Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9894 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9894 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/04/2024
Oggetto: IVA -operazioni sogg. inesistenti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9102/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL), elettivamente domiciliata presso lo RAGIONE_SOCIALE legale RAGIONE_SOCIALE in Roma, INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, n.8489/34/2016 depositata il 4 ottobre 2016, non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 26 gennaio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania è stato accolto l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 28563/44/14 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, che aveva accolto il ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, avverso l’ avviso di accertamento con il quale, sulla base di processo verbale di constatazione, l’Amministrazione finanziaria recuperava ad imposizione ai fini IVA costi ritenuti indeducibili e indebitamente detratti nell’ anno di imposta 2007 nel quadro di operazioni inesistenti.
Il giudice di prime cure, valorizzando i pagamenti di IVA effettuati dalla società RAGIONE_SOCIALE, ritenuta dall’RAGIONE_SOCIALE una cartiera, e l’archiviazione da parte della Procura della Repubblica di Napoli in relazione alla denuncia di reato presentata nei confronti del legale rappresentate della società per la ritenuta incertezza circa l’inesistenza oggettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni economiche contestate, ritenendo insufficienti gli elementi di prova addotti dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, annullava l’avviso di accertamento impugnato.
Al contrario, il giudice d’appello , dopo aver superato la preliminare questione della decadenza dell’Amministrazione dal potere di accertamento, nel merito RAGIONE_SOCIALE pretese riteneva che la CTP avesse non
correttamente applicato il canone di riparto dell’onere della prova, vertendosi in una fattispecie di operazioni soggettivamente e non oggettivamente inesistenti.
Avverso la sentenza della CTR propone ricorso la contribuente, affidato a nove motivi, cui replica l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo parte ricorrente – ai fini dell’art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ. -lamenta la nullità per violazione e falsa applicazione degli artt. 53 e 57 d.lgs. 546/92, poiché la CTR non ha dichiarato inammissibile l’appello dell’ufficio, sebbene il giudice abbia qualificato come “oggettivamente” inesistenti le operazioni contestate come “soggettivamente” inesistenti in sede di accertamento. 6. Il motivo non può trovare ingresso.
6.1. Va premesso quale sia il canone di riparto dell’onere della prova in materia. Orbene, in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita RAGIONE_SOCIALE merci o dei servizi (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 9851 del 20/04/2018; conforme Sez. 5 – , Ordinanza n. 27555 del 30/10/2018).
6.2. Nella fattispecie, in sede di avviso di accertamento è pacifica la qualificazione RAGIONE_SOCIALE operazioni, contestazione come soggettivamente inesistenti, e, a differenza da quanto afferma la società, nel contenuto dell’appello dell’RAGIONE_SOCIALE riprodotto nel corpo del motivo non si rinviene alcuna qualificazione RAGIONE_SOCIALE operazioni come oggettivamente inesistenti. È stata infatti correttamente dedotta dall’RAGIONE_SOCIALE (cfr. il corpo del motivo che riproduce l’appello dell’Amministrazione ) l’inesistenza fattuale della società coinvolta nei rapporti commerciali con la contribuente – e dunque il suo essere cartiera -e l’esistenza in capo alla ricorrente quantomeno di una conoscibilità se non consapevolezza della partecipazione alla frode, in linea con il canone giurisprudenziale proprio RAGIONE_SOCIALE operazioni soggettivamente inesistenti. 7. Con il secondo motivo la ricorrente -in relazione all’art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ. -prospetta anche la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. – principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato -, poiché la CTR avrebbe confermato l’avviso di accertamento sul presupposto che le operazioni contestate siano “oggettivamente inesistenti”, sebbene l’atto impositivo contesti la loro inesistenza soggettiva.
8. Il motivo è affetto da concorrenti profili di inammissibilità e infondatezza. Innanzitutto, il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato riguarda il rapporto non tra l’atto amministrativo (impositivo) e la sentenza, ma tra la domanda giudiziale – nella fattispecie il ricorso in appello – e la sentenza che giudica su di essa e, come sopra visto, l’appello ha qualificato le operazioni come soggettivamente inesistenti. Inoltre, la sentenza ha anche chiaramente riportato il corretto canone di riparto della prova, facendo riferimento alla giurisprudenza di legittimità elaborata circa l’ « ipotesi di fatturazione per operazioni soggettivamente inesistenti » (cfr. ultima pag. sentenza), in piena risposta all’appello.
9. Il terzo motivo di ricorso -agli effetti dell’art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ. -allega la nullità della sentenza per violazione
dell’art. 56 d.lgs 546/92, poiché la CTR ha errato nel ritenere esclusa dal thema decidedum la questione della decadenza dell’Ufficio dal potere di accertare l’Iva, in quanto la questione era stata riproposta dalla società nelle controdeduzioni in appello.
Con il quarto motivo la società -in relazione all’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. -censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 57, terzo comma, d.P.R. 633/72, e degli artt. 2697, 2699 e 2700 cod. civ. poiché la CTR avrebbe in ogni caso erroneamente ritenuto che l’accertamento in oggetto potesse essere utilmente emesso per effetto del raddoppio dei termini di accertamento in presenza di ipotesi di fattispecie da reato.
I motivi terzo e quarto possono essere trattati congiuntamente in quanto sono connessi e non possono essere accolti, per le ragioni che seguono.
11.1. Partendo dalla prospettata omessa pronuncia, il Collegio rammenta che la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza della denunciata violazione. Sicché, una violazione che non abbia alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, e che sia diretta quindi all’emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico, non può costituire utile oggetto di motivo di ricorso, perché non vi è stata una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Cass. 5837/1997; 13373/2008; 6330/2014; 26831/14; 11354/16). Tale è il caso di specie per l’operatività del raddoppio dei termini di accertamento.
11.2. Infatti, nel caso in esame, sia la sentenza che gli atti RAGIONE_SOCIALE parti chiaramente rendono nota l’esistenza di un procedimento penale originato dalle contestazioni RAGIONE_SOCIALE operazioni economiche per cui è causa e, in tema di accertamento tributario, i termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, nella versione applicabile “ratione temporis”,
sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016 e già notificati, incidano le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130 a 132, della l. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria ivi introdotta, che richiama l’applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, che fa salvi gli effetti degli avvisi già notificati (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16728 del 09/08/2016; conformi Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 26037 del 16/12/2016; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11620 del 14/05/2018). Non vi sono ragioni per discostarsi nel caso in esame da tale consolidato insegnamento giurisprudenziale e, pertanto, non è intervenuta la decadenza denunciata con conseguente reiezione anche della quarta censura.
12. Con il quinto motivo -ex art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. -si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 19 comma 1 d.P.R. 633/72 nonché dell’art. 168 della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, poiché la CTR ha disconosciuto il diritto alla detrazione dell’ IVA nei confronti della ricorrente, nonostante sia stato provato che l’imposta afferente alle prestazioni di servizi di cui è stata contestata l’inesistenza e che le è stata addebitata in via di rivalsa è stata effettivamente versata dal prestatore di servizi. A dire della ricorrente non vi sarebbe stata alcuna evasione dell’imposta tale da legittimare l’RAGIONE_SOCIALE a disconoscere il diritto alla detrazione.
13. Il motivo è infondato. Infatti, il diritto alla detrazione sorge quando l’imposta detraibile diviene esigibile, ossia all’atto della cessione di beni o della prestazione di servizi, con la conseguenza che la fittizietà RAGIONE_SOCIALE già menzionate operazioni ne impedisce l’insorgenza (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 28263 del 11/12/2020). Tale insegnamento della Corte di cassazione, cui va dato continuità, è
condivisibile perché non contrasta col principio della neutralità fiscale, il quale, in quanto espressione del generale principio della parità di trattamento, consente trattamenti differenziati degli operatori economici in assenza di operazioni imponibili rispetto a quelli che abbiano posto in essere un’operazione effettivamente realizzata nei termini prospettati.
15. Con il sesto motivo -in relazione all’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. -si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 21 e 54 d.P.R. 633/72 e degli art. 2697, 2727 e 2729 cod. civ. nonché dell’art. 168 della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 poiché la CTR avrebbe erroneamente ritenuto che l’onere della prova dell’effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni ricadesse sulla società.
16. Il settimo motivo, agli effetti dell’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ., prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2359, 2497- sexies, 2727, 2728 e 2729 cod. civ. per aver la CTR erroneamente ritenuto non provata l’esistenza oggettiva d i prestazioni di servizi di direzione e coordinamento rese dalla società RAGIONE_SOCIALE in favore della ricorrente, sebbene nel caso di specie operasse la presunzione legale ex art. 2497- sexies cod. civ. dell’effettivo esercizio di tale attività da parte della società controllante (RAGIONE_SOCIALE) nei confronti della controllata (la ricorrente).
17. Con l’ottavo motivo, ai fini dell’art.360 primo comma n. 5 cod. proc. civ., si censura l’omesso esame di un fatto decisivo che ha formato oggetto di discussione tra le parti, perché la CTR avrebbe omesso di considerare che dai documenti depositati dalla ricorrente emergerebbe in modo chiaro ed inconfutabile la prova dell’effettività (soggettiva ed oggettiva) RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, nonché la legittimità della detrazione IVA operata.
18. I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, e non possono trovare ingresso. La CTR ha espresso una decisione in linea con il canone giurisprudenziale di riparto dell’onere
della prova sulle operazioni soggettivamente inesistenti già sopra riportato in risposta al primo motivo, accertando il ruolo di cartiera della RAGIONE_SOCIALE in favore della contribuente in relazione alle prestazioni fatturate e di cui il giudice ha ritenuto non sia stata data dimostrazione del loro effettivo svolgimento, e che l’immediatezza dei rapporti tra le parti fosse indice oggettivo idoneo ad escludere l’ignoranza incolpevole di essere partecipe ad una frode fiscale. Il fatto è stato valutato e la ricorrente non può rimetterne in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto del giudice del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità.
19. Il nono motivo, in rapporto all’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ., deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, dell’art. 1, comma 2, dell’art. 5, comma 4, e dell’art. 6, comma 6, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, dell’art. 32 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, degli artt. 15 e 32 del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, nonché dell’art. 1, comma 133, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, perché le sanzioni amministrative irrogate a carico della società avrebbero dovuto essere ridotte dal giudice in applicazione del principio del favor rei e rideterminate con riferimento alle più miti misure introdotte dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158.
20. Il motivo è fondato. Va premesso che la questione è tempestiva, dal momento che la novella è entrata in vigore il 1° gennaio 2016 allorquando all’udienza del 3 novembre 2015 la causa era già stata introitata per la decisione dal giudice di appello e dunque non poteva essere più posta in tale fase di giudizio. Dev’essere quindi ricordato il consolidato principio giurisprudenziale (Cass. n.9505/2017) secondo il quale in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, le modifiche apportate dal d.lgs. n. 158 del 2015 non operano in maniera generalizzata in ‘favor rei’, rendendo la sanzione irrogata illegale. Sicché deve escludersi che la mera deduzione,
in sede di legittimità, di uno ‘ius superveniens’ più favorevole, senza altra precisazione con riferimento al caso concreto, imponga la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, non solo in ragione della necessaria specificità dei motivi di ricorso ma, soprattutto, per il principio costituzionale di ragionevole durata del processo. Nel caso di specie la ricorrente ha fornito adeguati riferimenti al caso concreto, riportando il contenuto dell’avviso di accertamento nella parte relativa alla determinazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, e proponendo anche un conteggio alternativo all’esistente circa la misura della riduzione concretamente applicabile, misura che dovrà essere stabilita dal giudice del merito.
Per l’effetto la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice del merito, in diversa composizione, per il suddetto profilo, oltre che per il regolamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il motivo nono del ricorso, rigettati i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione .
Così deciso il 26.1.2024