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Operazioni oggettivamente inesistenti: la Cassazione

Una società del settore alimentare ha impugnato un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, che contestava la deduzione di costi per operazioni oggettivamente inesistenti, relative a sponsorizzazioni nel settore automobilistico ritenute sproporzionate e antieconomiche. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando i principi sull’onere della prova: spetta all’Amministrazione finanziaria fornire indizi, anche presuntivi, sull’inesistenza dell’operazione, dopodiché la prova contraria sull’effettività della prestazione ricade sul contribuente. La mera esibizione di fatture e pagamenti non è sufficiente a superare presunzioni gravi, precise e concordanti di fittizietà.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Oggettivamente Inesistenti: la Cassazione e l’Onere della Prova

Il tema delle operazioni oggettivamente inesistenti è centrale nel contenzioso tributario, rappresentando uno dei principali strumenti di evasione fiscale. Si tratta di operazioni commerciali che, pur apparendo formalmente corrette tramite l’emissione di fatture, nascondono una realtà diversa: la prestazione non è mai stata eseguita o lo è stata per un valore notevolmente inferiore. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui principi che regolano l’onere della prova tra Fisco e contribuente, offrendo chiarimenti fondamentali per le imprese.

I Fatti di Causa: Costi di Sponsorizzazione Sotto la Lente del Fisco

Una società operante nel settore alimentare si vedeva notificare un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate per l’anno d’imposta 2009. La contestazione riguardava la deduzione di costi per Ires, Irap ed Iva relativi a servizi di sponsorizzazione su auto da rally. Secondo il Fisco, tali costi erano sproporzionati rispetto al prezzo di mercato e all’utile economico conseguito dall’azienda, configurando così delle operazioni parzialmente inesistenti (sovrafatturazione).

L’accertamento scaturiva da verifiche effettuate su un’altra società, specializzata nella raccolta di sponsorizzazioni per corse automobilistiche. L’Amministrazione Finanziaria riteneva che il modello di business di quest’ultima fosse finalizzato a consentire ai propri clienti di dedurre costi fittizi. Dopo due gradi di giudizio sfavorevoli, la società contribuente ricorreva in Cassazione, lamentando una violazione delle norme sull’onere della prova.

La Decisione della Corte: Respinte le Ragioni del Contribuente

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando la validità dell’accertamento fiscale. Gli Ermellini hanno ribadito i consolidati principi giurisprudenziali in materia di operazioni oggettivamente inesistenti, chiarendo la ripartizione dell’onere probatorio e il valore degli indizi presuntivi.

Le Motivazioni: Il Principio dell’Onere della Prova nelle Operazioni Oggettivamente Inesistenti

La Corte ha articolato le sue motivazioni attorno al fulcro della questione: chi deve provare cosa quando il Fisco contesta la veridicità di una fattura. La sentenza chiarisce in modo netto la sequenza probatoria.

L’Onere dell’Amministrazione Finanziaria

In primo luogo, spetta all’Amministrazione Finanziaria fornire la prova che l’operazione commerciale non è mai avvenuta o è avvenuta per un importo inferiore. Questa prova può essere fornita anche attraverso presunzioni semplici, purché siano gravi, precise e concordanti. Nel caso di specie, la grave sproporzione tra il costo della sponsorizzazione e i valori di mercato, unita all’antieconomicità dell’operazione rispetto al margine d’utile dell’impresa, costituivano indizi sufficienti a fondare l’accertamento.

L’Onere del Contribuente

Una volta che il Fisco ha fornito elementi presuntivi validi, l’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare l’effettiva esistenza e l’inerenza del costo sostenuto. La Corte specifica che, a tal fine, non è sufficiente esibire la fattura o la prova del pagamento. Questi documenti, infatti, sono facilmente falsificabili e vengono tipicamente utilizzati proprio per dare una parvenza di realtà a operazioni fittizie. Il contribuente deve quindi fornire prove concrete e sostanziali della prestazione ricevuta.

L’Importanza delle Presunzioni e dell’Antieconomicità

La Corte ha sottolineato che un comportamento palesemente antieconomico può essere un valido indice di inattendibilità della contabilità, anche se formalmente regolare. Quando un’impresa sostiene costi per sponsorizzazioni eccessivi e sproporzionati, che non trovano giustificazione in una logica di ritorno economico, il Fisco è legittimato a desumere, in via induttiva, l’inesistenza (totale o parziale) dell’operazione sottostante. Questo principio si applica anche quando una parte della prestazione è stata effettivamente eseguita, ma il prezzo pagato è talmente esorbitante da configurare una ‘sovrafatturazione’, la cui eccedenza viene considerata costo per un’operazione mai avvenuta.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

Questa ordinanza ribadisce un messaggio chiaro per le imprese: la regolarità formale della documentazione contabile non è uno scudo invalicabile contro gli accertamenti fiscali. È fondamentale che ogni costo dedotto non solo sia documentato, ma risponda anche a criteri di economicità e congruità. In particolare, per le spese di pubblicità e sponsorizzazione, è cruciale poter dimostrare non solo che la prestazione è stata eseguita, ma anche che il corrispettivo pagato è in linea con i valori di mercato e giustificato da una concreta aspettativa di ritorno economico. In assenza di ciò, il rischio di vedersi contestare operazioni oggettivamente inesistenti, con le conseguenti sanzioni, è molto elevato.

In caso di contestazione per operazioni oggettivamente inesistenti, a chi spetta l’onere della prova?
Inizialmente, l’onere spetta all’Amministrazione Finanziaria, che deve fornire elementi, anche presuntivi (purché gravi, precisi e concordanti), per dimostrare la fittizietà dell’operazione. Successivamente, l’onere si sposta sul contribuente, che deve provare l’effettiva esistenza della prestazione.

Una fattura regolarmente pagata è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un’operazione commerciale?
No. Secondo la Corte, la fattura e la documentazione dei pagamenti non sono prove sufficienti, in quanto sono elementi facilmente falsificabili e spesso utilizzati per dare una parvenza di realtà a operazioni fittizie. Il contribuente deve fornire prove concrete dell’effettiva esecuzione della prestazione.

Un costo palesemente sproporzionato (antieconomico) può essere considerato un’operazione inesistente?
Sì. La Corte afferma che una sproporzione significativa tra la prestazione e il prezzo, che esce dalla normalità del mercato, è un indice sintomatico di un’operazione oggettivamente inesistente. La parte di prezzo considerata eccessiva e non giustificata viene trattata come il corrispettivo per una prestazione mai avvenuta (c.d. sovrafatturazione).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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