia, ha accolto un motivo di ricorso relativo a un vizio procedurale: la Corte d’appello, nel decidere, aveva omesso di pronunciarsi sui rapporti con due dei tre fornitori contestati. Di conseguenza, la sentenza è stata cassata su questo punto, con un nuovo rinvio al giudice di merito.

Contestualmente, è stato accolto il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate, che lamentava come il giudice del rinvio si fosse pronunciato su un’annualità (il 2006) per la quale si era già formato il giudicato, eccedendo così i limiti del proprio mandato.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha chiarito i principi applicabili in materia di operazioni soggettivamente inesistenti e onere della prova.

Onere della Prova e Diligenza del Contribuente

La Cassazione ha ribadito un orientamento ormai consolidato: spetta all’Amministrazione Finanziaria fornire gli elementi di prova, anche indiziari, che dimostrino l’esistenza di una frode e il coinvolgimento del contribuente. Un elemento cruciale, in tal senso, è la prova che il fornitore sia una “cartiera”, ovvero una società priva di una reale struttura aziendale (uffici, personale, magazzini).

Una volta che l’Ufficio ha fornito questa prova, l’onere si sposta sul contribuente. Quest’ultimo non può limitarsi a dimostrare la regolarità formale della contabilità o l’avvenuto pagamento delle fatture. Deve, invece, provare di “non sapere e di non aver potuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale”. Questo significa dimostrare di aver adottato tutte le cautele esigibili da un operatore accorto per verificare l’affidabilità del proprio partner commerciale. Nel caso di specie, la società non ha fornito alcuna prova di aver effettuato tali verifiche.

La Prova della Sottofatturazione

Anche sulla questione della sottofatturazione, la Corte ha ritenuto corretto l’operato dei giudici di merito. L’Agenzia aveva fondato la propria pretesa sulle dichiarazioni rese dai clienti finali della società. Secondo i giudici, queste dichiarazioni costituiscono elementi probatori validi. A fronte di ciò, la perizia di parte prodotta dalla società è stata considerata irrilevante. Spettava al contribuente fornire una prova contraria efficace, cosa che non è avvenuta. La Corte ha sottolineato che non si può mascherare sotto un vizio di violazione di legge quella che è, in realtà, una richiesta di riesame del merito della valutazione probatoria, preclusa in sede di legittimità.

Inapplicabilità delle Sanzioni

La richiesta della società di disapplicare le sanzioni per presunta “obiettiva incertezza normativa” è stata respinta. La Corte ha giudicato il motivo di ricorso generico, in quanto non specificava quale norma sarebbe stata di incerta interpretazione, e ha chiarito che le disposizioni in materia di frode IVA e solidarietà nel pagamento dell’imposta sono sufficientemente chiare.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un’importante conferma dei doveri di cautela e diligenza che gravano sugli operatori economici. Non basta essere formalmente in regola: per non incorrere in pesanti contestazioni fiscali, è necessario adottare un approccio proattivo nella verifica dei propri partner commerciali. La decisione chiarisce che, di fronte a indizi concreti di una frode (come l’assenza di struttura del fornitore), la presunzione di buona fede viene meno, e spetta all’imprenditore dimostrare di aver fatto tutto il possibile per non rimanere invischiato in schemi illeciti. Un monito, dunque, a non abbassare mai la guardia e a considerare la due diligence sui fornitori non come un costo, ma come un investimento fondamentale per la sicurezza del proprio business.

Quando si parla di operazioni soggettivamente inesistenti, su chi ricade l’onere della prova?
Inizialmente, l’onere della prova ricade sull’Amministrazione Finanziaria, che deve dimostrare con elementi anche indiziari l’esistenza della frode (ad es. che il fornitore è una società ‘cartiera’ priva di struttura). Una volta fornita questa prova, l’onere si inverte e spetta al contribuente dimostrare di aver agito con la massima diligenza e di non essere stato a conoscenza, né di aver potuto conoscere, la frode.

È sufficiente per un’azienda dimostrare di aver pagato regolarmente le fatture per provare la propria buona fede?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la regolarità della contabilità e dei pagamenti non è sufficiente a dimostrare l’estraneità alla frode. Queste circostanze sono spesso presenti anche nelle operazioni soggettivamente inesistenti e sono facilmente falsificabili. Il contribuente deve provare di aver adottato cautele concrete per verificare l’affidabilità del fornitore.

Cosa deve fare un’impresa per evitare di essere coinvolta in una frode IVA?
L’impresa deve adottare la massima diligenza esigibile da un operatore accorto. Questo significa compiere verifiche sulla reale esistenza e operatività del fornitore, controllando ad esempio la presenza di una sede operativa, di personale e di una struttura aziendale adeguata all’attività svolta. In sostanza, deve provare di aver fatto tutto il ragionevolmente possibile per accertarsi che il partner commerciale non fosse una mera ‘cartiera’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati