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Operazioni inesistenti: quando si perde detrazione IVA

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15635/2025, ha rigettato il ricorso di una contribuente, confermando la legittimità di un avviso di accertamento per operazioni inesistenti. La Corte ha ribadito che, una volta che l’Amministrazione finanziaria fornisce elementi presuntivi sulla fittizietà delle operazioni (come l’emissione di fatture da parte di una società ‘cartiera’), spetta al contribuente dimostrare l’effettiva esistenza delle prestazioni ricevute. La sola esibizione di fatture e prove di pagamento non è sufficiente a superare la presunzione di inesistenza, con conseguente indeducibilità dei costi e indetraibilità dell’IVA.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti: la Cassazione chiarisce l’onere della prova e la perdita della detrazione IVA

L’ordinanza n. 15635/2025 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla gestione delle fatture e sulla contestazione di operazioni inesistenti da parte dell’Amministrazione finanziaria. La Suprema Corte ha delineato con precisione i confini dell’onere della prova, stabilendo che la semplice esibizione di documenti contabili formalmente corretti non è sufficiente a salvare il contribuente dalla rettifica fiscale quando sussistono gravi indizi di frode.

Il caso: Fatture per consulenze informatiche da una società di trasporti

Il caso esaminato riguarda un’impresa individuale di consulenza informatica che aveva dedotto costi e detratto l’IVA relativi a fatture ricevute da un’altra società. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di un controllo, ha emesso un avviso di accertamento contestando la realtà di tali prestazioni. Il Fisco ha evidenziato una grave anomalia: la società che aveva emesso le fatture per ‘consulenze informatiche’ operava in realtà nel settore dei trasporti. Questo elemento, unito ad altre prove raccolte, ha portato l’Amministrazione a qualificare l’emittente come una ‘società cartiera’ e le operazioni come oggettivamente inesistenti.

Il contribuente si è difeso sostenendo che le operazioni fossero reali, sebbene forse qualificate giuridicamente in modo errato (ad esempio, come finanziamenti invece che consulenze). Tuttavia, sia la Commissione Tributaria Regionale che, in seguito, la Corte di Cassazione hanno respinto questa tesi.

La decisione della Corte di Cassazione sulle operazioni inesistenti

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del contribuente, confermando la decisione dei giudici di secondo grado. Il principio chiave affermato è che, di fronte a un quadro probatorio presentato dall’Amministrazione finanziaria che suggerisce fortemente l’inesistenza delle operazioni fatturate, l’onere di dimostrare il contrario si sposta interamente sul contribuente.

Le motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su un orientamento consolidato, sia a livello nazionale che europeo. In primo luogo, l’Amministrazione finanziaria deve fornire la prova, anche tramite presunzioni semplici, che le operazioni non sono mai state effettuate. Elementi tipici sono la dimostrazione che la società emittente è una ‘cartiera’, priva di struttura operativa, o che l’oggetto della prestazione è incompatibile con l’attività svolta.

Una volta che il Fisco ha assolto a questo onere, spetta al contribuente provare in modo rigoroso l’effettiva esistenza delle prestazioni. La Corte ha chiarito che non basta esibire la fattura o i documenti che attestano il pagamento (come bonifici o assegni). Questi elementi, infatti, sono spesso creati ad arte proprio per dare una parvenza di realtà a un’operazione fittizia.

Inoltre, i giudici hanno sottolineato la mancanza del requisito dell’inerenza. Un costo relativo a un’operazione mai avvenuta non può, per definizione, essere inerente all’attività d’impresa. Pertanto, il diritto alla deduzione del costo e alla detrazione dell’IVA viene meno, non solo per la frode, ma anche per la violazione di questo principio fondamentale.

Conclusioni: Implicazioni pratiche per le imprese

Questa ordinanza ribadisce un messaggio cruciale per tutte le imprese: la forma non può mai prevalere sulla sostanza. La corretta tenuta della contabilità è necessaria ma non sufficiente a proteggersi da contestazioni su operazioni inesistenti. È fondamentale che ogni transazione commerciale sia reale, documentabile nella sua effettiva esecuzione e coerente con l’attività svolta dai fornitori. Le imprese devono adottare procedure di controllo e verifica dei propri partner commerciali, specialmente in presenza di anomalie o incongruenze, per non rischiare di vedersi negare la deducibilità dei costi e la detrazione dell’IVA, con l’aggiunta di pesanti sanzioni.

A chi spetta l’onere della prova in caso di contestazione di operazioni inesistenti?
Inizialmente, spetta all’Amministrazione finanziaria fornire elementi presuntivi (indizi) che le operazioni non siano state effettuate. Una volta fornita questa prova, l’onere si inverte e spetta al contribuente dimostrare l’effettiva esistenza e l’inerenza delle prestazioni ricevute.

È sufficiente esibire la fattura e la prova del pagamento per dimostrare che un’operazione è reale?
No. Secondo la Corte, l’esibizione della fattura e dei mezzi di pagamento non è sufficiente, poiché questi documenti formali sono spesso utilizzati proprio per mascherare operazioni fittizie. Il contribuente deve fornire prove concrete dell’avvenuta esecuzione della prestazione.

Cosa succede se un’operazione è reale ma viene descritta in modo errato sulla fattura?
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto inammissibile questo motivo perché sollevato in modo generico e non specifico. Tuttavia, la questione centrale rimane la prova dell’esistenza oggettiva dell’operazione. Se l’Amministrazione contesta l’inesistenza totale, difendersi sostenendo una diversa qualificazione giuridica senza fornire prove concrete della sua effettiva realizzazione non è una strategia vincente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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