Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26482 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 26482 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/10/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23971/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del Direttore RAGIONE_SOCIALE pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, nei cui uffici domicilia in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Curatore
-intimato – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, depositata il 17 gennaio 2020, n. 34/2020;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 3 ottobre 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Oggetto:
società – costi indeducibili – iva indetraibile operazioni soggettivamente inesistenti
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udita per la ricorrente l’ AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
FATTI DI CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE notificava alla RAGIONE_SOCIALE in liquidazione avviso di accertamento (integrativo di un precedente e analogo atto impositivo) con il quale, sulla scorta di un processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza di Lecce, recuperava a tassazione, sempre per l’anno d’imposta 2005, ulteriori costi per euro 64.237,47 ritenuti indeducibili (per violazione dell’art. 109 TUIR) nonché IVA considerata indetraibile, per l’ammontare di euro 6.423,76, in quanto somme portate da fatture concernenti operazioni soggettivamente inesistenti.
Contro l’atto impositivo la curatela della società, nelle more dichiarata fallita, proponeva impugnazione innanzi alla Commissione tributaria provinciale, che accoglieva il ricorso annullando l’avviso di accertamento impugnato.
Contro tale decisione proponeva appello l’RAGIONE_SOCIALE, deducendo -per quanto qui ancora interessa -la confusione manifestata nella sentenza impugnata tra operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti oltre all’inconferenza RAGIONE_SOCIALE risultanze del giudizio penale rispetto a quello tributario.
L’appello veniva solo parzialmente accolto, con il riconoscimento della legittimità del recupero della sola IVA, che veniva considerata indetraibile in relazione alle fatture emesse per operazioni soggettivamente inesistenti.
Contro la sentenza della CTR l’RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
La Curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
Il Pubblico Ministero ha depositato memoria, anticipando per iscritto le proprie conclusioni, ribadite in udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 654 del codice di procedura penale.
L’RAGIONE_SOCIALE censura la sentenza impugnata nella parte in cui la CTR -con riferimento al capo di sentenza relativo alla ripresa fiscale di costi indeducibili e di IVA indetraibile, in quanto gli uni e l’altra portati da fatture emesse per opera zioni soggettivamente inesistenti -avrebbe fondato il proprio convincimento esclusivamente sulle risultanze della sentenza di assoluzione dell’allora amministratore e legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, poi fallita, pronunciata dal G.U.P. presso il Tribunale di Lecce in uno dei procedimenti penali scaturiti dalle indagini avviate all’esito dei processi verbali della Guardia di Finanza, in cui erano state compendiate le risultanze RAGIONE_SOCIALE verifiche effettuate nei confronti della predetta società.
Per la ricorrente, le risultanze del suddetto processo penale avrebbero dovuto essere oggetto di autonoma valutazione da parte dei giudici d’appello, avendo riguardo a tutto quanto risultava dalla documentazione versata dalle parti.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 36, n. 4, del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 132, n. 4, c.p.c.
La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui la CTR ha ritenuto che «le conclusioni cui è giunto il giudice penale sono del tutto condivisibili e non vi è ragione per discostarsene, poggiando le valutazioni di quel giudice sul medesimo quadro probatorio offerto al giudice tributario», aggiungendo che «non vi è ragione plausibile per negare un possibile impiego degli elementi di conoscenza raccolti in sede penale che possano utilmente concorrere alla formazione del convincimento del giudice».
In tale parte, la sentenza di secondo grado non avrebbe esplicitato le ragioni per le quali ha ritenuto di poter fondare il proprio
convincimento sulle risultanze della statuizione del giudice penale né avrebbe indicato gli elementi di conoscenza acquisiti nel processo penale conclusosi con l’assoluzione del legale rappresentante della società contribuente e utilizzabili nel processo tributario.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente, perché intimamente connessi, e si rivelano entrambi non fondati.
3.1. La CTR si è dichiarata ben consapevole del «noto principio di autonomia (o sistema binario) tra processo tributario e processo penale» e, dunque, del fatto che, in materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorché i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento degli Uffici finanziari, conformemente alla costante giurisprudenza di legittimità ( ex plurimis , Sez. 5, Ordinanza n. 17258 del 27/06/2019, rv. 65469301; Sez. 5, Ordinanza n. 14618 del 24/5/2024), maturata anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87, che ha introdotto l’art. 21 -bis del d.lgs. 10 marzo 2000, n.74, ove si prevede, al comma 1, che la sentenza irrevocabile di assoluzione, perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, ha efficacia di giudicato nel processo tributario, in ogni stato e grado, purché pronunciata sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione e -ma non è questo il caso, venendo in rilievo una sentenza di assoluzione pronunciata dal Tribunale di Lecce in funzione di giudice dell’udienza preliminare in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto.
3.2. La CTR, infatti, ha legittimamente valutato le risultanze della sentenza penale richiamata per relationem , e lo ha fatto in via autonoma perché «unitamente alla copiosa documentazione probatoria versata in atti dal curatore fallimentare (bolle di accompagnamento, fatture accompagnatorie, rimesse bancarie, assegni bancari, estratti conto, assegni dati in pagamento, libro giornale, libro fatture emesse e acquisti)», giungendo, sulla base
della valutazione del suddetto compendio probatorio, a dubitare che le fatture oggetto di contestazione fossero state emesse con la partecipazione consapevole del legale rappresentante della società all’operazione , fraudolenta perché relativa ad operazioni soggettivamente inesistenti.
3.3. In primo luogo, dunque, non è configurabile la dedotta violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
3.4. Inoltre, quanto al dedotto vizio di motivazione apparente, va ribadito che il sindacato di legittimità sulla motivazione, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della stessa, resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato solo qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile (Cass., Sez. 1, ordinanza n. 7090 del 03/03/2022, rv. 664120-01), sempreché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. U, sentenza n. 8053 del 07/04/2014, rv. 629830-01).
3.4.1. Da questo punto di vista, la sentenza impugnata, sebbene succintamente, ha esposto le ragioni per le quali ha ritenuto condivisibili le conclusioni cui era giunta la sentenza penale di assoluzione del legale rappresentante della società per i medesimi fatti oggetto del giudizio tributario e pronunciata dal GUP presso il Tribunale di Lecce, ritenendo che esse trovassero conferma nella copiosa documentazione probatoria versata in atti dal curatore fallimentare.
Il giudice a quo , quindi, risulta aver elaborato un ben delineato tracciato argomentativo, sicché non è incorso in alcuno dei gravi vizi d’indole logico -giuridica unicamente rilevanti in questa sede.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia la violazione e falsa applicazione
dell’art. 2697 c.c., per avere la CTR fatto gravare sull’amministrazione finanziaria l’onere di provare che le fatture contestate si riferissero ad operazioni oggettivamente inesistenti, laddove l’amministrazione finanziaria, nel caso di specie, era tenuta soltanto a dimostrare la fittizietà della società che aveva emesso le fatture de quibus , in quanto le riprese a tassazione operate con l’avviso di accertamento oggetto di causa si fondavano sulla natura fittizia del soggetto cedente (la RAGIONE_SOCIALE, considerata società cartiera) e, quindi, sulla asserita inesistenza soggettiva RAGIONE_SOCIALE predette operazioni.
4.1. Va in primo luogo ribadito che la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una asseritamente incongrua valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto, magari erroneamente, che la parte onerata avesse assolto tale onere (Sez. 5, Ordinanza n. 21417 del 30/7/2024), poiché in questo caso vi sarebbe, al più, un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. (Sez. L, Sentenza n. 17313 del 19/08/2020, rv. 658541-01) e nei ristretti limiti nei quali è oggi ammesso il controllo sulla motivazione della sentenza impugnata.
4.2. Ciò premesso, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, l’amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo che il fornitore era fittizio, ma anche che il destinatario era consapevole, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente; incombe, invece, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la
diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita RAGIONE_SOCIALE merci o dei servizi (così, in tema di IVA, Sez. 5, Sentenza n. 24471 del 09/08/2022, rv. 665800-02; Sez. 5, Ordinanza n. 15369 del 20/07/2020, rv. 658429-01).
4.3. È proprio questo il principio di cui ha fatto corretta applicazione la CTR, richiamando un precedente di questa Corte (Sez. 6-5, Ordinanza n. 16469 del 21/06/2018) dettato proprio in tema di onere della prova in relazione alla contestazione di fatture emesse per operazioni soggettivamente inesistenti.
4.4. In nessuna parte della sentenza impugnata emerge, invece, che i giudici di secondo grado abbiano ritenuto contestate operazioni oggettivamente inesistenti e che l’ufficio finanziario fosse, perciò, onerato della prova concernente l’inesistenza oggettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni.
4.5. Essi hanno anzi dubitato che la società avesse assolto all’onere della prova contraria, non essendo stata dimostrata «la estraneità del legale rappresentante pro-tempore della RAGIONE_SOCIALE alla operazione fraudolenta o che esso avesse adottato ogni ragionevole misura volta a verificare l’esistenza effettiva della cedente RAGIONE_SOCIALE»», giungendo a ritenere legittima, per tale via, la ripresa fiscale a titolo di IVA.
Con il quarto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 14 bis della l. 537/1993, nel testo novellato introdotto dall’art. 8, comma 1, del d.l. 16/2012, e dell’art. 109 del d.p.r. 917/86.
La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato la deducibilità, ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette, dei costi di cui alle fatture soggettivamente inesistenti emesse nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in virtù del menzionato art. 14, comma 4 bis
della l. n. 537 del 1993, senza considerare che la norma non esclude la necessità di accertare le caratteristiche di effettività ed inerenza dei costi sostenuti.
Il motivo non è fondato.
6.1. La CTR ha fatto buon governo del principio, ripetutamente affermato da questa Corte (tra le recenti, Sez. 5, Ordinanza n. 11020 del 05/04/2022, rv. 664285-01; Sez. 5, Ordinanza n. 8480 del 15/03/2022, rv. 66415001), secondo cui, a norma dell’art. 14, comma 4 bis, della l. n. 537 del 1993, nella formulazione introdotta con l’art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, conv. nella l. n. 44 del 2012 (applicabile anche ad atti, fatti o attività realizzati prima della sua entrata in vigore: Sez. 5, Ordinanza n. 4645 del 21/02/2020, rv. 65734702; Sez. 5, Ordinanza n. 2373 del 25/1/2023), l’acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, non utilizzati direttamente per commettere il reato, anche per l’ipotesi in cui sia consapevole del carattere fraudolento RAGIONE_SOCIALE operazioni, salvo che si tratti di costi che, a norma del T.U. RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi approvato con d.P.R. n. 917 del 1986, siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità.
6.2. La CTR, infatti, sulla base del complessivo compendio probatorio acquisito, ha ritenuto che, nella specie, si vertesse in un’ipotesi di operazioni solo soggettivamente inesistenti e che vi sarebbe stato l’effettivo scambio RAGIONE_SOCIALE merci fatturate e la loro successiva vendita, senza che i beni fossero stati utilizzati direttamente al fine di commettere il reato, donde l’irrilevanza della consapevolezza, da parte dell’acquirente, del carattere fraudolento RAGIONE_SOCIALE operazioni.
Con il quinto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 36, n. 4, del d. lgs. n. 546 del 1992 e 132, n. 4, c.p.c. per avere la CTR omesso di indicare le ragioni per le quali le operazioni di cui alle fatture soggettivamente inesistenti emesse nei confronti
di RAGIONE_SOCIALE avrebbero avuto ad oggetto beni effettivamente acquistati e poi commercializzati da tale società.
Anche tale motivo è infondato.
8.1. Vale qui richiamare quanto già osservato in relazione al primo e al secondo motivo di ricorso, sicché va ribadito che la sentenza impugnata, sebbene succintamente, ha certamente esposto le ragioni per le quali ha ritenuto condivisibili le conclusioni cui era giunta, sul punto, la sentenza penale di assoluzione del legale rappresentante della società per i medesimi fatti oggetto del giudizio tributario e pronunciata dal GUP presso il Tribunale di Lecce, ritenendo che esse trovassero conferma nella copiosa documentazione probatoria versata in atti dal curatore fallimentare. 8.2. Il giudice a quo , quindi, ancora una volta risulta aver elaborato un ben delineato tracciato argomentativo, sicché non è incorso in alcuno dei gravi vizi d’indole logico -giuridica unicamente rilevanti in questa sede.
E, a tale ultimo proposito, è appena il caso di ricordare che non può pretendersi che la Corte di legittimità, esorbitando dai compiti che le sono propri, sovrapponga una diversa valutazione del medesimo compendio probatorio già esaminato dalla CTR: il momento dell’individuazione RAGIONE_SOCIALE informazioni probatorie che dal dato probatorio possono desumersi, infatti, è affare del giudice di merito, ed è per questo sottratto al giudizio di legittimità, a condizione, beninteso, che la sentenza impugnata -come in questo caso -abbia in proposito speso una motivazione eccedente la soglia del ‘minimo costituzionale’ (così, da ultimo, Cass. S.U. Sentenza n. 5792 del 05/03/2024, rv. 670391-01).
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Nulla per le spese, non essendosi costituita la parte intimata.
Neppure sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, il 3 ottobre 2024.