Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22993 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22993 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14450/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocat a NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA n. 5168/2015 depositata il 01/12/2015. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2025
dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Lombardia ( hinc: CTR), con la sentenza n. 5168/2015 depositata in data 01/12/2015, ha accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE e respinto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 4959/2014, con la quale la Commissione tributaria provinciale di Milano aveva accolto, parzialmente, il ricorso proposto dalla società contribuente contro l’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2008, riconoscendo corrette le riprese a titolo di IVA e infondate quelle relative all’IRES e all’IRAP.
La CTR ha ritenuto che, nel caso delle operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti, grava sul contribuente l’onere della prova dei costi e dell’IVA che si intende dedurre. Tuttavia, spetta all’amministrazione finanziaria la prova, anche mediante presu nzioni, del fatto che l’operazione documentata sia apparentemente regolare e/o ideologicamente o materialmente falsa. In merito a quello indicato come fatto noto ( i.e. il fatto che le società fornitrici avevano evaso l’IVA, mancavano di struttura operativa e che, a seguito dei riscontri della Guardia di Finanza, le sedi erano risultate inesistenti ed erano stati trovati appunti cartacei che provavano la conoscenza dell’origine della merce) è stato, tuttavia, evidenziato che i riscontri presso le cartiere erano stati fatti nel 2013 (quando le società potevano aver cessato la propria attività), mentre non era stato fatto nessun riscontro presso il
RAGIONE_SOCIALE (di cui erano state versate agli atti, con la memoria depositata in data 08/06/2015, le fotocopie delle bolle di consegna relative agli acquisti dalle società); inoltre, « la circostanza che la società contribuente sarebbe stata a conoscenza dell’origine della merce, pur a voler ciò ammettere non significa che abbia ‘partecipato alla frode’.» Parimenti, neppure gli appunti cartacei evidenziavano alcunché in ordine a tale conoscenza. La circostanza che le società fornitrici non ave ssero versato l’IVA e/o presentato la dichiarazione dei redditi non poteva essere nota all’Euromarket e il rilevante giro d’affari al secondo esercizio non costituisce prova della partecipazione alla frode fiscale.
2.1. La CTR riteneva, poi, che a fronte dell’esistenza delle transazioni commerciali, l’unico elemento addotto dall’ufficio fosse quello relativo al beneficio che ne avrebbe tratto la società contribuente. Tuttavia, proprio quest’ultima , con la produzione della documentazione a corredo sia del ricorso che dell’atto di appello, aveva fornito la prova che gli acquisiti effettuati avevano prezzi equivalenti a quelli di altri fornitori.
2.2. La CTR -rilevato che la prova dell’uso consapevole di fatture false transita attraverso la conoscenza o conoscibilità di elementi obiettivi di sospetto derivanti dalla fattispecie concreta, come l’inesistenza di capacità aziendale del cedente, l’offe rta da parte del cedente di prezzi inferiori a quelli correnti sul mercato a condizioni anomale rispetto a quelle comunemente applicate, il trasporto delle merci effettuato da altre società o per conto di altra società che si colloca a monte della catena di cessione, gli ordinativi di consegna intestati ad altri fornitori -ha ritenuto che RAGIONE_SOCIALE non fosse a conoscenza della frode fiscale perpetrata dalle società cartiere.
2.3. Infine, la CTR -richiamando un precedente di questa Corte (Cass. 18/06/2014, n. 13803) -ha rilevato che, in tema di imposte
sui redditi, la partecipazione alla frode carosello non determina il venir meno dell’inerenza all’attività d’impresa del bene di cui all’operazione soggettivamente inesistente e non esclude la deducibilità, dovendosi tenere distinti gli effetti in relazione alla disciplina dell’IVA e quelli relativi alle imposte dirette.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con un motivo.
La società contribuente ha resistito con controricorso e ha depositato la memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare la ricorrente ha precisato che non intende impugnare la sentenza della CTR nella parte in cui, ai fini delle imposte dirette, ha riconosciuto la deducibilità dei costi risultanti dalle fatture contestate.
1.1. Con l’unico motivo di ricorso è stata denunciata la violazione o falsa applicazione degli artt. 19, 21, e 54, comma 2, d.P.R. n. 633 del 1972, nonché degli artt. 2697 c.c. e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
1.2. La ricorrente rileva di aver contestato alla società contribuente l’uso di fatture relative a operazioni soggettivamente inesistenti, come risulta anche dalla comparsa di costituzione davanti al giudice di prime cure. È pertanto irrilevante il passaggio in cui la CTR rileva che l’amministrazione finanziaria, nell’avviso di accertamento, non abbia mai fatto riferimento a operazioni oggettivamente inesistenti. Peraltro, la CTR ha, poi, fatto riferimento alle regole di giudizio che si applicano in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, come risulta dalla lettura della sentenza, che ha accolto l’appello del contribuente, ritenendo che
l’amministrazione finanziaria non avesse adeguatamente assolto all’onere della prova.
1.3. Ha quindi rilevato che, in caso di fatturazioni relative a operazioni soggettivamente inesistenti l’ufficio ha l’onere di provare gli elementi oggettivi della frode, cioè la natura di cartiera delle società cedenti e la mancanza di buona fede del contribuente, anche in via presuntiva. Una volta fornita tale prova spetterà al contribuente l’onere di provare di essersi trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di abbandonare lo stato di ignoranza della partecipazione alla frode, cioè di non aver potuto conoscere la natura di cartiera della cedente, nonostante l’adozione di tutte le cautele che possono pretendersi da un imprenditore accorto e diligente.
1.4. Viene poi censurata l’affermazione secondo cui il contribuente assolve all’onere della prova in tutti i casi in cui le operazioni sono documentate da fatture regolari : l’inserimento di queste ultime in contabilità, lungi dall’escludere la frode, è ad essa funzionale. I giudici regionali hanno, poi, errato nell’affermare che l’Ufficio avesse l’onere di provare che la contribuente fosse a conoscenza della propria partecipazione alla frode. Difatti, lo stato soggettivo rilevante per escludere il diritto alla detrazione non è necessariamente la piena consapevolezza, essendo sufficiente lo stato di buona fede colpevole.
Evidenzia, poi, come la CTR non abbia negato che dalle risultanze documentali fosse emerso che le fornitrici della contribuente fossero delle cartiere (in quanto non avevano presentato le dichiarazioni e avevano evaso l’IVA, erano prive di struttura operativa e le relative sedi erano inesistenti), limitandosi ad affermare che quando sono stati svolti i controlli nel 2013 tali società potevano aver cessato la propria attività. Tuttavia, non solo la cessazione dell’attività dopo pochi anni in cui sono stati generati ingenti volumi di affari è un
elemento indicatore del modus operandi delle società cartiere, ma si tratta, comunque, di un dato irrilevante. Difatti, quando cessa una società ‘vera’ restano, comunque, tracce nella contabilità da cui emerge se sia esistita (o meno) una struttura operativa. Inoltre, pretendere che i controlli siano eseguiti nello stesso periodo d’imposta in cui si riferiscono i fatti contestati vuol dire rendere impossibile l’attività di accertamento.
Di conseguenza, alla luce della dimostrazione degli elementi dotati di pregnanza probatoria in ordine all’assenza del requisito della buona fede, la statuizione con cui la CTR ha negato che tali elementi integrassero presunzioni dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, non è conforme ai principi affermati da questa Corte.
Passando all’esame del motivo di ricorso occorre dare atto, in via preliminare, dell’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità sollevata dalla parte controricorrente, dal momento che le censure della parte ricorrente involgono profili di diritto -come dimostrato dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte (su cui v. infra ), anche con riferimento alle norme che governano la prova per presunzioni.
2.1. A tal fine occorre evidenziare che, secondo questa Corte (Cass., n. 24321 del 2018) nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti l’operazione è effettiva ed esistente ma la fattura è stata emessa da un soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione o la prestazione in essa rappresentata (e della quale il cessionario o il committente è stato realmente destinatario): ne deriva che l’IVA non è, in linea di principio, detraibile perché versata ad un soggetto non legittimato alla rivalsa, né assoggettato all’obbligo di pagamento dell’imposta.
Non entrano, quindi, nel conteggio del dare ed avere ai fini IVA le fatture emesse da chi non è stato controparte nel rapporto relativo
alle operazioni fatturate, in quanto tali fatture si riferiscono a operazioni, per quanto lo riguarda, inesistenti, senza che rilevi che le stesse fatture costituiscano la “copertura” di prestazioni acquisite da altri soggetti. Difatti, in base all’articolo 168, lett. a), della direttiva 2006/112, per poter beneficiare del diritto a detrazione occorre, da un lato, che l’interessato sia un soggetto passivo ai sensi di tale direttiva e, dall’altro, che i beni o servizi invocati a base di tale diritto siano utilizzati a valle dal soggetto passivo ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta e che, a monte, detti beni o servizi siano forniti da un altro soggetto passivo.
Sempre secondo Cass., n. 24321 del 2018 la prova che deve essere fornita dall’Amministrazione in caso di operazioni soggettivamente inesistenti si incentra su due circostanze di valenza costitutiva rispetto alla pretesa erariale e in particolare:
«a) l’alterità soggettiva dell’imputazione delle operazioni, ossia che il soggetto formale non è quello reale: tale elemento individua la prova dell’evasione fiscale, che si concretizza una volta accertata, anche solo in via presuntiva, la natura di interposto o “cartiera” del soggetto emittente le fatture;
b) il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere che la cessione si inseriva in una evasione Iva: non è necessaria la prova della partecipazione all’evasione ma è sufficiente, e necessario, che il contribuente avrebbe dovuto esserne consapevole. »
Una volta raggiunta tale prova spetta, quindi, al contribuente provare l’assenza di colpevolezza nel ritenere che le merci acquistate fossero effettivamente rifornite dalla società cedente.
2.2. Ciò premesso il motivo di ricorso è fondato. Nel caso di specie la sentenza impugnata ha incentrato la propria ratio decidendi , ritenendo che non fosse provata né la natura di cartiere relative alle società fornitrici (per essere stati eseguiti gli
accertamenti nel 2013, quando le società potevano essere cessate), né l’elemento soggettivo in capo al contribuente.
2.3. Sotto il primo profilo occorre evidenziare che la circostanza del momento in cui sono stati eseguiti gli accertamenti (anno 2013) è completamente irrilevante rispetto alla riscontrata natura di cartiera, essendo evidente che l’accertamento del carattere soggettivamente inesistente dell’operazione non sia contestuale al suo espletamento (come dimostrato, del resto, dalla possibilità per l’amministrazione di eseguire gli accertamenti anche a distanza di anni, fermi restando i requisiti temporali di cui a ll’art. 57 d.P.R. n. 633 del 1972). La CTR -nell’ambito del ragionamento presuntivo ha dato, quindi, rilievo a un elemento non solo privo del carattere della gravità ai sensi dell’art. 2729 c.c. , ma che costituiva niente più che una mera illazione. Secondo questa Corte, tuttavia, in tema di prova presuntiva, il giudice è tenuto, ai sensi dell’art. 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni “gravi, precise e concordanti”, laddove il requisito della “precisione” è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della “gravità” al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della “concordanza”, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia -di regola -desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi. Ne consegue che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa
applicazione del citato art. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass., 21/03/2022, n. 9054).
In conclusione, a fronte della prova fornita dall’amministrazione finanziaria sulla natura di cartiera della società che aveva emesso le fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, non può considerarsi quale circostanza grave, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2729 c.c. (tale da consentire di ritenere che il contribuente abbia assolto all’onere della prova contraria ), il momento in cui l’amministrazione finanziaria esegue l’accertamento, verificando il carattere fittizio della società, una volta riscontrata la mancanza di struttura operativa e di sede.
2.4. Alla luce di quanto appena evidenziato occorre rilevare -venendo così all’esame del secondo profilo -che l’assenza di strutture operative delle società fornitrici costituisce un elemento che dovrà essere valutato dal giudice di rinvio. Difatti, l’onere probatorio a carico della Amministrazione finanziaria, sulla consapevolezza da parte del cessionario che il corrispettivo della cessione sia versato al soggetto terzo non legittimato alla rivalsa né assoggettato all’obbligo del pagamento dell’impos ta, è soddisfatto dalla dimostrazione che l’interposto sia privo di dotazione personale e strumentale adeguata alla prestazione fatturata, mentre spetta al contribuente-cessionario
fornire la prova contraria della buona fede con cui ha svolto le trattative ed acquistato la merce, ritenendo incolpevolmente che essa fosse realmente fornita dalla persona interposta (Cass., 21/04/2017, n. 10120).
La natura di cartiera delle società fornitrici -di cui non risulta palesato alcun elemento esteriore che potesse costruire un’apparenza di operatività nei confronti dei terzi in buona fede costituisce, quindi, idoneo elemento indiziario, da apprezzare anche sotto il profilo della buona fede del contribuente che chieda di detrarre l’IVA relativa a un’operazione soggettivamente inesistente. Parimenti, anche la breve vita delle società fornitrici in correlazione agli ampi volumi di ricavi costituisce ulteriore elemento che necessita di essere valutato, in concreto, da parte del giudice del rinvio.
2.5. Allo stesso modo dovrà essere apprezzata dal giudice del rinvio -quale elemento di prova -la sentenza di assoluzione prodotta dalla parte controricorrente. A tal proposito occorre rilevare che la sentenza irrevocabile prodotta dalla controricorrente con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ. prevede, quanto a NOME COGNOME, l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato, non rientrando, quindi, tra le formule assolutorie richiamate dall’art. 21-bis d.lgs. n. 74 del 2000 (introdotto recentemente dal d.lgs. n. 87 del 2024). Tale norma prevede, infatti, che: « La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. »
2.6. Le ipotesi di assoluzione con formule diverse da quelle indicate nel primo comma dell’art. 21 -bis cit. possono essere, quindi, prese in considerazione come possibile fonte di prova dal
giudice tributario, il quale, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta decisione è destinata ad operare
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è fondato e deve essere accolto nei termini di cui in motivazione. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia che, in diversa composizione provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
…
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia che, in diversa composizione provvederà anche sulle spese del presente giudizio. Così deciso in Roma, il 26/06/2025.