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Operazioni soggettivamente inesistenti: Cassazione

Una società di compravendita auto ha impugnato avvisi di accertamento per IVA, basati sulla contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione di merito. Ha ribadito che spetta all’Amministrazione Finanziaria provare, anche con presunzioni, la consapevolezza del contribuente di partecipare a una frode. Una volta provato ciò, l’onere di dimostrare la propria buona fede e diligenza passa al contribuente, che in questo caso non è riuscito a fornirla.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Soggettivamente Inesistenti: L’Onere della Prova e la Diligenza del Contribuente

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema delle operazioni soggettivamente inesistenti, delineando con chiarezza la ripartizione dell’onere della prova tra Amministrazione Finanziaria e contribuente. La decisione sottolinea come la mera regolarità formale dei documenti contabili non sia sufficiente a garantire il diritto alla detrazione dell’IVA, quando l’imprenditore avrebbe dovuto, con l’ordinaria diligenza, accorgersi di essere stato inserito in un meccanismo fraudolento.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore della compravendita di veicoli si è vista notificare due avvisi di accertamento con i quali l’Amministrazione Finanziaria recuperava l’IVA relativa agli anni d’imposta 2015 e 2016. La contestazione si fondava sull’utilizzo di fatture per operazioni ritenute soggettivamente inesistenti. In pratica, l’Ufficio sosteneva che la società avesse acquistato veicoli da imprese che, sebbene avessero emesso regolare fattura, erano in realtà delle mere “cartiere” o comunque soggetti fittizi interposti in una frode IVA.

La Commissione Tributaria Provinciale aveva inizialmente dato ragione alla società, ma la Commissione Tributaria Regionale, in sede di appello, aveva ribaltato la decisione, confermando la legittimità del recupero fiscale per il 2015. La società ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra le altre cose, la violazione delle norme sull’onere della prova e la carenza di motivazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso della società, confermando la validità dell’accertamento fiscale. La decisione si fonda su principi ormai consolidati sia a livello nazionale che europeo in materia di frodi IVA e operazioni soggettivamente inesistenti.

Le motivazioni sulle operazioni soggettivamente inesistenti e la prova della frode

Il cuore della pronuncia risiede nella chiara spiegazione di come si distribuisce l’onere probatorio in questi casi. La Corte ribadisce che:

1. Onere dell’Amministrazione Finanziaria: Spetta all’Ufficio dimostrare, anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, che il contribuente era a conoscenza della frode o che avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza professionale. Non è necessario provare un accordo criminoso, ma basta dimostrare che il contribuente disponeva di indizi tali da mettere in guardia un imprenditore mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del suo fornitore.

2. Gli elementi presuntivi: Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto sufficienti gli elementi addotti dall’Agenzia delle Entrate, quali il fatto che le società fornitrici fossero prive di locali commerciali, avessero debiti IVA non pagati, operassero in modo antieconomico (rivendendo auto a un prezzo inferiore a quello di acquisto) e che una di esse fosse persino irrintracciabile per un controllo.

3. Onere del Contribuente: Una volta che l’Amministrazione ha fornito questi elementi, la palla passa al contribuente. A quest’ultimo spetta la “prova contraria”, ovvero dimostrare di aver agito con la massima diligenza possibile per non essere coinvolto nella frode. La Corte specifica che, a tal fine, non è sufficiente provare la regolarità formale della contabilità, della documentazione fiscale o dei pagamenti.

La Cassazione ha inoltre dichiarato inammissibili alcuni motivi del ricorso, poiché, invece di criticare la sentenza d’appello, attaccavano direttamente l’avviso di accertamento, oppure chiedevano alla Corte una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità.

Le conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un monito importante per tutti gli operatori economici. La lotta alle frodi IVA, in particolare quelle basate su operazioni soggettivamente inesistenti, richiede un ruolo attivo da parte delle imprese. Non basta ricevere una fattura e pagarla per essere sicuri di poter detrarre l’IVA. È fondamentale esercitare un controllo diligente sui propri partner commerciali, verificandone la struttura, l’operatività e l’affidabilità. In assenza di una tale diligenza, il rischio di vedersi negare la detrazione dell’IVA e di incorrere in pesanti sanzioni è concreto, anche se l’impresa non ha partecipato attivamente alla frode ma si è limitata a ignorare i segnali d’allarme.

In caso di operazioni soggettivamente inesistenti, chi deve provare la frode?
Spetta all’Amministrazione Finanziaria l’onere di provare, anche tramite presunzioni, che il destinatario della fattura sapeva o avrebbe dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza, che l’operazione si inseriva in un’evasione dell’imposta.

Cosa deve fare un’azienda per dimostrare di non essere coinvolta in una frode IVA?
Una volta che l’Amministrazione ha fornito indizi sulla frode, l’azienda deve fornire la prova contraria di aver agito con la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per non essere coinvolta, valutando le circostanze concrete del caso. La sola regolarità formale di contabilità e pagamenti non è sufficiente.

È possibile perdere il diritto alla detrazione IVA anche se l’operazione commerciale (la cessione dei beni) è realmente avvenuta?
Sì, nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, il diritto alla detrazione può essere negato se viene dimostrato che il cessionario era consapevole o avrebbe dovuto essere consapevole del carattere fraudolento dell’operazione, anche se i beni sono stati effettivamente consegnati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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