Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15635 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15635 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/06/2025
Oggetto: avviso accertamento -operazioni ogg. inesistenti -deduzione e detrazione costi
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23400/2019 R.G. proposto da NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME di Vimercate (pec: EMAIL), elettivamente domiciliata presso il suo studio in INDIRIZZO Roma;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria, n. 128/3/2019, depositata il 25.1.2019 e non notificata. Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 26 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria, n. 128/3/2019, depositata il 25.1.2019 veniva accolto l’appello proposto da ll’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Savona n. 54/4/2017, la quale aveva accolto il ricorso proposto da NOME COGNOME titolare di un’impresa individuale svolgente attività di consulenza nel settore delle tecnologie dell’informatica, avverso l’avviso di accertamento con cui veniva contestata l’indebita deduzione ai fini delle II.DD. e detrazione ai fini IVA di costi afferenti ad operazioni oggettivamente inesistenti per l’anno di imposta 2009.
Il giudice di prime cure annullava l’avviso ritenendo che le operazioni realizzate dalla contribuente non rientrassero nell’ambito di applicazione dell’IVA, che si trattassero nella sostanza di operazioni di finanziamento e fossero esenti. La decisione veniva completamente riformata in appello, sul presupposto che le operazioni economiche erano state contestate sin dalla fase amministrativa come oggettivamente inesistenti e il giudice riteneva che la contribuente non avesse dato prova dell’esistenza delle stesse, con conseguente conferma delle riprese afferenti alle fatture relative ai costi fatturati.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione la contribuente deducendo cinque motivi, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Considerato che:
Preliminarmente, va dato atto dell’eccezione della controricorrente di inammissibilità dei motivi di ricorso, formulata a pag.9 del
contro
ricorso, perché asseritamente diretti a contestare l’apprezzamento delle risultanze di fatto, eccezione scrutinabile unitamente alle singole censure.
Con il primo motivo la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione del principio di neutralità e di proporzionalità dell’IVA , lamentando che la CTR, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio, ha negato la detrazione dell’IVA sulle operazioni contestate.
Con il secondo motivo la ricorrente censura, in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione del principio di inerenza di cui all’art. 19 del d.P.R. n. 633/1972 e all’art. 168 della Direttiva 2006/112/CE, dolendosi del fatto che la CTR non ha rilevato la sussistenza di un nesso diretto ed immediato tra la specifica operazione a monte e l’operazione a valle che consentirebbe la detraibilità dell’imposta.
I due motivi, che vengono trattati congiuntamente perché connessi, sono inammissibili in quanto la sentenza impugnata ha deciso le questioni in modo conforme alla giurisprudenza della Suprema Corte e della Corte di giustizia UE.
4.1. Il diritto del contribuente alla detrazione dell’IVA costituisce un principio fondamentale del sistema comune europeo – come ripetutamente affermato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (già con sentenze 6 luglio 2006, in C-439/04 e C-440/04, 6 dicembre 2012, in C-285/11, 31 gennaio 2013, in C-642/11) – e non è suscettibile, in linea di principio, di limitazioni. Ne consegue che l’Amministrazione finanziaria, ove ritenga che il diritto debba essere negato attenendo la fatturazione ad operazioni oggettivamente inesistenti, ha l’onere di provare, anche avvalendosi di presunzioni semplici, che le operazioni non sono state effettuate.
La ricorrente ritiene in astratto che sia possibile la detrazione in ragione del principio di neutralità dell’imposizione fiscale, e richiama
una giurisprudenza della CGUE inconferente perché non riguardante i casi, come quello di specie, in cui l’operazione in riferimento alla quale dovrebbe essere riconosciuto il diritto alla detrazione è stata ritenuta fittizia non trovando alcun riscontro nell’effettiva attività economica esercitata dalla contribuente, e neppure contesta specificamente l’accertamento della CTR secondo cui le operazioni non sono esistite.
4.2. Inoltre, con specifico riferimento all’ipotesi, di cui alla presente controversia, in cui l’Amministrazione finanziaria contesti l’inesistenza di operazioni assunte a presupposto della deducibilità dei relativi costi dalla base imponibile ai fini dell’imposizione diretta oltre che della detraibilità della imposta armonizzata, questa Corte in conformità alla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE ha espresso il consolidato orientamento (cfr. ad es. Cass. ordinanza n. 17619 del 5 luglio 2018) secondo cui, una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova – ad esempio, mediante la dimostrazione che l’emittente è una cd. cartiera o una società cd. fantasma dell’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia.
L’Amministrazione ha, in altri termini, l’onere di provare che l’operazione commerciale documentata dalla fattura non è stata in realtà mai posta in essere, indicando gli elementi presuntivi o indiziari sui quali fonda la contestazione. Al contrario, è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibile, non essendo sufficienti elementi puramente formali.
L’oggettiva inesistenza dell’operazione comporta, quindi, l’esclusione del diritto alla detrazione e alla deduzione dei costi, che non possono essere riconosciute, anche sul piano probatorio, sulla base del solo
fatto dell’avvenuta corresponsione dell’imposta formalmente indicata in fattura, richiedendosi altresì l’inerenza dell’operazione. E tale requisito è certamente mancante in relazione al versamento dell’IVA corrisposta per operazioni inesistenti (cfr., ad es., ex multis , Cass. n. 13253/2015 e giurisprudenza ivi citata), in quanto di per sé inidoneo a configurare un versamento a titolo di rivalsa, trattandosi di costo non inerente all’attività istituzionale dell’impresa, e anzi potenziale espressione di distrazione verso finalità ulteriori e diverse, tali da rompere il detto nesso di inerenza.
4.3. In coerenza con la richiamata consolidata interpretazione, correttamente il giudice di seconde cure ha valutato le modalità e le circostanze dell’operazione fatturata e considerato l’emittente una cartiera: «siamo in presenza di una soc. che, operando nel settore trasporti, emette fatture per consulenze informatiche» (cfr. p. 2 della sentenza impugnata).
Conformemente al canone giurisprudenziale della Corte sopra richiamato, pienamente rispettoso della giurisprudenza della Corte di Giustizia, il giudice ha inoltre accertato che l’Amministrazione ha provato che le operazioni non sono state eseguite ponendo a fondamento dell’accertamento le dichiarazioni di terzi rese agli organi investigativi e che, invece, parte contribuente «non è riuscita a provarne l’oggettiva esistenza» (sentenza, p. 3). Logicamente, quindi il giudice ha anche accertato che nella fattispecie è mancante il requisito dell’inerenza dell’operazione all’attività d’impresa : «siamo in presenza di un costo non inerente l’attività istituzionale dell’impresa, ma potenziale espressione di distrazione verso finalità diverse tali da rompere il nesso di inerenza» (ibidem ).
Con il terzo motivo la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’articolo 19 del d.P.R. n. 633/1972 lamentando che la CTR abbia ritenuto inesi-
stenti operazioni fatturate che, invece, sarebbero state effettivamente realizzate, sebbene sotto una qualificazione giuridica diversa da quella esposta in fattura.
Con il quarto motivo la ricorrente prospetta, in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 132, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., censurando la nullità della sentenza della CTR per contraddittorietà della motivazione.
7. I motivi, interconnessi, sono entrambi inammissibili.
7.1. Il giudice di seconde cure ha ritenuto che l’operazione economica oggetto delle fatture, consistita nella prestazione di servizi di assistenza informatica, non sia stata dimostrata nella sua materialità, verificandosi piuttosto «un atto fraudolento consistito, pare, in finanziamenti di società, ma messo in opera come se si fosse in presenza di regolari operazioni, fatturate con IVA a debito ed IVA dedotta. La Ditta RAGIONE_SOCIALE ha avallato le fatture emesse dalla ditta Casale e dalla stessa ritenuta emesse per prestazioni oggettivamente inesistenti: siamo in presenza di una soc. che, operando nel settore trasporti, emette fatture per consulenza informatiche» (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata).
7.2 A fronte dell’accertamento della CTR concernente l’omessa dimostrazione dell’effettiva prestazione di servizi realizzata, la ricorrente ripropone argomentazioni di merito, già poste all’attenzione del giudice d’appello, e si limita a ribadire genericamente che le operazioni dovevano essere qualificate come finanziamenti anziché consulenze informatiche e, perciò, si limita soltanto ad asserire che le operazioni non potevano essere ritenute inesistenti senza aggredire realmente la statuizione della sentenza d’appello . Le osservazioni della ricorrente sono perciò aspecifiche e non impugnano il preciso accertamento della CTR, che ha ricostruito il meccanismo frodatorio
con motivazione puntuale e non contraddittoria, in ordine alla quale la critica della ricorrente appare generica e priva di alcun riscontro.
7.3 L’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della pronuncia impugnata e, quindi, nella chiara e specifica indicazione delle ragioni per cui essa sarebbe errata. Le argomentazioni del dissenso che la parte intende sollevare nei riguardi della decisione impugnata debbono essere formulate in termini tali da soddisfare esigenze di specificità, di completezza e di riferibilità a quanto pronunciato. Il motivo che non rispetti tale requisito (cfr. al riguardo Cass. n. 359/2005) deve considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un ‘non motivo’, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 cod. proc. civ. n. 4.
Inoltre, come eccepito in controricorso, le censure della ricorrente si risolvono anche in una inammissibile rivalutazione delle risultanze istruttorie, oggetto di un accertamento di fatto spettante al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente e logicamente motivato.
Con il quinto motivo si prospetta, in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 10, comma 3, della Legge n. 212/2000 e del principio di proporzionalità per avere la CTR confermato le sanzioni irrogate con l’atto impugnato.
8.1 Il motivo è affetto da concorrenti profili di inammissibilità e di infondatezza.
La ricorrente si lamenta del fatto che il giudice di seconde cure avrebbe dovuto affermare l’illegittimità delle sanzioni irrogate una volta appurato che nel caso in esame non vi era stato alcun danno erariale in presenza di violazioni meramente formali (cfr. pag. 20 del ricorso).
8.2. La censura è innanzitutto priva di specificità, in quanto la sentenza non dà conto dell’esistenza di una questione relativa alle sanzioni dedotta in appello, e il motivo di ricorso non dà evidenza della tempestiva introduzione della questione in primo grado e riproposizione in appello.
8.3. Inoltre, le violazioni in questione non sono affatto prive di conseguenze pregiudizievoli per l’erario , a partire dalla incrementata difficoltà dei controlli. Inoltre, in tema di sanzioni amministrative tributarie questa Corte (cfr. Cass. Ordinanza n. 13908/2022; Cass. Sentenza n. 16450/2021) ha più volte affermato che per distinguere tra violazioni formali e sostanziali è necessario accertare in concreto, con valutazione in fatto riservata al giudice di merito, se la condotta abbia cagionato un danno erariale, incidendo sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta o del versamento del tributo. In assenza di tale pregiudizio la violazione resta formale perché lesiva per l’esercizio delle azioni e dei poteri di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria. Orbene, sussiste anche un rilevante danno erariale in presenza di chiara evasione delle imposte accertata dal giudice e, dunque, nessuna lesione dei principi di proporzionalità e neutralità si profila neppure in ordine alle sanzioni irrogate.
9 . In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato.
Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in euro 8.200 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Si dà atto del fatto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.