Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33550 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33550 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
Oggetto: operazioni
oggettivamente
inesistenti – prova
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1300/2021 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: EMAILavvocaturastatoEMAIL)
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata)
– intimata – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sardegna n. 618/05/2019 depositata in data 07/10/2019, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 05/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
la RAGIONE_SOCIALE chiedeva il rimborso dell’eccedenza IVA maturata nel periodo d’imposta 2004; a seguito di tale istanza l’Ufficio procedeva a verifica nei confronti della contribuente;
al termine del l’attività di controllo erano segnalate con PVC irregolarità e incongruenze a seguito delle quali l’Ufficio contestava per il periodo d’imposta 2002 l’accertamento di maggiore imposta IVA a seguito della detrazione di costi relativi a operazioni inesistenti;
la società proponeva ricorso di fronte alla CTP che lo accoglieva;
appellava l’Ufficio;
la CTR, intervenuto medio tempore il fallimento della contribuente e riassunto il giudizio, confermava la sentenza di primo grado;
ricorre a questa Corte l’Amministrazione Finanziaria con atto affidato a un solo motivo;
il fallimento della RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva di fronte a questa Corte;
Considerato che:
l’unico motivo di ricorso proposto censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972 e degli artt. 2697, 2727, 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere il giudice dell’appello erroneamente ritenuto che la pretesa erariale si dovesse fondare su elementi e prove certe, escludendo nella ricorrenza nel caso di specie;
il motivo è all’evidenza fondato;
la sentenza di merito fonda il rigetto dell’appello dell’ufficio sulla considerazione secondo la quale ‘… in effetti di fronte alla realizzazione delle opere di cui alle fatture è difficile parlare di operazioni inesistenti, se non si dimostri una sproporzione tra gli importi fatturati e il valore delle opere realizzate’; ancora essa specifica che ‘… di fronte alla
realizzazione dei lavori, non basta dire che ‘si presume’; occorre dare adeguata prova che i lavori non sono stati eseguiti o eseguiti misure inferiore’;
tali affermazioni sono erronee in diritto;
esse si fondano infatti sull ‘ esistenza in capo all’Ufficio dell’obbligo di dover dare prova diretta degli elementi posti a base della pretesa, escludendosi (secondo tale erronea prospettazione) dal novero delle prove idonee la prova presuntiva (‘non basta dire che ‘si presume’ scrive letteralmente la CTR) come prova idonea a fondare l’esistenza di maggiore imponibile, salva la prova del contrario che incombe a questo punto sul contribuente;
ed invero deve premettersi, in punto fattuale, come emerge dalla lettura del ricorso per cassazione (nella parte in cui, nel rispetto del principio dell’autosufficienza, è stato trascritto il contenuto degli avvisi di accertamento, vale a dire alle pagg. 8 e seguenti sino a pag. 12) che l’Ufficio aveva qui dedotto e provato la sussistenza di plurimi elementi indiziari idonei a costituire presuntivamente prova della pretesa azionata con l’atto impugnato;
si tratta, in dettaglio, delle circostanze relative all’inizio dei lavori avvenuto in data 8 febbraio 2003 quando la società RAGIONE_SOCIALE aveva già emesso nei confronti della RAGIONE_SOCIALE fatture per lavori eseguiti imputate alla spesa ‘suolo aziendale’ per euro 519,144,17 di imponibile e per ‘opere murarie assimilate’ per euro 4.207.679,45 di imponibile; quindi della circostanza relativa alla successiva emissione di note di credito da parte del medesimo fornitore e ancora della presenza di descrizioni diverse in ordine le prestazioni fatturate, talmente generiche da non consentire di individuare con esattezza i beni ceduti alle prestazioni rese;
Cons. Est. NOME COGNOME 3 – a fronte di tali elementi indiziari, complessivamente idonei a costituire in questo caso indizi gravi, precisi e concordanti della inesistenza oggettiva delle prestazioni sottoposte a controllo, gravava sul
contribuente l’onere di dar prova del contrario, dimostrando la esistenza oggettiva delle prestazioni in argomento;
– in tal senso, questa Corte (in termini si veda tra molte Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 9723 del 10/04/2024) in tema di IVA, ha anche di recente chiarito e confermato che l’onere della prova relativa alla presenza di operazioni oggettivamente inesistenti è a carico dell’Amministrazione finanziaria e può essere assolto mediante presunzioni semplici, come l’assenza di una idonea struttura organizzativa (locali, mezzi, personale, utenze), mentre spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia;
– tale orientamento è del tutto consolidato in quanto si è sempre ritenuto che ‘una volta che l’Amministrazione finanziaria dimostri, anche mediante presunzioni semplici, l’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia’ (Cass. Sez. 5, n. 286828 del 18/10/2021; Cass. Sez. 5, n. 17619 del 05/07/2018);
Cons. Est. NOME COGNOME – 4 -in caso di operazioni ritenute dall’Amministrazione inesistenti, l’Amministrazione Finanziaria è certamente gravata dell” onere di dimostrare’ la fittizietà dell’operazione, ma ben può assolverlo ‘attraverso la prova logica (o indiretta) o storica (o diretta) e anche con indizi integranti presunzione semplice’, insorgendo quindi in capo al
contribuente l’onere della ‘prova contraria’ (Cass. Sez. 5, n. 28246 del 11/12/2020). Invero, ‘una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova, anche mediante elementi indiziari, dell’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente dimostrarne, di contro, l’effettiva esistenza, senza che, tuttavia, sia sufficiente a tal fine l’esibizione della fattura, documentazione di solito utilizzata proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia’ (Cass. Sez. 5, n. 26453 del 19/10/2018);
– pertanto, la sentenza impugnata ha erroneamente governato i principi in materia di onere della prova, disallineandosi ai principi sopra illustrati; – in conclusione, allora, il ricorso va accolto e la sentenza cassata con rinvio al giudice del merito che rivedrà le proprie valutazioni in applicazione dei principi di diritto sopra esposti;
p.q.m.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sardegna in diversa composizione alla quale demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di Legittimità.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2024.