Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26481 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 26481 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/10/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23954/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del Direttore RAGIONE_SOCIALE pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, nei cui uffici domicilia in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Curatore
-intimato – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, depositata il 17 gennaio 2020, n. 33/2020;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 3 ottobre 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Oggetto:
società – maggiori ricavi – costi indeducibili – iva indetraibile operazioni soggettivamente inesistenti
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udita per la ricorrente l’ AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE notificava alla RAGIONE_SOCIALE in liquidazione -successivamente dichiarata fallita -avviso di accertamento con il quale, sulla scorta di un processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza di RAGIONE_SOCIALE, recuperava a tassazione, per l’anno d’imposta 2005, maggiori ricavi incassati e non contabilizzati per euro 186.905, nonché costi per euro 101.386 ritenuti inde ducibili (per violazione dell’art. 109 TUIR), unitamente ad IVA considerata indetraibile, per l’ammontare di euro 10.138,64, in quanto somme portate da fatture concernenti operazioni soggettivamente inesistenti.
Contro l’atto impositivo la società proponeva impugnazione innanzi alla Commissione tributaria provinciale, che accoglieva il ricorso annullando l’avviso di accertamento impugnato.
Contro tale decisione proponeva appello l’RAGIONE_SOCIALE, deducendo -per quanto qui ancora interessa -errori logici nella ricostruzione degli elementi di fatto posti alla base del recupero fiscale, la confusione manifestata nella sentenza impugnata tra operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti oltre all’inconferenza RAGIONE_SOCIALE risultanze del giudizio penale rispetto a quello tributario.
L’appello veniva solo parzialmente accolto, con il riconoscimento della legittimità del recupero della sola IVA, che veniva considerata indetraibile in relazione alle fatture emesse per operazioni soggettivamente inesistenti.
Contro la sentenza della CTR l’RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi.
La Curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
Il Pubblico Ministero ha depositato memoria, anticipando per iscritto le proprie conclusioni, ribadite in udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., la ricorrente denuncia l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, e risultanti sia dal processo verbale di constatazione posto a base dell’avviso di accertamento sia dallo stesso atto impositivo.
Per la ricorrente, la CTR avrebbe erroneamente ritenuto infondata la ripresa a tassazione dei maggiori ricavi desunti da movimentazioni finanziarie che non trovavano riscontro nelle scritture contabili, omettendo di considerare: le risultanze del processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza e, in particolare, le dichiarazioni in proposito rilasciate dall’allora amministratore della RAGIONE_SOCIALE ai verbalizzanti; i controlli -documentali e non -da questi ultimi effettuati; infine, quanto evidenziato nella motivazione dell’avviso d’accertamento, anche con riferimento alle puntuali verifiche effettuate dalla RAGIONE_SOCIALE, incrociando i dati degli assegni con gli estratti conto bancari.
Il motivo è inammissibile.
2.1. L’Ufficio finanziario ha contestato movimentazioni finanziarie di cui non avrebbe trovato riscontro nelle scritture contabili.
In particolare, per l’anno d’imposta 2005, ha rilevato che parte degli incassi giornalieri della società -per somme in totale ammontanti ad euro 186.905 -veniva girata sul conto corrente bancario di tale COGNOME NOME e poi da questi riversata a mezzo assegni nuovamente sul conto corrente della società, senza che di tali passaggi vi fosse traccia nella contabilità aziendale.
In considerazione di ciò, l’ufficio ha ritenuto che le somme oggetto di tali movimentazioni anomale costituissero incassi ‘in nero’ da recuperare a tassazione ai fini IRES, IRAP e IVA.
2.2. Secondo la CTR, invece, «le risultanze cui è pervenuto l’Ufficio non sono in linea con quanto accertato e verbalizzato dalla G.d.F. di
RAGIONE_SOCIALE nel cui Pvc, per la parte che qui interessa, è detto testualmente ‘ ertanto in mancanza di altra idonea documentazione di supporto è stato eseguito il riscontro a scandaglio degli incassi conseguiti negli anni 2005, 2006 e 2007, attraverso l’esame dei suddetti registri extracontabili degli incassi, degli estratti dei conti correnti della società, RAGIONE_SOCIALE fatture emesse e della contabilità generale (in particolare i conti cassa e banca) rilevando anche in questo caso l’esatta rispondenza tra loro’ . Idem per gli anni 2003 e 2004. Ed ancora ‘Per quanto sopra, tenuto conto RAGIONE_SOCIALE risultanze documentali sopra esposte e dei dati contenuti nel verbale RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese dall’amministratore della RAGIONE_SOCIALE, si ritiene che il cambio del contante con gli assegni emessi da COGNOME NOME e da COGNOME NOME, sostanzialmente non abbia causato alcuna conseguenza rispetto ad un maggiore volume d’affari della società ma che invece abbia potuto comportare maggiori costi per interessi passivi, ma soprattutto una non trasparente gestione societaria in ordine alla tenuta della cassa e della Banca’».
Diversa è stata la valutazione operata dall’Ufficio finanziario, ai fini dell’emissione dell’avviso di accertamento, e di ciò la CTR ha dato espressamente atto, senza però farla propria ed anzi ritenendola non condivisibile «in difetto di convergenti elementi indiziari gravi precisi e concordanti idonei a sostenere l’adombrata ipotesi di ripulitura degli incassi in nero».
2.3. I giudici di secondo grado hanno dunque ritenuto «condivisibili le osservazioni del giudice di primo grado» in quanto fondate, «contrariamente alle asserzioni dell’ufficio che le ritiene viziate da errore, sulle precise circostanze e risultanze della G.d.F. siccome compendiate nel richiamato p.v.c.».
2.4. Nell’articolare il motivo di ricorso, l’RAGIONE_SOCIALE sostiene che la CTR avrebbe omesso l’esame RAGIONE_SOCIALE affermazioni rese dell’amministratore della società, che aveva sostenuto di non conservare copia degli assegni versati sul conto corrente societario e che nell’ambito di qualche operazione di versamento vi sarebbero
stati anche assegni non provenienti dai clienti annotati nei registri degli incassi e sulle fatture registrate in contabilità, trattandosi di assegni versati episodicamente sul conto corrente bancario intestato alla società, su richiesta di conoscenti che avevano immediato bisogno di liquidità, precisando tuttavia che i versamenti eseguiti sui conti correnti societari erano esattamente uguali a quelli annotati nei registri degli incassi.
2.5. Va rilevato, tuttavia, che l’omesso esame rilevante ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. deve riferirsi ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, non assimilabile in alcun modo a ‘questioni’ o ‘argomentazioni’ o a ‘deduzioni difensive’, le quali, pertanto, risultano irrilevanti (Cass n. 1704 del 2024 e Cass. n. 2268 del 26/01/2022), fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (così, tra le ultime, Sez. 5, Ordinanza n. 23806 del 4/9/2024 e Sez. 5, Ordinanza n. 10657 del 2024, sulla scia di Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
2.5.1. In primo luogo, non può in alcun modo ritenersi che la CTR non abbia esaminato l’intero processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza e nel quale tali dichiarazioni sono state riportate, avendo i giudici di secondo grado dato conto RAGIONE_SOCIALE conclusioni rese dagli stessi redattori del p.v.c. anche all’esito di tali dichiarazioni. Semplicemente, di tali circostanze fattuali, pur non avendole espressamente richiamate in sentenza, hanno operato una valutazione che ha condotto a privilegiare le conclusioni della Guardia di Finanza -secondo cui tali anomale movimentazioni non hanno in alcun modo inciso sul volume degli affari della società -invece di quelle, riconosciute dai giudici di appello come ‘divergenti’, operate dall’ufficio finanziario, all’esito dell’esame del complessivo compendio probatorio.
2.5.2. Si tratta di una valutazione che ricalca quella conforme operata dai giudici di primo grado.
2.6. Ne deriva l’inammissibilità del motivo, per un duplice ordine di ragioni.
2.6.1. In primo luogo, come correttamente osservato dall’Ufficio di Procura nelle sue conclusioni scritte, viene in rilievo, sul capo di sentenza relativo alla ripresa fiscale relativa ad asseriti maggiori ricavi, un caso di ‘doppia conforme’ ex art. 348ter, comma 5 , c.p.c. (applicabile al presente giudizio), che non può essere contestata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non avendo la ricorrente dimostrato che le ragioni di fatto, su cui si fondano la pronuncia di primo grado e quella di appello, sono diverse (Sez. 5, Sentenza n. 2630 del 29/01/2024, rv. 670258-01; Sez. 3, Ordinanza n. 26934 del 20/09/2023, rv. 669015-01).
2.6.2. In ogni caso, la ricorrente denuncia piuttosto una presunta errata valutazione di alcune circostanze, che però è estranea al perimetro del motivo in esame, ove sorretta da una motivazione che raggiunga, come nella specie, il ‘minimo costituzionale’ (da ult imo, Cass. S.U., sentenza n. 5792 del 05/03/2024, rv. 670391-01).
2.7. In definitiva, al fondo della censura, emerge una denuncia di incongruità della valutazione fornita dai giudici di secondo grado circa gli elementi di prova complessivamente acquisiti e dei fatti di causa, dai quali si vorrebbe trarre una conclusione opposta a quella cui è approdata la CTR.
In tal modo, però, la ricorrente sollecita una rilettura nel merito degli elementi di prova acquisiti nel corso del processo, che fuoriesce dal perimetro del giudizio di legittimità e non rispetta i suddetti limiti previsti dall’art. 360, comma 1, n. 5 c.p .c. sul piano dei vizi rilevanti della motivazione.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 654 del codice di procedura penale.
L’RAGIONE_SOCIALE censura la sentenza impugnata nella parte in cui la CTR -con riferimento al capo di sentenza relativo alla ripresa fiscale di costi indeducibili e di IVA indetraibile, in quanto gli uni e l’altra portati da fatture emesse per opera zioni soggettivamente inesistenti -avrebbe fondato il proprio convincimento esclusivamente sulle risultanze della sentenza di assoluzione dell’allora amministratore e legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, poi fallita, pronunciata dal G.U.P. presso il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE in uno dei procedimenti penali scaturiti dalle indagini avviate all’esito dei processi verbali della Guardia di Finanza, in cui erano state compendiate le risultanze RAGIONE_SOCIALE verifiche effettuate nei confronti della predetta società.
Per la ricorrente, le risultanze del suddetto processo penale avrebbero dovuto essere oggetto di autonoma valutazione da parte dei giudici d’appello, avendo riguardo a tutto quanto risultava dalla documentazione versata dalle parti.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 36, n. 4, del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 132, n. 4, c.p.c.
La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui la CTR ha ritenuto che «le conclusioni cui è giunto il giudice penale sono del tutto condivisibili e non vi è ragione per discostarsene, poggiando le valutazioni di quel giudice sul medesimo quadro probatorio offerto al giudice tributario», aggiungendo che «non vi è ragione plausibile per negare un possibile impiego degli elementi di conoscenza raccolti in sede penale che possano utilmente concorrere alla formazione del convincimento del giudice».
In tale parte, la sentenza di secondo grado non avrebbe esplicitato le ragioni per le quali ha ritenuto di poter fondare il proprio convincimento sulle risultanze della statuizione del giudice penale né avrebbe indicato gli elementi di conoscenza acquisiti nel processo
penale conclusosi con l’assoluzione del legale rappresentante della società contribuente e utilizzabili nel processo tributario.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente, perché intimamente connessi, e si rivelano entrambi non fondati.
5.1. La CTR si è dichiarata ben consapevole del «noto principio di autonomia (o sistema binario) tra processo tributario e processo penale» e, dunque, del fatto che, in materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorché i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento degli Uffici finanziari, conformemente alla costante giurisprudenza di legittimità ( ex plurimis , Sez. 5, Ordinanza n. 17258 del 27/06/2019, rv. 65469301; Sez. 5, Ordinanza n. 14618 del 24/5/2024), maturata anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87, che ha introdotto l’art. 21 -bis del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ove si prevede, al comma 1, che la sentenza irrevocabile di assoluzione, perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, ha efficacia di giudicato nel processo tributario, in ogni stato e grado, purché pronunciata sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione e -ma non è questo il caso, venendo in rilievo una sentenza di assoluzione pronunciata dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE in funzione di giudice dell’udienza preliminare in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto.
5.2. La CTR, infatti, ha legittimamente valutato le risultanze della sentenza penale richiamata per relationem , e lo ha fatto in via autonoma perché «unitamente alla copiosa documentazione probatoria versata in atti dal curatore fallimentare (bolle di accompagnamento, fatture accompagnatorie, rimesse bancarie, assegni bancari, estratti conto, assegni dati in pagamento, libro giornale, libro fatture emesse e acquisti)», giungendo, sulla base della valutazione del suddetto compendio probatorio, a dubitare che le fatture oggetto di contestazione fossero state emesse con la
partecipazione consapevole del legale rappresentante della società all’operazione , fraudolenta perché relativa ad operazioni soggettivamente inesistenti.
5.3. In primo luogo, dunque, non è configurabile la dedotta violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
5.4. Inoltre, quanto al dedotto vizio di motivazione apparente, va ribadito che il sindacato di legittimità sulla motivazione, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della stessa, resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato solo qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile (Cass., Sez. 1, ordinanza n. 7090 del 03/03/2022, rv. 664120-01), sempreché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. U, sentenza n. 8053 del 07/04/2014, rv. 629830-01).
5.4.1. Da questo punto di vista, la sentenza impugnata, sebbene succintamente, ha esposto le ragioni per le quali ha ritenuto condivisibili le conclusioni cui era giunta la sentenza penale di assoluzione del legale rappresentante della società per i medesimi fatti oggetto del giudizio tributario e pronunciata dal GUP presso il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, ritenendo che esse trovassero conferma nella copiosa documentazione probatoria versata in atti dal curatore fallimentare.
Il giudice a quo , quindi, risulta aver elaborato un ben delineato tracciato argomentativo, sicché non è incorso in alcuno dei gravi vizi d’indole logico -giuridica unicamente rilevanti in questa sede.
Con il quarto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., per avere la CTR fatto gravare sull’amministrazione finanziaria l’onere di provare che le fatture
contestate si riferissero ad operazioni oggettivamente inesistenti, laddove l’amministrazione finanziaria, nel caso di specie, era tenuta soltanto a dimostrare la fittizietà della società che aveva emesso le fatture de quibus , in quanto le riprese a tassazione operate con l’avviso di accertamento oggetto di causa si fondavano sulla natura fittizia del soggetto cedente (la RAGIONE_SOCIALE, considerata società cartiera) e, quindi, sulla asserita inesistenza soggettiva RAGIONE_SOCIALE predette operazioni.
6.1. Va in primo luogo ribadito che la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una asseritamente incongrua valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto, magari erroneamente, che la parte onerata avesse assolto tale onere (Sez. 5, Ordinanza n. 21417 del 30/7/2024), poiché in questo caso vi sarebbe, al più, un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. (Sez. L, Sentenza n. 17313 del 19/08/2020, rv. 658541-01) e nei ristretti limiti nei quali è oggi ammesso il controllo sulla motivazione della sentenza impugnata.
6.2. Ciò premesso, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, l’amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo che il fornitore era fittizio, ma anche che il destinatario era consapevole, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente; incombe, invece, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del
caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita RAGIONE_SOCIALE merci o dei servizi (così, in tema di IVA, Sez. 5, Sentenza n. 24471 del 09/08/2022, rv. 665800-02; Sez. 5, Ordinanza n. 15369 del 20/07/2020, rv. 658429-01).
6.3. È proprio questo il principio di cui ha fatto corretta applicazione la CTR, richiamando un precedente di questa Corte (Sez. 6-5, Ordinanza n. 16469 del 21/06/2018) dettato proprio in tema di onere della prova in relazione alla contestazione di fatture emesse per operazioni soggettivamente inesistenti.
6.4. In nessuna parte della sentenza impugnata emerge, invece, che i giudici di secondo grado abbiano ritenuto contestate operazioni oggettivamente inesistenti e che l’ufficio finanziario fosse, perciò, onerato della prova concernente l’inesistenza oggettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni.
6.5. Essi hanno anzi dubitato che la società avesse assolto all’onere della prova contraria, non avendo dimostrato «la propria estraneità all’operazione fraudolenta o di aver adottato ogni ragionevole misura volta a verificare l’esistenza effettiva del cedente (proprio fornitore)», giungendo a ritenere legittima, per tale via, la ripresa fiscale a titolo di IVA.
Con il quinto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 14 bis della l. 537/1993, nel testo novellato introdotto dall’art. 8, comma 1, del d.l. 16/2012, e dell’art. 109 del d.p.r. 917/86.
La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato la deducibilità, ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette, dei costi di cui alle fatture soggettivamente inesistenti emesse nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in virtù del menzionato art. 14, comma 4 bis della l. n. 537 del 1993, senza considerare che la norma non esclude la necessità di accertare le caratteristiche di effettività ed inerenza dei costi sostenuti.
8. Il motivo non è fondato.
8.1. La CTR ha fatto buon governo del principio, ripetutamente affermato da questa Corte (tra le recenti, Sez. 5, Ordinanza n. 11020 del 05/04/2022, rv. 664285-01; Sez. 5, Ordinanza n. 8480 del 15/03/2022, rv. 66415001), secondo cui, a norma dell’art. 14, comma 4 bis, della l. n. 537 del 1993, nella formulazione introdotta con l’art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, conv. nella l. n. 44 del 2012 (applicabile anche ad atti, fatti o attività realizzati prima della sua entrata in vigore: Sez. 5, Ordinanza n. 4645 del 21/02/2020, rv. 65734702; Sez. 5, Ordinanza n. 2373 del 25/1/2023), l’acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, non utilizzati direttamente per commettere il reato, anche per l’ipotesi in cui sia consapevole del carattere fraudolento RAGIONE_SOCIALE operazioni, salvo che si tratti di costi che, a norma del T.U. RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi approvato con d.P.R. n. 917 del 1986, siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità.
8.2. La CTR, infatti, sulla base del complessivo compendio probatorio acquisito, ha ritenuto che, nella specie, si vertesse in un’ipotesi di operazioni solo soggettivamente inesistenti e che vi sarebbe stato l’effettivo scambio RAGIONE_SOCIALE merci fatturate e la loro successiva vendita, senza che i beni fossero stati utilizzati direttamente al fine di commettere il reato, donde l’irrilevanza della consapevolezza, da parte dell’acquirente, del carattere fraudolento RAGIONE_SOCIALE operazioni.
Con il sesto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 36, n. 4, del d. lgs. n. 546 del 1992 e 132, n. 4, c.p.c. per avere la CTR omesso di indicare le ragioni per le quali le operazioni di cui alle fatture soggettivamente inesistenti emesse nei confronti di RAGIONE_SOCIALE avrebbero avuto ad oggetto beni effettivamente acquistati e poi commercializzati da tale società.
10. Anche tale motivo è infondato.
10.1. Vale qui richiamare quanto già osservato in relazione al secondo e al terzo motivo di ricorso, sicché va ribadito che la sentenza impugnata, sebbene succintamente, ha certamente esposto le ragioni per le quali ha ritenuto condivisibili le conclusioni cui era giunta, sul punto, la sentenza penale di assoluzione del legale rappresentante della società per i medesimi fatti oggetto del giudizio tributario e pronunciata dal GUP presso il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, ritenendo che esse trovassero conferma nella copiosa documentazione probatoria versata in atti dal curatore fallimentare. 10.2. Il giudice a quo , quindi, ancora una volta risulta aver elaborato un ben delineato tracciato argomentativo, sicché non è incorso in alcuno dei gravi vizi d’indole logico -giuridica unicamente rilevanti in questa sede.
E, a tale ultimo proposito, è appena il caso di ricordare che non può pretendersi che la Corte di legittimità, esorbitando dai compiti che le sono propri, sovrapponga una diversa valutazione del medesimo compendio probatorio già esaminato dalla CTR: il momento dell’individuazione RAGIONE_SOCIALE informazioni probatorie che dal dato probatorio possono desumersi, infatti, è affare del giudice di merito, ed è per questo sottratto al giudizio di legittimità, a condizione, beninteso, che la sentenza impugnata -come in questo caso -abbia in proposito speso una motivazione eccedente la soglia del ‘minimo costituzionale’ (così, da ultimo, Cass. S.U. Sentenza n. 5792 del 05/03/2024, rv. 670391-01).
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Nulla per le spese, non essendosi costituita la parte intimata.
Neppure sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, il 3 ottobre 2024.