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Operazioni inesistenti: prova e oneri del Fisco

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25427/2025, ha annullato una sentenza di merito che aveva dato ragione a una società immobiliare in un caso di operazioni soggettivamente inesistenti. La Corte ha ribadito che spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare, anche tramite presunzioni, la consapevolezza del contribuente di partecipare a una frode. Tuttavia, il giudice di merito aveva errato nel valutare gli indizi in modo isolato anziché complessivo e nell’attribuire un peso eccessivo a una precedente assoluzione in sede penale. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame che tenga conto della valutazione globale degli elementi probatori.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Soggettivamente Inesistenti: la Cassazione chiarisce l’onere della prova per il Fisco

L’ordinanza n. 25427/2025 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione su come affrontare i casi di operazioni soggettivamente inesistenti, delineando con precisione gli obblighi probatori dell’Amministrazione Finanziaria e i criteri di valutazione che il giudice tributario deve seguire. La sentenza sottolinea come la consapevolezza del contribuente di partecipare a una frode fiscale possa essere dimostrata anche tramite presunzioni, purché queste vengano analizzate in modo complessivo e non frammentario.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza nei confronti di un gruppo di società immobiliari operanti nel settore delle costruzioni. L’indagine aveva rivelato un presunto meccanismo fraudolento incentrato su una società fornitrice, la Società Edile Beta S.r.l., qualificata come ‘cartiera’.

Secondo l’accusa, la Società Edile Beta S.r.l. si interponeva fittiziamente, emettendo fatture per forniture di materiali edili che in realtà provenivano ‘in nero’ da altri canali. L’Agenzia delle Entrate aveva quindi emesso avvisi di accertamento nei confronti di una delle società del gruppo, la Società Immobiliare Gamma S.r.l. (poi incorporata dalla Società Immobiliare Alfa S.r.l.), contestando l’indebita detrazione dell’IVA e la deduzione dei costi relativi a tali fatture per gli anni dal 2004 al 2006.

Il contenzioso, dopo vari gradi di giudizio, era giunto in Cassazione una prima volta, la quale aveva annullato la decisione della Commissione Tributaria Regionale (CTR), rinviando la causa per un nuovo esame. Nel giudizio di rinvio, tuttavia, la CTR aveva nuovamente dato ragione alla società contribuente, annullando gli avvisi di accertamento. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto un nuovo ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e le operazioni soggettivamente inesistenti

Con la presente ordinanza, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza della CTR e rinviando nuovamente la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo giudizio.

Il fulcro della decisione risiede nella critica mossa al giudice di rinvio per non aver applicato correttamente i principi di diritto in materia di prova presuntiva e di valutazione degli indizi. La Corte Suprema ha ritenuto che la CTR avesse esaminato gli elementi forniti dall’Amministrazione Finanziaria in modo ‘parcellizzato’ e isolato, senza considerarli nel loro insieme, come invece richiesto dalla legge.

L’onere della prova nelle operazioni soggettivamente inesistenti

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: in tema di IVA e operazioni soggettivamente inesistenti, l’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di provare non solo la natura fittizia del fornitore (la ‘cartiera’), ma anche la consapevolezza del destinatario della fattura di essere parte di un’evasione. Questa prova può essere fornita anche in via presuntiva, basandosi su elementi oggettivi e specifici che dimostrino che il contribuente sapeva, o avrebbe dovuto sapere usando l’ordinaria diligenza, la realtà fraudolenta dell’operazione.

Una volta che l’Agenzia ha fornito questi elementi, spetta al contribuente dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare di essere coinvolto nella frode, adottando la massima diligenza richiesta a un operatore accorto.

La Valutazione degli Indizi e della Sentenza Penale

La Corte ha censurato la CTR per aver sminuito il valore di diversi indizi, tra cui:
1. La corrispondenza tra le fatture false ricevute dalla società ‘cartiera’ e quelle emesse verso le società del gruppo.
2. Il ruolo centrale del fondatore del gruppo societario.
3. L’omesso controllo sull’effettività delle consegne e la genericità dei documenti di trasporto.

Inoltre, la Cassazione ha chiarito che una sentenza penale di assoluzione degli amministratori (nella specie, ‘perché il fatto non sussiste’) non ha efficacia automatica di giudicato nel processo tributario. Il giudice tributario può e deve prenderla in considerazione come fonte di prova, ma è tenuto a valutarne la rilevanza autonomamente, all’interno del contesto specifico e delle diverse regole probatorie del processo fiscale.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si concentrano sulla violazione delle norme in materia di prova presuntiva (artt. 2727-2729 c.c.) e sull’errata applicazione dei principi giurisprudenziali. Secondo la Cassazione, il giudice di merito ha preteso dall’Agenzia una ‘prova della conoscenza’ diretta, ignorando che la consapevolezza può essere desunta da un quadro indiziario complessivo, grave, preciso e concordante.

Il ragionamento del giudice di secondo grado è stato ritenuto difettoso perché ha considerato ogni indizio singolarmente (‘quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria’), senza valutare se, messi insieme, potessero ‘rafforzare e trarre vigore l’uno dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento’. Questo approccio frammentario ha impedito una corretta formazione del ‘libero convincimento’ del giudice sulla dimensione soggettiva dell’illecito fiscale addebitato alla società.

Le Conclusioni

L’ordinanza rappresenta un importante monito per i giudici di merito e per gli operatori del diritto. In materia di frodi carosello e operazioni soggettivamente inesistenti, la valutazione delle prove non può essere superficiale o atomistica. È necessario un esame globale e sintetico di tutti gli elementi indiziari a disposizione per accertare se il contribuente fosse, o dovesse essere, a conoscenza del meccanismo fraudolento. La sentenza penale di assoluzione, pur essendo un elemento rilevante, non costituisce una ‘patente di innocenza’ automatica nel processo tributario, che mantiene la sua autonomia di valutazione dei fatti e delle prove.

Chi deve provare la consapevolezza del contribuente in caso di operazioni soggettivamente inesistenti?
L’onere di provare, anche in via presuntiva, che il contribuente era a conoscenza o avrebbe dovuto conoscere la frode spetta all’Amministrazione Finanziaria. Una volta assolta questa prova, grava sul contribuente l’onere di dimostrare di aver agito con la massima diligenza per non essere coinvolto.

Una sentenza penale di assoluzione ha efficacia automatica nel processo tributario?
No. Una sentenza penale irrevocabile di assoluzione, anche se emessa con la formula ‘perché il fatto non sussiste’, non spiega automaticamente efficacia di giudicato nel processo tributario. Il giudice tributario può considerarla come fonte di prova, ma deve valutarne autonomamente la rilevanza nell’ambito specifico del contenzioso fiscale.

Come deve valutare il giudice tributario gli indizi di una frode fiscale?
Il giudice deve valutare gli elementi indiziari non in modo isolato e frammentario, ma nella loro sintesi complessiva. Deve accertare se gli indizi, anche se singolarmente insufficienti, siano in grado di acquisire valore probatorio una volta valutati insieme, in un rapporto di reciproco completamento e rafforzamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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