Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6730 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 6730 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 888 -20 23 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona dei liquidatori e legali rappresentanti pro tempore , NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso, da ll’avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL;
– ricorrente –
contro
Oggetto:
TRIBUTI –
operazioni soggettivamente
inesistenti – giudizio di rinvio
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 636/01/2022 della Commissione tributaria regionale del PIEMONTE, depositata in data 25/05/2022; udita la relazione svolta alla pubblica udienza del giorno 11/12/2024
dal Cons. NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento di quello incidentale . udito, per la controricorrente, l’Avvocato dello Stato dott. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento di quello incidentale;
FATTI DI CAUSA
L ‘Agenzia delle entrate, sulla scorta delle risultanze della verifica fiscale condotta dalla G.d.F. nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, compendiate nel processo verbale di constatazione del 15/12/2008, emetteva nei confronti della predetta società contribuente diversi avvisi di accertamento con i quali recuperava a tassazione, in riferimento agli anni d’imposta dal 2002 al 2006, somme relative ad IVA indebitamente detratta, perché ritenute attinenti ad operazioni soggettivamente inesistenti, nonché a fatture emesse per un importo inferiore a quello reale (c.d. sottofatturazione).
Avverso gli avvisi di accertamento la società proponeva separati ricorsi innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale (ora Corte di giustizia tributaria di primo grado) di Novara che, riuniti i procedimenti, li accoglieva . L’appello proposto dall’Agenzia delle entrate alla CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado)
del Piemonte veniva da questa accolto con conferma degli atti impositivi impugnati.
La società contribuente proponeva, quindi, ricorso per cassazione deciso con ordinanza n. 336/2021 con cui questa Corte cassava la sentenza d’appello limitatamente alle riprese a tassazione operate con riferimento alle operazioni commerciali poste in essere nei confronti di tre fornitori italiani della RAGIONE_SOCIALE e precisamente la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE di Bianchi Federico e la RAGIONE_SOCIALE, nonché con riferimento alle contestate riprese a tassazione per sottofatturazione e applicazione delle sanzioni, su cui la sentenza d’appello aveva omesso di pronunciarsi.
In sede di rinvio la CTR della Lombardia con la sentenza qui impugnata rigettava l’appello della società contribuente confermando la sentenza di primo grado.
4.1. Hanno premesso i giudici di appello che «Il perimetro del giudizio di rinvio è da desumere dalla motivazione della sentenza di Cassazione, la quale ha accolto il motivo 1) unitamente al motivo 4) limitatamente alle posizioni dei fornitori RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE . La Cassazione ha inoltre accolto il motivo 8) per omessa pronuncia della CTR in punto sottofatturazione emergente in una pluralità di fatture di costi di acquisto con valori inferiori al reale. La CTP aveva accolto lo specifico motivo di ricorso, sull’appello dell’Ufficio la CTR aveva accolto integralmente l’impugnazione senza però indicare la decisione sul punto. L’Ufficio sostiene che si sarebbe formato il giudicato per l’annualità 2006, in quanto il ricorso per cassazione proposto dalla società era limitato alle annualità 2002, 2003, 2004 e 2005. Dall’esame del ricorso per Cassazione risulta che il motivo 8) non riporta anche l’accertamento per l’anno 2006, ma considerando che la CTR ha omesso di pronunciarsi per tutte le annualità e quindi manca una decisione specifica e che la sentenza
di Cassazione ha rilevato tale omessa pronuncia è da ritenersi che non vi sia una decisione suscettibile di passaggio in giudicato»
4.2. Nel merito la sentenza afferma:
che dalle allegazioni al PVC risultavano elementi indiziari quali l’assenza di una struttura aziendale, un rilevante volume di acquisti di automezzi a pochi mesi dall’inizio attività, l’evasione totale dei fornitori dal versamento dell’ IVA, un modesto margine di ricarico sugli acquisti -che facevano ritenere corretta la presunzione dell’Ufficio che la società fornitrice RAGIONE_SOCIALE fosse inserita in una frode carosello come società filtro;
-che sul recupero operato con riferimento all’anno d’imposta 2006 per differenza tra quanto dichiarato e quanto contabilizzato, nulla aveva opposto la ricorrente;
che , quanto alla sottofatturazione che l’amministrazione finanziaria aveva fondato sulle dichiarazioni dei clienti, esclusa, anche da questa Corte nell’ordinanza di rinvio, la rilevanza della perizia di parte, doveva ritenersi corretta la ripresa fatta dall’Ufficio per la mancata esposizione in fattura dei costi del ritiro dell’usato;
che, infine, il motivo di ricorso relativo alla disapplicazione delle sanzioni per le obiettive condizioni di incertezza sulla portata della norma era inammissibile perché genericamente formulato, non risultando indicata la norma, rilevando, in ogni caso , che l’art. 60 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 in tema di solidarietà nel pagamento dell’imposta non poteva considerarsi norma sanzionatoria.
Avverso tale statuizione d’appello la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad otto motivi, illustrati con memoria , cui replica l’intimata con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un motivo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l ‘«illegittimità della
sentenza per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto. Violazione degli artt.li 8 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 10 comma 3 d.lgs. 27 luglio 2000, n. 212 e 6 comma 2 d.lvo 472/1997, e ciò anche in relazione all’art. 60 bis dpr 633/72 (ed altresì art. 19 dpr 633/72) e con riferimento alla domanda avanzata in via subordinata da NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE di disapplicazione delle sanzioni ricorrendone i presupposti di legge. in tema di indetraibilità IVA».
1.1. Sostiene la ricorrente che sebbene la CTR avesse preso «parziale, contraddittoria ed incompleta posizione sulla ammissibile e fondata domanda» di disapplicazione delle sanzioni per obiettiva incertezza sulla portata delle norme che nella specie venivano in rilievo, con statuizione che oltre ad essere contraddittoria e succinta, tanto da sconfinare in mera apparenza, comunque non aveva né «assolto ai principi enunciati in sede di rinvio» né aveva «correttamente motivato, nuovamente incorrendo in errore di legittimità per violazione di Legge».
1.2. Il motivo è inammissibile ed infondato.
1.3. E’ inammissibile là dove la ricorrente, pur dando atto che la statuizione impugnata aveva ritenuto generico, e quindi inammissibile, il motivo di ricorso originariamente proposto dalla ricorrente, per difetto di indicazione della disposizione di cui si deduceva l’incertezza interpretativa ed applicativa , non l’ha sanata neppure in questa sede ove ha fatto riferimento a genericissime «disposizioni di riferimento» e al «telaio normativo di riferimento», in buona sostanza omettendo, anche nel ricorso in esame, di indicare a quali disposizioni avesse fatto riferimento nell’originario ricorso, che non ha né riprodotto nelle sue parti rilevanti, né allegato con contestuale specifica localizzazione del motivo ivi proposto, così incorrendo nel difetto di specificità declinato all’art. 366 , primo comma, n. 6, cod. proc. civ. e che prescrive a carico del ricorrente per cassazione che si è visto rigettare il motivo di impugnazione per
genericità dello stesso, secondo quanto reiteratamente ribadito da questa Corte, anche in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME RAGIONE_SOCIALE c/Italia), «l’ onere di precisare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto al giudice d’appello, riportandone il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità, non potendo limitarsi a rinviare all’atto di appello» (Cass. n. 24048 del 06/09/2021, Rv. 662388 -01; in termini anche Cass. n. 3612/2022; Cass. n. 22880/2017).
1.4. Il motivo è comunque infondato con riferimento alla censura, peraltro formulata senza specifica indicazione del corrispondente paradigma normativo, di mera apparenza della motivazione resa dai giudici di appello, che invece è assolutamente chiara ed intellegibile nell’affermare che il motivo di ricorso proposto ai sensi dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997 era generico perché non era stata specificata la norma di incerta applicazione. Inoltre, diversamente da quanto pure censurato dalla ricorrente, la motivazione della sentenza d’appello non è neppure contraddittoria quando fa comunque riferimento all’art. 60 -bis del d.P.R. n. 633 del 1972 dettato in tema di solidarietà nel pagame nto dell’imposta , giacché tale disposizione, che a differenza di quanto sostenuto nel ricorso, era applicabile a decorrere dall’1/1/2005 , non soltanto non è, come correttamente affermato dalla CTR, norma sanzionatoria, ma neppure idonea, come sembra sostenere la ricorrente nell’articolato motivo, a giustificare l’inapplicabilità delle sanzioni.
1.5. Premesso che l’incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, postula una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria (arg., ex multis , da Cass. n. 4522/2013; Cass. n. 23845/2016; Cass. n.
18718/2018; Cass. n. 17529/2019). Pertanto, affinché operi l’esimente di cui all’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, è necessario che l’incertezza , che deve avere carattere oggettivo, ricada sull ‘ interpretazione di una disposizione la cui violazione comporti l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria.
Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. Totale omessa pronuncia circa la domanda avanzata in via subordinata da NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE di disapplicazione delle sanzioni ricorrendone i presupposti di legge in relazione ai profili di contestata sottofatturazione».
2.1. Si sostiene che la denuncia di omessa motivazione non è riferita «solo alla questione della disapplicazione delle sanzioni con riferimento al recupero Iva, ma altresì, e testualmente, anche alla fattispecie relativa al recupero di imposta per contestate sottofatturazioni».
2.2. Il motivo è manifestamente infondato in quanto, anche a voler prescindere dal rilievo che le contestate sottofatturazioni conducevano comunque ad un recupero IVA e che, pertanto, non potevano farsi distinzioni di sorta, che la ricorrente neppure deduce di aver effettuato in sede di impugnazione, i giudici di appello, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, hanno pronunciato sulla disapplicazione delle sanzioni senza operare alcun distinguo al riguardo. Ed infatti, si legge nella sentenza d’appello (ultima pagina) che «il motivo di ricorso sulla disapplicazione delle sanzioni formulata con riferimento alle obiettive condizioni di incertezza sulla portata della norma è inammissibile per genericità non risultando indicata la norma e per quanto riguarda la indicazione dell ‘art. 60 bis d. p.r. IVA in tema di solidarietà nel pagamento dell’imposta non è norma sanzionatoria».
2.3. È ben evidente che la statuizione riguardava tutte le disposizioni che venivano in rilievo e che conducevano all’applicazione di sanzioni sen za alcun distinguo sul tipo di recupero effettuato, che, come detto, nemmeno la ricorrente ha dato atto di aver effettuato.
2.4. In ogni caso, con riferimento al merito della censura, vanno replicate le medesime considerazioni svolte esaminando il primo mezzo d’impugnazione.
Con il terzo motivo viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto violazione dell’art. 2697 c.c. nonch é degli art.li 2727 c.c. e 2729 c.c. in relazione alla assoluta erroneità nella valutazione di ricorrenza ed applicabilità del principio sancito dall’art. 17 direttiva 17.5.1997 n. 77/388/CEE in tema di indetraibilità e conseguente violazione dell’art. 19 D.P.R. 633/1972 ed altresì art. 60 bis DPR 633/72. Erronea valutazione in punto di onere della prova e di elementi presuntivi e/o probatori. E ciò in relazione al profilo della asserita indetraibilià dell’ I.V.A.»
3.1. Il motivo è stato correttamente dedotto con riferimento ai soli rapporti intercorsi tra la società contribuente e l’RAGIONE_SOCIALE posto che, come si dirà esaminando il quinto motivo di ricorso, i giudici di appello hanno omesso di pronunciarsi in relazione alle riprese a tassazione operate dall’amministrazione finanziaria con riferimento alle operazioni intercorse tra la società contribuente, da un lato, e la RAGIONE_SOCIALE di Bianchi Federico e la RAGIONE_SOCIALE , dall’altro.
3.2. La ricorrente sostiene che un operatore economico in buona fede non avrebbe potuto «avvedersi o scoprire che il proprio fornitore sia una cartiera sulla base di rilievi come: un rilevante volume di affari a pochi mesi dall’inizio dell’attività o fornitori evasori totali Iva o modesto margine di ricarico sugli acquisti», ovvero sulla base degli
«’indicatori’ valorizzati dall’Ufficio e ritrascritti a pagina 22 e 23 sentenza impugnata» avrebbero ben dovuto esser connotati e scrutinati come di impossibile conoscenza da parte di NOME COGNOME anche attraverso l’esercizio di diligenza estrema ».
3.3. Il motivo è manifestamente infondato in quanto in esso la ricorrente fa riferimento ad una serie di elementi indiziari elencati nel p.v.c. della G.d.F., omettendo però di considerare che la sentenza impugnata ha accertato che la RAGIONE_SOCIALE emittente di fatture riprese a tassazione, era una società priva «di una struttura aziendale», e ciò è sufficiente, secondo il consolidato orientamento di questa Corte in materia (da Cass. n. 9851 del 10/04/2018 seguita da molte altre; v. Cass. n. 5339 del 27/02/2020; Cass. n. 15369 del 20/07/2020; più recentemente, Cass. 25891 del 2023; in linea con Corte di giustizia, 22 ottobre 2015, Ppuh, C-277/14 e, recentemente, 11 novembre 2021, RAGIONE_SOCIALE, C-281/20), per far ritenere assolto da parte dell’amministrazione finanziaria l’onere , sulla stessa incombente, di provare l’oggettiva fittizietà del fornitore e la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, con la precisazione che la prova può essere anche solo indiziaria e, quanto alla ‘consapevolezza d el destinatario’, l’oggetto specifico dell’onere incombente sull’amministrazione finanziaria non è costituito dalla prova della partecipazione del soggetto all’accordo criminoso né dalla prova della sua piena consapevolezza della frode ma solo che il contribuente ‘sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale’. Ed è ciò che si verifica quando le operazioni commerciali vengono effettuate, come accaduto nel caso di specie, con una società priva di struttura aziendale, sicché si sposta sul contribuente l’onere della prova contraria, ovvero di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione
fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto. Prova che nel caso in esame i giudici di appello hanno affermato non essere stata fornita dalla società contribuente che «non indica quali verifiche sulla sussistenza del contraente abbia posto in essere, che nulla viene opposto in concreto sulla esistenza di una azienda (locali, personale, sede operativa) e sul punto dovendosi dare credito a quanto verificato dalla G.d.F.».
Con il quarto motivo viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la «omessa e/o solo apparente e/o comunque gravemente insufficiente e/o altresì contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio quali l’assenza di prove o fondate presunzioni da parte dell’agenzia delle entrate e circa invece l’assolvimento di onere probatorio in punto di buona fede ed estraneità a sistemi fraudolenti da parte di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE E ciò in relazione al profilo della asserita indetraibilità dell’I.V.A.».
4.1. La censura è inammissibile per evidente ed insuperabile difetto di specificità del motivo che evidenzia una sostanziale mescolanza e sovrapposizione di censure, che dà luogo all’inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili (Cass., n. 26874 e n. 8915 del 2018, n. 22343 del 2018 non massimata, nonché Cass. n. 9470 del 2008, n. 19443 del 2011, n. 9793 del 2013; in termini anche Cass. Sez. U., n. 9100 del 2015 e, in motivazione, Cass. n. 17526 del 2016 che richiama Sez. U. n. 26242 del 2014 e Sez. U. n. 17931 del 2013), non risultando specificamente separata la trattazione delle doglianze relative alla «omessa e/o apparente» motivazione da quelle attinenti alla pure dedotta «gravemente insufficienza e/o contraddittorietà»
motivazionale, che coinvolge i profili attinenti alla ricostruzione del fatto.
4.2. E’ assolutamente consolidato l’orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo cui l’articolazione in un singolo motivo di più profili di doglianza costituisce ragione d’inammissibilità quando – come nel caso di specie – non sia possibile ricondurre tali diversi profili a specifici motivi di impugnazione, dovendo le doglianze, anche se cumulate, essere comunque formulate in modo tale da consentire un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi (Cass., Sez. II, 23 ottobre 2018, n. 26790; Cass., Sez. III, 17 marzo 2017, n. 7009).
4.3. A ciò aggiungasi che l’inammissibilità del motivo in esame discende anche dall’assoluta contraddittorietà logica della contestuale deduzione del difetto assoluto, da un lato, e di carenza, dall’altro, della motivazione della sentenza impugnata.
4.4. E’ evidente che l’incertezza del parametro di legittimità denunciato dal ricorrente determina, ex se , l’inammissibilità dei motivi, non essendo alla Corte demandato il compito di ricercare quale sia la effettiva critica mossa dalla parte alla sentenza impugnata, e non potendo ritenersi ricompreso nel compito di nomofilachia assegnato al Giudice di legittimità anche l’individuazione del vizio in base al quale poi verificare la legittimità della sentenza impugnata, come emerge dal combinato disposto degli artt. 360 e 366, primo comma, n. 4, c.p.c., che riservano in via esclusiva tale compito alla parte interessata (cfr. Cass. n. 4610 del 2016, che richiama Cass. Sez. 3^, n. 18242 del 2003; Sez. 1^, n. 22499 del 2006, con specifico riferimento al caso in cui il ricorrente non aveva indicato le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata e non aveva formulato censure specifiche contro di esse; Sez. 1^, n. 5353 del 2007; Sez. 3^, n. 18421 del 2009; Sez. 1^, n. 19443 del 2011 e Sez. 3^, n. 3248 del 2012).
4.5. Peraltro, anche a voler ritenere che la ricorrente abbia voluto dedurre il solo vizio logico di motivazione ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il motivo sarebbe in ogni caso inammissibile in quanto, nella specie, la censura è formulata dalla ricorrente con riferimento a fatti del tutto privi di decisività.
4.6. Invero, la ricorrente sostiene di aver «dimostrato, eccepito e pienamente provato» di aver regolarmente pagato a mezzo assegni bancari tutte le fatture ricevute dai cinque fornitori oggetto di contestazione, di aver annotato e registrato tutte le fatture e di averle regolarmente saldate a mezzo assegni bancari, di aver acquistato dai fornitori verificati a prezzi medi e normali di mercato e rivenduto le autovetture ai propri clienti a prezzi medi e normali di mercato, di non aver mai acquistato sottocosto, di aver ricavato dalle vendite delle autovetture un profitto e un guadagno del tutto normali, congrui ed allineati ai prezzi di mercato e, infine, di aver tenuto una contabilità regolare. Tali circostanze, però, non sono affatto decisive ai fini che qui rilevano, in quanto, in base al consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di prova nell’ambito delle operazioni soggettivamente inesistenti (di cui si detto al precedente par. 3.3.), la parte contribuente non può invocare a suo favore la regolarità della contabilità, la regolarità e congruità dei pagamenti o la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi. Questo perché si tratta di circostanze – le prime -già insite nella stessa nozione di operazione soggettivamente inesistente (e relative a dati e documenti facilmente falsificabili), e l’ultima – perché riferita ad un dato di fatto esterno alla fattispecie ed inidoneo di per sé a dimostrare l’estraneità alla frode.
Con il quinto motivo viene dedotta , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata «per omessa/insufficiente motivazione in violazione
dell’art. 36 del d. lgs. n. 546/1992 e dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e/o nullità della sentenza per violazione art. 112 c.p.c., violazione in relazione a totale mancata pronuncia in relazione alle fattispecie riferite ai due fornitori RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, e con riferimento a quanto oggetto di annullamento e rinvio».
5.1. Il motivo, con cui sostanzialmente si lamenta che i giudici di appello non avevano esaminato i rapporti tra la società contribuente e i due suddetti fornitori, avendo limitato l’esame ai soli rapporti commerciali intercorsi tra la società contribuente e la RAGIONE_SOCIALE, è fondato e va accolto in quanto effettivamente la sentenza d’appello ha del tutto ignorato i rapporti che la RAGIONE_SOCIALE aveva avuto con le altre due fornitrici, RAGIONE_SOCIALE di Bianchi Federico e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
5.2. Rapporti che gli stessi giudici di appello ammettono essere oggetto di rinvio operato da questa Corte con l’ordinanza n. 336 del 2021, affermando che «Il perimetro del giudizio di rinvio è quindi da desumere dalla motivazione della sentenza di Cassazione, la quale ha accolto il motivo 1) unitamente al motivo 4) limitatamente alle posizioni dei fornitori RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ritenendo insufficienti gli elementi di soggettivazione indicati dalla CTR per fondare la presunzione che le tre imprese svolgessero la funzione di cartiere» e che «Il giudizio di rinvio investe quindi unicamente i fornitori .RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, circa i presupposti per la indetraibilità IVA».
5.3. Nonostante ciò, però, la sentenza d’ appello ha tralasciato di esaminare e statuire sui rapporti tra la società contribuente e le due fornitrici sopra indicate non contenendo alcuna argomentazione al riguardo. Si impone, pertanto, l’accoglimento del motivo che, richiedendo accertamenti di fatto, rende necessario il rinvio alla CGT
di secondo grado del Piemonte affinché provveda a sanare la rilevata omissione.
Con il sesto motivo viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto violazione dell’art. 2697 c.c. nonché degli art.li 2727 c.c. e 2729 c.c. -violazione dell’art. 163 del d.p.r. n. 917/1986 e dell’art. 53 cost. -in relazione al mancato assolvimento dell’onere probat orio a carico dell’agenzia in ordine alla contestata asserita sottofatturazione. E ciò in relazione al profilo della asserita ed indimostrata sottofatturazione».
6.1. Sostiene la ricorrente che «Con riferimento al rilievo riferito alla sottofatturazione la sentenza qui gravata poggia su motivazione poco intellegibile, poco comprensibile, sicuramente erronea».
6.2. Sostiene, inoltre, di aver «sempre contestato e ribadito» che:
«Nessuna sottrazione di ricavi vi è mai stata né tantomeno controparte ha saputo dimostrare le proprie infondate tesi e prospettazioni in qualche modo;
–NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE ha illustrato le modalità seguite dall’Azienda nei casi di vendita di autoveicolo nuovo con ritiro dell’usato: il meccanismo di vendita praticato in tali circostanze è quello seguito da tutte le aziende che operano nel settore ed era basato su un metodo di fidelizzazione del Cliente finale al quale veniva accordata, in caso di acquisto di un veicolo nuovo, una sopravvalutazione dell’usato che veniva ritirato in permuta;
Solitamente il maggior valore accordato corrispondeva allo sconto che veniva praticato ad altro Cliente che non aveva esigenze di permuta dell’usato;
Costituisce infatti fatto notorio e pacifico che il Cliente finale tende sempre ad attribuire al veicolo che possiede un valore normalmente superiore a quello di mercato e, quindi, se gli venisse
proposto un prezzo di ritiro pari a quello reale, sarebbe inevitabilmente indotto a rivolgersi ad altra concessionaria;
E proprio con il metodo della sopravvalutazione il Cliente finale si sente gratificato e meglio predisposto all’acquisto dell’autovettura nuova;
Il concessionario opera quindi una partita di giro: ciò che viene riconosciuto come maggior valore dell’usato si compensa con ciò che sarebbe stato concesso come sconto sull’acquisto del veicolo nuovo;
-La stessa Guardia di Finanza non contesta l’occultamento di ricavi da parte di NOME COGNOME ma semplicemente che la ricorrente avrebbe dovuto seguire la linea di esporre lo sconto sulla fattura di vendita ed avrebbe dovuto segnare sul registro di carico dell’usato il valore di ritiro così pattuito con il Cliente;
-In ogni caso le infondate contestazioni mosse dall’Agenzia porterebbero ad una situazione di duplicazione di ricavi e di relative imposte sicuramente in stridente contrasto con i principi di capacità contributiva di cui all’art. 53 della Costituzione nonché con il divieto di doppia imposizione dettato, regolamentato e previsto dall’art. 163 del T.U.I.R.;
Non vi è stata alcuna evasione di imposte ed NOME COGNOME ha sempre esposto in fatture i corrispettivi effettivamente e realmente incassati dai clienti finali;
Di tutte le circostanze che precedono la ricorrente ha fornito prova certa e sicura producendo, tra l’altro, analitica e dettagliata perizia redatta e predisposta dal perito assicurativo NOME COGNOME attestante e comprovante come tutte le vendite in favore dei clienti finali avvenissero a prezzi medi e normali di mercato».
6.3. Sostiene, quindi, la ricorrente che l’amministrazione finanziaria, che ne era onerata, non aveva «mai dimostrato e provato l’intervenuta sottofatturazione e il conseguimento di maggiori ricavi da parte della Società Contribuente», non vendo svolto «alcun
accertamento analitico e tanto meno documentale», essendosi invece «limitato a contestare del tutto infondatamente una asserita violazione di natura formale ovvero la mancata registrazione sul registro di carico del valore dell’usato pattuito con il Cliente» .
6.4. Il motivo è inammissibile ed è anche infondato.
6.5. In relazione alla contestata sottofatturazione, i giudici di appello hanno sostenuto in sentenza che l’amministrazione finanziaria aveva fondato la ripresa a tassazione sulle dichiarazioni acquisite dai clienti della società contribuente; che era stata questa Corte nell’ordinanza di rinvio ad escludere la rilevanza della perizia di parte e che, in definitiva, doveva ritenersi corretta la ripresa fatta dall’Ufficio per la mancata esposizione in fattura dei costi del ritiro dell’usato.
6.6. Da tale statuizione discende, da un lato, che non vi è stata alcuna inversione dell’onere probatorio, perché a fronte di una sottofatturazione emergente da inequivocabili elementi probatori, quali erano le dichiarazioni dei clienti della società contribuente, i giudici di appello hanno ritenuto correttamente assolto da parte del l’amministrazione finanziaria l’ onere probatorio sulla stessa incombente, sicché spettava alla società contribuente fornire l’eventuale prova contraria; dall’altra, che tale prova contraria non era stata offerta, all’uopo non essendo utile la perizia prodotta dalla società contribuente per la ragione indicata dai giudici di appello.
6.7. In buona sostanza, la ricorrente con il motivo in esame sotto lo schermo del vizio di violazione di legge intende rimettere in discussione l’accertamento in fatto e, quindi, la valutazione delle prove operate dai giudici di appello, richiedendo al giudice di legittimità un nuovo giudizio meritale a questa Corte precluso (arg. da Cass., Sez. U, n. 34476 del 27/12/2019, Rv. 656492 – 03).
6.8. Al riguardo va ricordato il principio giurisprudenziale in base al quale «In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di
legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione» (Cass. n. 26110 del 2015; conf., ex multis , Cass. n. 9097 del 2017, n. 24155 del 2017, n. 29404 del 2017), nella specie neppure dedotto.
6.9. D’altro canto è noto che «Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione» (Cass. n. 9097 del 2017; conf., ex multis , Cass. n. 29404 del 2017).
Quanto appena detto rende evidente l’infondatezza , oltre che l’inammissibilità, anche del settimo motivo di ricorso con cui viene dedotta la nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all’art. 112 cod. proc. civ., in relazione al profilo della «asserita ed indimostrata sottofatturazione». In particolare, sostiene che la CTR aveva omesso di pronunciarsi sulle questioni dedotte con riferimento al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte dell’amministrazione
finanziaria; alla corrispondenza, neppure contestata dall’amministrazione finanziaria, dei prezzi praticati con quelli medi e normali di mercato; al versamento delle imposte dovute con riferimento alle fatture di vendita emesse; all’illegittima ed ingiusta duplicazione di ricavi e di relative imposte; all’impossibilità di ritenute fondato il rilevo riferito alla sottofatturazione sulla base dell’asseri ta violazione formale consistente nella mancata annotazione del valore dell’usato sul relativo registro; al l’infondatezza della pretesa erariale desumibile dalle prove contrarie fornite da essa società contribuente (ricorso, pagg. 50 e 51).
7.1. Innanzitutto, non può prescindersi dal rilievo di inammissibilità del motivo per l’evidente difetto di specificità che lo connota, non essendosi la ricorrente attenuta al consolidato orientamento di questa Corte circa le modalità di formulazione del motivo di omessa pronuncia, posto che le domande assertivamente omesse sono riprodotte soltanto per riassunto all’interno del motivo di ricorso e senza alcuna localizzazione negli atti del giudizio di merito.
7.2. In motivo è comunque infondato in quanto le «difese, eccezioni e domande avanzate dalla RAGIONE_SOCIALE» (ricorso, pag. 50) su cui la sentenza d’appello ha omesso di pronunciarsi , devono ritenersi implicitamente rigettate.
7.3. E’ noto, infatti, che n on ricorre il vizio di omessa pronuncia ove la decisione comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione, da ritenersi ravvisabile quando la pretesa non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia, nel senso che la domanda o l’eccezione, pur non espressamente trattate, siano superate e travolte dalla soluzione di altra questione, il cui esame presuppone,
come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza (cfr., tra le più recenti, Cass. n. 25710 del 2024).
7.4. Si è già detto, esaminando il sesto motivo di ricorso, che i giudici di appello hanno ritenuto fondata la ripresa tassazione per le operazioni sottofatturate sulla scorta delle dichiarazioni acquisite dai clienti della società contribuente, escludendo la rilevanza della perizia di parte, e ciò comporta necessariamente il rigetto di quelle questioni che la ricorrente ha dedotto nel motivo, non occorrendo una specifica argomentazione in proposito. «È quindi sufficiente quella motivazione che fornisce una spiegazione logica ed adeguata della decisione adottata, evidenziando le prove ritenute idonee a suffragarla, ovvero la carenza di esse, senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi» (così in Cass. n. 7662 del 2020).
Con l’ottavo ed ultimo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ. e/o dell’art. 92 cod. proc. civ., sostenendo che aveva errato la CTR a compensare le spese processuali del giudizio di legittimità per reciproca soccombenza, benché il ricorso per cassazione proposta da essa ricorrente avesse avuto esito positivo con accoglimento di quattro dei motivi proposti.
8.1. Per come chiaramente si evince dalle argomentazioni decisorie di merito, il giudice di appello ha ravvisato i presupposti della compensazione delle spese del giudizio di legittimità nella soccombenza reciproca ex art. 92, secondo comma, cod. proc. civ.
8.2. Ciò posto, deve farsi applicazione del principio secondo cui «In tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per
cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi» (Cass., Sez. 5, ord. n. 8421 del 31/03/2017, Rv. 643477 -02; in termini già Cass. n. 15317 del 2013; conf. Cass. n. 24502 del 2017).
8.3. Il motivo va, pertanto, rigettato.
Va, a questo punto, esaminato il motivo di ricorso incidentale con cui l’Agenzia controricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. «con riferimento all’ultrapetizione in cui è incorso il Giudice del rinvio allorquando ha ritenuto di potersi pronunciare anche in relazione all’annualità di imposta 2006».
9.1. Si sostiene nel motivo che la CTR aveva erroneamente omesso di rilevare che l’annualità 2006 «non rientra nell’oggetto del contendere definito in base alle domande di parte», posto che i rilievi mossi con l’avviso di accertamento emesso per l’anno d’im posta 2006 «dovevano considerarsi definitivi, non avendoli controparte inseriti a suo tempo nell’ottavo motivo del suo primo ricorso per cassazione». Ma «Il Giudice del rinvio, pur dando atto dell’assenza del richiamo dell’avviso di accertamento per l’anno 2006 nel motivo col quale la società aveva eccepito la nullità della sentenza di appello, per la presunta omessa pronuncia sui rilievi aventi ad oggetto la sottofatturazione, ha concluso per la non definitività degli stessi rilievi sopra citati», così incorrendo nel lamentato vizio di ultrapetizione.
9.2. Il motivo è fondato e va accolto.
9.3. E’ la stessa CTR a dare atto nella sentenza impugnata che « Dall’esame del ricorso per Cassazione risulta che il motivo 8) non riporta anche l’accertamento per l’anno 2006» , sicché avrebbe dovuto omettere di pronunciare su tale annualità, su cui si era
formato il giudicato interno con riferimento alla prima sentenza d’appello non oggetto sul punto di impugnazione con il primo ricorso per cassazione, ma su cui la CTR ha invece statuito come chiaramente emerge dal contenuto della sentenza impugnata dove si legge, da un lato, che i giudici del primo appello avevano «omesso di pronunciarsi per tutte le annualità e quindi manca una decisione specifica e che la sentenza di Cassazione rilevato tale omessa pronuncia», sicché non vi era «una decisione suscettibile di passaggio in giudicato», e dall’altro che «Sul recupero 2006 sub d) per differenza tra dichiarato e contabilizzato nulla oppone la ricorrente». Errata è, con tutta evidenza, la ragione addotta dai giudici di appello per ricomprendere tale annualità nel thema decidendum , fondata sul rilievo che la prima sentenza d’appello, successivamente cassata, aveva omesso di pronunciare sui recuperi a tassazione per sottofatturazione relativi anche all’annualità 2006, ma tale questione, come correttamente dedotto dal ricorrente incidentale, avrebbe dovuto costituire oggetto di specifico motivo di ricorso per cassazione, nella specie, invece, non proposto, come peraltro ammette la stessa società contribuente nella memoria illustrativa in cui sostiene di non aver mai inteso rinunciare all’impugnazione della prima statuizione d’appello con riferimento all’anno 2006 anche se di fatto aveva «esplicitamente citato le annualità 2003 -2005» ma «dato per ovvio il riferimento ad ogni anno di imposta compresa l’annualità 2006».
10. In estrema sintesi, va accolto il quinto motivo di ricorso principale ed il motivo di ricorso incidentale e rigettati tutti gli altri motivi di ricorso principale. La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il quinto motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale e rigetta tutti gli altri motivi del ricorso principale. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 11 dicembre 2024