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Operazioni inesistenti: quando i costi non sono deducibili

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha chiarito che il semplice pagamento di una fattura non è sufficiente a escludere la natura di operazione oggettivamente inesistente. Quando l’Amministrazione Finanziaria fornisce prove, anche presuntive, della fittizietà di una transazione, l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza della stessa ricade sul contribuente. La Corte ha cassato la decisione della Commissione Tributaria Regionale che aveva erroneamente qualificato le operazioni come soggettivamente inesistenti, e quindi deducibili ai fini IRES e IRAP, basandosi unicamente sull’avvenuto pagamento del prezzo.

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Pubblicato il 22 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti: il Pagamento della Fattura non Salva dalla Indeducibilità

Nel complesso mondo della fiscalità d’impresa, la corretta documentazione delle operazioni economiche è fondamentale. Tuttavia, cosa succede quando le fatture, pur essendo formalmente corrette e regolarmente pagate, nascondono operazioni inesistenti? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: il pagamento non è un elemento sufficiente a dimostrare la realtà di un’operazione e a garantire la deducibilità dei relativi costi. Analizziamo insieme questa importante decisione e le sue implicazioni pratiche per le aziende.

I Fatti del Caso: Fatture Sospette e l’Accertamento Fiscale

Una società vinicola si è vista recapitare un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate per l’anno d’imposta 2007. L’Amministrazione Finanziaria contestava la deducibilità di costi IRES e IRAP derivanti da fatture emesse da fornitori che, a seguito di indagini, erano risultati essere mere ‘cartiere’. Si trattava, secondo l’accusa, di imprese prive di una reale struttura operativa, create al solo scopo di emettere fatture per operazioni mai avvenute.

La Decisione della Commissione Tributaria Regionale

In secondo grado, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva dato ragione alla società contribuente. I giudici regionali avevano ritenuto che, poiché la società aveva effettivamente pagato le fatture, le operazioni non potessero considerarsi ‘oggettivamente’ inesistenti (cioè mai avvenute), ma al massimo ‘soggettivamente’ inesistenti. In questa seconda ipotesi, la transazione commerciale è reale, ma avviene tra soggetti diversi da quelli indicati in fattura. Secondo la CTR, questa qualificazione consentiva alla società di dedurre i costi ai fini delle imposte dirette (IRES e IRAP).

Il Ricorso in Cassazione e le operazioni inesistenti

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la decisione della CTR dinanzi alla Corte di Cassazione. Il punto centrale del ricorso era l’errata applicazione dei principi che regolano l’onere della prova in materia di operazioni inesistenti. L’Amministrazione Finanziaria ha sostenuto che la CTR avesse sbagliato a considerare il pagamento come l’elemento decisivo per qualificare l’operazione, ignorando le prove che dimostravano la natura fittizia dei fornitori e, di conseguenza, delle transazioni stesse.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ribaltando la sentenza di secondo grado. Gli Ermellini hanno chiarito in modo inequivocabile la gerarchia dell’onere probatorio.

In primo luogo, spetta all’Amministrazione Finanziaria fornire elementi, anche basati su presunzioni semplici, gravi, precise e concordanti, che dimostrino l’inesistenza oggettiva dell’operazione. Una volta che il Fisco ha assolto a questo compito, la palla passa al contribuente. Quest’ultimo deve fornire la prova contraria, ovvero dimostrare che l’operazione è effettivamente avvenuta.

Il punto cruciale della sentenza è che questa prova non può consistere nella semplice esibizione della fattura o nella dimostrazione della regolarità formale dei pagamenti. La Corte ha sottolineato che questi elementi sono ‘facilmente falsificabili’ e vengono ‘normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia’. Il pagamento, quindi, non è una prova, ma parte integrante del meccanismo fraudolento, volto a creare un’apparenza di legittimità per celare l’assenza di una reale transazione commerciale.

La Corte ha inoltre specificato che anche l’interposizione di una società (come la ‘Società O’ nel caso di specie) tra le ‘cartiere’ e l’utilizzatore finale non cambia la natura oggettivamente inesistente delle operazioni a monte, ma rappresenta solo un ulteriore passaggio per ostacolare l’accertamento della frode.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione è un monito importante per tutte le imprese. La sentenza chiarisce che la diligenza di un operatore economico non si esaurisce nel controllo formale della documentazione contabile. È necessario prestare attenzione alla reale sostanza delle transazioni e all’affidabilità dei partner commerciali. Di fronte a prove concrete di fittizietà fornite dall’Agenzia delle Entrate, fare affidamento solo su fatture e pagamenti per giustificare la deducibilità dei costi è una strategia destinata al fallimento. La prova dell’effettiva esistenza di una prestazione o di una fornitura deve essere solida e concreta, al di là della mera apparenza documentale.

Il pagamento di una fattura è sufficiente a dimostrare che un’operazione non è oggettivamente inesistente?
No, secondo la Corte di Cassazione il pagamento non è un elemento decisivo per provare la realtà di un’operazione. Anzi, viene spesso utilizzato proprio come parte del meccanismo fraudolento per creare un’apparenza di legittimità per una transazione fittizia.

Su chi ricade l’onere della prova in caso di contestazione di operazioni inesistenti?
L’onere della prova è ripartito. Inizialmente, spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare, anche tramite presunzioni, che l’operazione è inesistente. Una volta fornita questa prova, l’onere si sposta sul contribuente, il quale deve dimostrare l’effettiva esistenza della transazione contestata.

Qual è la differenza tra inesistenza oggettiva e soggettiva ai fini della deducibilità dei costi?
Nel caso di inesistenza oggettiva, l’operazione non è mai avvenuta e il costo non è mai deducibile. Nel caso di inesistenza soggettiva, l’operazione è reale ma è intercorsa con un soggetto diverso da quello indicato in fattura; in questa ipotesi, il costo può essere dedotto ai fini delle imposte dirette (IRES e IRAP) se il contribuente prova che la spesa è stata effettivamente sostenuta ed è inerente all’attività d’impresa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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