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Operazioni soggettivamente inesistenti: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6221/2024, ha rigettato il ricorso di un’azienda coinvolta in una frode carosello. La Corte ha confermato che l’Amministrazione Finanziaria ha assolto al proprio onere probatorio dimostrando, anche tramite presunzioni, la consapevolezza del contribuente di partecipare a operazioni soggettivamente inesistenti. L’azienda non è riuscita a fornire la prova contraria di aver agito con la massima diligenza per evitare il coinvolgimento nella frode fiscale.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni soggettivamente inesistenti: l’onere della prova e la diligenza dell’operatore

Con la recente ordinanza n. 6221/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul delicato tema delle operazioni soggettivamente inesistenti nell’ambito delle frodi carosello, delineando con chiarezza i confini dell’onere probatorio a carico dell’Amministrazione Finanziaria e la diligenza richiesta all’imprenditore. La decisione ribadisce principi fondamentali per chi opera in settori a rischio, sottolineando che la regolarità formale delle transazioni non è sufficiente a escludere il coinvolgimento in un meccanismo fraudolento.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore dei metalli si è vista recapitare due avvisi di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava la detrazione dell’IVA relativa agli anni 2009 e 2010. Secondo l’Amministrazione, la società era stata coinvolta, in qualità di interponente, in una complessa frode carosello. Le operazioni commerciali, pur essendo materialmente avvenute, erano considerate soggettivamente inesistenti, in quanto realizzate con l’interposizione fittizia di società ‘cartiera’ (missing trader), riconducibili a un unico soggetto gestore della frode.

Il giudice di primo grado aveva inizialmente accolto i ricorsi della società, ritenendo non provato il suo coinvolgimento nella frode. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale, in appello, ha riformato la decisione. Il giudice d’appello ha valorizzato gli elementi raccolti dall’Agenzia delle Entrate, che dimostravano come le società interposte fossero prive di struttura, evasori totali e gravate da ingenti passività. Contro questa sentenza, la società ha proposto ricorso per cassazione, articolato in dieci motivi.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso della società, confermando la sentenza d’appello e condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali. I giudici di legittimità hanno esaminato e respinto ogni singola doglianza, ritenendo l’operato della Commissione Tributaria Regionale corretto sia dal punto di vista procedurale che sostanziale.

Le Motivazioni: la prova delle operazioni soggettivamente inesistenti

Il cuore della decisione risiede nella definizione dell’onere della prova. La Corte ha ribadito che, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, l’Amministrazione Finanziaria ha il compito di dimostrare due elementi fondamentali:

1. L’oggettiva fittizietà del fornitore: ovvero che la società indicata in fattura è un soggetto interposto e non la reale controparte commerciale.
2. La consapevolezza del destinatario: ossia che il contribuente sapeva, o avrebbe dovuto sapere usando l’ordinaria diligenza, che l’operazione si inseriva in un’evasione dell’imposta.

Questa prova può essere fornita anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti. Nel caso di specie, elementi come l’antieconomicità delle operazioni (acquisti rivenduti sottocosto), la natura delle società fornitrici (prive di struttura e inadempienti agli obblighi fiscali) e la costante interlocuzione con il gestore della frode sono stati considerati sufficienti a dimostrare la consapevolezza della società ricorrente.

Una volta che l’Amministrazione ha fornito tali prove, l’onere si sposta sul contribuente, il quale deve dimostrare di aver agito con la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per non essere coinvolto nella frode. La mera regolarità formale della contabilità e dei pagamenti non è considerata una prova sufficiente.

La Corte ha anche chiarito che una sentenza penale di assoluzione per gli stessi fatti non ha efficacia automatica di giudicato nel processo tributario. Il giudice tributario può e deve valutare autonomamente le prove, anche se queste provengono dal procedimento penale, alla luce delle diverse regole probatorie che governano i due processi.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 6221/2024 rappresenta un’importante conferma dei principi giurisprudenziali in materia di frodi IVA. Essa serve da monito per gli operatori economici, specialmente in settori ad alto rischio: la diligenza richiesta non si ferma alla verifica formale dei documenti. È necessario un approccio sostanziale, che includa la valutazione della congruità economica delle operazioni e dell’affidabilità delle controparti commerciali. L’incapacità di dimostrare di aver adottato tutte le cautele ragionevoli per assicurarsi della legittimità della transazione può comportare la perdita del diritto alla detrazione dell’IVA e l’applicazione di pesanti sanzioni, anche in assenza di un beneficio economico diretto dalla frode.

Cosa deve provare l’Amministrazione Finanziaria in caso di operazioni soggettivamente inesistenti?
L’Amministrazione Finanziaria deve provare non solo la fittizietà del fornitore indicato in fattura, ma anche, tramite elementi oggettivi e presuntivi, la consapevolezza del destinatario della fattura che l’operazione faceva parte di un’evasione IVA.

Un’assoluzione in sede penale per gli stessi fatti ha valore nel processo tributario?
No, una sentenza penale di assoluzione (specialmente se con la formula ‘perché il fatto non costituisce reato’) non ha efficacia automatica di giudicato nel processo tributario. Il giudice tributario deve valutare autonomamente le prove secondo le proprie regole, pur potendo considerare la sentenza penale come una fonte di prova.

Cosa deve fare un contribuente per dimostrare la propria buona fede e non essere coinvolto in una frode carosello?
Il contribuente deve dimostrare di aver agito con la massima diligenza esigibile da un operatore accorto. Questo va oltre la semplice regolarità contabile e dei pagamenti e include la verifica della sostanza economica dell’operazione e dell’affidabilità del partner commerciale, per assicurarsi di non essere parte di un’operazione fraudolenta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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