Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18313 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18313 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 200 -20 20 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO, domicilia;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO COGNOME (pec: EMAIL) ed elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio legale dell’AVV_NOTAIO (pec: EMAIL);
– controricorrente –
Oggetto: Tributi – IVA- operazioni inesistenti – motivazione apparente
avverso la sentenza n. 1145/05/2018 della Commissione tributaria regionale della SARDEGNA, depositata in data 20/11/2018 e notificata in data 15/01/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 30 aprile 2024 dal AVV_NOTAIO;
Rilevato che:
1. In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di due avvisi di accertamento ai fini IVA per gli anni d’imposta 200 5 e 2006 con cui l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , sulla scorta RAGIONE_SOCIALE risultanze di un p.v.c. della G.d.F., contestava alla RAGIONE_SOCIALE l’indetraibilità dell’IVA relativa a d otto fatture passive emesse nei confronti della stessa dalla RAGIONE_SOCIALE per lavori edili che l’amministrazione finanziaria riteneva essere soggettivamente inesistenti, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR della Sardegna accoglieva l’appello della RAGIONE_SOCIALE sostenendo , per quanto ancora qui di interesse, che « La RAGIONE_SOCIALE non è una società ‘di comodo’ e le operazioni in contestazione sono state effettivamente eseguite e documentate dalla stessa società »; che « Inoltre l’iva a debito è stata puntualmente evidenziata e risulta dalle dichiarazioni iva puntualmente presentate »; che « Lo stesso CTU ha confermato che le prestazioni sono state eseguite, in tutto o in parte, dalla società RAGIONE_SOCIALE quale, nella pratica, può comunque essersi avvalsa anche dell’opera di altri soggetti a quali può avere sub appaltato i lavori, riaddebitandone poi il costo alla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE »; che « Risulta insomma che le operazioni contestate abbiano, per contro, certezza sia oggettiva che soggettiva e che non sia intervenuta alcuna perdita erariale posto che l’iva a credito della società appellata corrisponde all’iva a debito dichiarata dalla società RAGIONE_SOCIALE »; che « Le opere appaiono essere state realizzate e la loro quantificazione appare sostanzialmente consono all’importo riportato nelle fatture della RAGIONE_SOCIALE »; che « la stretta base azionaria RAGIONE_SOCIALE società e la
commistione dei soggetti, soci sia della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE sia della RAGIONE_SOCIALE, non assume rilevanza quale mezzo di prova per comportamenti illeciti»; che « Risulta quindi in definitiva che la Guardia di Finanza, prima, e l’RAGIONE_SOCIALE Nuoro, successivamente, non abbiano fornito prove gravi, precise e concordanti atte a vincere la presunzione RAGIONE_SOCIALE otto fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE per prestazioni ritenute inesistenti ».
Avverso tale statuizione l ‘RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui replica l’ intimata con controricorso.
Considerato che:
Va preliminarmente esaminata l’eccezione della controricorrente di inammissibilità del ricorso perché tardivamente proposto, che è infondata e va rigettata.
1.1. La sentenza impugnata è stata depositata in data 9 febbraio 2018 ed è stata notificata in data 15 gennaio 2019. Da tale data, pertanto, decorreva il termine di impugnazione di sessanta giorni, di cui al combinato disposto di cui agli artt. 325, secondo comma, e 326, primo comma, cod. proc. civ., che andava a scadere il 18 marzo 2019. Tale data si pone, però, all’interno della forbice temporale, dal 23/10/2018 al 31/07/2019, prevista dall’art. 6, comma 11, del d.l. n. 119 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136 del 2018, che stabilisce, appunto, che «Per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, RAGIONE_SOCIALE pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore del presente decreto e il 31 luglio 2019». Disposizione, questa, che diversamente da quanto sostiene la controricorrente si applica pacificamente a tutte le parti processuali, in tal senso essendosi espressa questa Corte in più occasioni, ad esempio con l’ordinanza n. 28398 del 2021 (in motivazione, par.
1.2). Peraltro, è indubbio che la controversia, ancora pendente, attribuita alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto atti impositivi, rientrasse tra quelle definibili ex art. 6, comma 1, del decreto-legge citato. Ne consegue che la notifica del ricorso per cassazione, effettuata in data 16 dicembre 2019, è tempestivo e come tale ammissibile.
Venendo, quindi, al merito, con il primo motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, sia sotto il versante del difetto di motivazione sub specie di motivazione apparente, non avendo la CTR spiegato le ragioni da cui aveva dedotto e, quindi, affermato, che la società contribuente non era una società ‘di comodo’ e che le operazioni economiche contestate avevano « certezza sia oggettiva che soggettiva » ed erano state effettivamente eseguite dalla RAGIONE_SOCIALE; sia sotto il versante della sua logicità, per avere la CTR affermato, sulla base RAGIONE_SOCIALE risultanze della CTU, che le prestazioni erano state eseguite, « in tutto o in parte» , dalla RAGIONE_SOCIALE, la quale avrebbe potuto avvalersi «anche dell’opera di altri soggetti a quali può avere sub appaltato i lavori, riaddebitandone poi il costo alla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE » e che la quantificazione RAGIONE_SOCIALE opere realizzate appariva « sostanzialmente consono all’importo riportato nelle fatture della RAGIONE_SOCIALE »; affermazioni, queste, che si ponevano, le prime due, in contraddizione con la decisione adottata; la seconda, in contrasto logico con la circostanza che l’effettività dei lavori fatturati non era stata contestata e che quanto dedotto non aveva alcun rilievo ai fini della contestazione dell’inesistenza soggettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni fatturate.
Con il secondo motivo (erroneamente indicato come terzo nel ricorso), con cui viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 19 e 21, comma 7, del
d.P.R. n. 633 del 1972, la ricorrente censura la statuizione d’appello che ha escluso la sussistenza di una perdita erariale « posto che l’iva a credito della società appellata corrisponde all’iva a debito dichiarata dalla società RAGIONE_SOCIALE ».
Con il terzo motivo (erroneamente indicato come quarto nel ricorso) la ricorrente deduce , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2697 e 2727 cod. civ., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui i giudici hanno ritenuto che « la stretta base azionaria RAGIONE_SOCIALE società e la commistione dei soggetti, soci sia della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE sia della RAGIONE_SOCIALE, non assume rilevanza quale mezzo di prova per comportamenti illeciti» , trattandosi, invece, di circostanza che avrebbe dovuto valorizzare e che, unitamente ai numerosi elementi presuntivi addotti a riprova dell ‘inesistenza soggettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, comportava lo spostamento in capo alla società contribuente dell’onere, nella specie non assolto, di fornire valide prove contrarie.
Il primo mezzo di cassazione è fondato e va accolto con conseguente assorbimento degli altri due motivi dei quali, ad ogni buon fine, deve sottolinearsene la fondatezza alla stregua dei principi elaborati da questa Corte in materia di operazioni inesistenti, che nel prosieguo si andranno ad enunciare.
Nel presente giudizio si verte in materia di operazioni soggettivamente inesistenti in relazione alle quali l’ orientamento giurisprudenziale (cfr. tra le tante, Cass. n. 9851 del 10/04/2018; Cass. n. 5339 del 27/02/2020; Cass. n. 15369 del 20/07/2020; da ultimo Cass. n. Cass. 25891/2023; in linea con Corte di giustizia, 22 ottobre 2015, Ppuh, C-277/14 e, recentemente, 11 novembre 2021, RAGIONE_SOCIALE, C-281/20) è consolidato nel ritenere che, in ipotesi di operazione soggettivamente inesistente che presuppone, da un lato, l’effettività dell’acquisto dei beni entrati nella
disponibilità patrimoniale dell’impresa utilizzatrice della fattura o della prestazione dei servizi in essa indicati e, dall’altro, la simulazione soggettiva, ossia la provenienza della merce o la prestazione del servizio da soggetto economico diverso da quella risultante dalla fattura emessa, ricade sull’amministrazione finanziaria l’onere di provare che l’operazione commerciale documentata dalla fattura è stata posta in essere da soggetto diverso dall’emittente della fattura ( senza necessità di individuazione del diverso soggetto), indicando gli elementi presuntivi o anche solo indiziari sui quali fonda la contestazione.
6.1. Gli elementi presuntivi che possono essere forniti dall’amministrazione finanziaria per assolvere al proprio onere di prova devono condurre a ritenere, mediante procedimento inferenziale, che l’operazione non sia stata posta in essere dal soggetto che risulta documentalmente e, sotto tale profilo, costituisce valido elemento indiziario la circostanza che il cedente o prestatore del servizio, che ha emesso la fattura, era privo di idonea struttura organizzativa (locali, mezzi, personale, utenze), posto che è ragionevole inferire che dalla suddetta mancanza degli elementi essenziali per potere operare quale operatore commerciale possa farsi discendere la considerazione conclusiva della mancata realizzazione dell’operazione indicata in fattura da parte del soggetto emittente (cfr., in materia di prova della natura di società cartiera, Cass. civ., 20 aprile 2018, n. 9851, punto 6.8).
6.2. L’amministrazione finanziaria deve inoltre provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, che non si sostanzia nella prova della partecipazione del soggetto all’accordo criminoso né nella prova della sua piena consapevolezza della frode, ma solo che il contribuente «sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si
inseriva in una evasione fiscale». In altri termini, non è richiesta la dimostrazione di un puntuale elemento volitivo o, anche, la coscienza e volontà della partecipazione e/o dell’esistenza della frode ma l’osservanza di un parametro di diligenza rapport ato alla professionalità richiesta per l’attività svolta e al contesto (in linea con la Corte di giustizia si precisa che egli ‘disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente’). Una volta accertato che l’amministrazione finanziaria ha assolto il proprio onere probatorio, questo si sposta sul contribuente che deve dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, ovvero che l’operazione è effettivamente intercorsa tra i soggetti risultanti dalla fattura, con la precisazione però che non è sufficiente, a tal fine, la regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, strumenti che vengono di solito adoperati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia. Al contribuente che non riesca a fornire tale prova, per non essere coinvolto in una tale situazione e, quindi, per poter contabilizzare la fattura relativa all’operazione contestata , non rimane altra via che quella di provare di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale messa in atto dal oggetto emittente la fattura, e ciò deve fare dimostrando di aver adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto.
6.3. Il giudice tributario, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto con cui l’amministrazione finanziaria contesta l’inesistenza soggettiva di un’operazione economica, è tenuto quindi a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’amministrazione finanziaria, estrinsecando in motivazione i risultati del proprio giudizio; solo in
un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, a tanto onerato dall’art. 2697, comma secondo, cod. civ.
6.4. Degli esiti della valutazione degli elementi presuntivi o anche indiziari forniti dall’amministrazione finanziaria, nonché degli eventuali elementi di prova contraria forniti dal contribuente, il giudice tributario deve dare ragionata illustrazione nella motivazione della sentenza, non potendosi limitare ad enunciare in sentenza il risultato del proprio ragionamento, omettendo di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indicandoli senza un’approfondita disamina logica e g iuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento, ma anche di verificare se ha giudicato iuxta alligata et probata .
6.5. E’, quindi, nulla la sentenza che dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, contenga una motivazione che non consente di “comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato”, non assolvendo in tal modo alla finalità di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi ” (Cass. Sez. U., n. 22232 del 3/11/2016). Come questa Corte ha più volte affermato, la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass.
Sez. U, n. 22232 del 2016, cit.; Cass. sez. 6- 5, ord. n. 14927 del 15/6/2017 conf. Cass. n. 13977 del 23/05/2019; cass. n. 29124/2021). Invero, si è in presenza di una tipica fattispecie di “motivazione apparente”, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., sez. 6-5, 28829 del 2021).
In tale grave forma di vizio incorre la sentenza impugnata che deve ritenersi del tutto insufficiente sul piano della logica giuridica in quanto i giudici di appello si sono limitati ad affermare che la società emittente le fatture « non è una società ‘di comodo’ e le operazioni in contestazione sono state effettivamente eseguite e documentate dalla stessa società », senza fornire le benché minima indicazione né RAGIONE_SOCIALE ragioni di tale affermazione né degli elementi probatori da cui aveva tratto il convincimento che « le operazioni contestate certezza soggettiva ».
. Quanto, poi, all’affermazione, pure fatta in sentenza, che « Lo stesso CTU ha confermato che le prestazioni sono state eseguite, in tutto o in parte, dalla società RAGIONE_SOCIALE la quale, nella pratica, può comunque essersi avvalsa anche dell’opera di altri soggetti a quali può avere sub appaltato i lavori, riaddebitandone poi il costo alla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE », a prescindere da ll’assoluta irrilevanza RAGIONE_SOCIALE conclusioni cui era pervenuto il CTU in ordine alla sussistenza RAGIONE_SOCIALE opere fatturate, che l’amministrazione f inanziaria non ha mai
contestato, la stessa, non solo si risolve in una mera congettura non supportata da alcune elemento probatorio fornito dalla società contribuente, di cui non è data contezza in motivazione, così da risultare del tutto inidonea a superare le presunzioni addotte dall’amministrazione finan ziaria, ma addirittura si risolve in una palese contraddizione logica, in quanto costituisce conferma della fondatezza della contestazione mossa dall’amministrazione finanziaria con gli avvisi di accertamento.
Altrettanto prive di valida spiegazione sono le altre affermazioni contenute in sentenza. Lo è quella secondo cui « l’iva a debito è stata puntualmente evidenziata e risulta dalle dichiarazioni iva puntualmente presentate », posto che, come detto sopra, la regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture non è circostanza idonea a provare che le operazioni economiche sono effettivamente intercorse tra i soggetti risultanti dalla fattura. E lo è quella secondo cui « la stretta base azionaria RAGIONE_SOCIALE società e la commistione dei soggetti, soci sia della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE sia della RAGIONE_SOCIALE, non assume rilevanza quale mezzo di prova per comportamenti illeciti» , in quanto essa assume, invece, chiara rilevanza ai fini della prova della consapevolezza della frode in capo alla società contribuente.
Alla stregua RAGIONE_SOCIALE complessive considerazioni svolte, la sentenza impugnata va cassata in accoglimento del primo motivo di ricorso, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado territorialmente competente perché riesamini la vicenda e fornisca adeguata motivazione RAGIONE_SOCIALE ragioni della decisione e provveda, altresì, alla regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese processuali del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sardegna, in diversa
composizione, anche per la regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese processuali del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 30 aprile 2024