Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20762 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20762 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2235/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
CURATELA RAGIONE_SOCIALE AZIENDA RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELL’EMILIA ROMAGNA n. 1072/2019 depositata il 30/05/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/04/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna ( hinc: CTR), con la sentenza n. 1072/2019 depositata in data 30 maggio 2019, accogliendo l’appello del contribuente contro la sentenza n. 8/2015 della Commissione tributaria provinciale di Ravenna, ha annullato l’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2007 nei limiti di IRES e IRAP, dichiarando deducibili i costi sostenuti dall’Azienda RAGIONE_SOCIALE ( hinc: RAGIONE_SOCIALE), in relazione alle imposte appena richiamate.
1.1. L’avviso di accertamento trae origine d a ll’attività investigativa relativa ai periodi d’imposta 2004 -2010, in relazione alle forniture di mosto da parte di aziende pugliesi. N ell’ambito di tale attività erano state accertate, in particolare, violazioni fiscali conseguenti all’emissione e all’uso di operazioni inesistenti da parte di alcune imprese. Gli investigatori ritenevano che si trattasse di imprese prive di struttura operativa e organizzativa, cioè mere cartiere finalizzate unicamente all’operazi one di fatture per operazioni inesistenti, al fine di consentire l’indebita deduzione di costi e un consistente credito IVA nei confronti dell’erario.
Dalla lettura della sentenza impugnata risulta che il giudice di prime cure avesse respinto il ricorso della contribuente relativamente ai fornitori COGNOME e COGNOME mentre lo aveva accolto con riferimento al fornitore RAGIONE_SOCIALE In relazione alla posizione di
quest’ultimo fornitore l’Agenzia delle Entrate a fronte dell’appello principale proposto dalla società contribuente -aveva, a sua volta proposto appello incidentale.
La CTR -rilevato che nel giudizio venivano in rilievo riprese a titolo di IRAP e di IRES -ha ritenuto che la questione dirimente fosse incentrata sulla distinzione tra operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti, caratterizzate, nel primo caso, dall’inesistenza dell’operazione rappresentata nel documento fiscale e, nel secondo caso, da una prestazione reale, accompagnata da una fatturazione tra soggetti diversi, riconducibile a una vendita in nero. Mentre nel caso di operazioni oggettivamente inesistenti il costo è indeducibile sia ai fini IVA che per le imposte dirette, nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, mentre l’IVA è sempre indetraibile, il costo è deducibile ai fini delle imposte dirette, come risulta dall’art. 14, comma 4 -bis, legge 24/12/1993, n. 537.
2.1. Nel caso in esame la CTR ha ritenuto che ricorresse un’ipotesi di operazione soggettivamente inesistente, facendo leva su quanto riportato a pag. 39 del verbale di contestazione (relativamente ai rapporti intrattenuti con il fornitore COGNOME), dove veniva affermato che tutti gli importi riconducibili alle fatture risultano pagati dalla società contribuente. Tale elemento è stato considerato dirimente per qualificazione delle operazioni contestate dall’amministrazione finanziaria, considerata a nche la mancanza di prova della restituzione degli importi pagati. Di conseguenza il costo è stato ritenuto deducibile ai soli fini IRES e IRAP.
2.2. Con riferimento alla posizione della RAGIONE_SOCIALE, la CTR ha evidenziato come dagli atti di causa risultasse che tale società fosse interposta tra le ditte fornitrici (inesistenti) e RAGIONE_SOCIALE nel compimento di operazioni complessivamente di ammontare pari a sette milioni e mezzo di euro nel corso di svariati periodi di imposta.
Diversamente da quanto ritenuto dai giudici di primo grado risultava, quindi, che NOME fosse interposta tra il reale fornitore del mosto e l’utilizzatore finale. Avendo ricevuto fatture da ditte inesistenti ha posto in essere, attraverso l’emissione di FOI di uguale importo, un ulteriore passaggio cartolare, al fine di ostacolare l’accertamento della frode.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con quattro motivi, dei quali i primi tre relativi alle operazioni intercorse con l’impresa COGNOME e il quarto motivo in relazione ai rapporti intrattenuti dalla società contribuente con RAGIONE_SOCIALE
La curatela del fallimento della società contribuente si è costituita con controricorso.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Dato atto che i primi tre motivi di ricorso riguardano i rapporti con l’impresa COGNOME, con il primo motivo è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 109 t.u.i.r., nonché dell’art. 8 d.l. n. 16 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 44 del 2012, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
1.1. La parte ricorrente rileva come la CTR, pur dando atto dell’inesistenza sostanziale e della comprovata fittizietà delle imprese fornitrici, abbia posto, tuttavia, quale criterio dirimente dell’inesistenza soggettiva (e non oggettiva) il pagamento del prezzo, contrariamente a quanto ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., 05/08/2015, n. 16437 e Cass., 08/03/2019, n. 6865).
Con il secondo motivo è stata denunciata al violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
2.1. La parte ricorrente rileva come la difesa della società contribuente, sebbene incentrata sul carattere (solo) soggettivamente inesistente delle operazioni documentate nelle fatture, non abbia provato chi fosse l’effettivo fornitore dei quantitativi di mosto. Inoltre, la sentenza impugnata, inferendo dalla sostanziale inattività della società fornitrice la conclusione che quest’ultima si sia prestata a emettere fatture, a ricevere il pagamento e a stornarlo all’effettivo cedente, ha operato un meccanismo deduttivo inappropriato.
In via preliminare, occorre dare atto dell’infondatezza delle eccezioni sollevate dalla curatela della società contribuente nel proprio controricorso, a partire da quella di improcedibilità del ricorso per violazione dell’obbligo di allegazione ex art. 369 c.p.c.
Ad avviso di parte controricorrente, infatti, pur essendo genericamente indicati i documenti e atti sui quali si fonda il ricorso, ne mancherebbe la specifica elencazione e materiale produzione, oltre che l’indicazione della loro collocazione. Tale eccezione, a ben vedere, pecca, a sua volta, di indeterminatezza e specificità, mancando l’indicazione di quali sarebbero le argomentazi oni contenute nei motivi di ricorso e i contenuti puntuali in cui quest’ultimo fa riferimento a documenti non prodotti.
Peraltro, questa Corte ha precisato che l’ omessa menzione, nel ricorso per cassazione, del deposito degli atti e dei documenti di cui all’art. 369, comma 1, nn. 2 e 3, c.p.c. ovvero della avvenuta richiesta di trasmissione del fascicolo di ufficio non determina l’improcedibilità del ricorso stesso, potendo questa conseguire soltanto ad una deficienza di carattere sostanziale consistente nella
effettiva mancanza degli atti indispensabili ai fini della decisione nell’incarto processuale e nell’indispensabilità del loro esame ai fini della decisione (Cass., 11/06/2021, n. 16605).
3.1 . Allo stesso modo è da ritenere infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di specificità, in relazione alla mancata trascrizione degli atti difensivi e dei documenti richiamati dalla parte ricorrente, non essendo precisato quali siano i documenti non trascritti o comunque richiamati.
3.2. Ciò premesso, il primo e il secondo motivo di ricorso devono essere esaminati insieme e sono fondati: nel caso di specie la CTR ha basato la propria motivazione sulla distinzione tra operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti (v. supra, in premessa sub 2 e 2.1.) facendo leva -al fine di ritenere che ricorresse la seconda ipotesi e non la prima -solamente sull’ elemento costituito dal pagamento del prezzo. Tuttavia, questa Corte ha affermato che, in tema di IVA, una volta che l’Amministrazione finanziaria dimostri, anche mediante presunzioni semplici, l’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass., 18/10/2021, n. 28628; v. anche Cass., 19/04/2024, n. 9723). Il pagamento del prezzo non può, quindi, costituire elemento dirimente per escludere la totale inesistenza della stessa operazione documentata dalla fattura, proprio perché usato per creare una situazione di apparenza volta a celare l’assenza di ogni e qualsivoglia transazione commerciale tra le parti ed è funzionale alla perpetrazione della frode fiscale.
Del resto, questa Corte -in un precedente relativo alla medesima società contribuente – ha precisato che: « In tema di inesistenza delle operazioni commerciali, è orientamento giurisprudenziale consolidato, a cui va dato continuità, quello secondo cui «nel caso in cui l’Ufficio ritenga che la fattura concerna operazioni oggettivamente inesistenti, ossia sia mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere, e quindi, contesti anche l’indebita detrazione dell’I.V.A. e la deduzione dei costi, ha l’onere di provare che l’operazione fatturata non è mai stata effettuata, indicando, a tal fine, elementi anche indiziari (Cass. n. 20059 del 24/9/2014; n. 15741 del 19/9/2012; n. 27718 del 11/12/2013; n. 9363 del 8/5/2015; nello stesso senso C. Giust. 6 luglio 2006, C439/04; 21 febbraio 2006, C255/02; 21 giugno 2012, C. 80/11); a quel punto passerà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate. Tale ultima prova non può tuttavia consistere nella esibizione della fattura o nella dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poiché questi sono facilmente falsificabili o vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. n. 17619 del 5/7/2018; n. 5406 del 18/3/2016; n. 18118 del 14/9/2016; n. 28683/15; n. 428 del 14/1/2015; n. 12802 del 10/6/2011; n. 15228 del 3/12/2001)» (Cass. n. 6865 del 2019). » (Cass., 14/04/2021, n. 22895).
In tale precedente questa Corte aveva, quindi, concluso che a tali principi non si fosse: « attenuta la CTR che, rilevata la «sostanziale inattività» della ditta cedente, ha affermato, peraltro senza fornire adeguata motivazione delle ragioni sottese al raggiunto convincimento e neppure degli elementi probatori che a ciò l’hanno indotta – così che quella si risolve in una motivazione meramente apparente (cfr. Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la
giurisprudenza ivi richiamata) – che la ditta fornitrice si era «prestata ad emettere le fatture, a ricevere il pagamento e a stornarlo all’effettivo cedente», mentre invece, una volta accertata l’idoneità degli elementi presuntivi forniti dall’amministrazione finanziaria in ordine alla fittizietà della cedente e delle operazioni commerciali intercorse con la società contribuente, avrebbe dovuto pretendere da quest’ultima la prova rigorosa e piena dell’effettività di quelle operazioni, ancorché intercorse tra soggetti diversi e, quindi, eventualmente, con l’indicazione del reale contraente/fornitore, ai fini della loro qualificazione come soggettivamente inesistenti, che comunque la CTR giammai poteva desumere, come invece erroneamente ha fatto, dall’intervenuto pagamento delle fatture.»
Con il terzo motivo di ricorso è stata denunciata la nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 61 d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
3.1. In via subordinata la ricorrente ha evidenziato che l’affermazione della CTR, nella parte in cui ha desunto dalla sostanziale inattività della ditta fornitrice che la stessa si sia prestata a emettere fatture, a ricevere il pagamento e a stornarlo all ‘effettivo cedente sia affetto da motivazione apparente, trattandosi di passaggio argomentativo privo di motivazione.
Il terzo motivo è infondato, in quanto la sentenza è stata motivata, con la conseguenza che il vizio motivazionale viene, impropriamente, sovrapposto dalla parte ricorrente con la non condivisione dei contenuti della decisione della sentenza impugnata, che presenta, invece, i vizi denunciati con i primi due motivi di ricorso.
Con il quarto motivo di ricorso è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 109
t.u.i.r. e dell’art. 8 d.l. n. 16 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 44 del 2012, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
5.1. Con tale motivo la ricorrente rileva che, anche in relazione alla posizione di RAGIONE_SOCIALE, la CTR incorra nello stesso equivoco sull’inesistenza oggettiva e non meramente soggettiva delle operazioni in esame. L’effettività imprenditoriale di RAGIONE_SOCIALE deve essere riguardata alla luce della circostanza che quest’ultima si è interposta, fatturando alla società contribuente non già quale (fantomatico) fornitore reale, ma piuttosto con quelle stesse imprese cartiere indicate nel PVC del 09/10/2012. Se le operazioni con tali imprese cartiere sono inesistenti dal punto di vista oggettivo, l’interposizione di COGNOME non può mutare le operazioni inesistenti da oggettive a soggettive. A seguire il ragionamento della CTR emergerebbe, quindi, che nell’ipotesi in cui un’impresa si interponga in operazioni commerciali fittizie tra altre imprese, queste ultime sarebbero da qualificare come soggettivamente inesistenti. Tuttavia, ciò non è corretto, in quanto la posizione di RAGIONE_SOCIALE deve essere valutata, caso per caso, in relazione alla concreta tipologia di operazioni a monte (nel caso in esame le cartiere pugliesi) e la destinataria finale delle fatture fittizie (RAGIONE_SOCIALE).
5.2. Il motivo di ricorso – che scaturisce, in via consequenziale, dalla fondatezza dei primi due motivi di ricorso – è fondato. Nel caso di specie l’effettività delle operazioni intercorse tra la società interponente e RAGIONE_SOCIALE, deriva dalla qualificazione delle operazioni intrattenute con le società cartiere come soggettivamente (e non oggettivamente) inesistenti. Sul punto, tuttavia, il giudice di seconde cure è incorso in un’erronea interpretazione giuridica, nella misura in cui ha ritenuto che il pagamento del prezzo escludesse, in radice, la fittizietà delle operazioni. La necessità di un’analisi che, in
relazione alle operazioni intrattenute con le imprese indicate nelle fatture, porti a verificare se il contribuente abbia, effettivamente, articolato la prova contraria, tale da superare gli indici con i quali l’amministrazione finanziaria ha provato il ca rattere oggettivamente inesistente delle fatture, si riverbera necessariamente anche sulla verifica circa la natura dei rapporto intercorsi tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, erroneamente qualificati da parte del giudice di seconde cure, alla luce della fondatezza delle censure svolte con il primo motivo di ricorso.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato devono essere accolti il primo motivo, il secondo e il quarto motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, mentre deve essere rigettato il terzo motivo.
6.1. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, che in diversa composizione deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
…
P.Q.M.
accoglie il primo, il secondo e il quarto motivo nei termini di cui in motivazione e rigetta il terzo motivo;
cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 30/04/2025.