LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Operazioni oggettivamente inesistenti: la prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 10343/2025, ha confermato la legittimità di un accertamento fiscale per operazioni oggettivamente inesistenti basato su prove presuntive. Il caso riguardava un laboratorio di analisi che aveva dedotto costi per servizi mai ricevuti. La Corte ha stabilito che, di fronte a un quadro indiziario grave, preciso e concordante fornito dall’Amministrazione Finanziaria, spetta al contribuente l’onere di fornire una prova rigorosa dell’effettiva esecuzione delle prestazioni, non essendo sufficienti la mera esibizione di fatture e la regolarità formale delle scritture contabili.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Oggettivamente Inesistenti: Guida alla Prova secondo la Cassazione

La recente ordinanza della Corte di Cassazione ha nuovamente acceso i riflettori su un tema cruciale del diritto tributario: la contestazione di operazioni oggettivamente inesistenti. Questo provvedimento chiarisce in modo netto la ripartizione dell’onere della prova tra Fisco e contribuente, sottolineando come un insieme di indizi gravi, precisi e concordanti possa essere sufficiente per l’Amministrazione Finanziaria a dimostrare la fittizietà di un’operazione. Vediamo nel dettaglio il caso e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato a un laboratorio di analisi cliniche. L’Agenzia delle Entrate contestava la deducibilità di costi derivanti da diverse fatture emesse da terze società per la presunta esecuzione di analisi cliniche in service. Secondo l’Erario, tali prestazioni non erano mai state realmente eseguite.

L’Amministrazione Finanziaria basava le proprie conclusioni su una serie di elementi indiziari, tra cui:
* La mancata registrazione e l’assenza di data certa su una scrittura privata che avrebbe dovuto regolare i rapporti commerciali.
* Ingenti movimentazioni finanziarie regolate prevalentemente in contanti, considerate anomale.
* L’assenza di una chiara ragione economica sottesa all’accordo, dato che il laboratorio contribuente era già accreditato e dotato di strutture e macchinari propri, a differenza della società fornitrice.
* La mancata produzione delle ricevute rilasciate agli utenti finali.

Il caso, dopo alterne vicende nei gradi di merito, giungeva dinanzi alla Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità della decisione della Commissione Tributaria Regionale che aveva accolto le tesi dell’Ufficio, ritenendo provata l’inesistenza delle operazioni.

La Decisione della Corte sulla Prova delle operazioni oggettivamente inesistenti

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso del contribuente, confermando la sentenza impugnata. Gli Ermellini hanno ritenuto corretto l’operato del giudice di merito nel valorizzare il quadro indiziario fornito dall’Agenzia delle Entrate come prova presuntiva sufficiente a dimostrare l’inesistenza delle operazioni contestate.

Le Motivazioni

La Corte ha articolato il proprio ragionamento su alcuni pilastri fondamentali del contenzioso tributario in materia di costi fittizi.

L’Onere della Prova e la Prova Presuntiva

Il punto centrale della decisione riguarda l’onus probandi. La Cassazione ribadisce un principio consolidato: in tema di operazioni oggettivamente inesistenti, l’Amministrazione Finanziaria può assolvere il proprio onere probatorio anche attraverso presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti. Una volta che l’Ufficio ha presentato un quadro indiziario con tali caratteristiche, l’onere di fornire la prova contraria si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare in modo rigoroso e inequivocabile l’effettiva esistenza delle operazioni.

L’Insufficienza della Prova Formale

La Corte chiarisce che la prova contraria a carico del contribuente non può limitarsi a elementi puramente formali. L’esibizione della fattura, la sua regolare registrazione nelle scritture contabili o la dimostrazione dei mezzi di pagamento non sono, di per sé, sufficienti. Questi elementi, infatti, sono facilmente falsificabili e vengono tipicamente utilizzati proprio per creare un’apparenza di realtà a un’operazione fittizia. Nel caso di specie, il contribuente aveva prodotto un “supporto ottico” contenente un elenco di pazienti e prestazioni, ma la Corte ha ritenuto tale prova inidonea, in quanto un semplice elenco, anche se dettagliato, non dimostra che le prestazioni siano state effettivamente eseguite né da chi.

La Valutazione Complessiva degli Indizi

Un altro aspetto fondamentale è che gli indizi non devono essere valutati atomisticamente, cioè singolarmente, ma nel loro complesso. La loro combinazione e convergenza (il cosiddetto “criterio della convergenza del molteplice”) può creare una prova presuntiva valida e robusta. Nel caso in esame, la mancanza di un contratto registrato, l’anomalia dei pagamenti in contanti e l’assenza di una logica economica, visti insieme, hanno costituito un fondamento solido per la presunzione di inesistenza delle operazioni.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame rappresenta un’importante conferma dei principi che governano l’accertamento delle operazioni oggettivamente inesistenti. Essa invia un messaggio chiaro ai contribuenti: la mera apparenza e la regolarità formale non bastano a proteggere da contestazioni fiscali quando la sostanza economica dell’operazione è dubbia. Di fronte a un’accusa di costi fittizi basata su un solido quadro presuntivo, è necessario essere in grado di fornire prove concrete, sostanziali e inconfutabili dell’effettiva esecuzione delle prestazioni, che vadano ben oltre la semplice documentazione contabile.

Come può l’Agenzia delle Entrate provare che delle operazioni sono inesistenti?
L’Agenzia delle Entrate può dimostrarlo attraverso prove presuntive, ovvero basandosi su un insieme di indizi (come pagamenti anomali, mancanza di contratti, assenza di logica economica) che, valutati complessivamente, siano gravi, precisi e concordanti nel suggerire la fittizietà dell’operazione.

Quale tipo di prova deve fornire il contribuente per difendersi dall’accusa di operazioni oggettivamente inesistenti?
Il contribuente deve fornire una prova rigorosa e concreta dell’effettiva esistenza delle prestazioni. Non è sufficiente esibire la fattura, le registrazioni contabili o la prova del pagamento, poiché questi elementi formali possono essere facilmente creati per simulare un’operazione reale. È necessario dimostrare la sostanza dell’operazione.

La mancata valutazione di una prova fornita dal contribuente (come un CD con l’elenco dei pazienti) costituisce un vizio della sentenza?
Non necessariamente. Il giudice di merito non è tenuto a dare conto di ogni singolo elemento probatorio, ma può ritenere irrilevanti alcune prove se altre circostanze, valutate nel loro complesso, fondano il suo convincimento. Nel caso specifico, un elenco di prestazioni, anche se dettagliato, non è stato ritenuto sufficiente a provare la loro effettiva esecuzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati