LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Operazioni soggettivamente inesistenti: i costi deducibili

L’Agenzia delle Entrate contestava a una società maggiori ricavi, costi indeducibili e IVA indetraibile per operazioni soggettivamente inesistenti. La Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia, confermando che, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, i costi possono essere deducibili ai fini delle imposte dirette se effettivi e inerenti, mentre l’IVA resta indetraibile. La Corte ha anche chiarito la ripartizione dell’onere della prova e i limiti all’efficacia della sentenza penale di assoluzione nel processo tributario.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Soggettivamente Inesistenti: Quando i Costi Restano Deducibili?

La gestione delle operazioni soggettivamente inesistenti rappresenta una delle aree più complesse e delicate del diritto tributario. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 26481/2024) ha fornito chiarimenti cruciali sulla deducibilità dei costi e sulla ripartizione dell’onere della prova in questi casi, offrendo spunti fondamentali per imprese e professionisti. La pronuncia distingue nettamente il trattamento ai fini delle imposte dirette da quello ai fini IVA, ribadendo principi consolidati e limitando l’ingerenza del giudizio penale in quello tributario.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a una società operante nel settore delle carni. L’Amministrazione Finanziaria contestava, per l’anno d’imposta 2005, maggiori ricavi non contabilizzati, costi indeducibili e IVA indetraibile. Le contestazioni si fondavano sull’ipotesi che la società avesse partecipato a operazioni soggettivamente inesistenti, ovvero avesse acquistato beni da una società considerata una ‘cartiera’, creata al solo scopo di emettere fatture false per consentire a terzi di evadere le imposte.

Il percorso giudiziario è stato articolato:
1. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della società, annullando l’atto impositivo.
2. La Commissione Tributaria Regionale, in appello, riformava parzialmente la decisione. Riconosceva la legittimità del recupero della sola IVA, considerata indetraibile in relazione alle fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, ma annullava le riprese relative ai maggiori ricavi e ai costi per le imposte dirette.

L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra le altre cose, un’errata valutazione delle prove e un’impropria applicazione delle norme sull’onere probatorio e sull’efficacia di una sentenza penale di assoluzione dell’amministratore della società.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la sentenza della Commissione Tributaria Regionale. La decisione si fonda su un’analisi meticolosa dei diversi motivi di ricorso, offrendo una visione chiara dei principi che governano la materia.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte di Cassazione sono il cuore della sentenza e toccano diversi aspetti chiave del contenzioso tributario in materia di frodi carosello e operazioni inesistenti.

Onere della Prova nelle Operazioni Soggettivamente Inesistenti

La Corte ha ribadito la consolidata ripartizione dell’onere della prova. Spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare, anche tramite presunzioni, non solo che il fornitore era un soggetto fittizio (‘cartiera’), ma anche che il cessionario (l’acquirente) era consapevole della frode o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza. Una volta fornita questa prova, l’onere si sposta sul contribuente, che deve dimostrare di aver agito in totale buona fede e di aver adottato tutte le cautele necessarie per non essere coinvolto in un’operazione fraudolenta.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente applicato questo principio, valutando che l’Agenzia non avesse fornito prove sufficienti della consapevolezza della società acquirente.

Deducibilità dei Costi per le Imposte Dirette

Questo è uno dei punti più rilevanti. La Cassazione ha confermato che, a differenza dell’IVA (sempre indetraibile in questi casi), i costi relativi a operazioni soggettivamente inesistenti sono deducibili ai fini delle imposte dirette (IRES, IRAP).
La condizione fondamentale è che tali costi siano effettivi e inerenti all’attività d’impresa. Poiché in un’operazione soggettivamente inesistente lo scambio di beni o servizi avviene realmente (a differenza di quella oggettivamente inesistente, dove non avviene nulla), il costo sostenuto per l’acquisto è reale. Se tale bene viene poi impiegato nell’attività produttiva, il relativo costo soddisfa i requisiti di deducibilità previsti dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), a meno che non si dimostri che tali beni siano stati utilizzati direttamente per commettere un reato.

L’Autonomia tra Giudizio Penale e Tributario

L’Agenzia lamentava che i giudici tributari si fossero basati eccessivamente sulla sentenza di assoluzione dell’amministratore della società in sede penale. La Corte ha respinto questa censura, ricordando il principio del ‘doppio binario’. Il processo tributario e quello penale sono autonomi. Una sentenza penale, specialmente se non irrevocabile o se emessa in un giudizio abbreviato, non ha efficacia automatica di giudicato nel processo tributario.
Tuttavia, il giudice tributario può legittimamente utilizzare le risultanze e gli elementi probatori emersi nel processo penale, ma deve farlo attraverso una valutazione autonoma e critica, motivando le ragioni per cui li ritiene attendibili e pertinenti, integrandoli con le altre prove disponibili nel giudizio fiscale. Questo è ciò che, secondo la Corte, i giudici di merito avevano correttamente fatto.

Le Conclusioni

La sentenza 26481/2024 della Corte di Cassazione consolida principi di fondamentale importanza pratica per le imprese. In primo luogo, riafferma la netta distinzione tra la disciplina IVA e quella delle imposte dirette in caso di operazioni soggettivamente inesistenti: l’imposta sul valore aggiunto è sempre indetraibile, mentre i costi possono essere dedotti se reali e pertinenti.
In secondo luogo, sottolinea l’importanza per le aziende di adottare protocolli di adeguata diligenza nella selezione e nel monitoraggio dei propri fornitori per poter dimostrare, in caso di contestazione, la propria buona fede. Infine, chiarisce che, sebbene l’esito di un procedimento penale possa essere un elemento di valutazione, non è di per sé decisivo per le sorti del contenzioso tributario, che richiede sempre un’analisi autonoma e completa del quadro probatorio.

I costi relativi a operazioni soggettivamente inesistenti sono sempre indeducibili?
No. Secondo la sentenza, a differenza dell’IVA che è sempre indetraibile, i costi sono deducibili ai fini delle imposte dirette (IRES, IRAP) a condizione che siano effettivi, inerenti all’attività d’impresa e non siano stati utilizzati direttamente per commettere un reato. Questo perché nell’operazione soggettivamente inesistente lo scambio di beni è reale.

Chi deve provare la frode in caso di operazioni soggettivamente inesistenti?
L’onere della prova iniziale è a carico dell’Amministrazione Finanziaria. Essa deve dimostrare non solo che il fornitore era un soggetto fittizio (una ‘cartiera’), ma anche che l’acquirente era consapevole della frode o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza. Solo dopo tale prova, l’onere si sposta sul contribuente, che deve dimostrare la propria buona fede.

Una sentenza di assoluzione in sede penale ha automaticamente effetto nel processo tributario?
No. La Corte ribadisce il principio dell’autonomia tra i due processi. Il giudice tributario può considerare le prove e le conclusioni del processo penale, ma deve valutarle autonomamente e criticamente, senza essere vincolato dall’esito della sentenza penale. La decisione tributaria deve basarsi su una valutazione complessiva di tutte le prove disponibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati