Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26353 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26353 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24930/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della SICILIA n. 1229/2016 depositata il 01/04/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE era attinta dall’avviso di accertamento n. TY303A100562/2011 notificato, a seguito di verifica fiscale da parte della GdF, per l’a.i. 2007, ai fini dell’IRES, dell’IRAP e dell’IVA. Da controlli incrociati, era emerso avere essa dedotto costi, per euro 4.904.870,47, ed esposto IVA indetraibile, per euro 980.974,09, dietro fatture, emesse da varie imprese, riferibili ad operazioni inesistenti. L’Agenzia delle entrate, condividendo i rilievi della GdF, procedeva a rettifica della dichiarazione presentata ai sensi degli artt. 39 e 40 d.P.R. n. 600 del 1973, 54 d.P.R. n. 633 del 1972 e 25 D.Lgs. n. 446 del 1997, recuperando maggiori imposte, con interessi e sanzioni.
Su impugnazione della contribuente, la CTP di Palermo, con sentenza n. 6325/07/14 del 23.9.2014, accoglieva parzialmente il ricorso, ritenendo l’illegittimità del recupero dell’IVA in ragione del ‘reverse charge’.
Proponevano appello la contribuente in via principale e l’Ufficio in via incidentale.
3.1. La CTR, con la sentenza emarginata, accoglieva l’uno e rigettava l’altro, annullando l’avviso.
3.2. Osservava quanto segue.
-i ‘ richiami normativi ‘ inerenti ai poteri esercitati dall’Agenzia delle entrate ai fini della rettifica ‘ risultano assai generici e non individuano opportunamente le diverse fattispecie di violazioni e/o inadempienze commesse dal contribuente verificato ‘;
manca l’allegazione del pvc all’avviso di accertamento e ciò, unitamente alle ‘ indicazioni riportate ‘ in esso, genera ‘ alcune perplessità ‘, difettando ‘ gli elementi necessari e sufficienti per definire, in modo certo , l’asserita ‘inesistenza’ delle forniture ‘;
-‘ alla luce delle risultanze dei controlli incrociati e delle dichiarazioni acquisite da taluni fornitori (COGNOME Battista
NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, Instal Sud di Mileto Giuseppe, COGNOME NOME ed altri), nonché dall’interrogatorio del COGNOME NOME, non si può non affermare che le fatture (emesse a nome di quest’ultimo soggetto) riportano la ‘falsa’ indicazione del soggetto cedente, ma non dimostrano -certamente -la ‘oggettiva inesistenza dell’operazione’ , ossia che non sia avvenuta la fornitura dei rottami metallici di cui alle predette fatturazioni ‘;
-la circostanza che si tratti di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emerge anche dal decreto di sequestro preventivo del gip presso il tribunale di Palermo e dalla sentenza penale prodotta dalla contribuente, oltre che dalla attestata veridicità dei pagamenti, quantunque eseguiti nei confronti di soggetti diversi dagli ‘ ignari ‘ fatturanti, e dalla ‘ perizia giurata resa da un professionista della RAGIONE_SOCIALE atta a dimostrare che quest’ultima non avrebbe potuto realizzare il fatturato dell’anno di riferimento ‘ in assenza delle quantità di materiale desumibile dalle fatture oggetto di contestazione ‘ .
Avverso detta sentenza della CTR proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con due motivi, cui resisteva la contribuente con controricorso.
Con requisitoria in data 20 dicembre 2022 depositata telematicamente, il Sostituto Procuratore Generale presso questa Suprema Corte, in persona del Dott. NOME COGNOME instava per l’accoglimento del ricorso (in specie quanto al secondo motivo), osservando: ‘ La pronuncia impugnata accerta la natura solo soggettivamente inesistente delle operazioni di cessione dei materiali ferrosi, senza fare applicazione del principio di diritto conseguente secondo cui , ai fini del riconoscimento del diritto alla deduzione dei costi e della detrazione IVA, va accertata la conoscenza (o l’obbligo di sapere sulla base delle regole di diligenza ordinaria), da parte del destinatario della fattura, della fraudolenza
dell’operazione. Tale aspetto risulta completamente pretermesso dalla CTR, che che, presenti indizi di frode, nel caso di specie innegabili, è il destinatario della fattura che ha l’onere di dimostrare la mancanza di connivenza da parte sua ‘.
Con atto depositato telematicamente in data 16 gennaio 2023, il difensore della contribuente presentava istanza di sospensione ex art. 1, comma 197 l. n. 197 del 2022 (Legge di Bilancio 2023), cui alla pubblica udienza del 24 gennaio 2023 il P.M. non si opponeva.
Con ordinanza resa all’esito di detta udienza, il giudizio veniva sospeso.
Con istanza del 24 giugno 2024, l’Agenzia comunicava che ‘ la causa non risulta interessata da domande di definizione della controversia ex art. 1 della L. 197/2022 ‘, instando per la prosecuzione del giudizio.
L’Avvocatura generale dello Stato deposita memoria telematica in data 1° luglio 2025, ad ulteriore illustrazione delle proprie ragioni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si denuncia: ‘ Violazione, ex art. 360, primo comma, n. 3, cpc, degli artt. 12, comma 2, della legge 27.7.2000, n. 212, dell’art. 42 del d.P.R. 29.9.1973, n. 600, e dell’art. 56 del d.P.R. 26.10.1972, n. 633 ‘. La CTR ha rilevato la genericità dell’avviso di accertamento, ma le finalità e l’oggetto della verifica sono indicati nel pvc richiamato dall’avviso e depositato in primo grado e la specifica indicazione dei singoli commi degli articoli di legge legittimanti l’accertamento non è richiesta ai fini della validità dell’avviso.
1.1. Il motivo (non inammissibile, come sostenuto in controricorso, perché individua con precisione la censura, pertinentemente deducendola sotto il paradigma della violazione
delle indicate disposizioni di legge) è fondato e merita accoglimento.
Quanto alle finalità ed oggetto della verifica, è la stessa sentenza impugnata a renderne conto, laddove ricorda che, in specie il pvc, ma sinteticamente anche l’ordine di servizio ed il pvv (processo verbale di verifica) menzionavano l’ambito dei controlli con riferimento all’osservanza della disciplina dell’IVA e delle imposte sui redditi. Siffatte indicazioni sono sufficienti, non potendosene per vero esigere di più dettagliate a cagione della natura anticipata dall’adempimento istruttorio. Né comunque alcuna disposizione di legge prevede sanzioni di sorta, men che meno di nullità dell’atto impositivo (che è altro e distinto dal pvc rassegnante gli esiti della verifica e ‘a fortiori’ dagli atti antecedenti) per pretesa genericità dell’annuncio delle ragioni della verifica (cfr. Sez. 5, n. 28692 del 09/11/2018, Rv. 65127301: ‘ in tema di accertamento, ove non siano state indicate al contribuente, in sede di verifica, le specifiche ragioni per le quali la stessa è iniziata, motivando gli accessi con generici riferimenti agli indirizzi di programma annuali ovvero al settore economico di particolare interesse, non si configura la nullità dell’atto impositivo per violazione dell’art. 12, comma 2, della l. n. 212 del 2000, atteso che, non essendo tale sanzione espressamente prevista dalla legge, è onere del contribuente dedurre e dimostrare il concreto pregiudizio derivato alla sua difesa dalla denunciata violazione ‘).
Quanto al difetto di indicazioni normative nell’avviso, è identicamente a rilevarsi come -in disparte l’inafferrabilità dell’immotivatamente ritenuta, dalla CTR, insufficienza del riferimento di per sé esaustivo agli artt. 39 e 40 d.P.R. n. 600 del 1973, 54 d.P.R. n. 633 del 1972 e 25 D.Lgs. n. 446 del 1997 in uno alle disposizioni di legge violate -nessuna norma contenga prescrizioni, viepiù sanzionate di nullità, riguardo alla specifica individuazione della ‘species’ dell’accertamento. Valga ricordare,
per tutte, Sez. 5, n. 25617 del 21/10/2010, che in motivazione (par. 3) plasticamente ricorda come, ‘ anche ammesso che, in ipotesi, sia stata utilizzata una ‘etichetta’ impropria, quello che interessa è che poi la motivazione abbia dato conto della sussistenza dei presupposti di legittimità dell’accertamento ‘.
Siffatti presupposti non sono revocati in dubbio dalla stessa CTR, la quale, anzi, ha avuto modo di leggere e pienamente comprendere le contestazioni di cui all’avviso, pervenendo ad un (pur erroneo, come subito si vedrà) giudizio di annullamento dello stesso all’esito di un’articolata operazione di qualificazione delle operazioni documentate nelle fatture come soggettivamente inesistenti. D’altronde, quanto al rilievo che la ‘ mancanza del p.v.c .’ contribuirebbe a creare ‘ alcune perplessità ‘ in ordine alla definizione, ‘ in modo ‘certo’ (stante l’importanza della condizione e delle conseguenti ripercussioni) l’asserita ‘inesistenza’ delle forniture di rottami metallici ‘, basti il richiamo all’orientamento secondo cui ‘ Nel processo tributario, ai fini della validità dell’avviso di accertamento non rilevano l’omessa allegazione di un documento o la mancata ostensione dello stesso al contribuente se la motivazione, anche se resa per relationem , è comunque sufficiente, dovendosi distinguere il piano della motivazione dell’avviso di accertamento da quello della prova della pretesa impositiva e, corrispondentemente, l’atto a cui l’avviso si riferisce dal documento che costituisce mezzo di prova ‘ (Cass., Sez. Trib., n. 8016 del 25/03/2024 (Rv. 670858 – 01).
Con il secondo motivo si denuncia: ‘ Violazione, ex art. 360 n. 3 cpc, dell’art. 109 d.P.R. n. 917/1986 nonché degli artt. 17, 19, 21 del d.P.R. 26.10.1973, n. 633, in relazione agli artt. 2697, 2727 e 2729 cc, nonché agli artt. 39 del d.P.R. n. 600/1973 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972 ‘. La CTR, pur qualificate le operazioni come soggettivamente inesistenti, contraddittoriamente ha annullato l’avviso.
2.1. Anche il motivo in disamina (non inammissibile, come sostenuto in controricorso, perché focalizza con precisione le affermazioni della CTR oggetto di censura ed indica, con coerenza e logicità, le disposizioni di legge violate, senza che sia dimostrata l’affermazione della contribuente secondo cui esso fonderebbe su allegazioni introdotte solo in appello) è fondato e merita accoglimento.
2.1.1. L’annullamento dell’avviso disposto dalla CTR è del tutto illogico ed incongruo rispetto al percorso motivazionale esibito dalla sentenza impugnata.
2.2. Sul piano, anzitutto, della detrai bilità dell’IVA (riservata al prosieguo la disamina in ordine alla deducibilità dei costi, pure oggetto del motivo), una volta appurata la soggettiva inesistenza delle operazioni, la CTR avrebbe dovuto verificare se la contribuente avesse assolto o meno all’onere di dimostrare la propria diligenza nell’evitare alcun coinvolgimento nel meccanismo di illecite forniture e, sul piano della deducibilità dei corrispondenti costi, la loro esistenza, inerenza e, in presenza di contestazioni dell’A.F., coerenza economica.
2.2.1. Più nel dettaglio.
Quanto al suddetto piano (detraibilità dell’IVA), i n un coerente quadro d’insieme, la giurisprudenza unionale e quel la interna hanno ormai fatto chiarezza sul riparto degli oneri probatori tra Amministrazione e contribuente. L’insegnamento della prima a termini della quale, dinanzi ad operazioni soggettivamente inesistenti, l’Amministrazione è tenuta a provare che il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere che la cessione si inseriva in una evasione dell’IVA, ma non anche la par teci pazione all’evasione stessa (cfr. Corte Giust. Ppuh, C-277/14; Corte Giust. COGNOME, C285/11) -è recepito dalla seconda, in seno alla quale trovasi costantemente ripetuto il principio secondo cui, ‘ in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione
attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto ‘ (Sez. 5, n. 15369 del 20/07/2020, Rv. 658429-01).
Inoltre, poiché, nella fattispecie, il ‘thema’ delle fatture per operazioni soggettivamente inesistenti incontra quello dello speciale regime di contabilità noto come ‘reverse charge’, rilevano due ulteriori principi proclamati da questa Suprema Corte:
-quello secondo cui, ‘ in tema di IVA, e con riguardo al regime del ‘reverse charge’ o inversione contabile, in applicazione dei principi di diritto enunciati dalla Corte di giustizia della UE, il diritto di detrazione dell’imposta relativa ad un’operazione di cessione di beni non può essere riconosciuto al cessionario che, sulla fattura emessa per tale operazione in applicazione del suddetto regime, abbia indicato un fornitore fittizio allorquando, alternativamente, il medesimo cessionario: a) abbia egli stesso commesso un’evasione dell’IVA ovvero sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto di detrazione s’iscriveva in una simile evasione; b) sia semplicemente consapevole della indicazione in fattura di un fornitore fittizio e non abbia fornito la
prova che il vero fornitore sia un soggetto passivo IVA ‘ (Sez. 5, n. 4250 del 10/02/2022, Rv. 663882-01);
quello, collocantesi su un piano che trascorre dal diritto sostanziale a quello processuale, secondo cui, in caso di ‘reverse charge’, poiché ‘ l’obbligo di autofatturazione e le relative registrazioni assolvono una funzione sostanziale, in quanto, compensandosi a vicenda con l’assunzione del debito avente ad oggetto l’IVA a monte e la successiva detrazione della medesima imposta a valle, comportano che non permanga alcun debito nei confronti dell’Amministrazione, e consentono i controlli e gli accertamenti fiscali sulle cessioni successive ‘, ai fini del disconoscimento del diritto alla detrazione dell’IVA, ‘ è ammessa anche la prova mediante presunzioni, gravi, precise e concordanti, con conseguente inversione dell’onere probatorio sul contribuente ‘ (Sez. 5, n. 12649 del 19/05/2017, Rv. 644152-01).
I superiori principi non sono stati osservati dalla CTR, senza viepiù alcuna motivazione, finanche grafica, giungendo ad annullare l’avviso, nonostante, ed in frontale contrasto con, l’accertata inesistenza soggettiva delle operazioni.
2.1.1. Né, a giustificazione della decisione, potrebbe invocarsi, come invece sostenuto in controricorso, il regime in sé del ‘reverse charge’.
Nella giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 5, n. 2862 del 31/01/2019, Rv. 652333-01) è acquisito il principio secondo cui, ‘ in tema d’IVA, le operazioni di cessione compiute in regime d’inversione contabile (cd. ‘reverse charge’), ancorché effettuate sotto l’apparente osservanza dei requisiti formali, sono indetraibili in caso di violazione degli obblighi sostanziali, ove venga meno la corrispondenza, ‘anche’ soggettiva, dell’operazione fatturata con quella in concreto realizzata, con conseguente inesistenza dell’obbligo di corrispondere l’imposta indicata in fattura ‘.
Siffatto principio, che vale quando ‘ venga meno la corrispondenza, ‘anche’ soggettiva, dell’operazione fatturata ‘, trova più di recente esplicitazione in Sez. 5, n. 4250 del 10/02/2022, Rv. 663882-01, che, in precipua relazione ad operazioni soggettivamente inesistenti, in motivazione (par. 2.9, fg. 10), ricorda come ‘ la Corte di giustizia (CGUE 11 novembre 2021, in causa C281/20, Ferimet SL), che si occupata per la prima volta della disciplina del reverse charge in materia di operazioni soggettivamente inesistenti, ha stabilito che la direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio del 28/11/2006 (direttiva IVA), letta in combinazione con il principio di neutralità fiscale, dev’essere interpretata nel senso che a un soggetto passivo va negato l’esercizio del diritto a detrazione dell’IVA relativa all’acquisto di beni che gli sono stati ceduti, qualora tale soggetto passivo abbia consapevolmente indicato un fornitore fittizio sulla fattura che egli stesso ha emesso per tale operazione nell’ambito dell’applicazione del regime dell’inversione contabile, se, tenuto conto delle circostanze di fatto e degli elementi forniti da tale soggetto passivo, mancano i dati necessari per verificare che il vero fornitore aveva la qualità di soggetto passivo o se è sufficientemente dimostrato che tale soggetto passivo ha commesso un’evasione dell’IVA o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione s’iscriveva in una simile evasione )’.
Le ragioni del principio poc’anzi evocato si trovano recepite in numerose pronunce di questa S.C., intese ad evidenziare (cfr., ad es., tra le più recenti, Sez. 5, n. 19652 del 21/09/2020, in motiv., par. 2.4, p. 4) che, ‘ nel caso di operazioni inesistenti in regime d’inversione contabile, il cessionario è l’effettivo soggetto d’imposta e l’Iva integrata a debito sulle fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti è dovuta, in base al principio comunitario di cui all’art. 28-octies, par. 1, lett. d), dir. 1977/388/CE [ora art. 203 dir.
2006/112/CE], anche quando si tratta di forniture inesistenti o diverse da quelle indicate in fattura. Ciò incide – per il combinato disposto degli artt. 21, settimo comma, 19, primo comma, e 26, terzo comma, d.P.R. n. 633 del 1972 – sul destinatario della fattura medesima che non può esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta mancando il suo presupposto, ovverosia la corrispondenza, anche solo soggettiva (e, a maggior ragione, se oggettiva) dell’operazione fatturata con quella in concreto realizzata (v. Cass. n. 2862 del 31/01/2019; Cass. n. 16679 del 09/08/2016) ‘.
I superiori insegnamenti trovano indirettamente l’avallo delle Sezioni Unite, le quali, nella nota sentenza n. 22727 del 20/07/2022, confermano come il regime di detraibilità in caso di inversione contabile costituisca un ‘posterius’ rispetto all’esistenza delle operazioni (quale requisito sostanziale dell’esercizio del diritto di detrazione), giacché, inversamente, dall’inesistenza di queste discende, in presenza dell’elemento psicologico, l’applicabilità della sanzione di cui all’art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 471 del 1997. Ed infatti il Massimo Consesso (giusta il principio di diritto ‘sub’ Rv. 66519502) afferma che, ‘ alle operazioni imponibili, oggettivamente e soggettivamente inesistenti sottoposte al regime contabile del ‘reverse charge’, quando per queste ultime sia provato l’elemento psicologico, è applicabile la sanzione prevista dall’art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997, essendo la stessa finalizzata ad osteggiare le condotte potenzialmente destinate alla realizzazione di intenti frodatori ed evasivi mediante l’esercizio della detrazione in assenza dei requisiti sostanziali, rispetto alle quali non opera la fattispecie di cui all’art. 6, comma 9-bis, prima parte, dello stesso decreto, dettata per le sole ipotesi di violazioni formali ‘. Ciò alla luce della considerazione (cfr. in motiv. parr. 7.6. e 7.7., p. 19 s.) che ‘ a frode opera, dunque, come limite generale al principio fondamentale di neutralità dell’IVA
(implicitamente, Corte giust., 8 maggio 2008, RAGIONE_SOCIALE contro Agenzia delle Entrate – Ufficio di Genova 3, C-95/07 e C-96/07, par.70, e Cass., n.5072/2015), ossia al principio secondo cui la detrazione d’imposta è accordata se i requisiti sostanziali dell’operazione sono comunque soddisfatti (Corte giust. 11 dicembre 2014, RAGIONE_SOCIALE, causa C-590/13, p.38). Analogamente, Corte giust., 8 maggio 2019, RAGIONE_SOCIALE, C-712/17, par.24, ha ritenuto che, quando un’operazione di acquisto di un bene o di un servizio è inesistente, essa non può avere alcun collegamento con le operazioni del soggetto passivo tassato a valle, sicché, ‘(…) è inerente al meccanismo dell’IVA il fatto che un’operazione fittizia non possa dare diritto ad alcuna detrazione di tale imposta.’ -cfr. p.25 sent. EN.SA, cit.-. Di conseguenza, quando manca la realizzazione effettiva della cessione di beni o della prestazione di servizi, non può sorgere alcun diritto alla detrazione (Corte giust., 27 giugno 2018, SGI e Valériane, C-459/17 e C460/17, punto 36). Il tutto si inserisce nell’obbligo imposto a ciascuno Stato membro di ‘prevenire ogni possibile frode’ (art. 13 Dir. CEE 77/388), pur con modalità non armonizzate ed ancora, nella piena equiparabilità alla frode delle operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti, in quanto idonee ad alterare le prove e, dunque, ad impedire la riscossione dell’importo esatto dell’imposta -cfr. punti 48-49, sent. Halifax, cit.-‘.
2.3. Ciò detto in riferimento alla detraibilità dell’IVA, quanto, poi, alla deducibilità dei costi, vero è che, ‘ ai sensi dell’art. 14, comma 4-bis, della l. n. 537 del 1993 (nella formulazione introdotta dall’art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, conv. in l. n. 44 del 2012), che opera, in ragione del comma 3 della stessa disposizione, quale ‘jus superveniens’ con efficacia retroattiva ‘in bonam partem’, sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una frode carosello), per il solo fatto che sono stati sostenuti, anche se
l’acquirente è consapevole del carattere fraudolento delle operazioni ‘, ma ciò ‘ salvo che detti costi siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità ovvero relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo ‘ (così, tra le altre, Sez. 5, n. 26786 del 15/10/2024, Rv. 67270701; Sez. 6-5, n. 17788 del 06/07/2018, Rv. 649801-01; Sez. 5, n. 26461 del 17/12/2014, Rv. 633708-01).
2.3.1. E, per regola generale, l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili spetta al contribuente, dovendosi oltretutto tener presente che ‘ a tal fine non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa ‘ (già Sez. 5, n. 13300 del 26/05/2017, Rv. 644248-01). Invero, ‘ l’abrogazione, ad opera dell’art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1996, dell’art. 75, comma 6, del d.P.R. n. 917 del 1986, che impediva la deduzione dei costi non regolarmente registrati nelle scritture contabili, non ne determina l’automatica deducibilità, dovendo l’imprenditore dimostrare di averli effettivamente sostenuti: tale prova, tuttavia, non può essere fornita esclusivamente mediante le annotazioni del libro giornale, in quanto le stesse, per un verso, non fanno fede della veridicità dei dati in esso esposti e, per un altro, non costituiscono prova a favore dell’imprenditore ai sensi dell’art. 2709 c.c. ‘ (Sez. 5, n. 18401 del 12/07/2018, Rv. 649615 -02).
Anche i superiori principi risultano inosservati dalla CTR.
3. In definitiva, la sentenza impugnata va cassata con rinvio per nuovo integrale esame della vicenda per cui è giudizio ed
all’esito per la regolazione tra le parti delle spese di lite, anche con riferimento al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
In integrale accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, per nuovo esame e per la regolazione tra le parti delle spese di lite, anche con riferimento al presente giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma, lì 11 luglio 2025.
La Presidente NOME–NOME COGNOME