Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6221 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6221 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/03/2024
Oggetto: IVA -operazioni soggettivamente inesistenti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24871/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE IN FALLIMENTO, in persona del RAGIONE_SOCIALE rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa anche disgiuntamente dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL), elettivamente domiciliata presso lo RAGIONE_SOCIALE in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna, n.142/12/2020 depositata il 29 gennaio 2020, non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 25 gennaio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna è stato accolto l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 379/2/15 della Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, che aveva riunito e accolto i ricorsi proposti dalla società RAGIONE_SOCIALE, oggi in fallimento, avverso due avvisi di accertamento recanti riprese ad imposizione IVA per gli anni di imposta 2009-10.
In particolare, il controllo fiscale a carico della contribuente ha contestato operazioni soggettivamente inesistenti e il suo coinvolgimento all’interno della frode carosello quale interponente, a fronte di società in funzione di missing trader riconducibili al sig. NOME COGNOME.
Il giudice di prime cure ha accolto i ricorsi introduttivi ritenendo non provato il coinvolgimento della contribuente nella contestata frode carosello.
Il giudice d’appello ha riformato la decisione di primo grado, accertando che le società interposte, evasori totali, sono risultate prive di qualsiasi struttura organizzativa, soggette ad una situazione contabile gravata da ingenti passività o non inadempienti agli obblighi contabili. Il giudice ha concluso che l’Amministrazione ha fornito prova sia dell’interposizione RAGIONE_SOCIALE società ai fini della frode carosello,
sia della conoscibilità dell’interposizione da parte della contribuente, per la qualità professionale ricoperta, per le concrete modalità di realizzazione dell’operazione commerciale contestata e per la costante interlocuzione con il gestore di tali operazioni economiche.
Avverso la sentenza d’appello propone ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE in fallimento, affidato a dieci motivi, cui replica l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Considerato che:
6. Con il primo motivo di ricorso, ai fini dell’art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ., la ricorrente richiede la declaratoria di nullità della sentenza per violazione degli artt. 1 comma 2 e 36 del d.lgs. n.546/92, 132 comma 1 n. 4 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. per apparente motivazione della sentenza impugnata, avendo serbato l’assoluto silenzio: 1) sul contenuto dell’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio limitandosi ad affermare che si trattava di un accertamento che fa seguito ad una verifica e riguarda presunte operazioni soggettivamente inesistenti per acquisti intercorsi con società presunte interposte; 2) sul contenuto del ricorso di primo grado e sulle difese dell’Ufficio; 3) sul contenuto della sentenza di primo grado; 4) sul contenuto dell’appello dell’Ufficio e sulle difese del contribuente.
Il motivo non può essere accolto, perché lo svolgimento del fatto, nella sua sintesi, identifica il contenuto degli atti impositivi e dei motivi di appello e, attraverso di essi il contenuto della sentenza di primo grado oggetto di gravame. Inoltre, nella parte in diritto vengono esposti ulteriori elementi circa l’oggetto RAGIONE_SOCIALE riprese, il contenuto RAGIONE_SOCIALE difese RAGIONE_SOCIALE parti, anche in primo grado, e il complesso della argomentazione della sentenza è così tale da soddisfare il minimo costituzionale.
8. Il secondo motivo censura, in rapporto all’art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione degli artt.53 d.lgs. n.546/1992 e 342 cod. proc. civ., per aver la CTR respinto l’eccezione di difetto di specificità dei motivi d’appello , è
inammissibile. La sentenza impugnata ha esposto un’ampia e razionale motivazione, non censurabile in questa sede nei termini proposti che neppure ripropongono il contenuto dell’atto di appello per poter apprezzare la decisività della questione di difetto di specificità, profilo che comunque dev’essere valutato a fronte del contenuto della decisione di primo grado.
Nel terzo motivo, la ricorrente prospetta, in relazione all’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2 e 20 del d. Lgs. n. 74/2000, 654 c.p.p., 24, 32 e 58 d.lgs.546 del 1992.
La censura, per errore materiale indicata come secondo nel sommario a pag.2 del ricorso e in realtà sviluppata come terza a p.28 del ricorso, è infondata.
10.1. In tema di processo RAGIONE_SOCIALE, il provvedimento di archiviazione pronunciato in sede penale ex art. 408 c.p.p. non impedisce che lo stesso fatto venga diversamente definito, valutato e qualificato dal giudice RAGIONE_SOCIALE, poiché, a differenza della sentenza pronunciata all’esito del dibattimento, detto decreto ha per presupposto la mancanza di un processo e non dà luogo ad alcuna preclusione, non rientrando nemmeno tra i provvedimenti dotati di autorità di cosa giudicata giusta il disposto dell’art. 654 c.p.p. (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 16649 del 04/08/2020).
Egualmente, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione, emessa con la formula ‘perché il fatto non sussiste’, non assume automaticamente efficacia di giudicato nel processo RAGIONE_SOCIALE. Pertanto, se i fatti ritenuti rilevanti in sede penale sono gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, la sentenza penale può essere valutata come fonte di prova dal giudice RAGIONE_SOCIALE che ne verifica la rilevanza nell’ambito del contenzioso RAGIONE_SOCIALE in esame, sulla base della consolidata giurisprudenza di Cassazione (ordinanza n. 17258 del 27/06/2019 e sentenze nn. 10578 del 22/5/2015 e 5720 del 12/3/2007).
10.2. La CTR ha correttamente preso in considerazione alle pagg.3 e 4 della sentenza il fatto che il RAGIONE_SOCIALE rappresentante pro tempore
della società è stato assolto con la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia n.388/15 perché il fatto non costituisce reato. Pur non menzionando espressamente tale sentenza, è ad essa che chiaramente la motivazione fa riferimento, come riconosce la stessa contribuente, pur lamentandosi del fatto che il giudice d’appello non averne realmente preso in considerazione il contenuto della decisione penale. Tuttavia, se è indubbio che il giudice l’abbia considerata, è altresì acquisito che, nella autonomia valutativa propria della distinzione tra il processo RAGIONE_SOCIALE e quello penale, la CTR potesse non ritenere il fatto decisivo, con conseguente infondatezza della censura.
11. La quarta censura della contribuente -in relazione all’ art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ. -prospetta la nullità della sentenza in violazione dell’art.112 cod. proc. civ. e per motivazione non intelleggibile, contraddittoria e apparente in violazione degli artt. 36 comma 2 e 61 del d.lgs. n.546/92, per non aver statuito in alcun modo in merito alla legittimità o meno dell’avviso di accertamento NUMERO_DOCUMENTO emesso a carico della società per l’anno 2010. 12. Il motivo è affetto da concorrenti profili di inammissibilità e infondatezza. Il mezzo è inammissibile, innanzitutto per come è concepito, declinando un ventaglio di profili di censura tra loro incompatibili come ad es. il vizio motivazionale per contraddittorietà e la violazione di legge per omessa pronuncia, nonché la motivazione apparente, profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, in un cumulo di doglianze precluso per consolidata interpretazione giurisprudenziale (Cass. 22 settembre 2014 n. 19959). In ogni caso, la pronuncia è presente, alle pagg.5 e 6 della sentenza impugnata, nei seguenti termini: « Ciò posto con riferimento all’interpretazione costante della giurisprudenza di merito di questa Commissione e della suprema Corte, va qui in primo luogo dato ingresso alle risultanze istruttorie acquisite dall’RAGIONE_SOCIALE e poste a fondamento dell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO (…) ». Inoltre, l’ampia argomentazione svolta su « il ruolo assolto da NOME COGNOME
nelle operazioni oggetto di contestazione (…) » (v. p.6 sentenza), sul ruolo RAGIONE_SOCIALE società interposte, sulla « moltiplicazione degli interlocutori formali pur a fronte della unicità dell’operazione economico reale di ogni transazione commerciale » (cfr. p.7 sentenza) ecc … soddisfa sicuramente il minimo costituzionale e non è una argomentazione contraddittoria, bensì coerente con la giurisprudenza della Sezione in materia di operazioni soggettivamente inesistenti.
13. Con il quinto motivo la ricorrente – ai fini dell’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. -lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., nonché violazione degli artt. 167 e ss. della Direttiva n. 2006/112 e dell’art. 19, d.P.R. 600/1973, per aver la CTR fatto malgoverno dei principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza interna e comunitaria in punto di onere della prova circa l’elemento soggettivo con riferimento alle contestate operazioni.
13.1. Il capo impugnato è quello in cui la sentenza afferma « Il ruolo assolto da NOME COGNOME nelle operazioni oggetto di contestazione intervenute con il soggetto comunitario RAGIONE_SOCIALE e le diverse società interposte pure riconducibili allo stesso (…) Sul punto, i riscontri operati dalla Guardia di finanza e versati in atto di accertamento, hanno permesso di accertare senza alcun dubbio come la società indicata ha venduto le merci acquistate dalla RAGIONE_SOCIALE sotto costo rispetto al prezzo pagato alla società comunitaria, rendendo evidente come la stessa COGNOME abbia beneficiato di un prezzo estraneo alle normali condizioni di mercato ».
14. Il motivo è infondato. Va rammentato che in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto
esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente. Ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita RAGIONE_SOCIALE merci o dei servizi (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 9851 del 20/04/2018; conforme Sez. 5 -, Ordinanza n. 27555 del 30/10/2018).
Nel caso di specie l’argomentazione della CTR è aderente al canone di riparto dell’onere della prova così tracciato, e valorizza elementi di prova pertinenti, al fine di calarlo nel caso concreto. In particolare è molto rilevante il profilo dell’antieconomicità della gestione, anche ai fini della consapevolezza della partecipazione alla frode fiscale IVA quale strumento per consentire la persecuzione del fine di lucro vista la gestione non in linea con il mercato, profilo non specificamente contestato dalla società attraverso la dimostrazione e neppure una precisa allegazione del fatto contrario. La contribuente si limita al proposito alla riproduzione di argomentazioni già vagliate dal giudice di merito e disattese.
15. Con il sesto motivo di ricorso, la società -ex art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ. -denuncia la nullità della sentenza per omessa pronuncia in violazione dell’art.112 cod. proc. civ..
L’omessa pronuncia consiste, secondo la contribuente, nel fatto che la sentenza non si sarebbe pronunciata sulla seguente prospettazione contenuta nelle controdeduzioni in appello alle pagg.83-87 qui identificate nell’incipit e conclusione, e riportate per esteso alle pagg.53-56 del ricorso: « Dalla ricostruzione appena svolta, sia in punto di fatto che di diritto, emerge chiaramente come non possa essere accolta la ricostruzione che della fattispecie viene fatta
dall’Ufficio (…) nella fattispecie concreta infatti non possono essere rilevati benefici di alcun genere per la società, né dal punto di vista finanziaria né dal punto di vista commerciale (…) . Ed è proprio in tale ottica che non ha alcuna rilevanza anche l’ulteriore rilievo circa la reale natura del rapporto intercorrente tra il sig. .COGNOME e le società lombarde utilizzate per la commercializzazione dei prodotti RAGIONE_SOCIALE. ».
15.1. Con il settimo motivo la ricorrente, in relazione all’art.360 primo comma n.5 cod. proc. civ., ripropone le doglianze di cui al motivo precedente, lamentando l’omesso esame su di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. 16. I due motivi, strettamente connessi e afferenti la medesima questione, possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili.
16.1. Quanto al sesto motivo, il Collegio ribadisce che l’attività di esame del giudice che si assume omessa, non concerne direttamente la domanda o l’eccezione, ma piuttosto una circostanza di fatto, ossia l’assenza di alcun beneficio derivante dalla partecipazione alla frode, e ciò esclude su di un piano logico qualunque violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ai fini dell’art.112 cod. proc. civ..
16.2. Il settimo motivo è inammissibile perché diretto ad una nuova valutazione del materiale probatorio, e non tiene conto (cfr. Cass. 28 novembre 2014 n. 25332) che la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa.
17. Con l’ottavo motivo – per mero errore materiale denominato settimo a pag.88 del ricorso – la società, ai fini dell’art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ., denuncia la nullità della sentenza per violazione de ll’ art. 132 comma 1 n. 4 cod. proc. civ. per omissione o apparenza della motivazione della decisione censurata, anche con
riferimento all’applicazione del canone di riparto dell’onere probatorio sulle operazioni soggettivamente inesistenti alla fattispecie concreta.
18. La censura non può trovare ingresso, in quanto il canone di riparto dell’onere della prova non solo è conforme alla giurisprudenza della Corte, ma è anche calato nella fattispecie concreta con addentellati al quadro istruttorio raccolto nel processo, ampiamente valutati alle pagg.6-8 della sentenza impugnata.
19. Il nono motivo – per mero errore materiale denominato ottavo a pag.92 del ricorso -, agli effetti dell’art.360 primo comma n.5 cod. proc. civ., prospetta l’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione, con riferimento alla statuizione della CTR in merito alla figura del COGNOME ed ai suoi rapporti con le società fornitrici della RAGIONE_SOCIALE e con quest’ultima.
20. Il mezzo di impugnazione è inammissibile per più profili concorrenti.
20.1. Va innanzitutto rammentato il corretto procedimento logico che il giudice di merito deve seguire nella valutazione degli indizi ai fini della disamina della fondatezza RAGIONE_SOCIALE riprese: la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno desunti dal loro esame complessivo, in un giudizio non atomistico di essi (ben potendo ciascuno di essi essere insufficiente da solo), sebbene preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza ed ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (Cass. n. 12002 del 2017; Cass. n. 5374 del 2017). Ciò che rileva è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, fermo restando il diritto del contribuente a fornire la prova contraria.
Infine, quanto alla valutazione della prova contraria, il Collegio osserva come, per consolidata interpretazione giurisprudenziale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014), l’omesso esame
di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie offerte dalle parti e, come sopra visto, nella fattispecie il fatto storico è indubbiamente stato considerato.
20.2. Orbene, il tenore della censura è inammissibile in primo luogo perché nel riproporre testualmente le controdeduzioni in appello alle pagg. 94-100 del ricorso è chiaramente diretta ad ottenere una rivalutazione del quadro probatorio, precluso in sede di legittimità nei termini proposti.
Inoltre, il presunto fatto decisivo, ossia l’accordo di distribuzione in via esclusiva tra la RAGIONE_SOCIALE e il COGNOME è oltretutto irrilevante ai fini della decisione, incentrata sulla valutazione RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate come soggettivamente inesistenti ove la logica economica RAGIONE_SOCIALE stesse è il fulcro della controversia.
A ciò si aggiunge che, come già considerato in relazione a precedenti censure, tale fatto è stato valutato dal giudice e ampiamente motivato, con accertamento anche dell’antieconomicità.
21. Con il decimo motivo di ricorso, per errore materiale indicato come nono a pag.102 del ricorso, la contribuente -ex art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ. -lamenta la nullità della sentenza per non essersi pronunciata sulla controdeduzione in appello circa le sanzioni, di applicazione dell’art.7 comma 4 d.lgs. n.472/1997, omissione in violazione dell’art.112 cod. proc. civ..
22. La censura è inammissibile perché è vero che sussiste l’omessa pronuncia sulla questione da parte del giudice d’appello, ma la doglianza della ricorrente è inconducente, dal momento che la prospettazione di illegittimità RAGIONE_SOCIALE sanzioni per manifesta sproporzione è del tutto apodittica e non riproduce neppure gli atti impositivi per la parte sanzionatoria al fine di valutarne la rilevanza.
Non è adeguata l’allegazione , dal momento che il ricorso non quantifica nemmeno la misura RAGIONE_SOCIALE sanzioni, il titolo RAGIONE_SOCIALE stesse, la misura della presunta sproporzione
23. Il ricorso è conclusivamente rigettato. Le spese di lite sono regolate come da dispositivo e seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite, liquidate in Euro 12.000 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso il 25.1.2024