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Operazioni soggettivamente inesistenti e onere prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7004/2024, ha rigettato il ricorso di una società in un caso di operazioni soggettivamente inesistenti. La Corte ha confermato l’avviso di accertamento che negava la detrazione IVA, sottolineando la mancata diligenza del contribuente nel verificare la regolarità contributiva dei propri fornitori e la non plausibilità della giustificazione addotta per la mancata esibizione dei contratti d’appalto. La decisione ribadisce che, di fronte a solidi indizi di frode presentati dall’Amministrazione finanziaria, spetta al contribuente dimostrare la propria buona fede e l’estraneità alla condotta illecita.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Soggettivamente Inesistenti: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Diligenza

Con l’ordinanza n. 7004 del 15 marzo 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul delicato tema delle operazioni soggettivamente inesistenti, chiarendo i contorni dell’onere della prova e il ruolo della diligenza del contribuente. La decisione offre importanti spunti di riflessione per le imprese sulla necessità di verificare attentamente i propri partner commerciali per non incorrere in pesanti sanzioni fiscali.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore della grande distribuzione si è vista notificare un avviso di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria. L’atto contestava l’indebita detrazione di IVA per circa 52.000 euro relativa all’anno d’imposta 2008. Secondo l’Agenzia fiscale, le fatture in questione si riferivano a operazioni soggettivamente inesistenti.

In pratica, sebbene i servizi (lavori di appalto) fossero stati effettivamente eseguiti, l’Amministrazione sosteneva che i reali esecutori non fossero le società che avevano emesso le fatture. A sostegno della propria tesi, l’Ufficio evidenziava diversi indizi: i contratti d’appalto erano generici e privi di data certa, mancava la documentazione sulla regolarità contributiva dei fornitori e questi ultimi non possedevano un’organizzazione aziendale adeguata a svolgere le prestazioni fatturate.

I giudici di primo e secondo grado avevano dato ragione all’Amministrazione finanziaria, confermando l’accertamento. La società ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando principalmente la violazione delle norme sul contraddittorio preventivo e un’errata ripartizione dell’onere della prova.

Le Motivazioni della Corte e le Operazioni Soggettivamente Inesistenti

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso della società, ritenendolo in parte inammissibile e in parte infondato. Le motivazioni della Corte sono cruciali per comprendere come orientarsi in materia.

I Difetti Procedurali del Ricorso

In primo luogo, la Corte ha dichiarato inammissibili diversi motivi del ricorso per ragioni prettamente procedurali. Ad esempio, la doglianza sulla presunta violazione del contraddittorio è stata respinta per difetto di ‘autosufficienza’: la società ricorrente non aveva riportato nel dettaglio il contenuto delle osservazioni presentate in fase amministrativa e le parti rilevanti dell’avviso di accertamento.

Inoltre, la Corte ha sottolineato come la censura relativa all’onere della prova ignorasse una specifica ragione di inammissibilità già sollevata dalla Commissione Tributaria Regionale, rendendo di conseguenza inammissibile anche il motivo di ricorso in Cassazione. Infine, la critica alla motivazione della sentenza di appello è stata respinta perché basata su un parametro normativo (l’omessa o insufficiente motivazione) non più applicabile dopo la riforma del 2012.

L’Onere della Prova e la Diligenza del Contribuente

Entrando nel merito, pur definendole considerazioni ‘ad abundantiam’ (ovvero aggiuntive), i giudici hanno fornito chiarimenti fondamentali. La Corte ha rammentato che, in presenza di operazioni soggettivamente inesistenti, una volta che l’Amministrazione finanziaria fornisce elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti sulla frode, l’onere della prova si sposta sul contribuente.

Quest’ultimo deve dimostrare non solo l’effettività della transazione, ma anche la sua totale estraneità alla frode, provando di aver agito con la massima diligenza. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la società non avesse fornito tale prova. Due elementi sono stati decisivi:

1. Mancata esibizione dei contratti: La giustificazione secondo cui sia la società committente sia le società fornitrici avessero, per una strana coincidenza, smarrito i contratti è stata giudicata ‘inverosimile’.
2. Mancata verifica della regolarità contributiva: L’elemento più grave, secondo la Corte, è stata la totale assenza di verifiche sulla regolarità contributiva e previdenziale degli appaltatori. Poiché la legge prevede una responsabilità solidale del committente per gli obblighi contributivi dell’appaltatore, la mancata verifica di questo aspetto è stata interpretata come un chiaro sintomo di mancanza di diligenza.

Questa omissione ha convinto la Corte che la società non avesse adottato le cautele minime richieste dalle buone pratiche imprenditoriali per accertare l’affidabilità delle proprie controparti.

Le Conclusioni

La decisione in esame ribadisce un principio fondamentale: nel contesto delle operazioni soggettivamente inesistenti, non è sufficiente per il contribuente dimostrare di aver pagato le fatture e ricevuto la prestazione. È necessario anche provare di aver agito con la dovuta diligenza nell’accertarsi dell’identità e dell’affidabilità del proprio partner commerciale. La verifica della regolarità contributiva dei fornitori, specialmente nei contratti d’appalto, non è solo un obbligo per evitare la responsabilità solidale, ma diventa un elemento probatorio cruciale per dimostrare la propria buona fede in caso di contestazioni fiscali. Per le imprese, la lezione è chiara: implementare procedure di controllo e verifica dei fornitori non è un mero adempimento burocratico, ma una tutela indispensabile per la salute fiscale e legale dell’azienda.

In caso di operazioni soggettivamente inesistenti, su chi ricade l’onere della prova?
Una volta che l’Amministrazione finanziaria fornisce prove presuntive della frode, l’onere si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare non solo l’effettiva esecuzione delle prestazioni, ma anche la sua completa estraneità all’illecito, provando di aver agito con la massima diligenza.

Quali elementi dimostrano la mancanza di diligenza del contribuente nel verificare i fornitori?
Secondo la Corte, due elementi chiave sono stati la mancata esibizione dei contratti d’appalto, giustificata in modo ‘inverosimile’, e soprattutto la mancata verifica della regolarità contributiva degli appaltatori, un adempimento che denota l’assenza delle minime verifiche prescritte dalle buone pratiche imprenditoriali.

Un ricorso per Cassazione può essere dichiarato inammissibile per motivi solo procedurali?
Sì. In questo caso, la Corte ha dichiarato inammissibili diversi motivi del ricorso perché non rispettavano i requisiti tecnici previsti dalla legge, come il principio di autosufficienza (il ricorso deve contenere tutti gli elementi per essere deciso) e la corretta formulazione delle censure, a prescindere dalla fondatezza delle argomentazioni nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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